“Cesare deve morire”. Negli anni Duemila è mutato lo storytelling del mondo delle carceri, uscendo dal sentiero dei thriller claustrofobici o dai drammi disperanti. Cambio di passo significativo è stato di certo “Cesare deve morire” (2012) di Paolo e Vittorio Taviani, Orso d’oro al 62° Festival di Berlino. I Taviani hanno sposato il racconto sociale del carcere dando però respiro anche alla speranza, al percorso di cambiamento e riscatto avviato grazie alla cultura. Sulla stessa linea si ricorda il documentario “Tutto il Mondo Fuori” (2020) di Ignazio Oliva, realizzato da Officina della Comunicazione e Discovery, un racconto teso a mettere in evidenza il valore del lavoro e della formazione come stimolo nel percorso di recupero. Ora da metà di marzo 2022 su Sky e Now il carcere torna protagonista nella serie “Il Re”, racconto di finzione che fa del crime a sfondo poliziesco il binario portante. Una storia fosca e angosciante dove i sentieri del male e del bene si accavallano confusamente. A produrre “Il Re” (8 episodi da 45’) è Sky Studios, The Apartment, Wildside e Zocotoco.

Buio al San Michele. Bruno Testori è il direttore del carcere San Michele; nell’ambiente è rispettato e temuto, perché riesce a gestire anche le situazioni più difficili e i detenuti più problematici. Controlla tutto e tutti, spingendosi ben oltre i confini del proprio ruolo. Due improvvise morti rischiano fanno crollare il suo sistema…

Pros&Cons. A dirigere il prison drama “Il Re” è Giuseppe Gagliardi, regista che si è fatto apprezzare per il crime “Non uccidere” (Rai) e la trilogia su Tangentopoli “1992”. Tra gli sceneggiatori figura il veterano Stefano Bises, che ha firmato copioni di tensione come “Gomorra. La serie” e “Squadra antimafia”. Ruolo chiave nella nuova serie di Sky è di certo quello di Luca Zingaretti che, messi da parte gli abiti del Commissario Salvo Montalbano, icona simbolo della polizia nella serialità italiana dagli anni ’90 a oggi, si cala nell’ingombrante ed enigmatico direttore del carcere Bruno Testori. Una sfida per l’attore, perché si muove sulla linea di confine (sfumata) tra legalità e illegalità. Testori nel carcere è un direttore-dittatore: nessuno procede senza il suo consenso; per pacificare le dinamiche interne, acconsente persino a un giro di spaccio; e ancora, non lesina metodi poco ortodossi come l’utilizzo di microspie nelle celle. Zingaretti sagoma bene il personaggio, trovando la chiave giusta per non farlo incasellare con facilità tra bene e male; a questo si aggiunge un acuto approfondimento umano, psicologico, attraverso il suo ruolo di padre. A ben vedere la forza della serie risiede nel cast tutto: si segnalano infatti i ruoli incisivi di Anna Bonaiuto, Isabella Ragonese e Giorgio Colangeli. Partenza dunque buona per “Il Re”, che si propone di certo come fotografia cupa del carcere, vertigine di smarrimento per detenuti e forze dell’ordine. “Il Re” è complessa e problematica.