Charbel Makhlouf, il grande santo sulla cui tomba ha pregato papa Leone
La visita di papa Leone in Libano è un evento storico di grande portata. Abbiamo appreso dai vari tg che, come primo atto, si è recato nel monastero di San Marone ad Annaya, per visitare la tomba di san Charbel e rimanere in preghiera, affidando alla sua intercessione il futuro del Libano e dell’intero Medio Oriente. Ma molti, anche tra i cattolici praticanti, si saranno chiesti: ma chi è san Charbel? E perché ne sentiamo parlare solo ora per la prima volta?
Ebbene san Charbel Makhlouf, eremita maronita del XIX secolo, è un “ponte di spiritualità”, punto di incontro, cioè, tra la spiritualità di diverse religioni, essendo egli venerato da cristiani e musulmani. E questo per la profonda impronta di fede lasciata in quella regione, che è il crocevia tra continenti, società e storie diverse, ma anche per i numerosi miracoli attribuiti alla sua intercessione. Egli, però, è già venerato in Italia, a Roma, prima nella chiesetta detta Casa di san Charbel, all’Ostiense, che conserva le sue reliquie, ora nei locali del nuovo monastero, adiacenti alla Chiesa dell’Immacolata, nella zona San Giovanni in Laterano, tra via Taranto e via Nizza. Ma la sua venerazione si è particolarmente diffusa a Napoli, a iniziare dalla Chiesa di San Ferdinando, nella quale si è verificato un evento prodigioso proprio durante la celebrazione di introduzione del suo culto a opera di alcuni devoti e del clero parrocchiale.
San Charbel, nato nel 1828 nel villaggio di Biqa’ Kafra, quinto figlio di due contadini, con nome di Youssef (Giiuseppe) abbracciò la vita monastica a 23 anni, da fervente cristiano cattolico, entrando, nell’Ordine Maronita Libanese col nome di Charbel (che vuol dire Racconto di Dio). Suo maestro fu un altro grande marinota: San Nimatullah, che gli trasmise la sua grande venerazione per la Vergine Maria. Ordinato sacerdote nel 1859, visse per 23 anni da eremita nella solitudine della montagna, nel rigore della regola anacorética. Morì il 24 dicembre 1898, dopo giorni di agonia seguiti a un collasso avvenuto durante la celebrazione della messa.
Poco dopo la sua morte, cominciarono ad accadere fenomeni straordinari presso la sua tomba, da cui emanarono luce e, secondo molti testimoni, sudore misto a sangue. Da allora, migliaia di guarigioni inspiegabili sono state attribuite alla sua intercessione, molte delle quali riconosciute ufficialmente dalla Chiesa.
Ad avviare la causa di beatificazione fu papa Pio XI, già nel 1925, mentre la cerimonia di beatificazione avvenne, ad opera di Papa Paolo VI, il 5 dicembre 1965, alla vigilia della cerimonia di chiusura del Concilio Ecumenico Vaticano II. Fu poi lo stesso Paolo VI a proclamarlo santo poch anni dopo, il 9 ottobre 1977. Nel suo discorso per la proclamazione, Paolo VI disse: “Un nuovo membro di santità monastica arricchisce con il suo esempio e con la sua intercessione tutto il popolo cristiano. Egli può farci capire, in un mondo affascinato per il comfort e la ricchezza, il grande valore della povertà, della penitenza e dell’ascetismo, per liberare l’anima nella sua ascensione a Dio”.
Ogni anno, circa 4 milioni di pellegrini, cristiani e musulmani, si recano ad Annaya per pregare sulla tomba di San Charbel, che continua ad attrarre fedeli da tutto il Medio Oriente. Il monastero di San Marone, a 1.200 metri d’altitudine, ospita oggi anche una chiesa consacrata nel 1974, e un museo con gli oggetti personali del santo.
Leone XIV è il primo Papa della storia a visitare la sua tomba. Riflettendo sulla figura del santo ha sottolineato come, pur non avendo lasciato scritti, San Charbel “continui a parlare con sorprendente forza”. La sua vita di silenzio, preghiera e sacrificio si rivela oggi più che mai attuale, come testimonianza luminosa in un tempo assetato di pace e spiritualità autentica.
Con questa visita, papa Leone XIV è entrato nella storia come il primo pontefice a recarsi ad Annaya per venerare personalmente il “santo dei miracoli”. Un segno di attenzione non solo verso la Chiesa maronita, ma anche verso il popolo libanese provato da crisi politiche, economiche e sociali, e che al santo si rivolge perché interceda per la pace come da anni fa, presso Dio, per ottenere numerosissime grazie e conversioni.
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