Pianeta verde

Energie rinnovabili, Giuseppe Milano (Greenaccord): “L’Italia è molto molto indietro”

“Il nostro Paese è ancora fortemente dipendente dai combustibili fossili, sussidiati annualmente con oltre 21 miliardi di euro. Ad oggi appena il 20% dell’energia italiana è prodotta da fonti rinnovabili, con una produzione annua che non supera i 2 Gw”

energie rinnovabili
28 Mag 2022

di Gigliola Alfaro

Il nostro Paese, un tempo all’avanguardia, sulle energie rinnovabili, negli ultimi anni ha segnato il passo. Tra i problemi, ostacoli burocratici e culturali. Eppure, anche alla luce dei problemi relativi alle forniture di gas e petrolio che interessano l’Europa e l’Italia in conseguenza dell’invasione russa in Ucraina, sarebbe necessario puntare di più su fonti alternative. Ne abbiamo parlato con Giuseppe Milano, segretario generale di Greenaccord onlus.

Giuseppe Milano, foto Redazione

La crisi energetica, causata dalla guerra in Ucraina e dalla volontà di rendersi indipendenti dalla Russia, che ricadute avrà in Italia?

Nell’auspicio, prima di tutto, che i negoziati riprendano presto perché la pace è l’unica risposta possibile, le crisi – prima quella pandemica ed ora quella bellica – confermano la fine della globalizzazione per come l’abbiamo conosciuta negli ultimi 20 anni e impongono ai singoli Paesi – e, quindi, anche all’Italia – di definire inedite politiche energetiche incardinate sulle rinnovabili e di approvvigionamento delle materie prime, i cui costi sono infatti in aumento, dopo averne delocalizzato la produzione e il consumo.Si pensi al grano che oggi non è più italiano, come negli scorsi decenni. Bisogna sostenere il “made in Italy”, ma favorendone urgentemente la conversione ecologica e l’innovazione.

Sulle energie rinnovabili, anche rispetto agli altri Paesi europei, il nostro Paese è all’avanguardia?

Lo è stato una decina d’anni fa. Poi ci siamo fermati, privilegiando, soprattutto, il gas russo, oggi sostituito, in parte, da quello algerino o libico. Il nostro Paese è ancora fortemente dipendente dai combustibili fossili, sussidiati annualmente con oltre 21 miliardi di euro. Ad oggi appena il 20% dell’energia italiana è prodotta da fonti rinnovabili, con una produzione annua che non supera i 2 GW: dovremmo aumentarla di almeno dieci volte – come dice Elettricità Futura – se vogliamo conseguire gli obiettivi comunitari al 2030. L’Italia ha il potenziale per riuscirci, ma la transizione italiana è rallentata dai diversi ostacoli burocratici e culturali ancora presenti che, però, vanno tempestivamente superati. L’iter autorizzativo del primo impianto eolico offshore nel Mediterraneo è durato 14 anni: a questo ritmo, neanche nel 2070, diventeremmo una “Repubblica energetica”.

Un modello virtuoso è la Scandinavia che potrebbe diventare completamente rinnovabile già entro il 2035, attraverso innovativi progetti di cooperazione transfrontaliera.

La Commissione europea ha varato il nuovo Piano “RePowerEu”. Va nella giusta direzione? Quali i suoi punti di forza?

In attesa della nuova direttiva comunitaria sull’energia rinnovabile, “RePowerEu” rilancia e supera le ambizioni del precedente programma “Fit for 55”: con un budget complessivo di quasi 300 miliardi di euro (225 saranno erogati in prestito) ed entro il 2030, la Commissione europea si propone di soddisfare i consumi energetici totali mediante le rinnovabili nella misura del 45% (invece del 40%); di incrementare il target di efficienza energetica dal 9 al 13%; di produrre 10 milioni di tonnellate di idrogeno verde (importandone una pari quantità); di raddoppiare la percentuale di diffusione delle pompe di calore per integrare la geotermia e il solare termico nei sistemi di teleriscaldamento comunale e di prevedere, inoltre, l’obbligo di installare soluzioni fotovoltaiche sui tetti dei nuovi edifici pubblici e commerciali (dal 2025), ma anche residenziali (dal 2029).

Ci sono elementi di debolezza in “RePowerEu”?

Sono due i punti critici. Il primo: uno stanziamento complessivo di una decina di miliardi di euro per fronteggiare la transizione dai combustibili fossili alle rinnovabili con la previsione di nuove infrastrutture per il gas e il petrolio per l’aumento della produzione domestica e la diversificazione degli approvvigionamenti. Il secondo: la scelta di dichiarare tutti i progetti di energia rinnovabile, di rete e di stoccaggio come di “interesse pubblico prevalente”, per qualsiasi territorio, con il rischio di indebolire la legislazione ambientale – come la Direttiva Habitat – in nome della semplificazione dei processi autorizzativi delle infrastrutture energetiche.

Periodicamente, nel nostro Paese, si parla di nucleare e di come possa rappresentare una opportunità per ridurre la nostra dipendenza energetica dagli altri Paesi. Cosa ne pensa?

Non sono ideologico su questa materia, sebbene il nostro Paese non abbia ancora individuato il territorio che ospiterà il deposito nazionale delle scorie radioattive che abbiamo ereditato dal passato, ma il nucleare di nuova generazione, basato sulla tecnologia della fissione, prima di una decina d’anni non sortirà alcun beneficio. Una nuova centrale, per la cui costruzione servirebbero diverse centinaia di milioni di euro, non sarebbe pronta prima del 2035. La ricerca faccia il suo percorso, ma l’Italia oggi non si può permettere di sprecare ulteriori risorse e di perdere ulteriore tempo. Dobbiamo investire e accelerare sulla radicale e multi-settoriale decarbonizzazione della nostra economia.

Il 22 maggio è stata celebrata la Giornata mondiale della biodiversità. Cosa sta facendo il nostro Paese per preservare i suoi delicati ecosistemi?

