Unione europea

Ue: a 75 anni dalla Dichiarazione Schuman

È più che mai necessario mettere in luce pur con il linguaggio di oggi l’anima dell’Europa, i valori e gli ideali che erano alla sua origine

08 Mag 2025

di Paolo Bustaffa

“La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano. Il contributo che un’Europa organizzata e vitale può apportare alla civiltà è indispensabile per il mantenimento di relazioni pacifiche”: si apre con queste parole la dichiarazione Schuman. Era il 9 maggio 1950 quando a Parigi nel ‘Salone dell’orologio’ del ministero degli Affari esteri il documento veniva presentato dallo stesso Robert Schuman. Sono trascorsi 75 anni e queste parole se negli scorsi decenni hanno trovato attuazione all’inizio del percorso comunitario non trovano riscontro o lo trovano in piccola parte.
Perché allora fare memoria della Dichiarazione, perché fare memoria di colui che l’ha scritta e per il quale è in corso il processo di beatificazione? Perché fare memoria di quanti hanno condiviso e iniziato a tradurre in realtà il ‘sogno’ europeo? La complessità di oggi rende difficile se non impossibile richiamare il valore educativo della memoria europea.
Eppure, non se ne può fare a meno a patto di non ridurla a nostalgia, a narrazione fredda di fatti storici, oppure a insipide ovvietà.
Invece non se ne può fare per non tradire il futuro. È più che mai necessario mettere in luce pur con il linguaggio di oggi l’anima dell’Europa, i valori e gli ideali che erano alla sua origine subito dopo la seconda inutile strage mondiale.
Valori e ideali che hanno profonde radici nel cristianesimo, in quel dialogo tra fede e ragione che è scuola di una laicità che rispetta ed è rispettata. Una laicità che ha fatto dell’Europa ‘l’unità delle diversità’.

Sono trascorsi 75 anni e il cammino appare interrotto, non si vedono oggi profili politici, umani e spirituali come quelli dei padri e dei loro immediati successori. Neppure si vede una grande passione popolare europea. Dalla dichiarazione Schuman viene a questo punto un segnale di speranza: “L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”.
Chiaro l’invito a non stancarsi di pensare Unione europea rinnovata, di rimuovere quelle pietre d’inciampo che gli egoismi nazionali hanno posto e pongono sul suo cammino.
Non c’è in gioco solo il suo futuro ma il futuro del mondo è in bilico.
Con questa preoccupazione Schuman scriveva: “l’Europa sarà in grado di proseguire nella realizzazione di uno dei suoi compiti essenziali: lo sviluppo del continente africano”.
Questo purtroppo non è avvenuto o è avvenuto in minima parte mentre si è dato spazio a una rincorsa alle armi che non è la difesa comune europea pensata come frutto di una politica fondata su valori e non su una cultura bellicista.
La strada è ancora lunga e difficoltosa ma rinunciare a percorrerla sarebbe tradire il futuro. A coloro che negli ultimi tempi della sua vita, chiedevano a Robert Schuman cosa fosse meglio fare di fronte agli errori e ai ritardi si sentivano rispondere “Continuer, continuer, continuer…” nella direzione della pace, della solidarietà, del bene comune.
Del “sogno” di Schuman parlò papa Francesco nel ricevere il premio Carlo Magno il 6 maggio 2016 in Vaticano e così, nove anni fa, così concluse il discorso: “Sogno un’Europa di cui non si possa dire che il suo impegno per i diritti umani è stato la sua ultima utopia”.

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