Emergenze ambientali

Gerosa: “Il cambiamento climatico ha costi in termini di salute e di economia”

ph Ansa-Sir
15 Lug 2025

di Gigliola Alfaro

Venti città con bollino rosso in Italia per le ondate di calore, che nella prima metà del mese di luglio stanno attanagliando il nostro Paese con temperature record per la media stagionale. Ma incendi e vittime vengono registrati in diversi Paesi europei. In Spagna si sono registrati oltre 100 morti; in Francia una bimba americana di 10 anni, che già soffriva di problemi cardiaci, è morta per un infarto, probabilmente dovuto a un colpo di calore, alla Reggia di Versailles. Quattro morti anche in Italia. A fare le spese del caldo rovente, nella maggioranza dei casi, sono i più fragili e non solo anziani.
Oltre a pagare conseguenze sulla salute, a volte in modo tragico fino alla morte, danni vengono subiti anche dall’economia. Ne parliamo con Giacomo Alessandro Gerosa, ordinario di Fisica dell’atmosfera e incaricato di Ecologia alla facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali dell’Università Cattolica, sede di Brescia.

foto Università Cattolica

Professore, queste ondate di calore sono legate al cambiamento climatico?

Le ondate di calore anomale stanno aumentando la loro frequenza nel tempo. In assoluto potrebbe essere un’anomalia di quelle che ogni tanto si ripetono, quindi non è detto necessariamente che siano dovute al cambiamento climatico. Ma il fatto che queste anomalie termiche, negli ultimi anni, abbiano una maggiore frequenza, a mio avviso, non è normale ed è la dimostrazione che stiamo andando verso il cambiamento climatico. La temperatura media del pianeta è aumentata ben oltre un grado e mezzo, quindi non abbiamo centrato gli obiettivi degli Accordi di Parigi, ci stiamo allontanando da questo limite e aumentando ulteriormente il livello termico. Tutti questi indizi ci portano a pensare che questo caldo sia una delle manifestazioni del cambiamento climatico, sebbene la prova provata non ci sia.

Quali sono le ricadute di queste ondate di calore?

Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti. Il prolungato periodo eccessivo di riscaldamento crea problemi di benessere fisico, ma anche in agricoltura con un aumento a dismisura del consumo d’acqua. E l’acqua è un bene critico per la nostra nazione, dove le proiezioni climatiche danno una riduzione delle precipitazioni.Siamo al paradosso: al di là delle Alpi il cambiamento climatico porterà a un aumento delle precipitazioni, mentre a noi porterà una diminuzione, anche con delle differenze notevoli tra le regioni. Il consumo d’acqua con il caldo aumenta per l’agricoltura, ma anche per il raffrescamento e per la produzione di energia, che serve per utilizzare i condizionatori. È in qualche modo un circolo vizioso che s’instaura.

Perché si sta male quando fa così caldo?

Il riscaldamento dal punto di vista puramente atmosferico porta con sé, insieme all’evaporazione dell’acqua, l’aumento di energia sotto forma di calore latente di evaporazione in atmosfera, energia che funge da motore ai fenomeni connettivi come i temporali, che diventeranno abbastanza forti e anche estremi. Quindi avremo localmente dei fenomeni, in particolare sui rilievi, che si manifestano per la maggiore energia e per la maggiore umidità che sostanzialmente fa da motore a questo processi connettivi.
L’eccesso di umidità, scatenato dall’evaporazione dell’acqua, è quello che rende così sofferente lo stare a questa temperatura, che noi percepiamo come afa. E l’afa, a sua volta, rende difficile respirare e avere sensazione di benessere. Diventa difficile stare all’aperto, quando le temperature superano i 37-38 gradi, addirittura 40 gradi all’ombra, possiamo immaginare cosa significhi lavorare al sole e quindi la necessità di ridurre il lavoro all’aperto nelle ore più calde. Ma è difficoltoso anche lavorare all’ombra perché il meccanismo di raffrescamento del nostro organismo, legato alla sudorazione, viene messo a dura prova e potrebbe saltare e portarci a colpi di calore, svenimento, senso di confusione, per non parlare dei casi più gravi, come attestano le cronache degli ultimi giorni. Possiamo anche misurare l’aumento degli accessi al pronto soccorso degli ospedali.

Le ondate di calore producono un costo, dunque, al sistema-Paese…

Abbiamo indicatori che ci devono far accendere un campanello d’allarme: il cambiamento climatico produce un costo anche se non facciamo niente. È un costo tentare strategie di mitigazione, ad esempio ridurre le emissioni di CO2, ma ha un costo ancora più elevato non fare niente, perché gli effetti dei cambiamenti climatici ci costano in termini di accessi al Pronto Soccorso, costi in termini di energia e di acqua, minori ore lavorate all’aperto nelle ore calde, punti di Pil perso, in Italia si parla di -1,2, le difficoltà registrate in agricoltura e negli allevamenti, oltre che danni provocati da fenomeni estremi connettivi, innescati dall’eccesso di evaporazione. Anche a livello dei singoli cittadini ci sono poi le spese della bolletta elettrica per tenere in funzione i condizionatori, spese affrontate anche dagli esercizi commerciali e dai grandi centri commerciali. L’inazione rispetto al cambiamento climatico ha un costo che ricade sulle tasche degli stessi cittadini. Noi come cittadini possiamo mettere in atto delle misure di adattamento, mentre la mitigazione compete alle istituzioni nazionali e governative con una pianificazione che permetta di ridurre le emissioni di CO2. Le ondate di calore ci ricordano che occorre intervenire.

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