La recentissima Giornata internazionale delle api è stata l’ennesima buona occasione per denunciare come l’origine antropica dei cambiamenti climatici e l’esponenziale uso dei pesticidi, nonché la riduzione dei campi agricoli con la perdita delle essenze più adatte per gli insetti impollinatori, stiano progressivamente compromettendo lo stato di salute degli ecosistemi globali. L’Italia settentrionale, ricorda l’Agenzia europea dell’ambiente, è il quinto territorio più inquinato al mondo. Eppure, tra le potenze continentali più industrializzate, siamo l’unico Paese che non ha ancora una legge di adattamento ai cambiamenti climatici o di riduzione del consumo di suolo che permetterebbero di gestire in modo più virtuoso l’enorme patrimonio boschivo in aumento – dovuto soprattutto allo spopolamento delle aree interne e più marginali – e di imporre ai sindaci delle nostre città di realizzare le infrastrutture ecologiche necessarie per portare la biodiversità in città. Il successo del convegno internazionale “Nature in mind”, promosso dal Raggruppamento dei Carabinieri forestali insieme ad una pluralità di soggetti come Greenaccord onlus, ha evidenziato, pertanto, non solo l’esigenza di proteggere la flora e la fauna a rischio di estinzione o di intraprendere più innovativi processi di gestione sostenibile delle foreste, ma anche come il diffuso ed eterogeneo patrimonio naturalistico italiano possa rappresentare una opportunità reale per una prosperità inclusiva e generativa in tutto il Paese.

 

foto in testata: Ansa/Sir

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Sport

Le medaglie benauguranti di Luna Lonoce e Giorgia Tarantini: alla scoperta della pole dance

27 Mag 2022

di Paolo Arrivo

È un mondo a sé stante. Ai più sconosciuto, non catalogabile: va oltre lo sport, oltre la danza. È bellezza poesia incanto. È arte capace di compenetrare la dimensione eterea con la terra calpestabile. Così che resta sospeso il praticante… Parliamo della pole dance, disciplina che le medaglie di Luna Lonoce e Giorgia Tarantini hanno portato alla ribalta. Le due giovanissime atlete della provincia di Taranto si sono imposte ai Campionati europei. Luna, originaria di San Marzano di San Giuseppe, ha conquistato l’oro, seguita da Giorgia, salita sul secondo gradino del podio. Ambedue protagoniste nella categoria Junior A Amateur e tesserate per la società sammarzanese Elios Fitness. Alla competizione andata in scena a Valladolid, in Spagna, sono state premiate con un punteggio altissimo dalla giuria internazionale. A riprova del valore di queste due atlete super promettenti. Che hanno l’età dalla loro parte: Luna ha 11 anni e Giorgia, di Fragagnano, è dodicenne. Le due atlete sono anche azzurre di Acrobatica Aerea. L’auspicio, per chi ha fatto precedere le due medaglie da altri risultati importanti (GT è campionessa italiana, medaglia di bronzo agli ultimi Campionati mondiali), è che il loro percorso di crescita possa mai arrestarsi, a beneficio della valorizzazione – riconoscimento della stessa disciplina sul territorio ionico. Non c’è alcuna scuola nella città di Taranto. E questa lacuna è compensata, in provincia, dal lavoro della Asd Elios Fitness, e dall’allenatrice Anna Rita De Padova.

POLE DANCE. Un ballo acrobatico intorno alla pertica. Questo è, per definizione, la pole dance. Un mix di ginnastica e di danza. “Il bello della pole dance sta proprio in questo – ci spiega Marcella, un’istruttrice che vive lontano dalla sua città natale, Taranto – non servono abilità particolari per praticarla. Possono farlo anche persone che non si mai dati ad alcuna attività sportiva. Così è, contrariamente a quanto si possa pensare, ma “certo è che se hai un background di ginnastica, danza, sport in generale e quindi di flessibilità e forza, hai dei vantaggi in più”. Chi la conosce poi ne viene attratto a tempo indeterminato. Può provarlo, in misura minore, anche l’osservatore: quella capacità di straniamento del praticante che, accompagnato dalla musica, ne diventa un tutt’uno, assecondandone il ritmo e i toni.

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Vita sociale

Ludopatia: in Italia, fenomeno diffuso anche per una normativa incerta

L’Unione cattolica della stampa italiana (Ucsi), ha dedicato alla piaga sociale un corso per i giornalisti, dal titolo “Le parole del gioco: strumenti per comunicare il gioco ed elementi deontologici”

27 Mag 2022

di Elisabetta Gramolini

Non solo gratta e vinci. C’è il caro vecchio lotto e tutto il mondo costellato da sale slot e sfide on line. Dal gioco, lo Stato incassa 11,4 miliardi di euro, pari al 2,5 per cento dell’erario. Numeri impressionanti? A fare impressione dovrebbe essere la mole di regole che si sono sommate negli anni e il buco nero del gioco illegale.

L’Unione cattolica della stampa italiana (Ucsi), ha dedicato al tema un corso per i giornalisti, dal titolo “Le parole del gioco: strumenti per comunicare il gioco ed elementi deontologici”. Su sale scommesse, slot machine e giochi virtuali negli ultimi anni in Italia c’è stata una pioggia di provvedimenti, dello Stato, delle Regioni, dei Comuni. Il risultato rende lo scenario normativo un grande patchwork.

“Da liberale dico sempre che è meglio la regolazione”, commenta Alfonso Celotto, docente di diritto costituzionale dell’Università degli Studi Roma Tre, fra i relatori dell’incontro. Ma, spiega, “da venti anni ci stiamo portando avanti una normativa incerta, regolata su troppi livelli.Il gioco è competenza statale per quanto riguarda l’ordine pubblico e il gettito fiscale. Al tempo stesso è competenza regionale tutelare la salute ed è competenza comunale stabilire orari e distanze dalle scuole o dagli edifici di culto. Proprio sugli orari, i comuni hanno fatto varie norme, senza però un orientamento certo che hanno prodotto un quadro molto confuso”.

