La domenica del Papa – Costruire un mondo più giusto

Gaza “terra martoriata”: nuovo appello del Papa per la pace, in una piazza San Pietro che vede la presenza di associazioni cattoliche impegnate nella solidarietà con la popolazione della Striscia di Gaza. Con loro, con i pastori delle chiese in Terra Santa, Leone XIV dice: “non c’è futuro basato sulla violenza, sull’esilio forzato, sulla vendetta. I popoli hanno bisogno di pace, chi li ama veramente lavora per la pace”. Parole che fanno eco a quelle pronunciate nella parrocchia vaticana di Sant’Anna dove, in mattinata, ha celebrato Messa. Qui il Papa ha pregato affinché “i governanti delle nazioni siano liberi dalla tentazione di usare la ricchezza contro l’uomo, trasformandola in armi che distruggono i popoli”. Viviamo un tempo “seriamente minacciato dalla guerra” afferma ancora il vescovo di Roma; interi popoli “vengono oggi schiacciati dalla violenza e ancor più da una spudorata indifferenza, che li abbandona a un destino di miseria. Davanti a questi drammi, non vogliamo essere remissivi, ma annunciare con la parola e con le opere che Gesù è il Salvatore del mondo”.
Una riflessione nella domenica in cui le letture e il Vangelo di Luca ci propongono un forte richiamo alla giustizia sociale, soprattutto nei confronti di chi è nel bisogno. Il profeta Amos condanna le ingiustizie nei confronti dei deboli: “voi che calpestate il povero e sterminate gli umili del paese” il Signore non dimenticherà. E in Timoteo si legge l’esortazione a pregare per coloro che hanno responsabilità di governo perché possiamo “condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio”.
Luca propone il racconto dell’amministratore licenziato perché ha cercato il proprio guadagno e viene chiamato dal padrone per rendere conto del suo lavoro: “chi serve la ricchezza ne resta schiavo” afferma il Papa nell’omelia a Sant’Anna; “chi cerca la giustizia trasforma la ricchezza in bene comune; chi cerca il dominio trasforma il bene comune nella preda della propria avidità”. La parola del Signore “non contrappone gli uomini in classi rivali”, ma chiede “una rivoluzione interiore, una conversione”; chiede di aprire le nostre mani “per donare, non per arraffare”, di progettare “una società migliore, non per scovare affari al miglior prezzo”.
Così all’Angelus ricorda che “saremo chiamati a rendere conto di come abbiamo amministrato noi stessi, i nostri beni e le risorse della terra, sia davanti a Dio sia davanti agli uomini, alla società e soprattutto a chi verrà dopo di noi”.
Come l’amministratore disonesto che il padrone licenzia, ma, saputo l’inganno operato ai suoi danni – aveva dimezzato i debiti dei debitori, ma anche la parte a lui spettante – viene lodato dal padrone. E qui cominciano i nostri problemi: si può lodare un furbo e imbroglione?
Ovviamente non è l’azione ingiusta che viene lodata, ma l’atto dell’amministratore di farsi degli amici, donando una parte della ingiusta ricchezza accumulata. L’amministratore, afferma papa Leone all’angelus, “comprende che non è l’accumulo dei beni materiali il valore più importante, perché le ricchezze di questo mondo passano”. Così tagliando i debiti perde della ricchezza “ma guadagna degli amici, che saranno pronti ad aiutarlo e a sostenerlo”. L’amministratore, dunque, “pur nella gestione della disonesta ricchezza di questo mondo, riesce a trovare un modo per farsi degli amici, uscendo dalla solitudine del proprio egoismo; tanto più noi, che siamo discepoli e viviamo nella luce del Vangelo, dobbiamo usare i beni del mondo e la nostra stessa vita pensando alla ricchezza vera, che è l’amicizia con il Signore e con i fratelli”. Vengono alla mente le parole di Papa Francesco, il quale, ricordando quanto diceva la nonna a proposito della ricchezza, affermava: “non possiamo portarla con noi, il sudario non ha tasche”.
Il Vangelo, afferma ancora il Papa, ci chiede di riflettere su come “stiamo amministrando i beni materiali, le risorse della terra e la nostra stessa vita che Dio ci ha affidato. Possiamo seguire il criterio dell’egoismo, mettendo la ricchezza al primo posto e pensando solo a noi stessi, ma questo ci isola dagli altri e sparge il veleno di una competizione che spesso genera conflitti”. Oppure riconosciamo che tutto è dono di Dio da amministrare e condividere “per creare reti di amicizia e solidarietà, per edificare il bene, per costruire un mondo più giusto, più equo e più fraterno”.
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