Diocesi

Don Francesco Mànisi: “Il mio rapporto con Dio, coltivato in famiglia”

Sabato 24 settembre, alle ore 17 in Concattedrale, diverranno presbiteri Francesco Mànisi, Adriano Arcadio, Maurizio Donzella e Simone De Benedittis. Abbiamo intervistato don Francesco Mànisi

foto Studio Renato Ingenito
22 Set 2022

di Marina Luzzi

Da piccolo collezionava santini, giocando a dire messa. Una vocazione che ha radici lontane, quella di don Francesco Mànisi. Un rapporto con Dio coltivato in famiglia, grazie alla nonna. «I miei primi ricordi sono legati a lei che mi porta nella chiesa madre di Grottaglie, da don Domenico, che ormai non c’è più.  Io sono un ragazzo in qualche modo nato e cresciuto in parrocchia – ci racconta -, nella comunità del Carmine di Grottaglie. Lì ho trascorso l’infanzia, ho frequentato il catechismo. È stata la culla della mia vocazione. Poi nell’adolescenza ho capito che i giochi di bambino nascondevano una chiamata profonda. Don Pasquale Laporta vide in me qualcosa di particolare e mi propose un cammino vocazionale. Intanto ero parte integrante del gruppo ‘I giullari di Dio’ e vivevo la mia vita in serenità tra campi estivi, catechesi e preparazione di musical, frequentando il liceo classico Moscati di Grottaglie ma è stato un lutto a farmi decidere di fare sul serio, interrogandomi ancora di più su chi fosse Dio, quale fosse il senso della sofferenza, del male: la morte di mia zia, la sorella di papà, che aveva solo 50 anni».

foto G. Leva

Così nell’ultimo periodo delle superiori ha intrapreso il cammino vocazionale in diocesi, poi proseguito al seminario maggiore di Molfetta. «Anni belli, di cammino a piccoli passi. La cosa che ho capito – prosegue don Francesco – e di cui ringrazio il Signore, è che dall’infanzia ad oggi c’è stata sempre la mano di Dio ad accompagnarmi. Come tutti ci sono stati degli alti e dei bassi, momenti sereni ma anche crisi. Mi sono messo in discussione soprattutto per la scelta del celibato, con il desiderio di avere una famiglia, una moglie, e anche in questo i formatori, don Gianni Caliandro, il direttore, e il mio padre spirituale don Gerardo Rauseo, della diocesi di Cerignola, sono stati bravi a starmi accanto». La storia personale qualche anno dopo si è di nuovo intrecciata a quella della famiglia, con un altro lutto che ha colpito inaspettatamente don Francesco. «Era il mio terzo anno di seminario maggiore – ricorda-nel settembre 2018. Ho perso uno zio, venuto a mancare improvvisamente, a pochi giorni dall’ammissione agli ordini. Mi sono sentito ferito e mi sono davvero interrogato sul perché valga la pena vivere. Così sono giunti i vari sì fino al diaconato che ho ricevuto il 24 aprile 2021». La sua strada nel settembre 2020 si è unita ancora una volta a quella della sua comunità d’origine. «Sono tornato nella parrocchia del Carmine di Grottaglie per un anno. Un’esperienza bellissima che mi sono goduto con una veste nuova, come collaboratore del parroco, don Ciro Santopietro. Un sacerdote che mi è stato d’esempio e ha saputo indirizzarmi e guidarmi in un anno che mi ha misurato e confermato nel cammino». Poi un’altra sfida avvincente. «A settembre 2021 sono stato nominato animatore del seminario minore di Poggio Galeso e vice responsabile della Pastorale giovanile diocesana. Una responsabilità impegnativa che ho accolto con gioia.  Vedere i piccoli passi di crescita che i ragazzi fanno è una grande gioia. È bello accompagnare. L’adolescenza è un periodo della vita particolare ma determinante e sento la responsabilità di questo ruolo che mi è stato affidato ma mi godo anche quella freschezza che fa bene alla mia vocazione. Altra cosa bella di questo compito, che mi dà una motivazione in più per fare sul serio, è che vivendo a contatto 24 su 24 con loro, non ci si può permettere di entrare in competizione, non si può dire una cosa e poi farne un’altra. È un’esigenza di coerenza che loro chiedono, che è uno sprone per fare sempre meglio nel ministero». A pochi giorni dall’ordinazione sacerdotale l’affidamento di don Francesco è a san Francesco de Geronimo «che mi ha accompagnato fin dall’infanzia e che sto riscoprendo quasi fosse un fratello maggiore. Mi colpisce la sua modernità. Non ha aspettato che la gente entrasse in chiesa ma è uscito lui per le strade di Napoli, per raccontare Dio agli uomini. Questo fuoco della missione lo ha consumato. La grazia che chiedo al Signore è di poter avere anche io questo fuoco d’amore che possa incendiare i cuori. Vorrei essere un prete umano, che sa comprendere il cuore degli altri, come direbbe don tonino bello, un altro riferimento per me. Amare Dio con cuore di carne, con i miei errori e difetti, ma allo stesso tempo amare l’uomo con il cuore di Dio, cioè con misericordia. Ecco questo mi piacerebbe, non ambisco a chissà quali altezze ma mi basta essere un prete che possa fare della misericordia il tutto».

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