Formazione

All’Università cattolica, un nuovo master in innovazione, digitale e sostenibilità

foto: unicatt.it
30 Giu 2022

Nasce dalla collaborazione tra Cetif (Centro di ricerca su tecnologie, innovazione e servizi finanziari) e Altis (Alta scuola impresa e società) – due realtà dell’Università Cattolica del Sacro Cuore – il nuovo Executive master in Innovability management: innovazione, digitale e sostenibilità, “progettato per professionisti che vogliano acquisire visione strategica, competenze e strumenti funzionali a governare la trasformazione e la crescita delle organizzazioni (pubbliche, privato e non profit), agendo sinergicamente su innovazione, digitalizzazione e sostenibilità”. Per questo il Master, spiega un comunicato, “affronta i temi della gestione dell’innovazione e della sostenibilità, le nuove tecnologie e la digital governance, i modelli organizzativi per l’innovability, l’innovazione per l’inclusione, l’eco-innovazione, il cambiamento organizzativo e i nuovi modelli di leadership”.
ll master di durata annuale, con inizio a novembre 2022, “si rivolge a manager e professionisti che ricoprono o ambiscono a ruoli di: innovation manager, sustainability manager, project manager, imprenditore, startupper, responsabile di Onp, Ong, Pubblica amministrazione”.
La direzione scientifica è assegnata a Federico Rajola, ordinario di Organizzazione aziendale e direttore di Cetif, e a Matteo Pedrini, ordinario di Corporate Strategy e vicedirettore di Altis.
Per informazioni: cetif.academy@unicatt.it

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Vita sociale

Inaugurato San Gaetano, hub socio-culturale che vuole ridare un’identità alla Città vecchia

È stata ufficialmente sancita la riapertura dell’ex chiesa di San Gaetano in Città Vecchia, già conosciuta come Cantiere maggese, che diventa un contenitore socio-culturale rilanciando anche la sua denominazione originaria. L’immobile è stato affidato per dieci anni all’associazione Symbolum…

30 Giu 2022

di Silvano Trevisani

La Città vecchia si riappropria di uno dei luoghi simbolici della propria storia e della propria vita sociale, e ancora una volta lo fa per l’impegno e la disponibilità che la Chiesa dimostra nell’affiancare e sollecitare le istituzioni pubbliche e gli enti strumentali. Con la benedizione del parroco di San Cataldo, don Emanuele Ferro, e il taglio del nastro da parte del sindaco Rinaldo Melucci, è stata ufficialmente sancita la riapertura dell’ex chiesa di San Gaetano, già conosciuta come Cantiere maggese, che diventa un contenitore socio-culturale rilanciando anche la sua denominazione originaria. L’immobile è stato affidato per dieci anni all’associazione Symbolum, presieduta da monsignor Emanuele Ferro, parroco di Taranto vecchia. L’associazione è capofila del progetto “L’isola che accoglie”, finanziato da Fondazione con il Sud per un triennio e che riunisce diversi partner. L’obiettivo sarà promuovere buone pratiche sul territorio, con il diretto coinvolgimento dei residenti. Insomma, un futuro sostenibile e autogestito per gli spazi dell’hub.

La cerimonia di consegna si è svolta in una cornice di folla festosa che è stata prima guidata in un itinerario organizzato da Giovanni Guarino, denominato “Caccia alle mura”, mini percorso tra i vicoli a ridosso di san Gaetano alla scoperta delle mura greche, poi si è raccolta attorno a San Gaetano dove il sindaco Melucci, il vice sindaco Manzulli, gli assessori Azzaro e Marti, i rappresentanti di Fondazione per il Sud, dirigenti e tecnici hanno tenuto a battesimo la neonata compagine sociale.

