L’alba del Tara: fede e identità di un popolo
 
                Se è vero che la metafisica, come diceva Kant, è una disposizione naturale dell’uomo e che, nello stesso tempo, come insegna Ratzinger, la condizione che accomuna gli uomini credenti e non credenti, è quella tensione esistente tra dubbio e fede, esistono forme di ritualità che riuniscono tutti e si esplicano in quella tradizione che unisce sacro e tradizione popolare; una di queste è quella del bagno al fiume Tara – alle porte di Taranto -, all’alba del primo settembre.
Una tradizione che ogni anno si rinnova: poco prima che i primi raggi di luce inizino a fare capolino per rischiarare un cielo in cui si intravede ancora la stella polare, tanti fedeli si radunano lungo le sponde del fiume, per immergersi al sorgere del sole, nelle sue acque fresche (eufemismo!). Si tratta di un rito profondamente radicato nel territorio, che rappresenta un momento di purificazione, risveglio, auspicio per affrontare un nuovo inizio.
Emerge, sulla sponda del fiume, la statua della Madonna del Tara, che unita alla recita del rosario, è simbolo di una profonda dimensione spirituale che si riconnette alla devozione e alla speranza. Ogni anno, donne e uomini volontari, prima che il rito abbia luogo, si recano sul posto per sistemare la statua, ripulire le rive, arricchire l’ambiente con delle luci, al fine di rendere ancora più intenso ed evocativo il momento.
Le radici di questa pratica si ricollegano ad alcune leggende antiche e ad una fede popolare che ha saputo unire tradizioni cristiane e pre-cristiane. Una delle storie tramandate, racconta di un asino ormai inerte gettato nel fiume e miracolosamente guarito dopo essere stato rivestito di fango. Questo racconto ha contribuito a creare il mito delle proprietà curative delle acque e dei fanghi del Tara, e si è trasformato in una credenza collettiva ancora viva, che spinge ogni anno persone di ogni età a sacrificare qualche ora della notte per godere di un momento evocativo, in cui la bellezza della natura si fonde con la spiritualità e la speranza.
Un ponte tra passato e presente che rispecchia un profondo senso di comunità che resiste ai cambiamenti sociali e ambientali.
Dopo la recita del Rosario e il bagno rituale, ogni anno si crea un momento di spontanea convivialità. Un vero e proprio banchetto in cui dolce, salato, frutta, caffè, sorrisi e abbracci tra ‘sconosciuti’, si fondono con la gioia dalla condivisione e di un nuovo inizio, in cui il senso di appartenenza che a volte il mondo attuale sembra voler isolare, riemerge più vivo che mai.
Un’esperienza intensa, in cui sacro e profano, speranza e memoria, fede e radici popolari, si intrecciano tramandando una tradizione che contribuisce a mantenere vivo il cuore della comunità e il legame con il territorio.
Ed è così che in ogni prima alba di settembre, tra il silenzio della natura e le voci della preghiera, il fiume Tara continua a raccogliere le voci silenziose degli uomini che portano con sé una storia unica e irripetibile, che ha bisogno di essere ascoltata. Il senso è proprio qui: nella certezza che ogni essere umano, tra fragilità e ricerca, modernità e complessità, ha sempre bisogno di segni che lo riportino all’essenziale, a Dio, agli altri e a sé stesso.
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