Urso: L’Ilva non chiude… ma gli impianti sì
Bitetti oggi a Roma
“Non ci sarà nessun piano di chiusura di Acciaierie d’Italia”: sono le parole dette ministro delle Imprese e Made in Italy, Urso, nel question time nel corso del quale, alla Camera dei deputati, ha risposto a varie interrogazioni parlamentari. Precisando anche che “a Genova nessuno andrà in cassa integrazione, con salario integralmente corrisposto”.
Ma le parole del ministro sembrano contraddite pienamente gli atti. Per questo, mentre a Genova Cornigliano la protesta va avanti con i lavoratori che chiedono che l’impianto per la lavorazione della zincatura non si fermi, come invece ha previsto da qui a fine febbraio il governo, a Taranto si insiste nel chiedere la convocazione urgente e unitaria del sindacato per tutti gli stabilimenti. E questo alla luce dell’annunciata chiusura delle cokerie e dello stop ai due altoforni.
Su questo tema Urso ha replicato che: “Lo stop ai due altoforni di Taranto incide solo temporaneamente sulla produzione a Genova” e che l’obiettivo è far ripartire a marzo la produzione con le nuove spedizioni di rotoli di acciaio da Taranto verso Genova per la lavorazione dello zincato nello stabilimento di Cornigliano. Urso ha aggiunto anche che a livello nazionale il piano, dopo le opere di manutenzione, è quello di riportare a quattro milioni le tonnellate di produzione e che per Genova la “produzione deve seguire l’accordo di programma” con la possibilità di far insediare “nuove attività sulle aree di Cornigliano”. È poi tornato sulla gara in atto (“i negoziati sono difficili perché l’obiettivo è sfidante”), e sul presupposto per la decarbonizzazione prevista che è la fornitura di gas, mentre Taranto ha detto no alla nave rigassificatrice.
Ha poi parlato di reindustrializzazione, sia per Taranto che per Genova, ma restando sul vago, e di concorrenza dell’acciaio asiatico, per il quale la Ue prevede di alzare di dazi. Infine ha anche parlato dell’azione risarcitoria nel confronti di Arcelor Mittal per cinque miliardi di euro. La multinazionale indiana ha danneggiato gli impianti ma quello che è avvenuto è anche colpa del nostro Paese, per il semplice fatto che Mittal era considerato un imprenditore inaffidabile, come sempre abbiamo raccontato, e non gli andava certo ceduta una produzione strategica come l’acciaio.
Ebbene, anche dell’intervento di Urso si è occupato il consiglio di fabbrica permanente delle rsu di Fim Fiom Uilm e Usb sia di AdI in As, che di Ilva in As ma anche dell’appalto, che intanto vede accentuarsi la crisi, come dimostra il licenziamento, da parte della Semet, di 220 lavoratori.
Per martedì 9 dicembre alle 10 è stato indetto un consiglio di fabbrica, nel quale incontreranno istituzioni locali e regionali per “discutere ed affrontare come traguardare il processo di decarbonizzazione, partendo dalla garanzia della continuità produttiva degli stabilimenti del gruppo ex Ilva”.
Quello che Urso ha detto alla Camera, sostengono in una nota, contraddice quanto realmente accade negli stabilimenti, a partire dalla chiusura delle cokerie prevista dal 1 gennaio 2026. I primi effetti del piano di chiusura stanno emergendo in queste ore con l’avvio della procedura di licenziamento collettivo per 220 lavoratori della Semat ma registriamo anche notevoli difficoltà di altre aziende dell’appalto e dell’indotto che sono strettamente collegate alla fermata degli impianti annunciati dallo stesso ministro e che ovviamente tali difficoltà si ripercuotono sui lavoratori.
Intanto, per quanto riguarda la riunione con le istituzioni locali convocata per oggi a Roma, il sindaco Bitetti dichiara: “Ritengo pienamente comprensibile e legittima la linea finora adottata dalle organizzazioni sindacali. Le loro proteste rappresentano un segnale drammatico che le istituzioni non possono ignorare. Condividiamo le loro motivazioni, non si può dividere Nord e Sud, non si può pensare ad uno “spezzatino”, e non si può slegare il tavolo dall’ampiezza del ragionamento. Sarò a Roma in primis per dare voce a queste preoccupazioni e per sostenere una soluzione che tuteli lavoratori, ambiente e futuro della città. Domani poi intendo aprire un nuovo capitolo nella complessa vicenda dell’ex Ilva. Chiederò innanzitutto al ministro Urso di fornirci un quadro puntuale e trasparente degli investimenti, o potenziali investimenti, destinati a Taranto”.
Bitetti intende, poi, chiedere l’istituzione di un ‘Tavolo Taranto’ stabile, sotto il coordinamento della presidenza del Consiglio dei ministri, non limitato al solo ministero del Made in Italy, ma esteso al ministero dell’Ambiente e al ministero dell’Università e della Ricerca.
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