È toccato a don Emanuele, presidente di Symbolum spiegare la genesi del progetto: “La Città vecchia è un contesto che attraversa una profonda crisi economica, sociale e identitaria che si manifesta tanto nella popolazione quanto nel suo patrimonio immobiliare. Per intervenire in questa difficile situazione si è scelto di trasformare l’ex chiesa di San Gaetano in un hub nel quale convogliare attività educative culturali di assistenza sociale, di formazione professionale e di supporto abitativo, generando in questo modo un impatto di lungo periodo sull’ambiente circostante e avviando processi di rigenerazione urbana”. Da qui nasce Symbolum, ente di servizio della cattedrale nato per avviare processi contro ogni tipo di marginalità, con il coinvolgimento di competenze necessarie al coinvolgimento della cittadinanza.

Dopo aver ringraziato Elena Modio e Francesco Falcone, punti di riferimento di Symbolum, ha spiegato come essa sia capofila di un gruppo di realtà associative e formative locali che sono partner, ovvero: Ammostro, Crest Formedil Cpt Taranto, Legabiente, Officina Maremosso Post Disaster.

Lavoreremo – ha aggiunto don Emanuele – perché da San Gaetano possa partire un processo di ricostruzione dell’identità locale, perché possa essere un luogo delle opportunità, per tutti, a partire dai residenti. Chiediamo alla città intera, alle sue forze più sane e solidali di esserci a fianco, di partecipare in questa avventura che fa tremare i polsi ma che ci stimola a fare del nostro meglio come non mai”.

Nel suo intervento, il sindaco Melucci ha sottolineato come il problema più importante non sia quello di fare della Città vecchia il centro dei flussi turistici e quindi buona economia, di offrire nuove opportunità alle famiglie, non è neppure quello di creare un nuovo museo a cielo aperto “ma il problema è un recupero sociale che rivitalizzi e umanizzi il quartiere”.

Su questa strada – ha detto Melucci – ci siamo incamminati e da qui in avanti vedrete sempre più cantieri attivi, grazie anche a Fondazione per il Sud che, nonostante le difficoltà e le lungaggini della burocrazia, ci è stata sempre vicina, non si è mai tirata indietro e ci ha stimolato a fare investimenti per le persone. Potrebbe occuparsi di tante cose, ha delle finanze che consentono una certa flessibilità ma sceglie la strada più complessa che è quella di individuare luoghi come questo e fare investimenti che possano ingenerare cambiamenti nella vita delle persone. Quindi, questa è per noi un bella giornata, non solo perché è il coronamento di tanto lavoro, ma perché una volta tanto ci sentiamo più contenti per le persone. E proprio alle persone che io vedo qua, oltre al ringraziamento voglio lanciare un messaggio perché sentano proprie queste cose e collaborino alla loro salvaguardia e valorizzazione, perché queste cose costano, costano lavoro, costano relazioni, costano denaro”.

Rivolgendosi direttamente agli abitanti del quartiere, ha detto: “Siccome ci stiamo sforzando di portare il bene e le possibilità alle persone che abitano in questo luogo, se vogliamo ottimizzare le ricadute ci dovete dare una mano”.

A conclusione, alcuni ragazzi dell’Istituto comprensivo Galilei hanno presentato una breve drammatizzazione. Ha concluso la dirigente scolastica Antonietta Iossa.

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Francesco

“Desiderio desideravi”, la lettera apostolica di papa Francesco: “Abbandoniamo le polemiche” per riscoprire “la bellezza della liturgia”

