Il ritorno di Leonardo Pieraccioni con “Il sesso degli angeli”
Non poca scelta al cinema questa settimana. Anzitutto nel segno della commedia: il ritorno di Leonardo Pieraccioni con “Il sesso degli angeli”, un gioco degli equivoci che chiama in campo la tonaca del sacerdote
30 Apr 2022
di Sergio Perugini
Prossimo al giro di boa dei 60 anni di età e dei 30 di carriera come regista, dal suo esordio nel 1995 con il fortunato “I laureati” e subito dopo con il campione d’incassi “Il ciclone” (1996), Leonardo Pieraccioni firma una nuova commedia, “Il sesso degli angeli”, il suo 14° titolo, dove veste per la prima volta l’abito talare. Una commedia degli equivoci che ha la vocazione di un racconto sociale nella direzione di “Io, loro e Lara” (2009) di Carlo Verdone. La storia. Firenze oggi, don Simone (Pieraccioni) è parroco di una chiesa con molti problemi strutturali, scarsi fondi e pochi fedeli, soprattutto tra i giovani. Un giorno riceve la convocazione di un notaio per un’eredità in Svizzera da parte di uno zio di cui aveva perso le tracce, Waldemaro (Massimo Ceccherini). Felice per la notizia, in particolare per la possibilità di recuperare fondi per la sua parrocchia, don Simone si reca a Lugano insieme al sagrestano Giacinto (Marcello Fonte). Convinto di trovarsi di fronte a un albergo di lusso o a un locale alla moda, ben presto don Simone scopre che lo zio gli ha lasciato una nota casa per appuntamenti gestita dall’affascinante Lena (Sabrina Ferilli).
Il cinema italiano non è nuovo alla commedia degli equivoci, soprattutto all’accostamento dell’abito sacerdotale con situazioni pruriginose o grottesche. Al di là del sentiero comico, con “Il sesso degli angeli” Pieraccioni a ben vedere prova a “utilizzare” la talare per mettere in campo una riflessione sulla nostra società, sui vari deragliamenti e sulla possibilità di potersi comunque ritrovare, riscattare. Da un lato, c’è la vocazione di don Simone, la crisi che attraversa come parroco di una chiesa che fatica a coinvolgere la comunità, dall’altro troviamo le esistenze precarie delle prostitute, tutte apparentemente felici per il tenore benestante in Svizzera, ma in verità segnate da un passato che non ha offerto loro opportunità e scelte. Pieraccioni si serve della sua commedia – firma la sceneggiatura con Filippo Bologna – per raccontare dunque una storia che mette a tema il ritrovarsi, il ricentrarsi nella vita. Don Simone avverte la tentazione, ma il suo amore per il ministero è più forte; e proprio questo sarà la via che lo porterà ad aiutare se stesso e chi gli sta accanto.
Anche se tutto non fila sempre liscio nella narrazione e se le battute non risultano tutte scoppiettanti (qua e là anche un po’ scontate), nel complesso “Il sesso degli angeli” è una commedia che trova senso proprio nella parabola sociale, per quel racconto simpatico e un po’ scollacciato di un’umanità che vacilla, inciampa, ma sa rimettersi in cammino.
Film consigliabile, brillante, segnato da superficialità
Un’esigenza, quella della maggiore produzione, che deve però andare di pari passo con quella dell’attenzione agli equilibri ambientali del pianeta
29 Apr 2022
di Andrea Zaghi
In Italia ci sono sempre più poveri. Secondo i dati del Rapporto sul benessere equo e sostenibile (Bes), nel 2021 nel nostro paese si è arrivati a 5,5 milioni le persone giudicate in una condizione di povertà assoluta. Un dato che più che doppio rispetto a quanto stimato pochi giorni prima circa le persone che a Pasqua sarebbero state in difficoltà per mangiare. Una dato che fa parte di uno scenario ancora peggiore delineato dal sommarsi degli effetti della pandemia di Covid-19 con quelli della guerra Russia-Ucraina e, prima ancora, con gli effetti di trascinamento sui mercati internazionali tra scarsità delle materie prime e costi energetici. E, a delineare un possibile futuro, basta sapere che l’inflazione generata dalla guerra in Ucraina, secondo quanto stimato da Coldiretti, “colpisce il carrello della spesa e mette a rischio alimentare quasi un italiano su 10 (9,4%)” mentre “è destinato ad aumentare il numero di quanti non riescono più a garantirsi un pasto adeguato”.
È il fenomeno dei “nuovi poveri” quello che desta più preoccupazione. Di colore, cioè, che hanno perso il lavoro, piccoli commercianti o artigiani che hanno dovuto chiudere, le persone impiegate nel sommerso che non godono di particolari sussidi o aiuti pubblici e non hanno risparmi accantonati, come pure molti lavoratori a tempo determinato o con attività saltuarie che sono state fermate o danneggiate dalle limitazioni rese necessarie in due anni di pandemia. E su tutto e tutti, adesso, è calato l’effetto della guerra.
