Tacey (Save the Children): “I bambini della Striscia di Gaza stanno vivendo un film dell’orrore”

“Quello che sta accadendo a Gaza è un film dell’orrore, e a pagarne il prezzo più alto sono i bambini”: non usa giri di parole l’australiana Georgia Tacey (nella foto in basso), Gaza Project Director per Save the Children. L’abbiamo raggiunta in collegamento su Zoom da Deir el-Balah, al centro della Striscia.
foto: Save the Children International
Georgia, dopo 600 giorni di guerra e ostacoli all’entrata di cibo, acqua, combustibile, medicine, com’è la situazione dei bambini a Gaza?
È una situazione disperata. Sono stata fuori circa tre settimane; tornata due settimane fa ho riscontrato un impressionante deterioramento fisico e psicologico negli stessi membri del nostro staff e nei bambini inseriti nei nostri programmi. Queste settimane senza accesso a cibo nutriente o ad alcun cibo sono state incredibilmente difficili. Molti bambini e molte madri sono a rischio malnutrizione.
Di quali bambini, in particolare, vi state occupando?
Stiamo lavorando con bambini che, rimasti senza genitori dopo la loro uccisione, sono stati affidati ad altre famiglie che hanno già molti bambini; se anche questi genitori affidatari vengono uccisi, rimangono famiglie di 10-12 bambini senza nessun adulto in grado di prendersi cura di loro.
Questi bambini stanno affrontando una perdita e un dolore incredibili e non hanno più alcuna sicurezza fisica o psicologica. Vivono una situazione davvero pericolosa e disperata.
foto: Save the Children International
Pensa che ci sia una sorta di carestia indotta? La fame usata come arma di guerra?
Assolutamente sì. È proprio così. Non è un problema di mancanza di cibo. Abbiamo migliaia di camion carichi di cibo e forniture mediche bloccati alle frontiere perché le autorità israeliane non permettono alle Ong e all’Onu di farli entrare. È una decisione politica: cibo e aiuti vengono usati come armi e i bambini ne pagano un prezzo altissimo.
Perché le autorità non vi consentono di distribuire cibo, aiuti e medicinali?
Questa è una bella domanda. Da più di tre mesi le autorità israeliane, con la falsa accusa che Hamas rubi gli aiuti destinati alla popolazione, hanno bloccato tutti gli aiuti in arrivo impedendo alle Ong di farli entrare. Hanno consentito solo l’ingresso di un piccolo numero di camion Onu ma si tratta di una goccia nell’oceano. È terribile.
Sembra che Adam, il ragazzo undicenne unico sopravvissuto alla strage della sua famiglia mentre la mamma, pediatra, era al lavoro, a breve potrà lasciare la Striscia per venire in Italia ed essere curato in un nostro ospedale. Quanti sono i bambini gazawi bisognosi di cure che non possono ricevere a Gaza?
Questa di Adam è una splendida notizia! Sui bambini non so dare un numero preciso perché non abbiamo un ospedale, ma i nostri colleghi chirurghi al Nasser Hospital ci raccontano che almeno il 50% dei pazienti che operano sono bambini dai quali estraggono schegge e proiettili curando gravissime ferite e tentando di riparare gravi fratture. Il tutto senza anestesia perché mancano i farmaci… Oggi a Gaza c’è il più alto numero di bambini amputati nel mondo.
Inoltre molti bambini muoiono di malattie prevenibili ma che qui, non potendo essere curate, diventano catastrofiche. È incredibile e imperdonabile.
foto: Save the Children International
Un chirurgo americano ha raccontato di fronte al Consiglio di sicurezza Onu di bambini sopravvissuti alle proprie famiglie, che quando si rendono conto di essere rimasti soli vorrebbero anch’essi morire.
Sì, è molto comune. Quando i bambini vengono ai nostri programmi d’educazione, nei nostri spazi dedicati dove abbiamo operatori sociali qualificati per aiutarli ad elaborare il dolore, o almeno per offrire loro un luogo sicuro, molti di loro parlano di suicidio. Troppi bambini hanno visto i loro amici morire davanti ai loro occhi. Hanno visto braccia e gambe volare via, hanno visto i propri genitori morire intrappolati sotto le macerie. Hanno assistito a scene spaventose che nessun bambino dovrebbe mai vedere. Per questo non ci sorprendiamo se molti di loro parlano di suicidio e del desiderio di raggiungere le loro famiglie in paradiso.
A Gaza ci sono molte donne giovani: come fanno a partorire e a prendersi cura di un neonato in un contesto dove i pochi ospedali rimasti sono al collasso?
Ogni giorno partoriscono nella Striscia circa un centinaio di donne e lo fanno dove possono: in tende o tra le macerie di edifici esplosi, senza precauzioni igieniche e senza medici e ostetriche. Alcune di loro muoiono per complicazioni che in ospedale sarebbero risolvibili. I neonati che sopravvivono vengono posti in scatole di cartone per proteggerli da formiche e altri insetti. Alla totale assenza di igiene si aggiunge il fatto che molte puerpere sono così malnutrite da non avere latte per alimentare i propri neonati.
Intanto la risoluzione Onu per il cessate il fuoco è stata bocciata per il veto Usa…
Sì, è molto frustrante. Non sorprendente ma molto frustrante.
foto: Save the Children International
Che cosa chiede Save the Children?
Chiediamo un immediato e incondizionato cessate il fuoco e la riapertura delle frontiere per consentire l’accesso alle Ong e ai nostri camion carichi di cibo e forniture mediche. Tutto deve essere poter entrare. E su larga scala, non con il contagocce come avviene ora. Prima del blocco entravano 500/600 camion al giorno e non erano sufficienti a soddisfare i bisogni di due milioni di persone. E’ davvero frustrante saperli bloccati dalle autorità israeliane.
Dopo la sospensione di un giorno e mezzo, questa sera (ieri sera per chi legge, ndr) la Gaza Humanitarian Foundation ha ripreso le operazioni in un nuovo sito.
Sì, abbiamo saputo – ma non sono in grado di verificarlo – che lo faranno in due luoghi e solo per un’ora. In ogni caso la Ghf fornisce solo cibo, non altri supporti vitali, e dispone solamente di quattro centri di distribuzione invece dei 400 nei quali operiamo noi, così la gente è costretta a camminare ore e ore sotto il sole su strade pericolose in zone di combattimento per raggiungerli. Persone affamate e disperate contro le quali i militari hanno anche aperto il fuoco uccidendone più di cento. Noi sappiamo come operare; abbiamo strumenti, esperienza, catene di distribuzione. Abbiamo sempre consegnato aiuti in sicurezza, distribuendo cibo e acqua all’interno di un rifugio e sempre dando priorità alle persone più vulnerabili, così le persone devono camminare non più di 20 metri per tornare al loro accampamento con quello che hanno ricevuto.
foto: Save the Children International
Per noi, dall’Europa, è difficile immaginare la tragedia che si sta consumando a Gaza.
È crudele, disumano. È come un film dell’orrore che nessuno immaginava potesse accadere. Io sono australiana, e i minori dei nostri programmi mi chiedono spesso: “Quando arriveranno gli adulti? Quando porranno fine a questa follia?”.
Non capiscono perché la comunità internazionale non sia ancora intervenuta. È davvero imbarazzante non avere risposte per questi bambini che si rendono conto che i diritti umani non vengono loro garantiti come ai coetanei del resto del mondo.
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