foto Sir/Marco Calvarese
30 Giu 2022

“Abbandoniamo le polemiche per ascoltare insieme che cosa lo Spirito dice alla Chiesa, custodiamo la comunione, continuiamo a stupirci per la bellezza della liturgia”. A lanciare l’invito è il Papa, nella Lettera apostolica sulla liturgia “Desiderio desideravi”, pubblicata ieri per richiamare il significato profondo della celebrazione eucaristica, così come è emersa dal Concilio, ed invitare alla formazione liturgica, a partire dai seminari. “A noi non serve un vago ricordo dell’ultima Cena: noi abbiamo bisogno di essere presenti a quella Cena”, esordisce Francesco: “Vorrei che la bellezza del celebrare cristiano e delle sue necessarie conseguenze nella vita della Chiesa non venisse deturpata da una superficiale e riduttiva comprensione del suo valore o, ancor peggio, da una sua strumentalizzazione a servizio di una qualche visione ideologica, qualunque essa sia”. No alla “mondanità  spirituale”, ribadisce il Papa, secondo il quale la liturgia “non è la ricerca di un estetismo rituale che si compiace solo nella cura della formalità esteriore di un rito o si appaga di una scrupolosa osservanza rubricale”, e neanche l’atteggiamento opposto, “che confonde la semplicità con una sciatta banalità, l’essenzialità con una ignorante superficialità, la concretezza dell’agire rituale con un esasperato funzionalismo pratico”. “Ogni aspetto del celebrare va curato (spazio, tempo, gesti, parole, oggetti, vesti, canto, musica, …) e ogni rubrica deve essere osservata”, l’appello di Francesco, che si sofferma su un elemento essenziale della celebrazione liturgica: “lo stupore per il mistero pasquale”.

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Emergenze sociali

Terra dei fuochi – mons. Di Donna (Acerra): “La salute non si baratta!”
“Oggi resistiamo al negazionismo”

foto: Luigi Buonicontro - giornale Tablò
30 Giu 2022

“La salute non si baratta!”. Lo ha detto in modo categorico il vescovo di Acerra e presidente della Conferenza episcopale campana, mons. Antonio Di Donna, in un incontro, avvenuto qualche giorno fa, sul problema della quarta linea dell’inceneritore. Parlando dei possibili ristori che arrivano ad Acerra per avere sul suo territorio l’unico inceneritore funzionante in Campania, il presule ha osservato: “Dietro tutto questo discorso vi è un’ipocrisia di fondo a mio parere. Si dice che l’inceneritore o le aziende non inquinano ma poi si danno i ristori e cioè si ammette implicitamente che ci sono danni da riparare. Perché date i ristori? Evidentemente si riconosce che qualcosa non va e riparano in qualche modo con questo”. Insomma, “non si affronta mai la vera questione. Non ho mai avuto, in questi quasi nove anni di presenza ad Acerra, la risposta a questa domanda, che continuamente ho fatto in tutte le sedi. Voi ci dovete rispondere: perché sempre è solo qui? Perché sempre e solo Acerra? Forse perché già c’è l’inceneritore e il territorio è già inquinato e si finisce per inquinarlo? Forse Acerra si deve sacrificare per tutta la regione? Perché se si ferma l’inceneritore staranno i rifiuti in mezzo alla strada? Ma almeno si abbia il coraggio civile di dirlo apertamente. ‘Voi vi dovete sacrificare per tutta la regione’, ma io questa risposta non l’ho mai ascoltata. Almeno la soddisfazione di saperlo di che morte dobbiamo morire, almeno ditecelo. Invece, noi ribadiamo che Acerra ha già dato, il territorio è saturo, ci vuole la moratoria, bisogna blindare il territorio”.
Di qui la richiesta alla nuova amministrazione di cambiare “il piano territoriale regionale Ptr e si dica che il territorio di Acerra non è un’aria industriale urbana ma è un’area agricola urbana. È questo il modo, a mio parere, per tagliare alla radice molte cose ed impedire che vengono sul nostro territorio sempre e solo aziende inquinanti. Insomma, io non sono un tecnico, si studi la modalità, qualunque essa sia, ma giuridica ufficiale, legislativa, perché le cose cambino”.
Mons. Di Donna ha concluso riprendendo una suggestione dello scorso 25 aprile con la visita del presidente Sergio Mattarella nella festa della Resistenza. “Mi convince sempre più che ci sono più resistenze in questi 70 anni. La prima è stata contro il nazismo nell’ottobre 1943 qui ad Acerra, 90 morti, ma c’è stata una seconda Resistenza negli anni ‘80 contro la camorra, alla marcia di 10.000, nel novembre 1982. Credo che sia iniziata da qualche anno una terza Resistenza, non più contro il nazismo, forse non dico più contro la camorra che c’è ancora ma la resistenza contro il disastro ambientale, che è un obiettivo più ampio dello stesso inceneritore. Abbiamo questa visione più ampia del disastro ambientale e contro l’accanimento ad Acerra. Qui oggi il fascismo si chiama negazionismo, questa resistenza ha avuto e continua ad avere i suoi martiri, che sono i ragazzi e i giovani morti di cancro e di tumore, in questa terza resistenza noi ci siamo ancora. A quando il 25 aprile di questa terza resistenza?”.