Di fronte a tutto questo, l’unica soluzione possibile, oltre agli interventi di emergenza, è quella di aumentare, e molto, la produzione alimentare nazionale ed europea, oltre che creare e usare strumenti di intervento sui costi di produzione.
Un’esigenza, quella della maggiore produzione, che deve però andare di pari passo con quella dell’attenzione agli equilibri ambientali del pianeta. Ed è un caso fortuito che la consapevolezza di dover aumentare la produzione alimentare coincida con la celebrazione della Giornata mondiale della Terra. “Quest’anno – ha per esempio ricordato Confagricoltura -, la Giornata cade in un contesto che evidenzia con forza la necessità di incrementare le produzioni agricole interne, preservando e recuperando le materie prime e garantendo produttività e fertilità dei suoli”. Mentre Cia-Agricoltori Italiani in una nota ha ricordato che “l’agricoltura può fare ancora molto per la terra. Non solo produrre più cibo, ora che la guerra mette a rischio la sicurezza alimentare globale, ma anche produrre più energia da fonti rinnovabili, con l’ulteriore sviluppo di fotovoltaico, biogas e biomasse. E poi accrescere la sostenibilità dei processi produttivi con la ricerca e le nuove tecnologie, difendere il paesaggio e la biodiversità, salvaguardare il suolo e le foreste contro il dissesto idrogeologico e i cambiamenti climatici”. Ma è proprio la Giornata della terra a far ricordare a tutti quante siano oggi le contraddizioni dell’agroalimentare.
“Nello spazio di una sola generazione (25 anni) – dice giustamente Coldiretti -, l’Italia ha perso più di un terreno agricolo su quattro seguendo un modello di sviluppo sbagliato che ha causato la scomparsa del 28% delle campagne che garantiscono la sicurezza ambientale”. E poi ancora: “In Italia la superficie agricola utilizzabile si è già ridotta ad appena 12,8 milioni di ettari a causa dell’abbandono e della cementificazione con la copertura artificiale di suolo coltivato che ha toccato la velocità di 2 metri quadri al secondo e la perdita di oltre 400 milioni di chili di prodotti agricoli in un decennio”. Adesso, invece, ci si ritrova con l’esigenza pressante di quelle terre e di quelle produzioni.
Baseball, il ritorno dei Tritons: un gruppo che merita di giocare nel capoluogo ionico
29 Apr 2022
Un punto di partenza e insieme di arrivo. Il coronamento di un percorso fatto di sacrifici, una realtà che si è ben consolidata, dopo essere stata creata dal nulla: è il gruppo Tritons, pronto a lanciarsi in una nuova avventura. L’obiettivo è fare bene nel campionato nazionale di serie C. Il progetto, ancora più ambizioso: portare in serie A, nel medio termine, la squadra di baseball tarantina.
Parlare e dare la giusta visibilità a questa disciplina significa sfatare un luogo comune. Quello che annovera il baseball tra gli “sport minori”. La sua crescita è costante sul territorio ionico, nonostante il deficit di infrastrutture, capace di ledere le attività di base, funzionali allo sviluppo della persona. Lo si è denunciato nel corso dell’evento di presentazione tenutosi al centro commerciale “Le porte dello Jonio”. L’entusiasmo e la passione possono sopperire a qualsiasi mancanza. Ma per la sua storia (40 anni in riva allo Jonio, la società è stata fondata nel 2019), per quanto rappresentano in una città chiamata a valorizzare necessariamente tutte le discipline sportive, in vista dei Giochi del Mediterraneo, i Tritons meritano di giocare nel capoluogo ionico – fuori uso il campo sportivo comunale Tramontone, fatto oggetto di ammodernamento, sono dovuti traslocare a Torricella.
LA SQUADRA. Quello diretto da Frank Castillo, il pitching coach, è un gruppo molto giovane, un mix di ragazzi del territorio e atleti provenienti dal Sudamerica. È accreditata come formazione tra le più forti del girone. Tre gli innesti, capaci di assicurare valore aggiunto al roster: Miguel Eduardo Lopez, Estarlin Richards e Josè Gregorio Da Costa Gonzales. Si aggiungono ai tredici. A Yoisel Hernandez, Gabriel Mucavero, Jesus Reyes, Danyery Ruiz e Dary Ruiz; agli italiani Marco Costante, Alberto Iemmolo, Aldo Alabrese, Francesco Lupo, Riccardo Quarto, Filippo Patruno, Biagio Chirulli e Giosuè Scarnera.
IL CAMPIONATO. Esordio domenica prossima primo maggio: la Asd Tritons Taranto Baseball dovrà vedersela, in “casa”, contro il Napoli. Dieci partite sino al 3 luglio. E la speranza, per la società presieduta da Antonio Maggio, di giocarsela fino in fondo.
