Il Consiglio comunale sull’Ilva: nazionalizzare e riconvertire
La frattura sociale e politica, che la vicenda Ilva ha creato ormai da anni e continua a creare ora che la storia dell’acciaio pubblico è a un bivio, esplode con tutta la sua evidenza. Il ‘partito’ di chi vorrebbe chiudere lo stabilimento, e cioè le associazioni ambientaliste e i rappresentanti politici che sposano il pieno questa scelta, si trova a scontrarsi apertamente con chi, pur consapevole del disastro ambientale, si rende conto che chiudere l’Ilva porrebbe problemi gravi e irrisolvibili riguardanti l’occupazione, l’ambientalizzazione di un vasto territorio e, ultimo ma pur importante, più che per Taranto per tutto il Paese, la rinuncia a una produzione strategica, che le stesse industrie del Nord difendono.
E così la maggioranza in Consiglio decide di non ricorrere al Tar contro l’Aia che consente l’operatività stabilità nelle scorse settimane dal governo, non votando la mozione 5Stelle, sostenuta anche da alcuni consiglieri Pd, e rimanda la partita allo stesso governo che, così come ci aveva dichiarato proprio il sindaco Bitetti, tenta di far cadere sulla città le scelte di sua stretta competenza per il futuro dell’acciaio e quindi dello stabilimento di Taranto. Il Consiglio che si trova comunque di fronte a una scelta molto delicata, precisa così la sua posizione: “Nazionalizzazione dello stabilimento sul modello Aeritalia, con intervento pubblico diretto per garantire continuità occupazionale e sicurezza industriale; chiusura progressiva dell’area a caldo entro 5 anni, non 12 come prevede il governo, riconversione verso produzioni a basse emissioni attraverso 3 forni elettrici e 1 impianto Dri, alimentati da gas proveniente da impianti on shore, senza ricorrere a una nave rigassificatrice”. Sono queste le indicazioni che il Consiglio comunale di Taranto detta nella mozione approvata a maggioranza, e senza il sostegno di alcuni consiglieri che della maggioranza di centrosinistra fanno parte, quali Lenti, Contrario. Mentre di Di Gregorio e Galeandro, che non avevano firmato, hanno poi votato.
Per quanto riguarda il gas necessario alla produzione di preridotto, la mozione chiede l’utilizzo della rete Snam, che dispone di una capacità di 2 miliardi di metri cubi di gas, e l’avvio di una nuova industrializzazione del territorio in settori innovativi e sostenibili. La mozione chiede, inoltre, di “istituire un tavolo permanente di confronto tra Comune, Governo, Regione Puglia, sindacati, università e mondo produttivo per definire il cronoprogramma della transizione industriale. Infine, il Consiglio invita l’amministrazione a sollecitare il completamento delle infrastrutture strategiche e a difendere con fermezza il diritto della città di partecipare attivamente alle scelte sul proprio futuro ambientale e produttivo”.
Durante i lavori del consiglio, si sono anche registrati momenti di tensione, per alcune intemperanze del pubblico, che hanno costretto il presidente Liviano a sospendere momentaneamente i lavori e a chiedere ai vigili urbani un momentaneo allontanamento del pubblico, poi riammesso nell’aula. Intanto, davanti al Municipio, si radunavano gruppi di manifestanti.
Alla fine, la mozione dei 5Stelle sul ricorso al Tar per l’Aia è stata respinta (solo 4 hanno votato a favore), mentre la mozione di maggioranza è stata approvata con 19 voti, compresi Di Gregorio e Galeandro, mentre Lenti e Contrario si sono astenuti.
Intanto, le organizzazioni sindacali dei metalmeccanici, Fim Fiom Uilm stanno svolgendo le loro assemblee in vista dello sciopero già proclamato per il 16 ottobre, che si concluderà proprio davanti al Municipio, insistendo sulla necessità di una massiccia partecipazione dei lavoratori che stanno pagando il peso più gravoso in termini economici, assieme a quelli patiti dal punto di vista sanitario.
La Usb, da parte sua, ha incontrato l’assessore regionale al Lavoro, Sebastiano Leo per fare il punto sull’avvio per la riqualificazione del personale in cassa integrazione. Tra l’altro si apprende che l’avviso è stato impostato in modo da prevedere che i soggetti che presentano la domanda siano gli stessi lavoratori, e non le aziende. I lavoratori potranno scegliere i corsi da seguire.
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