Ricordo di don Emidio: “C’è qualcosa di ulteriore che non dobbiamo lasciarci sfuggire”
“La realtà forse è migliore di quella che può apparire dalle esperienze comuni che facciamo: c’è qualcosa di ulteriore che non dobbiamo lasciarci sfuggire”. Una riflessione profonda, quasi un aforisma spirituale, che condensa anche una testimonianza di fede autentica, come derivata da un riflesso colto dalla realtà. Me l’aveva dettata don Emidio nell’intervista pubblicata su questo giornale nel maggio scorso, in occasione dei festeggiamenti della Madonna delle Grazie a Grottaglie.
Stavamo riflettendo sull’enorme successo che aveva riscosso, pochi giorni prima, il concerto di apertura dei festeggiamenti, che era nato da una sua esigenza profonda da lui rivolta a Nunzio Dello Iacovo, noto pianista concertista grottagliese.
“Il tutto è nato – così mi raccontò – da un mio desiderio espresso al maestro Dello Iacovo mentre usciva dalla sua preghiera personale. Gli ho espresso il bisogno di un momento culturale e spirituale insieme, che fosse di evangelizzazione ma che uscisse anche fuori dal circuito ordinario della catechesi o della liturgia, in genere limitata ai parrocchiani. Lui ha detto che ci avrebbe pensato e poi ha portato una proposta che è andata al di là della più rosea aspettativa. Un sogno che si è realizzato: un vero percorso culturale e spirituale che, tenendo in Bach e in Listz grandi autori di riferimento, ha tratto dalle loro musiche, la spiritualità che ha animato la loro vita. Molto apprezzata la formula, che ha visto il maestro Nunzio al pianoforte e il maestro Massimiliano Conte come voce narrante, o voce orante come si può benissimo definire. Un percorso di spiritualità vissuto mediante l’esecuzione pianistica. La chiesa della Madonna delle Grazie, che è molto capiente, era piena. A significare un’attesa, di un desiderio. Sono venute persone anche da Taranto e da altri paesi. Questo sta a dire come si può provare a esprimere la fede grazie a questi grandi contributi del passato, di uomini e donne di fede che hanno messo nell’arte il loro patrimonio spirituale”.
È bene che siano le sue stesse parole a delineare un ricordo efficace, perché i rischi connessi alla memoria sono sempre in agguato. Anche se don Emidio non avrebbe bisogno di una laudatio postuma, perché egli era esattamente come si mostrava. La densa sobrietà e la repulsione per ogni ipocrisia (propria e altrui) erano dati caratteristici della sua azione pastorale, come la sua mitezza, che abbiamo spesso incontrato nella sua troppo breve vita sacerdotale, come già anche nel complicato e delicato ruolo di segretario particolare del vescovo, cui fu chiamato dall’arcivescovo Benigno Papa, che lo aveva ordinato sacerdote nell’agosto 1997, e mantenuto in tale servizio da monsignor Santoro, che poi lo designò parroco della centralissima Madonna delle Grazie. Una parrocchia vivace e impegnativa, che ancora recava le impronte del ministero di monsignor Salvatore Ligorio, futuro arcivescovo di Potenza.
E lui stesso, parlando della partecipazione dei parrocchiani alle pratiche religiose legate al culto della Vergine, aveva detto: “Vi è una partecipazione apprezzabile, legata a una tradizione profonda, che vede le persone apprendere un messaggio che aiuti a vivere la fede e aiuti nella vita. Lo colgo dall’attenzione che mettono: non è una presenza passiva, legata a un dovere, a un atto sacro da compiere, ma è proprio un desiderio di ricerca che emerge e che riscontra la profondità spirituale realizzata dai predicatori. La predicazione rimane elemento importante nell’evangelizzazione. Avere il dono di sacerdoti che sanno spezzare bene la parola di Dio, renderla attuale è qualcosa per cui rendere grazie a Dio”.
Quanto sono importanti, oserei dire profetiche, queste ultime sue parole, che assumono un denso senso prospettico, alla luce della sua prematura dipartita. E intanto ci viene da pensare, come invito indiretto rivolto al maestro Dello Iacovo: perché non ripetere il grande concerto ispirato da don Emidio come atto commemorativo?
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