Amianto: a 30 anni dalla legge che l’ha messo al bando, ancora troppe morti
Il 28 aprile è il giorno in cui in tutto il mondo si ricordano le vittime della “fibra killer” ricorre il trentennale della legge 257/1992 con la quale in Italia si introdussero a livello nazionale le prime “Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto”
29 Apr 2022
di Alberto Baviera
Esattamente 30 anni fa entrava in vigore la legge che ha introdotto in Italia le “Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto”. Il nostro Paese, anticipando di 13 anni il divieto emanato dall’Unione europea, metteva così al bando tutti i prodotti contenenti amianto, vietando l’estrazione, l’importazione, la commercializzazione e la produzione di amianto e di prodotti che lo contenevano, secondo un programma di dismissione il cui termine ultimo veniva fissato al 28 aprile 1994. Ma a Casale Monferrato, la cittadina piemontese che ospitava lo stabilimento Eternit più grande d’Europa e che negli anni venne riconosciuta capitale mondiale della lotta all’amianto, il 2 dicembre 1987 l’allora sindaco Riccardo Coppo firmò la storica ordinanza con la quale ne vietò l’impiego sul territorio comunale.
Nel trentennale della legge 257 del 1992, approvata appena prima che la X legislatura terminasse e gli italiani fossero chiamati alle urne per rinnovare il Parlamento, poco più di un mese fa ministero della Salute e Istituto superiore di sanità hanno analizzato in un convegno priorità e prospettive della lotta all’amianto. Secondo “Le stime della mortalità per malattie amianto-correlate in Italia” fornite da Lucia Fazzo del dipartimento Ambiente e salute dell’Iss, tra il 2010 e il 2016 nel nostro Paese, in media sono stati stimati 4.410 decessi all’anno attribuibili ad esposizione ad amianto (3.860 maschi e 550 femmine); in particolare 1.515 ogni anno sono causati da mesotelioma maligno (più dell’80% dei quali dovuti all’amianto), 58 da asbestosi (malattia polmonare causata da inalazione di fibre di amianto), 2.830 da tumore polmonare e 16 da tumore ovarico. Nella presentazione della Fazzo si afferma inoltre che “è stato evidenziato un rilevante carico di patologie amianto-correlate nella popolazione italiana, a distanza di 17-25 anni dal bando dell’amianto, che richiede adeguati interventi di prevenzione, diagnosi, terapia, assistenza, sostegno psicologico e sicurezza sociale, in particolare per gli ex-esposti, i loro familiari, nonché per i soggetti attualmente a rischio di esposizione”.
ph Alberto Baviera/Sir
L’Istituto superiore di sanità ha anche analizzato i dati sulla mortalità precoce (prima dei 50 anni) per mesotelioma: in Italia, sono stati circa 500 i decessi registrati nel periodo 2003-2016. “Si tratta verosimilmente – ha osservato l’Iss – di persone che da bambini hanno vissuto in aree italiane contaminate da amianto e/o che sono stati esposti indirettamente a fibre di amianto in ambito domestico a causa delle attività professionali dei genitori o connessa ad attività ricreative. Questi casi rappresentano il 2,5% del totale dei decessi per mesotelioma nello stesso periodo”.
Stando ai dati raccolti dal Registro nazionale dei mesoteliomi (Renam) presso l’Inail e pubblicati nel settimo rapporto diffuso negli scorsi mesi, i casi di mesotelioma maligno diagnosticati nel periodo 1993-2018 sono stati in Italia 31.572, il 56,7% dei quali ha riguardato residenti in Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia-Romagna. In media si tratta di almeno 1.214 casi l’anno, con un picco che si è registrato nel 2013 quando le diagnosi sono state 1.835. Ma, si legge nel rapporto, per quanto riguarda alcune Regioni “la rilevazione non può considerarsi esaustiva dei casi incidenti”.
Relativamente alle modalità di esposizione, dal report emerge che sono state approfondite per 24.864 casi (78,8%): in particolare, il 69,1% dei casi riguarda un’esposizione professionale (certa, probabile, possibile), il 5,1% familiare, il 4,3% ambientale, l’1,5% un’attività di svago o hobby. “Per il 20% dei casi l’esposizione è improbabile o ignota”, si legge nel documento, nel quale viene rilevato che “la percentuale di casi di mesotelioma, quindi, per i quali l’analisi anamnestica ha rilevato un’esposizione ad amianto lavorativa, ambientale, familiare, o a causa di attività ricreative è, sull’intero set di dati, pari all’80%”.
Nel Monferrato, la mortalità per mesotelioma negli ultimi anni è scesa a 40-45 casi l’anno a Casale e a 15-20 nei 47 Comuni circostanti compresi nel Sito di interesse nazionale (Sin) sottoposto a bonifiche. Inizialmente previsto per il 2020, il picco dei decessi è ora atteso nel 2025. Ma, dai casi registrati in questi ultimi anni, “si spera sia l’inizio di una discesa continua, legata alle bonifiche iniziate ormai da quasi quattro decenni”, commenta Assunta Prato, dell’Afeva (Associazione familiari e vittime amianto) di Casale Monferrato e vedova di Paolo Ferraris, politico casalese morto oltre 25 anni fa di mesotelioma.