L’ipotesi di proibire il gioco, secondo Celotto, o di renderlo addirittura incostituzionale, non sta in piedi. “Non è vietando i fenomeni che si eliminano”. Anzi, tutt’altro. Se lo Stato rende illegale il gratta e vinci, getta nelle braccia della criminalità organizzata le persone più fragili e chi in quel tagliando punta tutto, anche la vita.Cosa servirebbe quindi? “Serietà nella regolazione – suggerisce – che oggi è troppo spesso frettolosa e pressapochista per cui ci troviamo in enormi paludi normative. Questo modello di regolazione senza unitarietà e certezza porta a molta confusione”.

Anche dal punto di vista finanziario, non conviene che lo Stato si allontani dal tenere gli occhi puntati. I dati sul gioco vietato rappresentano un’incognita, non si conosce infatti il reale volume economico che gira attorno. Di sicuro sono note le conseguenze dell’illegalità: si va dalla minore protezione del giocatore alla mancata raccolta delle imposte, dalla crescita degli interessi delle organizzazioni criminali al riciclaggio di denaro sporco fino al danno degli operatori economici che seguono le regole delle concessioni.

“La letteratura scientifica è d’accordo nel dire che dove si è aumentata la percentuale di gioco legale si è ridotta la quota dell’illegale. Se fosse vietato il gioco legale ci sarebbe un travaso nell’illegale”, ricorda Raffele Oriani, ordinario di Finanza aziendale della Università Luiss. Secondo un report del 2021, curato dalla Business school della Luiss e dall’Ipsos, il fenomeno in Italia è ampiamente diffuso, tanto è vero che il 67% della popolazione dichiara di aver giocato nei dodici mesi precedenti,il 9,5% ha giocato su canali non legali, spesso senza saperlo, e il 40% è consapevole delle conseguenze ma continua a giocare in modo illegale. “La spesa del gioco varia al variare del reddito, l’elasticità è positiva ed è pari allo 0,42”, aggiunge Oriani. Questo significa che se una persona guadagna 2000 euro e gioca cento euro al mese, se dimezza l’entrata, non dimezzerà automaticamente la somma da giocare ma la porterà a 80. In sostanza, si tratta di un bel rischio per migliaia di famiglie e persone sole.

Proprio di chi non riesce a far meno del gioco parla la psichiatra del Servizio sanitario nazionale, Sarah Viola, che sui tentativi per limitare e regolare il fenomeno dà un giudizio netto: “Quello che è stato proposto finora non serve a niente”. Il gioco diventa patologia quando interferisce con la vita del soggetto: “I soggetti perdono qualsiasi forma di libertà, si sottraggono alla relazione con chiunque”.Per loro “l’oggetto della dipendenza è più importante delle persone, diventa rassicurazione. La persona si sposta dal desiderio dell’oggetto al bisogno”. Tutti possiamo diventare dipendenti? “No – risponde la specialista -. C’è chi è refrattario e ha degli anticorpi. I soggetti più esposti sono quelli che meno reggono di fronte ai ‘no’ della vita”. Chi è ludopatico “non vuole guarire, vuole il sintomo. La dipendenza dà un’identità, anestetizza, dà piacere, distrae, porta fuori dai problemi. Rinunciare a un sintomo di questo tipo è difficilissimo. Ecco perché dal nostro punto di vista, le leggi fatte finora non possono funzionare perché più l’oggetto viene allontanato e più il bisogno fisico aumenta. Chiudere o ridurre le fasce orarie non serve a nulla”. Sulle contromisure da adottare, la psichiatra invita lo Stato a “creare una rete di interventi, che permettano al soggetto di dire che si può voler bene.Non abbiamo mai fatto niente di mirato e con una base scientifica contro le dipendenze. Le piccole realtà italiane che comunque esistono, che si mettono in moto e affrontano in maniera diversa funzionano meglio del legislatore”. Il lavoro di prevenzione va fatto nelle famiglie e – secondo Viola – i corsi andrebbero condotti nelle stesse sale gioco dove far entrare gli ex giocatori che sanno parlare con chi ha ancora fa i conti con la dipendenza.Infine “nei casi di anziani dipendenti, è indispensabile accompagnare il percorso con un ascolto maggiore e il rinforzo affettivo”.

 

foto in evidenza: Ansa/Sir

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Diocesi

Verso l’incontro mondiale delle famiglie: il convegno organizzato dalla diocesi

27 Mag 2022

di Silvano Trevisani

Il 26 giugno si svolgerà a Roma l’incontro mondiale delle famiglie voluto dalla Chiesa. In vista di quell’importante appuntamento, l’Ufficio cultura, con l’Ufficio Famiglia e l’Azione Cattolica della diocesi di Taranto, condividendo la premura pastorale del Santo Padre, hanno organizzato un incontro sul tema: “La famiglia come scuola di società”, quale occasione di riflessione sul grande tema dell’educazione umana, ma anche come opportunità di rinnovo dell’alleanza educativa tra la famiglia, la scuola e la Chiesa, chiamate, ancora oggi, a costituire la riserva valoriale e il presidio unitario di educazione morale e di esercizio responsabile della cittadinanza.

L’incontro, svoltosi nella Chiesa San Roberto Bellarmino, è stato aperto da don Antonio Rubino, vicario episcopale per la pastorale della Cultura, il quale ha ricordato come il 12 settembre 2019 papa Francesco, in un accorato messaggio, segnalava l’urgenza di un nuovo patto educativo globale, per accompagnare il cambiamento sociale e verificare il modo con cui stiamo costruendo il futuro del pianeta. 

Nel corso di questi anni il Pontefice – ha aggiunto – ha più volte ricordato la necessità di tale collaborazione a livello educativo per la custodia della casa comune, come ad esempio nell’esortazione apostolica “Evangelii gaudium”, nell’enciclica “Laudato si’”, e nel discorso del 9 gennaio 2020 al Corpo diplomatico presso la Santa Sede: Ogni cambiamento, come quello epocale che stiamo attraversando, richiede un cammino educativo, la costruzione di un villaggio dell’educazione che generi una rete di relazioni umane e aperte. Tale villaggio deve mettere al centro la persona, favorire la creatività e la responsabilità per una progettualità di lunga durata e formare persone disponibili a mettersi al servizio della comunità”. 

