Angelus

La domenica del Papa – Sale della terra, luce del mondo

ph Vatican media-Sir
04 Ago 2025

di Fabio Zavattaro

Amicizia, fragilità; silenzio e un campo d’erba; speranza. Parole e immagini di questa prima Giornata mondiale della gioventù di papa Leone XIV. Di nuovo Tor Vergata, la spianata del grande Giubileo di fine millennio, per consegnare ai giovani un impegno esigente: “cercate la giustizia per costruire un mondo più umano”. Ecco allora la parola amicizia che “può cambiare il mondo” perché “è la strada per costruire la pace”.

I giovani e i papi, una storia che da quarant’anni a oggi vive nelle giornate mondiali “inventate” da san Giovanni Paolo II, che si rivolgeva ai giovani dicendo voi siete il “futuro del mondo, la speranza della chiesa, la mia speranza”. Rispondendo a una ragazza che gli chiedeva come si fa ad amare, Benedetto XVI proponeva l’immagine dello specchio: “nell’adolescenza ci si ferma davanti allo specchio e ci si accorge che si sta cambiando. Ma fino a quando si continua a guardare sé stessi, non si diventa mai grandi. Diventate grandi quando non permettete più allo specchio di essere l’unica verità di voi stessi, diventate grandi se siete capaci di fare della vostra vita un dono agli altri: questa è la scuola dell’amore”.

Francesco, concludendo la trentunesima Gmg chiamava i giovani “sognatori” perché credono in una umanità nuova che “non accetta l’odio tra i popoli, non vede i confini dei paesi come delle barriere e custodisce le proprie tradizioni senza egoismi e risentimenti”; ancora, “niente giustifica il sangue di un fratello, niente è più prezioso della perdona che abbiamo accanto”. L’invito, dunque, è quello di non stare con le braccia conserte, sentirsi sempre amati: il Signore “fa sempre il tifo per noi come il più irriducibile dei tifosi”

Ai giovani radunati per il Giubileo Leone XIV cita sant’Agostino – l’oggetto della nostra speranza non sono le cose della terra ma chi le ha fatte – e Pier Giorgio Frassati – “aspirate alle cose grandi” – per dire loro: “siete il segno che un mondo diverso è possibile: un mondo di fraternità e amicizia, dove i conflitti non si risolvono con le armi ma con il dialogo”. All’Angelus dice: “siamo più vicini che mai ai giovani che soffrono i mali più gravi, causati da altri esseri umani. Siamo con i giovani di Gaza, siamo con i giovani dell’Ucraina, con quelli di ogni terra insanguinata dalla guerra”. C’è una speranza anche per il mondo insanguinato dalla guerra, ha detto Leone XIV e l’affida ai giovani, le “sentinelle del mattino” per Papa Wojtyla; giovani costruttori di pace.

C’è ancora un’altra parola importante in questo dialogo con i papa Leone boys: fragilità. “Non è un tabù da evitare”, afferma, ma “parte della meraviglia che siamo”. Ed ecco un’altra immagine, il prato in fiore. È bellissimo, afferma il Papa, ma “è delicato, fatto di steli esili, vulnerabili, soggetti e seccarsi, piegarsi, spezzarsi”, rimpiazzati da altri che “spuntano dopo di loro”. Anche noi, afferma il Papa “siamo fatti per questo, non per una vita dove tutto è scontato e fermo, ma per un’esistenza che si rigenera costantemente nel dono, nell’amore. E così aspiriamo continuamente a un ‘di più’ che nessuna realtà creata ci può dare; sentiamo una sete grande e bruciante a tal punto, che nessuna bevanda di questo mondo la può estinguere”. Non inganniamoci con “surrogati inefficaci”. La risposta è ancora in un’altra immagine, quella dello sgabello: “facciamone uno su cui salire per affacciarci, come bambini, in punta di piedi, alla finestra dell’incontro con Dio”. Lui, dice il pontefice nell’omelia che conclude la giornata, “ci aspetta, anzi bussa gentilmente al vetro della nostra anima”.

C’è infine una domanda che attende la risposta: cos’è veramente la felicità? Come liberarci del non senso, della noia, della mediocrità? Dice Leone XIV: “la pienezza della nostra esistenza non dipende da ciò che accumuliamo” né da “ciò che possediamo”, ma piuttosto da ciò “che con gioia sappiamo accogliere e condividere. Comprare, ammassare, consumare, non basta, abbiamo bisogno di alzare gli occhi, di guardare in alto, alle ‘cose di lassù’”.

E c’è una richiesta per questi ragazzi venuti a Roma da 146 nazioni: portate un saluto “a tanti giovani che non hanno potuto stare qui con noi, in tanti paesi dive era impossibile uscire. Portate questa gioia, questo entusiasmo a tutto il mondo! Voi siete sale della terra, luce del mondo”.

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