Tracce

Il mondo è fatto a scale, chi scende e chi sale

SIR/ANSA/ETTORE FERRARI
13 Feb 2023

di Emanuele Carrieri

Se va avanti di questo passo Amadeus avrà superato Giorgia Meloni in fatto di follower su Instagram. Sabato sera, prima dell’inizio della finale di Sanremo, il presentatore era a quota 1 milione 400mila, la presidente del Consiglio dei ministri a 1 milione e mezzo. Dunque, il sorpasso sarà cosa fatta mentre leggerete questo articolo. In pochi giorni – e su suggerimento dell’esperta Chiara Ferragni – il direttore artistico del festival di Sanremo ha sperimentato che la schiera dei seguaci sul social network più prediletto dai giovani è semplice da accrescere, basta avere una cassa di risonanza forte come i milioni di telespettatori della Rai. Il resto conta davvero relativamente. Dal fenomeno Amadeus, dunque, ne discendono tanti altri. Chiamare in causa la politica ha senso perché proprio in questi giorni si vota per le Regionali e il 25 settembre il popolo italiano è stato invitato alle urne per rinnovare il Parlamento. Da una parte, dunque, c’è il popolare conduttore televisivo che aumenta i follower e dimostra l’ingrossarsi dell’onda mediatica scatenata da Sanremo, dall’altra siamo di fronte a un turno elettorale tanto fiacco da far temere che il più importante termometro democratico – cioè il voto – sia ormai vecchio e sorpassato. Paragone non irragionevole, quello appena formulato, se non altro perché fa presa sui giovani. Sono loro che, nel momento in cui tu cerchi di argomentare sull’autoreferenzialità del discorso di Chiara Ferragni durante la prima serata del festival, ti domandano: “Ma tu ce li hai 28 milioni di follower per parlare?”. Fine delle trasmissioni. Per meglio dire, fine di quello che ci hanno insegnato essere il bene più prezioso della democrazia: il confronto dialettico. Da questa concezione, da questa mentalità, da questa visione, naturalmente, non resta immune la politica. Anzi, la adotta con sempre maggiore vigore e sempre minori contenuti. Scopo del politico, fatto salvo quello che, un tempo, veniva catalogato come servizio alla comunità, è l’aumento dei voti. E di conseguenza dei votanti, così come la ragione di vita degli influencer è l’ingrossarsi dei follower. Nel momento in cui la politica abbandona il senso del proprio agire e diventa un semplice metodo per vincere le elezioni scatta però il tilt socio-culturale. E la gente, piano piano, non va più a votare. Riassumendo: l’influencer fa della cattura dei follower un mestiere e superati determinati numeri prende pure i soldi. Tanto per fare un esempio, Chiara Ferragni ha costruito un impero con un giro di affari che il Sole 24 Ore ha stimato in 20 milioni. Il politico si impegna a catturare elettori ma non può alimentarsi del nulla per il nulla. Deve fare qualcosa affinché possa meritarsi il voto. Insomma, non basta costruire una bella storia su Instagram o inondare di post Facebook per avere la garanzia di essere credibile e votato. Servono i fatti. Per meglio dire, servivano. Questo, infatti, ci illudiamo che sia il metro di giudizio del cittadino – elettore quando va alle urne. Ma siccome abbiamo detto che oramai l’affluenza è in discesa e questo turno elettorale per le Regionali rischia di essere un grande flop, ci rendiamo conto che è successo qualcosa, di grave, di molto grave. L’uomo comune, la donna che ogni giorno va al lavoro oppure cura i figli, i giovani che studiano o provano a impegnarsi per un futuro migliore si sono scocciati della politica. La crescita del messaggio – cioè la necessità del politico di apparire – ha finito per determinare il meccanismo diametralmente opposto a quello degli influencer: ha creato assuefazione e stanchezza. In una società costruita per consumare è rimasto stritolato, nello stesso meccanismo, che ha generato. Ora, nessuno è giustificato se non va a votare – eccetto chi ha problemi di salute – perché si tratta di un diritto ma prima di tutto e al disopra di tutto, di un dovere, ma sarebbe sbagliato non analizzare il contesto per rendersi conto che la politica ai tempi dei follower ha la necessità di creare nuovi percorsi e nuove strategie per intercettare credibilità e consenso. E non per forza passano dal telefonino.

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