 

La professoressa Alessia Bartolini docente di Pedagogia sociale e familiare all’Università di Perugia, ha detto, nel suo intervento: “La famiglia è una cellula della nostra società e vive tutte quelle che sono le complessità e le contraddizioni della società. Rimane però un punto centrale nella formazione e nell’educazione dei ragazzi, perché è il primo mondo con cui entrano in contatto ed è il mondo attraverso il quale imparano a leggere e a dare un valore alle cose del mondo. Quindi, il valore della famiglia rimane insostituibile e, nonostante le crisi e le difficoltà, la famiglia resiste, seppure in forme che possono esser plurali e diverse, ma la sua funzione educativa rimane primaria nello sviluppo della persona”.

La famiglia è palestra di virtù, è il luogo nel quale noi apprendiamo i valori della vita. Quindi il suo ruolo è assolutamente importante anche nella formazione religiosa dei nostri figli, ma, ha aggiunto: 

i genitori in questo momento vanno sostenuti, perché vi è una tendenza alla delega, che assaporiamo su vari fronti, e così quando accade qualcosa siamo pronti a dare la colpa alla famiglia, alla scuola, ai ragazzi. Bisogna costruire delle alleanze di tipo educativo e la famiglia va sostenuta, in questo processo, da una rete sociale che possa, in qualche maniera, favorirla in questo suo ruolo così importante”.

Letizia Cristiano, presidente diocesana di Azione cattolica, ha affermato che “l’Azione cattolica, che è famiglia di famiglie, cerca di accompagnare i ragazzi in tutte le fasi della crescita e accompagnando le famiglie, facendo rete, creando collaborazione, creando relazione tra gli educatori e le famiglie”.

Facendo riferimento al sinodo, ha aggiunto: “È un percorso che ancora dobbiamo imparare, anche alla luce del periodo del covid, che ha messo in risalto difficoltà che forse c’erano già prima. Dobbiamo un po’ reinventarci, passare all’altra riva, come ci indica il centro nazionale di Azione cattolica, riprendendo un passo del Vangelo, dobbiamo lasciarci illuminare dal Signore. L’Azione cattolica è stata poi sempre impegnata nel cammino sinodale e Papa Francesco stesso ha detto che l’Azione cattolica è maestra di sinodalità. C’è soprattutto oggi questo desiderio di fare rete, di continuare a camminare con gli altri, sia all’interno della Chiesa che al di fuori”.

Don Mimmo Sergio, responsabile dell’Ufficio famiglia della diocesi, traendo le conclusioni dell’iniziativa, ha sottolineato come essa mirasse, innanzi tutto, a intessere un discorso trasversale sul tema della famiglia, partendo dal presupposto che non è possibile parlare di famiglia senza relazionarsi a tutti gli altri aspetti. Nello specifico: all’interno del percorso sinodale, che è ancora alle prime battute, questa presentazione unitaria del discorso relazionale all’interno dell’istituto famigliare, così come l’orizzonte cristiano lo presenta, può dare la possibilità di comprendere come, dalla metodologia familiare, può derivare un suggerimento di quello che è il tema stesso della sinodalità. L’istituto della famiglia può offrire quell’equilibrio fra autorità e fraternità, che sono le espressioni ricorrenti nel magistero pontificio: quest’espressione della famiglia come un essere “con” e un essere “per”, può rappresentare l’indirizzo coraggioso che la famiglia cristiana in questo momento può offrire”.

Anche la crisi che la famiglia sta vivendo – ha concluso – ci induce a comprendere a quale società ci rivolgiamo. Il concetto di sinodalità deve perciò tenerne conto e capire quale istituto giuridico famigliare abbiamo in mente. È chiaro che, come la “Amoris Laetitia” rappresenta, ci sono le difficoltà, le fragilità e i limiti ma anche la possibilità di far emergere le positività, che potremmo definire “classiche” ma che potremmo soprattutto definire come espressione del vissuto battesimale“.

 

Link utili:

https://www.romefamily2022.com/it

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Diocesi

Da lunedì 30, la festa di Sant’Egidio al Borgo

27 Mag 2022

Dal 30 maggio al 2 giugno si celebrerà la festa per sant’Egidio per ricordare il ventiseiesimo anniversario della sua canonizzazione.

La ricorrenza viene anche Festa del Baglio – che è uno dei quattro pittaggi in cui era suddivisa la città vecchia – che identifica la zona dell’Isola in cui nacque il santo degli ultimi.

Lunedì 30 maggio, alle ore 19.30, l’omelia della celebrazione eucaristica nella parrocchia San Pasquale sarà incentrata su “Egidio e la vocazione alla vita religiosa”; il giorno successivo, sempre alle ore 19.30, il tema scelto è “Egidio e Maria”.

Mercoledì 1° giugno, alle 18.30, in piazzetta Sant’Egidio, in città vecchia, presentazione del libro “La molluschicoltura tarantina: mito o vero asset economico?”, terzo quaderno della collana Mar Piccolo e Taranto”, a cui seguirà un dibattito pubblico.

Alle ore 19.30, celebrazione eucaristica in San Pasquale con omelia su “Egidio, un santo della città”.

L’ultimo giorno dei festeggiamenti dedicati al santo ‘funaio’, giovedì 2 giugno, sarà un ricordo della canonizzazione e prevede la processione a partire dalle ore 17.30 che partirà dalla San Pasquale per giungere alla piazzetta sant’Egidio, al Baglio in città vecchia, con l’accompagnamento della banda ‘Gran complesso bandistico Città di Crispiano”; alle ore 18.30, sempre nella chiesa San Pasquale, celebrazione eucaristica presieduta da fra Vincenzo Chirico, concelebrata da don Lucangelo De Cantis e animata dal coro della parrocchia San Pasquale. Alle 20, processione in senso inverso e quindi dalla casa del santo tarantino alla chiesa del Borgo.

Uno spettacolo pirotecnico sul Castello aragonese chiuderà la quattro giorni per Sant’Egidio.