Assunta Prato con gli studenti di Casale Monferrato durante un’attività ripresa dalla tv svizzera (ph Alberto Baviera/Sir)
Fu proprio lui che a metà degli anni ’90, da assessore regionale, quando ancora non era consapevole della malattia che lo aveva colpito, fece destinare i primi tre miliardi di lire per la bonifica in città. “A Casale – spiega Prato – la lotta di tante persone ha permesso di raggiungere risultati altrove impensabili nella ricerca di giustizia, nella realizzazione della bonifica, nella ricerca di una cura per il mesotelioma”. “A questi che sono gli obiettivi storici dell’Afeva – prosegue – si è sempre affiancata l’idea di trasmettere alle nuove generazioni quanto imparato da una tragedia immane che è costata tanto dolore.
Da anni si coinvolgono le scuole in percorsi di conoscenza di quanto è avvenuto e di approfondimento di altri temi ambientali, la consapevolezza dei quali oggi deve entrare nel patrimonio di competenze di ogni studente. La vicenda dell’amianto è diventata un paradigma per capire che è indispensabile orientare le scelte individuali e sociali in modo eticamente sostenibile, dove il profitto non sia l’unico valore di riferimento”.
Proprio in questo solco, oggi, nel corso delle iniziative per la Giornata mondiale dedicata alle vittime dell’amianto, viene proiettato al Castello di Casale Monferrato il video del flashmob “Liberi di respirare” che si è svolto nei giorni scorsi al Parco Eternot – l’area verde pubblica che occupa la superficie sulla quale insisteva lo stabilimento dell’Eternit – e che ha visto la partecipazione di oltre 800 studenti degli istituti scolastici aderenti alla Rete ScuoleInsieme che da anni coinvolge tutti gli alunni di ogni ordine e grado della città in progetti di conoscenza e consapevolezza della storia dell’Eternit, della pericolosità dell’amianto e della necessità di tutelare l’ambiente. “Alle prime due A di amianto e ambiente – sottolinea Adriana Canepa, docente di latino e greco e coordinatrice della Rete – abbiamo voluto aggiungere la A di accoglienza, con l’idea che ci ricordiamo in un gesto pubblico della guerra in Ucraina”.
Alle 19 di sabato 30, la solenne ostensione delle reliquie di San Cataldo
29 Apr 2022
È fissata per le ore 19 di sabato 30 nella basilica Cattedrale la solenne ostensione delle reliquie del simulacro argenteo di San Cataldo. La prima giornata del nutrito programma religioso per la festa del Santo Patrono avrà come tema “San Cataldo è in mezzo al suo popolo”
Le reliquie – ricordiamo – da domenica 21 novembre sono riposte in una pregiata teca in argento disegnata a mano, dei maestri orafi di Francavilla Fontana Francesco Franchina e Isabella Dirella.
Un’imbarcazione accompagnata dai delfini, che solca i due mari, richiamo immediato alla vicenda del santo che venne come apostolo evangelizzatore approdando a Taranto dalle coste ioniche. «Questa ricognizione sia per noi il grande momento di una rinascita, di un cammino pieno di fiducia, di un cammino in cui ci mettiamo insieme in questa barca» – disse mons. Santoro riponendo le reliquie di San Cataldo nella nuova teca.
La nuova urna è stata progettata per l’esposizione permanente alle spalle dell’altare del cappellone.
«San Cataldo – ha sostenuto il nostro arcivescovo – è stato testimone della regalità di Cristo. Ha toccato la nostra terra, ha toccato la nostra diocesi con la testimonianza della sua vita, con i miracoli che ha fatto, con l’intercessione che sempre ha avuto nei nostri confronti. Perciò occorre che prendiamo coscienza che la regalità si vive nella vita quotidiana. Non è un regno di trionfo, di cose esteriori, è un regno della nostra azione quotidiana. Ma perché la nostra vita sia quotidianamente sostenuta da questo amore di Cristo – ha spiegato mons. Santoro – c’è bisogno di una comunità, c’è bisogno di una Chiesa, c’è bisogno di una casa: senza una casa noi ci perdiamo. Questo è il male del nostro tempo: l’individualismo. Ciascuno da solo, è perduto! E invece abbiamo bisogno di una casa: una casa che ci ricorda, una casa segno di memoria. Una comunità».
L’ultimo disastroso tsunami di cui hanno parlato le cronache si è abbattuto sulle coste settentrionali del Giappone l’11 marzo 2011, provocando quasi 16.000 morti (il numero ufficiale è di 15.703 vittime, ma ad esse vanno aggiunti 4.647 dispersi) e una massiva devastazione territoriale. Di solito, tanto nella realtà quanto nell’immaginario, siamo portati ad associare in prima battuta questo fenomeno naturale ai mari oceanici. In realtà, non mancano lungo i secoli esempi di tsunami verificatisi – talvolta con effetti altrettanto disastrosi – anche in mari di dimensioni minori rispetto agli oceani. Ne è esempio quanto accaduto circa 1600 anni fa sulle coste del Mediterraneo, coinvolgendo anche Sicilia e Calabria meridionale. Le tracce di questo evento sono state individuate e ricostruite da un recente studio (pubblicato su “Scientific Report”), realizzato dall’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche di Bologna (Cnr-Ismar). Si tratta di una ricerca che ha riguardato un’ampia area delle profondità marine nel Mar Ionio, tra l’Italia, la Grecia e l’Africa; là è stato individuato un deposito di sedimenti marini, con uno spessore che raggiunge i 25 metri, deposto in modo quasi istantaneo dalla forza catastrofica delle correnti indotte dall’onda di uno tsunami.