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Francesco

Papa Francesco: “Accogliere «tutti», nella Chiesa c’è posto per tutti!”

foto Vatican media/Sir
30 Giu 2022

“Tutti!”. È la parola maggiormente ripetuta dal papa, a braccio, nell’omelia della messa nella solennità dei Santi Pietro e Paolo, con la tradizionale benedizione dei palli, nella basilica di San Pietro. Francesco ha esortato, in particolare, tutti noi ad essere parte di “una Chiesa senza catene e senza muri, in cui ciascuno possa sentirsi accolto e accompagnato, in cui si coltivino l’arte dell’ascolto, del dialogo, della partecipazione, sotto l’unica autorità dello Spirito santo”. “Una Chiesa libera e umile, che si alza in fretta, che non temporeggia, non accumula ritardi sulle sfide dell’oggi, non si attarda nei recinti sacri, ma si lascia animare dalla passione per l’annuncio del Vangelo e dal desiderio di raggiungere tutti e accogliere tutti”, ha proseguito il papa. “Non dimentichiamo questa parola: tutti. Tutti!”, l’imperativo pronunciato a braccio: “Andate all’incrocio delle strade e portate tutti, ciechi, sordi, zoppi, ammalati, giusti, peccatori: tutti, tutti! Questa parola del Signore deve risuonare, risuonare nella mente e nel cuore: tutti, nella Chiesa c’è posto per tutti. E tante volte noi diventiamo una Chiesa dalle porte aperte ma per congedare gente, per condannare gente. Ieri uno di voi mi diceva: ‘Per la Chiesa questo non è il tempo dei congedi, è il tempo dell’accoglienza’. ‘Non sono venuti al banchetto…’ – Andate all’incrocio. Tutti, tutti! ‘Ma sono peccatori…’ – Tutti!”.

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L'argomento

Fondi regionali per bonificare discariche a cielo aperto: il parere delle associazioni