“L’ondata pandemica, la guerra in Ucraina ed in tante parti del mondo, la sofferenza economica-sociale – ha voluto sottolineare Pino Lippo, priore della confraternita Sant’Egidio e socio fondatore dell’associazione Pittaggio del Baglio – oggi ci costringono a vivere rinchiusi in noi stessi: paurosi, stressati, depressi e per nulla fiduciosi in un orizzonte più tranquillo, più sereno.
La vita di Sant’Egidio anche per le stesse identiche vicessitudini non è stata per nulla tranquilla.
La povertà della sua famiglia, la pandemia del vaiolo che imperversava nella città di Napoli, i regimi spagnoli e francesi che oltraggiavano i religiosi e la Chiesa, la rivoluzione francese e la rivoluzione napoletana non scalfirono la speranza, la fede, la laboriosità del nostro Sant’Egidio che sembrava non curarsene, impegnato invece a prestare soccorso, sostegno, incoraggiamento, ascoltando le miserie e lenendo le ferite sociali degli ultimi, degli scartati dalla società.
Oggi Sant’Egidio, se fosse presente un questo marasma pandemico e bellicoso, ci spronerebbe a lottare, agire armati della sola speranza, della fede nel Signore e dell’amore cristiano verso chiunque soffra, contro qualsiasi angheria o sopraffazione.
La sua fede è fondata su Cristo Risorto.
E quando tutto sembrerebbe portare alla distruzione totale della umanità, Sant’Egidio ci insegna che il Signore, forza vitale, ci indica sempre la strada della salvezza, della risoluzione delle problematiche.
Sant’Egidio – ha concluso il priore Lippo – oggi ci inviterebbe come ha fatto a Napoli per ben 53 anni ad Amare Dio ed il prossimo. A vedere nel volto di ogni ucraino, russo, italiano o cinese il volto di Gesù.

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Catechesi

“MI FIDO DI TE”: i giovani incontrano don Alberto Ravagnani

27 Mag 2022

 

“Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio.
Ma è proprio così? Davvero non ci si può fidare di nessuno?
Che vita sarebbe senza fiducia?”

Queste saranno le domande che verranno rivolte questa sera a don Alberto Ravagnani, giovane sacerdote influencer e scrittore della diocesi di Milano, che offrirà un incontro-dialogo per gli adolescenti e i giovani della nostra diocesi con al centro il tema della ‘Fiducia’.

L’appuntamento è stato organizzato dalla Pastorale giovanile e avrà luogo questa sera, venerdì 27 maggio, alle ore 19.30, nella Concattedrale “Gran Madre di Dio” di Taranto.
Per partecipare all’evento è stato inserito un link
sia per indicare la presenza che per formulare alcune considerazioni o domande da rivolgere all’ospite.

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Società

Le “sisters” tra i manager di Davos
per parlare di lotta alla povertà

Al summit economico in corso nella cittadina svizzera si parla anche di lotta alla fame e di progetti per uscire dalla “trappola” migratoria in Colombia ed Etiopia. Ne parliamo con Marta Guglielmetti, direttrice esecutiva del Global Solidarity Fund. La voce delle missionarie in prima linea nel sud del pianeta

27 Mag 2022

di Ilaria de Bonis (*)

Per la prima volta da quando il vertice dei potenti del pianeta è stato istituito (il World Economic Forum quest’anno è in corso a Davos fino al 26 maggio), sono presenti, sebbene solo negli spazi riservati agli incontri informali, le Congregazioni religiose femminili. “Noi siamo un po’ unici qui al World Economic Forum”, spiega al telefono dalla cittadina svizzera Marta Guglielmetti, direttrice esecutiva del Global Solidarity Fund. Lo scopo è portare al summit “la voce delle suore e delle missionarie che sono in prima linea nei Paesi poveri, conoscono da vicino i bisogni della gente e hanno anche grande capacità di leadership perché possiedono una ‘visione’ sul futuro”, dice Guglielmetti.

La voce di chi vive ai margini. Tra loro, sister Ruth Pilar del Mora, consigliera per le missioni dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, originaria della Colombia e suor Patricia Murray, segretaria esecutiva dell’Unione internazionale delle superiori generali. “Che io sappia – aggiunge la direttrice del Gsf – è la prima volta che chi vive ed opera nei Paesi ai margini dell’economia mondiale, come le missionarie, interviene a Davos, incontrando esponenti di grandi aziende. La Chiesa è presente al World Economic Forum ma in modo istituzionale, noi invece portiamo la voce delle persone che vivono ai margini”.

foto Global Solidarity Fund

Dialogo con i super manager. Suor Ruth e suor Patricia hanno incontrato i manager della Unilever, la multinazionale britannica titolare di oltre 400 marchi nel campo dell’alimentazione, più di una volta nel mirino della società civile no-global. L’idea delle suore è quella di dialogare con i Ceo delle grandi aziende per realizzare progetti di lotta alla povertà. “Abbiamo lanciato una partnership tra Unilever e il Global Solidarity Fund in Colombia. L’obiettivo è un progetto per l’inserimento dei migranti e rifugiati nel mondo del lavoro”, spiega Marta Guglielmetti.

Oltre la trappola della povertà. Il Global Solidarity Fund è nato nel 2019 come catalizzatore di forze cattoliche in favore dei più deboli ed è composto da leader religiosi e religiose per favorire il contatto tra il non-profit, il settore privato e quello pubblico. Guglielmetti fa l’esempio di una buona pratica ad Addis Abeba, in Etiopia, dove è stato realizzato un progetto nell’ospedale gestito dalle suore di Madre Teresa di Calcutta, per l’inserimento degli ex pazienti nel mondo del lavoro. “Non volevamo solo curare le persone – racconta – ma aiutarle ad uscire dalla trappola della povertà. E così abbiamo fatto. Appena entrati i pazienti nel nosocomio, gli viene fatto un check della malattia ma anche dei loro skills lavorativi. Sister Marila, provinciale delle missionarie della Carità di Madre Teresa ad Addis Abeba cura ammalati di lebbra e tubercolosi in condizioni economiche difficili”. Una volta guariti, gli ex pazienti vengono inseriti nei corsi professionali delle suore salesiane e nel giro di poco tempo iniziano a lavorare: un modo per vivere una vita dignitosa.

