Ricorrenze

Don Tonino Bello, profeta di speranza e di pace

Nel giorno del suo novantesimo anniversario di nascita, il ricordo di Giancarlo Piccinni, amico fraterno, prim’ancora che suo medico

foto Siciliani Gennari-Sir
19 Mar 2025

di Valeria De Simone

“La speranza è un camminare, un andare oltre. È la capacità di cogliere l’inedito. Una primavera, diceva don Tonino. I suoi messaggi, attuali anche oggi, venivano dal futuro. E noi ragazzi non riuscivamo a fare a meno di ascoltare, affascinati, quell’uomo dalla fisicità possente. Era ‘contagioso’. Sembrava sempre di incontrarlo per la prima volta, portava in sé la novità”. Giancarlo Piccinni ricorda così, nel giorno del suo novantesimo anniversario di nascita, don Tonino Bello, amico fraterno, prima ancora che sacerdote e professore al liceo.
Medico cardiologo e curatore di diverse raccolte di scritti del vescovo di Molfetta, tra cui l’ultima, ‘Angeli con un’ala soltanto’, edita da San Paolo edizioni, è presidente ad Alessano, nel Salento, della Fondazione don Tonino Bello. Costituita insieme ai fratelli del venerabile, Marcello e Trifone, nella sua casa natale, “dalle porte sempre aperte, in 30 anni ha accolto tantissima gente, dai fedeli desiderosi di conoscere la sua figura a tante personalità del mondo della società civile e politica, come Antonino Caponnetto, Oscar Luigi Scalfaro, fino a papa Francesco”.
“Quando ho conosciuto don Tonino, nel 1965, ero ancora un bambino – dice Piccinni -. Vicerettore, all’epoca, del seminario diocesano di Ugento, veniva spesso ad Alessano a trovare i suoi fratelli e la sua cara mamma Maria, rimasta vedova in giovane età. Celebrava la messa e le persone notavano quanto fosse diverso dagli altri. Sensazione che fu poi confermata dall’ omelia durante la messa della sua consacrazione episcopale. Lo stesso arcivescovo di Lecce, Michele Mincuzzi, che lo ordinò, disse che don Tonino non era un vescovo fatto in serie. Spiccava per la sua originalità, per la sua passione per la vita, per il suo ottimismo, ma soprattutto per la sua capacità di cogliere nell’altro, indipendentemente da chi fosse e dal suo credo, gli aspetti positivi. Che poi è quello che ci insegna il Vangelo: ‘Ognuno è fatto a immagine di Dio’”.
Così don Tonino, strenuo sostenitore della pace, sull’esempio in primis Gesù e poi di chi aveva incontrato lungo il suo cammino, come il giurista Giorgio la Pira e il teologo David Maria Turoldo, “si avvicinava anche all’ultimo della società, con dolcezza e tenerezza, scavando nell’intimo. L’ho toccato anche io con mano, fin da ragazzo. A 15 anni andai a Spello per incontrare Carlo Carretto della congregazione di Piccoli Fratelli del Vangelo e poi in Toscana da don Zeno Saltini, fondatore della comunità di Nomadelfia. Quando tornai ad Alessano don Tonino venne a trovarmi a casa e mi chiese cosa mi avesse colpito di quegli incontri e quali segni avessero lasciato nel mio cuore.
Stessa cosa all’indomani del mio incontro, nel gennaio del ’77, a Bologna, con il giornalista francese attivista e pacifista Raoul Follereau. Don Tonino, che nel frattempo era diventato anche mio professore al liceo, bussò alla mia porta, incuriosito dall’esperienza che avevo fatto.
Era fatto così: affettuoso e tenero con tutti, aveva la capacità di stimolare la crescita umana e della fede. Da docente, amava stare tra i banchi per condividere il percorso con gli alunni, alla pari, non dall’alto, nonostante la sua poliedrica e smisurata cultura (si interessava non solo di religione ma anche di storia, filosofia, matematica, greco, latino). Don Tonino sapeva che questa, da sola, non era sufficiente se non si esaminava a fondo il cuore di ogni uomo. E così che riusciva a individuare il futuro dell’umanità attraverso gli occhi di noi ragazzi”.
E proprio ai giovani don Tonino ha lasciato uno dei suoi ultimi messaggi poche settimane prima di morire, il Giovedì santo del 1993: “Tanti auguri perché a voi ragazzi e ragazze fioriscano tutti i sogni. Tanti auguri perché nei vostri occhi ci sia sempre la trasparenza dei laghi e non si offuschino mai per le tristezze della vita che sempre ci sommergono”.
Un inno alla speranza, “che non è morta nemmeno il giorno in cui ci ha lasciato. Nell’ultimo periodo, in cui gli sono stato vicino anche da medico, ha vissuto con una gran voglia di vivere ma con la consapevolezza di chi stava per compiere l’ultimo viaggio che l’avrebbe portato all’incontro con Gesù. Il 20 aprile 1993 morì in una condizione di fragilità assoluta, dopo giorni di estrema sofferenza. Ma dico sempre che quel giorno a morire fu la morte, perché don Tonino continua a vivere. Come i profeti”.

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