In memoria di Paola Clemente
A dieci anni dalla morte della bracciante agricola di Crispiano (e residente a San Giorgio j.), l’impegno del marito Stefano Arcuri a mantenere viva quella triste vicenda perché non accada a nessun’altra. Le parole toccanti di Valentina Mastronuzzi, assessore di Crispiano
“Quello che è successo dopo la morte di mia moglie, deceduta in un vigneto in agro di Andria mentre lavorava a temperature proibitive, ha veramente qualcosa di incredibile. C’è qualcuno dall’alto, secondo me, che si è mosso perché non abbiano più ad accadere fatti del genere”. A dieci anni dalla tragica scomparsa della bracciante agricola Paola Clemente, crispianese residente a San Giorgio jonico, abbiamo incontrato il marito, Stefano Arcuri, per un ricordo dell’adorata consorte.
Dotato di grande fede, l’uomo conduce al mattino rubriche religiose su Radio Puglia, l’emittente fondata dall’indimenticato don Domenico Morciano nei locali attigui alla parrocchia dell’Immacolata. Stefano racconta che gli è sempre di conforto un passo biblico del Deuteronomio: “Non defrauderai il bracciante povero e bisognoso, sia egli uno dei tuoi fratelli o uno degli stranieri che stanno nel tuo paese, entro le tue porte”, rammentandogli che Dio non avrebbe mai dimenticato la tragedia di Paola, defraudata del lavoro degno, del salario giusto e soprattutto della vita.
“Subito dopo la tragedia mi chiamarono dalle più note emittenti televisive per ottenere mie dichiarazioni o per ospitarmi in talk show – ci racconta Stefano –. Ma nella mia famiglia ci fu una sorta di consegna del silenzio sulla vicenda, motivo per cui dovetti negarmi. A colpirmi fu però l’ondata di solidarietà e di commozione, espressa in vari modi, che si registrò in tutt’Italia, soprattutto da parte della gente più umile”.
“Per esempio – continua – una signora di Bari che volle declamare in mia presenza, singhiozzando per la commozione, una poesia che aveva composto per Paola; non mancarono coloro che vollero ricordarla con delle canzoni, alcune delle quali veramente belle e toccanti. E poi, libri, fiaccolate, un albero a suo nome a Pistoia, nel giardino della memoria. Alcuni comuni vollero anche insignirla della cittadinanza onoraria o intitolarle una via, come accaduto a Crispiano, città natale di Paola.
Ad Andria, la Flai-Cgil e l’amministrazione comunale vollero onorarla con un grande murale sulla parete esterna degli uffici comunali, opera dello street art Jorit. Non mancarono borse di studio in sua memoria per gli studenti meritevoli così come la realizzazione di podcast e anche di un cortometraggio sulla figura di mia moglie, commissionato dalla Cgil mentre il ministero dell’agricoltura ha voluto intitolare a Paola la propria sala. Addirittura a Città di Castello un istituto tecnico agrario pose una targa in suo ricordo nel vigneto in uso agli studenti per le esercitazioni, così che ogni frequentante che vi operava potesse mantenere la sua memoria. Insomma è stato come se Paola, attraverso tutta questa gente, avesse voluto dimostrarmi che non mi avrebbe mai abbandonato”.
Stefano Arcuri evidenzia che, a seguito della tragedia di Andria, il 9 ottobre del 2016 venne finalmente ‘rispolverata’ la proposta di legge dei ministri Martina e Orlando (rispettivamente all’agricoltura e alla giustizia), parcheggiata a lungo in Parlamento, per contrastare più efficacemente caporalato e sfruttamento dei lavoro nei campi, più conosciuta legge 199, che consente a magistratura e forze strumenti più efficaci per indagare e individuare tutte le responsabilità in merito.
“Peccato che la legge non fosse retroattiva, di cui non si giovarono né Paola né le vittime che si registrarono nell’anno della sua morte, compreso il giovane compaesano Arcangelo De Marco, morto anche lui sui campi. Ma questo lo sapevamo!” – dice il marito che si mostra estremamente dispiaciuto del fatto che l’Inail non abbia riconosciuto la morte della moglie come provocata da infortunio sul lavoro ma dovuta a cause naturali, cioè da infarto.
“A seguito della presentazione del nostro esposto, il pubblico ministero della Procura di Trani dispose l’autopsia e successivamente il giudice incaricò tre medici legali di cercare le cause del decesso – continua Stefano –. Fu appurato infatti che la morte non fu dovuta a infarto (il cuore e la vena aorta furono trovate in buone condizioni) ma ad ‘asfissia meccanica’, dovuta a diversi fattori. Quindi, Paola poteva essere salvata se i soccorsi fossero giunti in tempi e non, per motivi che non conosciamo, dopo ben due ore; parimenti mia moglie poteva essere ancora viva se l’azienda agricola si fosse dotata di provvedimenti di primo soccorso e di strumentazione medica in caso di emergenza”.
“Ebbene, nonostante tutto, ancora oggi l’Inail continua a rifiutarsi di decretare la morte sul lavoro come causa del decesso Ma non mollerò mai. Mi creda – conclude –: lo faccio solo per amore della giustizia. Paola lo merita!”.
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In occasione del decimo anniversario della morte, Valentina Mastronuzzi, assessore alla Polizia locale e ai rapporti con gli istituti scolastici di Crispiano, ha voluto ricordare Paola Clemente con parole toccanti, durante la cerimonia di consegna delle borse di studio istituite dal Comune per gli studenti e intitolate alla vittima del lavoro, nata a Crispiano: “Il nostro è un riconoscimento che va oltre il semplice valore economico e che vuole essere, prima di tutto, un segno di fiducia e incoraggiamento ai dodici studenti dell’istituto alberghiero ‘Elsa Morante’. Un riconoscimento che il Comune di Crispiano ha sottoscritto con le categorie sindacali Cgil Taranto, Flai e Spi Cgil. Queste borse di studio rappresentano il merito, l’impegno, la costanza e, soprattutto, la passione per la conoscenza, ma soprattutto servono a promuovere la consapevolezza sui diritti e sulla sicurezza sul lavoro in memoria del sacrificio di Paola Clemente e a contrastare la povertà, l’emarginazione e lo sfruttamento attraverso l’istruzione. Ma oggi, davanti a questa perdita, non possiamo rimanere indifferenti. Ricordare Paola significa assumersi una responsabilità. Non ci sono parole che possano colmare il vuoto, ma c’è un impegno che possiamo e dobbiamo prendere: fare in modo che il suo sacrificio non sia stato vano. Facciamo in modo che la sua storia non sia dimenticata. Che ogni volta che si parlerà di lavoro nei campi, si pensi a lei. Che ogni volta che si alzerà la voce contro lo sfruttamento, si ricordi il suo nome. Perché la memoria è il primo passo verso la giustizia”.
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