Un modello alternativo. Quale messaggio lanciano le suore al World Economic Forum di Davos? “Vediamo cosa emergerà da questo summit ufficiale; quello che sappiamo per certo è che per noi questa crisi generata dalla guerra in Ucraina (crisi dell’energia e del food) spinge a riflettere su un modello politico ed economico alternativo, oramai necessario”, conclude Guglielmetti.

(*) redazione “Popoli e Missione”

 

foto GianMarcoMaraviglia

 

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Vita sociale

Pallucchi (Forum Terzo settore): “Modifiche al 5xmille sarebbero un pericoloso precedente”

26 Mag 2022

Durante l’audizione in commissione Bilancio della Camera dei deputati sulle modifiche all’istituto del 5 per mille, il Forum Terzo settore ha ribadito la propria contrarietà alla proposta di legge Rufa, che vorrebbe estendere il 5 per mille alle forze armate e di polizia. “Il 5 per mille nasce per finanziare attività sociali di interesse generale che non trovano altre fonti di finanziamento specifico – sottolinea Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum nazionale Terzo settore -. Utilizzare questi fondi per l’assistenza del personale delle Forze dell’ordine lo snaturerebbe e creerebbe un pericoloso precedente, anche perché sono svariate le categorie che potrebbero ambirvi. È bene ricordare che il 5 per mille, per il quale il legislatore ha già dato precise finalità, è ad oggi uno strumento essenziale per settori, come la ricerca scientifica in ambito sanitario, che il nostro Paese troppo spesso trascura”. Pallucchi ricorda che “una penalizzazione è già in atto, considerando che le espressioni dei contribuenti nel devolvere il 5 per mille sono storicamente superiori alle risorse effettivamente ripartite a causa di un tetto stabilito per legge. Chiediamo quindi che si lavori per migliorare questo stato di cose, non per peggiorarlo. L’approvazione della proposta di legge Rufa rappresenterebbe un segnale estremamente negativo per il mondo del Terzo settore, dell’associazionismo e del volontariato, che lavora quotidianamente per il beneficio collettivo, rispondendo gratuitamente ai bisogni dei cittadini”.

 

foto archivio Sir

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Mondo

Armi, la spesa mondiale è al massimo storico: 2.113 miliardi di dollari

Ad investire di più in armamenti nel 2021 sono stati Stati Uniti, Cina, India, Regno Unito e Russia, che insieme rappresentano il 62% della spesa globale

26 Mag 2022

di Patrizia Caiffa

La spesa militare globale ha raggiunto il suo massimo storico nel secondo anno di pandemia: 2.113 miliardi di dollari, con un aumento dello 0,7%, un trend in crescita costante negli ultimi sette anni. Chi ha investito di più in armamenti nel 2021? Stati Uniti, Cina, India, Regno Unito e Russia, che insieme rappresentano il 62% della spesa globale. I principali esportatori di armi nel mondo sono invece, nell’ordine, Stati Uniti, Russia, Francia, Cina e Germania. Nel 2021 sono aumentate le esportazioni di armi da Stati Uniti e Francia e calate invece le esportazioni di armi russe, cinesi e tedesche. Il commercio mondiale di armi è diminuito leggermente (-4,6% tra il 2012–16 e il 2017–21), ma sono aumentate le importazioni in Europa, Asia orientale e Oceania. Sono aumentate notevolmente le esportazioni di Stati Uniti e Francia e le importazioni verso Europa (+19%), Asia orientale (+20%) e Oceania (+59%). La crescita maggiore delle importazioni è in Europa. Elevati sono sempre i trasferimenti verso il Medio Oriente, mentre quelli verso l’Africa e le Americhe sono diminuiti. La facile equazione è che i conflitti e la violenza non cessano perché i governi – e le lobby delle armi – hanno interesse a vendere, comprare e fare profitti. Come purtroppo si sa, i leader decidono le guerre e mandano i poveri a morire. I dati costantemente aggiornati sulla spesa militare globale e sull’import-export globale sono forniti dal Sipri (Stockholm international peace research institute).

(fonte: Sipri)

In Europa la crescita maggiore dell’import di armi. In Europa, a causa del grave deterioramento delle relazioni tra molti Stati europei e Russia, nel periodo 2017-21 le importazioni di armi sono state +19% rispetto al 2012-16 e hanno rappresentato il 13% dei trasferimenti globali di armi. I maggiori importatori sono stati il Regno Unito, la Norvegia e i Paesi Bassi. Secondo il Sipri “si prevede che anche altri Stati europei aumenteranno in modo significativo le loro importazioni di armi nel prossimo decennio, avendo recentemente effettuato ingenti ordini per le principali armi, in particolare aerei da combattimento dagli Stati Uniti”. La Francia ha rappresentato l’11% delle esportazioni globali di armi nel 2017-21, diventando così il terzo maggiore esportatore di armi. Il suo export è aumentato del 59% tra il 2012-16 e il 2017-21.

In Italia l’export di armi è cresciuto del 16% rispetto al 2016. Le esportazioni italiane di armi hanno rappresentato il 3,1% del totale mondiale nel 2017-21.

L’export è diminuito invece nel Regno Unito del 41% tra il 2012-16 e il 2017-21 e del 19% in Germania.

Asia e Oceania sono le più grandi regioni importatrici di armi. I due continenti hanno ricevuto il 43% dei trasferimenti globali nel 2017-21, in particolare: India, Australia, Cina, Corea del Sud, Pakistan e Giappone.

Gli Stati Uniti rimangono il principale fornitore dell’Asia e dell’Oceania.

Le importazioni di armi nell’Asia meridionale sono diminuite del 21% e quelle nel sud-est asiatico sono diminuite del 24% tra il 2012-16 e il 2017-21. Nello stesso periodo, le importazioni di armi in Oceania sono cresciute del 59%, a causa di un aumento del 62% delle importazioni australiane, e le importazioni in Asia orientale sono aumentate del 20%. La causa sono le tensioni tra la Cina e molti Stati asiatici e dell’Oceania.