In realtà, durante i millenni, in quell’area del Mediterraneo si sono verificati forti terremoti, spesso associati a tsunami, dovuti alla sua particolare conformazione geologica, vale a dire alla presenza di due sistemi di subduzione lungo il limite tra le placche africana ed eurasiatica.
“Sulla base di descrizioni storiche e dell’analisi dei sedimenti prelevati dai fondali del Mar Ionio, – spiega Alina Polonia, del Cnr-Ismar – uno di questi eventi, avvenuto nel 365 d.C., ha interessato un’ampia area geografica incluse regioni distanti circa 800 km dalla zona sorgente che si trova a Creta. I campioni di sedimento analizzati hanno permesso di verificare che il materiale che si trovava in condizioni di acqua molto bassa è stato strappato dalla zona costiera e depositato a 4000 metri di profondità. L’onda dello tsunami ha prodotto molteplici frane sottomarine lungo un fronte di migliaia di chilometri, dall’Italia meridionale alle coste africane. Le correnti hanno trascinato sedimenti costieri nelle profondità abissali anche in assenza di canyon, probabilmente attraverso flussi tabulari di grandi dimensioni. Questo ha permesso la deposizione di un volume straordinario di sedimenti di oltre 800 km3 in tutto il Mediterraneo orientale”. A riprova di ciò, vi è la descrizione di processi molto simili osservati anche durante il mega-tsunami del 2011 che ha devastato le coste giapponesi.
Ritornando a quanto osservato nel Mar Ionio, le caratteristiche del deposito hanno permesso di identificare altri due eventi più antichi, che rappresentano i predecessori di quello di Creta. Ciò ha consentito agli studiosi l’acquisizione di elementi utili per una più corretta valutazione del rischio che si verifichino tsunami sulle nostre coste. “Lo studio – conclude Polonia – dimostra che uno tsunami può scaricare volumi significativi di sedimenti e carbonio organico nelle profondità oceaniche, influenzando così il ciclo geochimico globale e gli ecosistemi dei fondali marini. Capire come vengono prodotti i mega-tsunami, e dove sono più probabili, richiede una migliore comprensione dei processi sedimentari secondari come instabilità delle scarpate continentali, generazione di frane sottomarine e correnti di sessa in tutto il bacino”.
È recente la notizia di un ulteriore grande successo delle ricerca genetica, passo successivo allo “Human Genome Project”, ovvero il tentativo di analizzare il dna umano al fine di individuare la mappa completa della sequenza dei geni e la specifica funzione di ciascuno di essi
29 Apr 2022
di Marizio Calipari
È recente la notizia di un ulteriore grande successo delle ricerca genetica: il completamento del sequenziamento del genoma umano. Di cosa si tratta? Poco più di vent’anni fa (anni ’90), il primo passo – epocale – di questa titanica impresa scientifica, con l’avvio dello “Human genome project“, ovvero il tentativo di analizzare il dna umano al fine di individuare la mappa completa della sequenza dei geni (il gene è un tratto di dna che codifica una specifica proteina, oppure che svolge funzioni “regolative” nel medesimo processo) e la specifica funzione di ciascuno di essi. Com’è noto, il dna è contenuto nel nucleo delle nostre cellule somatiche, raggomitolato a formare 23 coppie di “bastoncini” detti cromosomi. La sua mappatura completa, quindi, consiste essenzialmente nel sequenziamento dei geni di ciascun cromosoma.Curiosità biologica: se si srotolasse il Dna di tutti i cromosomi di una singola cellula e si unissero le sequenze così ottenute, si formerebbe un filamento lungo circa 2 metri!
All’epoca, si ipotizzava l’esistenza di circa 100.000 geni codificanti (“esoni”), ma i risultati ottenuti hanno ridimensionato il loro numero a circa 23.000. Questo primo tentativo, dunque, portò alla pubblicazione, prima nel 2001 e poi, con un aggiornamento, il 20 giugno 2003, della prima mappatura ‘completa’ del genoma umano. In realtà, però, quella mappatura tanto completa non era, dal momento che diverse aree cromosomiche erano rimaste escluse dal sequenziamento.
