Verso il sacerdozio: la storia di don Antonio Acclavio
Un cammino di ritorni, attese e germogli
Sabato 6 dicembre, nella concattedrale Gran Madre di Dio, alle ore 17, l’arcivescovo mons. Ciro Miniero ordinerà sacerdote il diacono don Antonio Acclavio, 40 anni, attualmente impegnato nel suo ministero diaconale nella parrocchia di origine, Maria SS.ma del Rosario in Talsano, guidata con premura e discernimento da don Armando Imperato.
«Ripensando alla mia vocazione – racconta don Antonio –, mi torna in mente la parabola del seminatore (Mt 13,1-9): quel seme caduto sulla terra buona, dopo tante vicissitudini, alla fine germoglia e porta frutto. La mia chiamata è stata così: un seme piantato da Dio molto tempo fa, che ha iniziato davvero a spuntare solo in età adulta».
Una maturazione lenta, fedele, spesso silenziosa.
La storia vocazionale di don Antonio affonda le radici alla fine degli anni ’90, quando, da ministrante nella parrocchia del Rosario, allora guidata da don Vittorio Emanuele Marilli, muoveva i primi passi nella fede. Come capita a tanti giovani, l’entusiasmo iniziale si affievolì dopo la cresima, fino all’allontanamento.
Poi la vita: il lavoro, la ristorazione, gli anni dietro ai banconi di diversi bar. E proprio lì, in un bar di Taranto2, accadde ciò che lui chiama “una carezza inattesa di Dio”: nel 2010 una cliente, oggi amica fraterna, Lorenziana, lo invitò a frequentare la chiesa dello Spirito Santo, guidata da don Martino Mastrovito. Dice: «Partecipare alla messa e agli incontri di Azione Cattolica fu come rientrare in casa dopo essere stato via troppo a lungo».
Nel frattempo, la chiamata cresceva. Un sussurro che diventava voce, poi voce che diventava direzione. «Accadde mentre lavoravo al bar L’Orchidea — ricorda —: decidere non fu semplice: rinunciavo a uno stipendio sicuro, a soddisfazioni professionali. Mi hanno dato pace i colloqui con don Danilo Minosa, don Giovanni Chiloiro e don Davide Errico. La loro guida ha aperto spiragli in cui finalmente entrava luce».
Un sostegno prezioso arrivò anche dalla sua famiglia: «Le mie sorelle, mio fratello e soprattutto mia madre hanno accolto con gioia la mia scelta, accompagnandomi fino alla sua scomparsa, tre anni fa. Mio padre era già volato al cielo dieci anni prima».
L’ingresso in seminario segna la svolta interiore.
«Entrare in seminario è stato come rimettere ordine dentro casa dopo anni di stanze lasciate in penombra: un luogo che mi ha accolto senza filtri, dove ferite e domande non erano scartate ma ascoltate. Lì ho riscoperto me stesso, imparando che Dio non cancella le storie, le ricompone».
Nel 2019, dopo l’anno propedeutico, l’ingresso nel Pontificio seminario regionale pugliese ‘Pio XI’ di Molfetta. Anni intensi, profondi, a tratti faticosi: «Ci sono state prove e momenti bui — confida — superati grazie alla preghiera, ai miei compagni di cammino, al mio padre spirituale don Alessandro Rocchetti e alla guida sapiente del rettore don Gianni Caliandro e dell’intera équipe formativa».
Poi il 4 gennaio di quest’anno l’ordinazione diaconale e un anno vissuto nella sua comunità come un dono inatteso. «È stato un anno traboccante della grazia di Dio. Ho vissuto la gioia dell’evangelizzazione, le benedizioni nelle case, gli incontri con i giovani e con le famiglie. Restare nella mia parrocchia anche da diacono è stata una fiducia immensa: il Signore mi ha permesso di servire i volti che mi hanno visto crescere e che hanno custodito la mia storia quando io stesso facevo fatica a capirla. Da settembre, l’arcivescovo mons. Ciro Miniero mi ha affidato una collaborazione accanto a don Francesco Maranò per il coordinamento logistico del Seminario Arcivescovile e della Casa del Clero: un servizio che profuma di responsabilità e di fiducia, e che cerco di vivere con tutta la serietà del cuore».
E ora l’ordinazione sacerdotale arriva nel cuore dell’Avvento: un dettaglio che per lui non è secondario. «È come vivere una seconda attesa — dice —. L’Avvento è il tempo in cui Dio aiuta il mondo a respirare speranza. Ordinarmi in questo tempo significa riconoscere che il mio ministero nasce dentro una promessa: quella di un Dio che viene sempre, anche quando tutto sembra fermo».
Conclude don Antonio: «Oggi quel seme, che la mano di Dio ha custodito nelle stagioni della mia vita, cresce e si fa albero: desidero che la mia vita sacerdotale sia rifugio e respiro, offrendo ombra, ristoro e ascolto a chiunque il Signore affiderà ai miei passi».
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