Medio Oriente. Le importazioni si stabilizzano dopo un forte aumento (+86% tra il 2012-2016). Gli Stati mediorientali hanno importato il 2,8% di armi in più nel 2017-21 rispetto al 2012-2016.  L’Arabia Saudita è il secondo importatore di armi al mondo (+27% tra il 2012-16 e il 2017-21). Le importazioni di armi del Qatar sono cresciute del 227%, spingendolo dal 22° posto al 6°. La spesa militare del Qatar nel 2021 è stata del 434% superiore rispetto al 2010. Le importazioni di armi israeliane sono aumentate del 19% tra il 2012-16 e il 2017-21.

Africa. Nel 2017-21 i cinque maggiori importatori di armi nell’Africa subsahariana sono stati Angola, Nigeria, Etiopia, Mali e Botswana. Le importazioni di armi dell’Egitto sono cresciute del 73% tra il 2012-16 e il 2017-21, diventando così il terzo importatore di armi a livello globale. La Nigeria, in risposta all’estremismo violento e alle insurrezioni separatiste, ha aumentato la sua spesa militare del 56% nel 2021, per raggiungere i 4,5 miliardi di dollari.

Stati Uniti. La spesa militare statunitense è stata di 801 miliardi di dollari nel 2021, con un calo dell’1,4% rispetto al 2020. I finanziamenti statunitensi per la ricerca e lo sviluppo militari sono aumentati del 24% tra il 2012 e il 2021, mentre per l’approvvigionamento di armi sono diminuiti del 6,4% nello stesso periodo. Questo significa che gli Stati Uniti vogliono mantenere un vantaggio tecnologico rispetto agli altri Paesi.

Le esportazioni di armi degli Stati Uniti sono cresciute del 14% tra il 2012-16 e il 2017-21, aumentando la propria quota globale dal 32% al 39%.  Nel periodo 2017-21 sono state più del doppio (108% in più) rispetto a quelle del secondo esportatore, la Russia.

Il 43% delle armi statunitensi va in Medio Oriente, con un aumento del 106% nelle consegne di armi principali all’Arabia Saudita.

La Russia ha aumentato il budget militare del 2,9% nel 2021, pari a 65,9 miliardi di dollari, per rafforzare le sue forze lungo il confine ucraino. Questo è stato il terzo anno consecutivo di crescita e la spesa militare russa ha raggiunto il 4,1% del Pil nel 2021. La cifra finale è stata di 48,4 miliardi di dollari.

La Russia, che ha rappresentato il 19% di tutte le esportazioni di armi nel 2017-21, ha visto le sue esportazioni ridursi del 26% tra il 2012-16 e il 2017-21.

Ciò è dovuto ad un calo delle consegne a India e Vietnam, ma nei prossimi anni sono previste grandi consegne all’India.

Ucraina, +72% di spesa militare. Poiché l’Ucraina ha rafforzato le sue difese contro la Russia, la sua spesa militare è aumentata del 72% dall’annessione della Crimea nel 2014. La spesa è scesa nel 2021, a 5,9 miliardi di dollari, ma rappresentava ancora il 3,2% del Pil.

(fonte Sipri)

Cina. È il secondo Paese al mondo, dopo gli Usa, a spendere più soldi in armamenti. Ha stanziato circa 293 miliardi di dollari per le sue forze armate nel 2021, con un aumento del 4,7% rispetto al 2020. La spesa militare cinese è cresciuta per 27 anni consecutivi. Le esportazioni di armi della Cina sono però diminuite del 31% tra il 2012-16 e il 2017-21

India. La spesa militare indiana di 76,6 miliardi di dollari si è classificata al terzo posto nel mondo. E’ aumentata dello 0,9% dal 2020 e del 33% dal 2012. Le importazioni di armi indiane sono diminuite del 21% tra il 2012-16 e il 2017-21. Tuttavia l’India è il più grande importatore a livello globale e sta pianificando importazioni di armi su larga scala nei prossimi anni da diversi fornitori.

Iran. Nel 2021 il budget militare iraniano è aumentato, per la prima volta in quattro anni, a 24,6 miliardi di dollari. I finanziamenti per il Corpo delle Guardie rivoluzionarie islamiche hanno continuato a crescere nel 2021, del 14% rispetto al 2020, e hanno rappresentato il 34% della spesa militare totale dell’Iran.

Armi nucleari. Nell’ottobre 2021, nonostante i progressi nella riduzione degli arsenali dalla “guerra fredda”, il totale mondiale delle testate nucleari è ancora elevato: 9 Paesi ne possiedono circa 13.150. In particolare, Russia e Stati Uniti (ognuna con circa 4.000 testate nelle loro scorte militari) ne possiedono circa il 91%.

Gli altri Stati che possiedono armi nucleari hanno un centinaio di testate per la propria ‘sicurezza’ nazionale.

 

foto in evidenza: Ansa/Sir

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Ecclesia

Argentina: Buenos Aires, Te Deum per la festa nazionale

26 Mag 2022

Card. Poli, “democrazia richiede etica, evitare scontro reciproco, non smettere di essere buoni samaritani”

