Don Luigi Larizza e gli inizi entusiasmanti al quartiere Paolo VI

“Eravamo otto figli, di cui sei viventi, in una famiglia compatta in cui regnava l’amore reciproco, dove però Dio era il grande assente. Papà, Gaetano, arsenalotto, era infatti comunista convinto e non andava in chiesa, preferendo raccontarci le gesta del fratello (si chiamava Luigi, come me), ucciso dai fascisti, il cui nome è inciso, assieme ad altre vittime dell’eccidio, sulla lapide murata sulla facciata di palazzo di città”.
È questo il racconto di don Luigi Larizza, 76 anni compiuti a luglio, che festeggia i 50 anni di sacerdozio.
In questo particolare contesto di vita familiare, ad appena sette anni giunse inaspettatamente la chiamata alla vita presbiterale. “Sia pure inizialmente sorpreso – riferisce don Luigi – papà mi accompagnò dal parroco, don Nunzio Mannara (allora abitavo in via La Spezia e perciò la mia parrocchia era la Santa Teresa) il quale ne fu anche lui meravigliato, conoscendo bene come la pensava mio padre. Così, dopo un breve periodo di discernimento, in cui fui seguito anche dal prof. Gambalonga, persona meravigliosa, iniziai a frequentare la quinta elementare e la prima media all’allora seminario minore di Martina Franca, passando poi a quello di Taranto (allora in città vecchia) e poi al quinquennio di studi teologici al maggiore di Mondovì, assieme al compianto don Gianfranco Bramato e a don Nino Borsci”.
Il 20 settembre, finalmente, l’ordinazione sacerdotale impartita da mons. Guglielmo Motolese, svoltasi in una Concattedrale gremitissima, con tutta la famiglia schierata ai primi banchi, con il papà visibilmente orgoglioso e nel contempo emozionato.
Primo incarico pastorale fu proprio alla ‘Gran Madre di Dio’, con mons. Francesco Marinò quale parroco.
Nel ’78 don Luigi fu chiamato in arcivescovado da mons. Motolese per la proposta di diventare parroco alla nascente comunità del Corpus Domini al quartiere Paolo VI. “Non mi dire di no” – fece implorante don Guglielmo al giovane sacerdote, in attesa della risposta, nella consapevolezza della delicatezza della realtà di quel quartiere piuttosto difficile. “Risposi subito di sì e mi diressi alla nuova destinazione, rendendomi subito conto delle difficoltà che mi si prospettavano – dice –La chiesa infatti si riduceva a un locale in disuso, precedentemente adibito ad attività di torrefazione, dove celebravo la santa messa una volta la settimana, alternando con quella alla San Francesco e Geronimo (parroco don Cosimo Russo)”.
Don Luigi rammenta con grande nostalgia quegli anni, all’inizio un po’ difficili. “Con l’aiuto di Dio – racconta – ho realizzato dal nulla la parrocchia, con la gente che non solo non partecipava ma che mi ostacolava e con i ragazzini che mi costringevano a interrompere la Messa di Natale per i fragorosi botti sparati sul sagrato. Passo dopo passo, però, ne è venuta una comunità meravigliosa che mi ha sempre voluto bene e non mi ha mai lasciato solo”.Fra i momenti più significativi, l’inaugurazione della nuova chiesa con tutte le attrezzature connesse, la processione natalizia fino a notte fonda e la veglia eucaristica del primo sabato del mese che si concludeva a mezzanotte con la Santa Messa (vi giungevano anche dalla Calabria). Fra le altre iniziative, la tre giorni di eventi ‘Insieme contro la droga’, con le significative testimonianze di personalità impegnate in questo settore. “E poi non posso non rammentare l’emozione per la visita di Giovanni Paolo II al quartiere, dove ricevette il saluto dei miei parrocchiani” – dice.
Nell’ambito giovanile fu importante l’ insegnamento alla scuola media ‘Ungaretti’ (ne fu anche vice preside) dove riuscì ad avvicinare alla fede diversi ragazzi, potendo contare anche sulla preziosa collaborazione del collega prof. Stefano Leogrande, allora direttore della Caritas diocesana, uno dei cosiddetti ‘santi della porta accanto’.
“Una grossa mano in parrocchia – continua – mi venne dalla comunità religiosa delle Sorelle della Misericordia che mi supportò nelle attività pastorale e fu in aiuto al quartiere, specialmente con il servizio infermieristico e la scuola di sartoria.
Dopo 27 anni intensi trascorsi al Corpus Domini, nel 2005 ci fu la chiamata dell’arcivescovo mons. Benigno Luigi Papa a servire in un’altra parrocchia di periferia, quella del Sacro Cuore al quartiere Tre Carrare, fino ad allora retta dai padri salesiani. “Uno dei miei più notevoli impegni – dice – fu quello della manutenzione straordinaria della struttura, lasciatami in non buone condizioni. Un giorno, ricordo, avvenne il crollo all’interno di una delle grandi vetrate laterali: per fortuna in una chiesa deserta perché altrimenti sarebbe stata una tragedia. Realizzammo fra l’altro l’impianto fotovoltaico, rimettemmo in sesto il teatro e facemmo affrescare interamente il campanile con l’ immagine del Sacro Cuore di Gesù”.
Nel 2024 e nel 2025 don Luigi operò al santuario della Madonna della Sanità a Martina Franca e poi, al compimento dei 75 anni, il meritato riposo nella sede della comunità terapeutica per le tossicodipendenze ‘Il Risorto’, da lui fondata, con il supporto del nipote, mons. Marco Gerardo.
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