La nuova recente mappatura – denominata T2T (‘da telomero a telomero’, cioè da un’estremità all’altra del cromosoma) – ha praticamente colmato tutte quelle lacune, con l’aggiunta di circa 200 milioni di “lettere” (i ‘nucleotidi’, ciascuno costituito da una molecola di acido fosforico, una di desossiribosio e una base azotata) in più rispetto alla precedente sequenza di riferimento, fornendo finalmente una sequenza genica completa, quasi perfetta (manca ancora da sequenziare soltanto il cromosoma Y), che consentirà nel prossimo futuro di far avanzare la medicina personalizzata, la genetica di popolazione e l’editing genomico. L’eccezionale risultato è stato raggiunto grazie allo sviluppo in questi venti anni di nuove tecnologie, che oggi consentono di leggere “tutto d’un fiato” segmenti di dna lunghi anche 20.000 basi, o addirittura fino a 100.000 basi. Inoltre, c’è stato un netto miglioramento anche nell’accuratezza della “lettura”, grazie all’impiego di un sofisticato algoritmo in grado di correggere in automatico eventuali imperfezioni (il margine di errore raggiunto è di circa uno su dieci milioni di coppie di basi).
Dal punto di vista medico, la rifinitura delle sequenze dei telomeri interesserà soprattutto gli specialisti dell’invecchiamento (queste regioni terminali dei cromosomi si accorciano col passare degli anni). Ma l’attenzione maggiore si focalizzerà sulla porzione centrale (‘centromero’) dei cromosomi, che svolge un ruolo chiave nel processo di duplicazione cellulare. Basti pensare alle possibili applicazioni in campo oncologico, dato che i tumori sono caratterizzati proprio da anomalie relative a tale fattore.
Un’ultima curiosità: grossomodo, tutti gli esseri umani possiedono i medesimi geni collocati nella medesima sequenza, con una somiglianza del 99,9%! Tra un individuo e l’altro, infatti, differiscono soltanto 1-3 “lettere” per ciascun gene.
Quali altre meraviglie ci attendono per i prossimi vent’anni? Alla scienza l’ardua sentenza.
Sesta edizione del premio “Alessandro Leogrande”: vincono Maurizi e Furlanetto
28 Apr 2022
di Marina Luzzi
La giornalista Stefania Maurizi con “Il potere segreto. Perché vogliono distuggere Julian Assange e Wikileaks”, edito da Chiarelettere, ha vinto la VI edizione del premio Alessandro Leogrande, dedicato alla narrazione d’inchiesta. Il riconoscimento è promosso dai Presìdi del libro di Puglia, associazione che da vent’anni si dedica, con la compartecipazione della Regione, alla promozione della lettura. Dopo lo stop causato dalla pandemia, la cerimonia è tornata in presenza, al teatro comunale Fusco, registrando un sold out di presenze anche grazie al coinvolgimento diretto del mondo della scuola. Infatti proprio quest’anno la novità era un premio specifico “Alessandro Leogrande – studenti” assegnato dagli alunni delle quarte e quinte superiori che hanno fatto un percorso sul giornalismo narrativo e sulla figura di Alessandro Leogrande, leggendo tutti e cinque i libri della cinquina. Per i ragazzi ha vinto Valentina Furlanetto, edizioni Laterza, con “Noi Schiavisti” sulle nuove forme di schiavismo lavorativo, dal caporalato ai riders. Gli altri finalisti erano Paolo Pecere con “Il Dio che danza” edito da Nottetempo sulla trance da possessione indotta da danza e musica; “Viaggio nell’Italia dell’Antropocene” di Telmo Pievani e Mauro Varotto, edito da Aboca, con un salto nel futuro in un’Italia devastata dal cambiamento climatico nel 2786; infine “Milano sotto Milano”, edito da Minimum Fax, che racconta del mondo del crimine milanese. «Questo premio letterario nacque nel 2017 senza una particolare specificità – ci spiega Giulia Galli, referente del presìdio del libro di Taranto – e per quella prima edizione vi partecipò anche Alessandro Leogrande. Purtroppo alla fine di quell’anno lui morì, così si pensò di dedicare il premio alla sua memoria e che l’attenzione nella scelta della cinquina si focalizzasse sul giornalismo narrativo d’inchiesta, che era il lavoro che faceva lui, un elemento che riteniamo fondamentale nella discussione intellettuale, letteraria e giornalistica della contemporaneità in Italia. La selezione dei cinque libri viene fatta dai concorrenti della cinquina dell’anno precedente, il voto però non è di una giuria tecnica ma delle decine di presìdi del libro di Puglia, cioè dei lettori, organizzati in gruppi di lettura». Sessanta i circoli letterari che hanno votato, su tutto il territorio nazionale. Per la prima volta a vincere i premi sono due donne, entrambe giornaliste: per Il Fatto Quotidiano, la Maurizi e per Radio24, la Furlanetto.
“Nella assenza o incapacità del Parlamento di rispondere alle numerose sollecitazioni della Consulta al fine di superare l’automatismo del solo cognome del padre ai figli, è giunta la decisione di ieri che va nella direzione di una nuova considerazione del ruolo di entrambi i genitori nella famiglia secondo il disegno costituzionale di famiglia fondata sulla parità tra i coniugi e sull’unità familiare”: così Renata Natili Micheli, presidente nazionale del Centro italiano femminile (Cif).
La presidente del Cif conclude sottolineando “l’importanza storica della decisione che pone fine alla concezione patriarcale della famiglia transitata inalterata dal diritto romano fino al Codice napoleonico rimanendo invariata nella concezione gerarchica della famiglia del Codice del 1942 fondata sull’autorità maritale”.