“La democrazia, che ci sostiene come organismo sociale organizzato nelle istituzioni, fa nascere fraternità, ma richiede anche etica, gentilezza e solidarietà, onestà, dialogo”, atteggiamenti che giovano sempre “all’intesa e all’impegno per il bene comune di tutti”, tutto questo per evitare “lo scontro reciproco per preservare i propri interessi”. Il richiamo è arrivato ieri dall’arcivescovo di Buenos Aires e primate dell’Argentina, il card. Mario Aurelio Poli, in occasione del Te Deum per la festa nazionale, che si è tenuto nella cattedrale della capitale, alla presenza del presidente della Repubblica, Alberto Fernández, e di numerosi altri ministri e autorità, civili e militari. L’arcivescovo ha incoraggiato “a non stancarsi di promuovere il bene, la giustizia, la pace, avendo cura di trasmettere alle attuali generazioni di ragazzi e ragazze, adolescenti e giovani i valori più autentici e il patrimonio culturale che ci identifica, affinché esercitino il diritto di sapere che c’è un futuro, e ragioni profonde per continuare a vivere e ad amare il nostro Paese”.
Il cardinale, all’inizio della celebrazione, ha chiesto a Dio di ascoltare “le nostre preghiere per la Patria, perché la prudenza delle sue autorità e l’onestà dei suoi cittadini rafforzino l’armonia e la giustizia e possiamo vivere in pace e prosperità”.
Dopo la lettura del brano del Buon Samaritano, il porporato, durante l’omelia, ha detto di voler rivolgersi “a tutti gli argentini che oggi si sentono ardere il cuore”, approfittando della ricorrenza per “rinnovare la nostra fedeltà alla nobile eredità che ci spinge a rivendicare la benedetta terra del pane”. Proprio la mancanza di tale alimento dovrebbe indurre “a pensare al prossimo e ai suoi bisogni primari: educazione, salute, giustizia”. Poi si è rivolto a “tutti quei comuni samaritani che ci guardano e ci ascoltano nel Paese” e ha incoraggiato: “Non smettete di essere samaritani, abbiamo bisogno di voi, siete l’anima dell’Argentina fraterna in cui vogliamo vivere”.

(Foto: diocesi di Buenos Aires)

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Pianeta verde

Da lunedì 30 maggio, la Settimana verde dell’Ue

26 Mag 2022

Comincerà il 30 maggio l’edizione 2022 della “Settimana verde dell’Ue” che fino al 5 giugno sarà dedicata al tema “Rendere il Green Deal europeo una realtà”. Sono circa 300 gli eventi organizzati sul territorio per quello che una nota della Commissione definisce “il più grande evento annuale europeo sulla politica ambientale”; il lancio avverrà a Bruxelles con una conferenza ibrida, il 30-31 maggio, che si aprirà con un dialogo tra il commissario per l’ambiente Virginijus Sinkevicius e giovani di tutti i Paesi dell’Ue sui temi della transizione verde. La presidente Ursula von der Leyen parlerà ai partecipanti sul “proseguimento delle politiche ambientali dell’Ue anche in tempi di crisi”. Il giorno successivo i lavori si concentreranno su: la standardizzazione dei prodotti sostenibili e circolari, l’attuazione del principio “chi inquina paga” e la necessità di fissare obiettivi per il ripristino della natura. La conclusione sarà dedicata al tema della “motivazione ed empowerment per affrontare le sfide della sostenibilità”. “Mostrare solidarietà e aiutare gli ucraini è una priorità assoluta, ma questa guerra ha anche dimostrato che dobbiamo rafforzare la nostra resilienza di fronte alle crisi”, ha dichiarato il commissario Sinkevicius, aggiungendo che “il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità e l’inquinamento non scompaiono allo scoppio della guerra” e che quindi “spetta a tutti noi, insieme, perseguire l’attuazione degli ambiziosi obiettivi del Green Deal europeo”.

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Serie tv

Un legal d’autore

26 Mag 2022

di Sergio Perugini

Molti, quando leggono il nome di David E. Kelley, pensano subito al collegamento con la moglie Michelle Pfeiffer, una delle dive della Nuova Hollywood. In verità negli ultimi anni lo sceneggiatore e produttore Tv rischia di superarla in popolarità. Forte di una linea di racconto che predilige il legal drama e il poliziesco, Kelley è passato dai successi anni ’90 con “The Practice” e “Ally McBeal” a un granitico consenso odierno, mettendo a segno miniserie di grande impatto: la rivelazione “Big Little Lies” (2017), sulla violenza ai danni delle donne con una potente linea crime; il thriller psicologico “The Undoing” (2020); il mistery “Nine Perfect Strangers” (2021); e l’incalzante legal “Anatomia di uno scandalo” (2022). Da maggio su Netflix è arrivata una sua nuova creatura, “Avvocato di difesa” (“The Lincoln Lawyer”), legal drama che prende le mosse da un romanzo del popolare giallista statunitense Michael Connelly, portando sullo schermo l’avvocato penalista Mickey Haller.

Nella città delle stelle non ci sono solo divi ma anche crimini. Il penalista Mickey Haller, dopo una serie di difficoltà personali, cerca di rimettersi in pista assumendo un caso complicato, quello dello sviluppatore di video-giochi Trevor Elliott, accusato di duplice omicidio. Ad aiutare Haller un team di investigatori e la sua automobile Lincoln…

Uno dei tratti peculiari di “Avvocato di difesa” è la caratterizzazione del protagonista Mickey Haller, interpretato da Manuel Garcia-Rulfo, un avvocato penalista di talento che però si trova in un cono d’ombra della vita. A seguito di un incidente è scivolato nella dipendenza da antidolorifici. Con non poca difficoltà e con il sostegno di un fidato gruppo di amici-colleghi, tra cui le due ex mogli Maggie McPherson (Neve Campbell) e Lorna Crain (Becki Newton), Mickey Haller cerca la via del riscatto districandosi tra ostacoli in tribunale e incubi interiori. Oltre che per talento e intuito, l’uomo è noto per i metodi originali, come rendere la sua Lincoln l’ufficio ideale, il suo “pensatoio”. A ben vedere, il personaggio ha indubbio magnetismo, fascino, proprio perché è un eroe imperfetto, graffiato dalla vita. Piegato, ma pronto a rialzarsi. Un po’ come gli indimenticabili investigatori Alec e Ellie di “Broadchurch” (2013, David Tennant e Olivia Colman) o la trascinate detective Mare (Kate Winslet) di “Omicidio a Easttown” (2021). In “Avvocato di difesa” l’atmosfera è però meno fosca, illuminata da lampi di ironia sottile che imprimono dinamismo, un po’ come in “Scandal” (2012) e forse con rimandi persino a “Ally McBeal”. A dare di certo robustezza al racconto è il copione di Connelly, che figura come produttore esecutivo. Nell’insieme “Avvocato di difesa” si dimostra un giallo d’autore a sfondo legal dalla struttura abbastanza compatta e originale, che trova forza soprattutto nel suo protagonista, a tratti persino più incisivo del plot stesso. “Avvocato di difesa” è una serie complessa, problematica e per dibattiti.

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