Migranti, le Ong: “Accogliamo con favore l’iniziativa “Lampedusa, isola della pace”
28 Apr 2022
“Accogliamo con favore l’iniziativa del Comune di Lampedusa e Linosa, che vuole portare le isole in un ‘percorso per la pace’ – un processo visionario per l’umanità, invitando e coinvolgendo anche tutti gli attori civili del soccorso in mare”. Lo scrivono in un comunicato congiunto firmato da 12 Ong, tra cui Alarm Phone, Mediterranea Saving humans, Borderline Europe, Emergency, Iuventa crew, Louise Michel, Medici senza frontiere, Mission Lifeline, R24sailtraining, Resqship, Sea eye, a proposito dell’evento che si svolgerà dal 28 al 30 aprile a Lampedusa, per iniziativa del Comune. “Noi riconosciamo Lampedusa come ‘isola che salva’, come approdo naturale per migliaia di donne, uomini e bambini che attraversano il mare, mentre migrano o fuggono da condizioni disumane”. Le Ong impegnate nel soccorso dei migranti nel Mediterraneo ricordano che “salvare le persone non significa tenere gli esseri umani in campi o ‘hot spot’”. “Come possiamo vedere di fronte all’arrivo dei profughi dall’Ucraina – scrivono –, consentire che le persone si muovano liberamente in tutta Europa, dove hanno parenti e amici o altri contatti che permettono loro di essere accolti e di vivere nel modo migliore, è una decisione politica possibile. Vediamo invece come possa essere terribile la situazione opposta, nelle isole greche come Lesbo o Samos, dove le persone in movimento sono bloccate o addirittura detenute in enormi campi per mesi o anni, e dove viene creata, politicamente e artificiosamente, una situazione di crisi permanente”. Il sistema degli hot spot – “con la trasformazione delle isole di confine in zone militarizzate di emergenza – non potrà mai essere accettabile”, affermano, sostenendo la richiesta del sindaco di Lampedusa e Linosa di sostituire le “navi quarantena” con “un sistema rapido e permanente per trasferire le persone arrivate a Lampedusa verso la terraferma” ed evitare situazioni di emergenza. “Queste navi – sottolineano – non hanno mai avuto alcuna motivazione sanitaria valida per contrastare la pandemia. Piuttosto, sono state usate come ‘hot spot galleggianti’. Incentivano la discriminazione di trattamento, anche in relazione al Covid, per i migranti soccorsi in mare o arrivati sulle coste italiane dopo lunghe e pericolose traversate”. “Abbiamo bisogno di una Lampedusa accogliente e non di un’isola militarizzata con campi chiusi”, concludono.
Martinez (RnS): “Le donne e gli uomini di preghiera siano ambasciatori dell’amore e della pace”
28 Apr 2022
“L’aria è ammorbata dallo spirito di morte. Cosa vogliamo farne della risurrezione di Cristo? Possono risorgere la politica, l’economia, la scienza, la cultura? Una preghiera per l’Europa: questo, intanto, possiamo fare, perché non dobbiamo delegare al Cielo la responsabilità di ciò che sta accadendo sulla terra e che passa proprio dal nostro coraggio di fare la pace, di far fare la pace”. Lo ha detto Salvatore Martinez, presidente di Rinnovamento nello Spirito, aprendo l’iniziativa “Una preghiera per l’Europa”, la speciale veglia promossa in occasione della Domenica della Divina Misericordia e Pasqua ortodossa nel santuario di Santo Spirito in Sassia, a Roma.
“Sappiamo bene che non è possibile la pace ad ogni costo – ha osservato -. Ma sappiamo tutti quanto è grande questa responsabilità. E quindi preghiera e penitenza! La pace è possibile, ma ha un costo, ha un prezzo da pagare. La pace non si fa gratis, reclama sacrificio, costa la rinuncia all’egemonia del potere, costa il prezzo della fraternità umana, il prezzo della scomposizione delle nostre idolatrie. Per essere uomini di pace occorre stare nell’orizzonte di Dio”.
Secondo Martinez, “uno degli scandali più grandi è avere politicizzato la pace; avere politicizzato le religioni che fanno un uso improprio della parola ‘pace’, senza Dio, contro Dio. È crisi della pace perché è in crisi la vita spirituale. Prima che di crisi economica, politica, morale, il nostro tempo è in deficit di vita spirituale. Dobbiamo tornare a parlare della siccità di valori dello Spirito che sta attraversando il cuore dell’uomo, ma ancora più evidentemente le strutture umane e le agenzie educative”.
“Se davvero i credenti, tutti coloro che si riconoscono dentro l’identità culturale e spirituale della fede cristiana – ha aggiunto -, pregassero prima di aprire bocca, pregassero prima di apporre una firma su un trattato di guerra, pregassero prima di dare un comando da cui discende un male, pregassero prima di mettersi al lavoro per servire le istituzioni e il bene comune, quanto sarebbe diverso il corso della storia! Quante vite risparmiate, quante tragedie evitate! Chi prega, veramente, ha una diversa intelligenza della realtà e gode dell’eredità di una saggezza antica, quanto antica è la Parola di Dio che ci mette in guardia dal far discendere un bene da un male, la sicurezza dall’aggressione, la pace da un confitto. Pregando ci ritroviamo miracolosamente più uniti, più ispirati, più disponibili, più solidali, più prodighi, più capaci”. In definitiva, “pregare è il modo migliore per incarnarsi. Altro che evadere dalla realtà: chi prega è realista, altruista, non fugge, non s’impaurisce dinanzi al male, ha una linea di pensiero, punti di interesse, orizzonti di impegno assai diversi da chi non conosce il pregare. Noi siamo persuasi che gli uomini e le donne della preghiera sono la più grande riserva di speranza per questo nostro mondo. Sono gli uomini e le donne della preghiera gli ambasciatori dell’amore e della pace, che solcano la storia aprendola ai sentieri invisibili di Dio. Sì, sono gli uomini e le donne della preghiera i veri difensori dei valori più autentici dell’umanità, perché è nella preghiera che la coscienza vuole il vero bene, la vera libertà e fa della terra un vero spazio di fraternità e di condivisione dell’amore”.
L’ecologia per la pace a Zarvanytsia (Ucraina): piantare un albero in attesa della “primavera dell’umanità”
28 Apr 2022
Piantare un albero come segno di speranza per la primavera che inizia, come gesto di guarigione dalle ferite della guerra, come cura di una terra devastata anche dal punto di vista ambientale. Con queste motivazioni, l’Ufficio ecologico dell’arcidiocesi di Ternopil della Chiesa greco-cattolica ucraina ha lanciato un’iniziativa ecologica a Zarvanytsia alla quale hanno preso parte gli sfollati che in questo centro dell’arcidiocesi hanno trovato rifugio. Provenienti da Kiev, Kharkiv, Donetsk, Luhansk, Zaporizhia e da altre regioni del Paese, i rifugiati hanno aiutato a piantare delle piantine di alberi, preparando il terreno con fertilizzanti organici.
foto Ufficio per l’ecologia UGCC
“La primavera – spiega l’ufficio ecologico dell’arcidiocesi – è sempre un momento di nuove speranze e aspettative nelle nostre vite. L’arrivo della primavera segna la fine non solo del freddo inverno, ma ispira anche ottimismo per tempi più caldi e migliori. Questi tempi migliori sono particolarmente attesi oggi dagli ucraini, nelle cui anime si annidano il freddo e gli orrori della guerra”. “Ogni pianta, ogni albero, è una creatura vivente di Dio che serve Dio, le persone e il mondo”, aggiunge p. Vasyl Shafran che insieme a p. Tverdun hanno sostenuto l’iniziativa. “Questi alberi piantati serviranno sia agli uccelli che agli animali, così come a noi stessi, che soffriamo per la mancanza di aria pulita e l’eccesso di gas serra nell’atmosfera, specialmente in questo periodo di guerra, quando la nostra natura viene distrutta su vasta scala. Che questo noccioleto diventi un monumento naturale in questi tempi difficili e dia buoni frutti per una pacifica prosperità dell’Ucraina”. L’ufficio per l’ecologia della Chiesa greco-cattolica ucraina fa sapere sul suo sito che in 47 giorni di guerra l’Ong “EKodia” ha già registrato 139 reati degli occupanti contro l’ambiente. Numerosi altri crimini non sono ancora stati classificati a causa delle ostilità ancora in corso. La maggior parte di questi crimini ha avuto luogo a Kiev, Slobozhanshchyna, Donetsk e nell’Ucraina meridionale, ma tutte le parti dell’Ucraina, compresa la regione occidentale, sono state colpite dagli occupanti. In un’intervista alla radio pubblica, Yevhenia Zasyadko, capo del gruppo di lavoro di Ekodia sulla registrazione dei crimini ambientali, ha dichiarato: “Questa guerra potrebbe causare molti morti in futuro a causa dell’acqua inquinata. Registriamo casi di contaminazione del suolo e di presenza mineraria dei nostri campi. Anche la sicurezza alimentare, i nostri terreni fertili, l’aria sono a grande rischio”. Il ministero ucraino dell’Ambiente sta negoziando per sospendere la partecipazione della Russia agli accordi internazionali (ad esempio, nella Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici). L’ufficio cattolico per l’ecologia fa sapere che ci sono stati precedenti nel mondo in cui l’aggressore ha parzialmente risarcito i danni causati all’ambiente. Ma ciò richiede una solida base di prove attestate con foto, video e testimonianze oculari. Yevhenia Zasyadko chiede l’aiuto e la collaborazione di tutti inviando alla mail – ekozlochyn@ecoact.org.ua – testimonianze e prove. L’Ufficio per l’ecologia dell’Ugcc è stato istituito nel 2007 con la missione di “formare un atteggiamento responsabile” verso la natura e “aumentare la consapevolezza ambientale nella società attraverso attività informative ed educative e iniziative pratiche”.