30 Giu 2022

di Marina Luzzi

Due milioni di euro da destinare ai Comuni per la rimozione di rifiuti  abbandonati su aree pubbliche, con interventi di risanamento ambientale e paesaggistico. Si tratta dello stanziamento della giunta regionale, su proposta dell’assessora all’Ambiente Anna Grazia Maraschio per arginare il fenomeno di intere aree, spesso anche a ridosso di splendidi paesaggi costieri o in aperta campagna, in cui materiali di risulta e domestici vengono impropriamente abbandonati. Come se valesse la massima “occhio non vede, cuore non duole”. Duole però il nostro ecosistema e le temperature che stiamo raggiungendo, i fiumi in secca, la mancanza d’acqua e di elettricità, ce lo dimostrano. Ai Comuni con Raccolta Differenziata sotto il 65%, come per Taranto, potrà essere riconosciuto un rimborso dell’80% dei costi sostenuti per la rimozione dei rifiuti. “Noi in parte abbiamo realizzato delle bonifiche con la collaborazione di aziende private e del Comune di Taranto – commenta Francesca Boccardi, dell’associazione SiAmoTaranto – che ha provveduto a scaricare in discarica materiali inerti che abbiamo ritrovato in un’area naturalistica. Mi auguro che questi fondi vengano stanziati quanto prima perché noi avremmo diverse aree da segnalare e potremmo, come volontari, dare un contributo. Ovviamente bisognerebbe anche agire alla base con il controllo del territorio o questi gesti da parte di incivili continueranno ad essere perpetrati e magari si potrebbero affidare le aree bonificate a rischio di essere nuovamente trasformate in discariche a cielo aperto a volontari in grado di tenere la guardia alta e preservarle e con dei progetti renderle fruibili ai cittadini”.  “Pensare che potremmo usufruire a costo zero di queste rimozioni, se avessimo una raccolta differenziata funzionante che non si attestasse sul 27% –  è il commento di Giuseppe Interno, dell’associazione Plasticaqquà, che promuove la raccolta volontaria di rifiuti e tante belle iniziative come libri in regalo in cambio di bottiglie in plastica –  invece a Taranto il sistema di raccolta differenziata è completamente da rivedere e attendiamo ancora che la differenziata venga estesa a tutta la città. L’estensione della differenziata ed eventuali ulteriori fototrappole poi, faranno aumentare gli sversamenti abusivi in strade e campagne, perché non c’è un minimo di lungimiranza che spinga i decisori ad introdurre tutta una serie di interventi. Basterebbe darsi come obbiettivo anche solo 1.000 multe al mese per queste infrazioni nei prossimi due anni, vedremmo cambiare rapidamente moltissime cose. Servono mezzi di contrasto forti per chi di “lavoro” commette crimini contro l’ambiente, come il sequestro dei veicoli o la sospensione della patente e l’obbligo al ripristino dei luoghi o l’addebito dei costi di bonifica. Perché devono continuare a pagare sempre anche le persone civili? Queste andrebbero premiate, piuttosto. In assenza di interventi mirati, infatti, sono certo che tra pochi mesi sarà nuovamente necessario spendere altri milioni di euro per rimuovere gli stessi rifiuti, abbandonati dagli stessi soggetti negli stessi luoghi. Ogni cosa si può modificare, migliorare o interrompere, anche lo sversamento di rifiuti, come è stato per il contrabbando di sigarette, per esempio. Un intervento come quello promosso adesso va benissimo ma a patto che serva a mettere un punto e che il problema dell’abbandono dei rifiuti venga analizzato a 360° e le misure per contrastarli anche. Altrimenti servirà solo a qualche società di trattamento rifiuti per aumentare il fatturato ed ai volontari delle tante associazioni come la nostra a sentirsi sempre più frustrati ed inutili”.

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Salute

A Bologna, prosegue il progetto “Cure dentarie” voluto dal card. Zuppi per chi è indigente

In cinque anni curate oltre 350 persone fra le quali alcuni profughi ucraini

foto Siciliani-Gennari/Sir
30 Giu 2022

A cinque anni dal suo avvio, prosegue il progetto “Cure dentarie” voluto dall’arcivescovo di Bologna, il card. Matteo Maria Zuppi, con il contributo della Caritas diocesana, dell’Associazione nazionale dentisti italiani di Bologna (Andi), della Fondazione “San Petronio” e con il sostegno economico dei dividendi della Faac. “L’iniziativa – si ricorda in una nota dell’arcidiocesi – mira a garantire la salute orale a soggetti indigenti e, dalla sua nascita, si è presa cura di oltre 350 persone fra le quali anche alcuni profughi ucraini”. “Si tratta di dati – spiega don Massimo Ruggiano, vicario episcopale per la carità – che testimoniano l’efficacia di questo progetto a favore dei nostri poveri e la bontà dell’intuizione avuta dall’arcivescovo. Un’iniziativa utile non solo per gli indigenti, ma anche per le Caritas parrocchiali che risultano pienamente coinvolte in questo percorso”.

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Ecclesia

L’Osservatore di strada: un giornale pensato “con i senzatetto e con i poveri”

foto Siciliani-Gennari/Sir
30 Giu 2022

di M. Michela Nicolais

“Non è un giornale pensato per i senzatetto o per i poveri, ma con i senzatetto e con i poveri”. A precisarlo è stato Andrea Tornielli, direttore editoriale del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede, durante la presentazione de L’Osservatore di strada, il nuovo mensile de L’Osservatore Romano, in Sala stampa vaticana. “È un’iniziativa del Dicastero, ma che coinvolge tuti i giornalisti dei media vaticani e si collega alla rete già esistente dei giornali di strada”, ha precisato Tornielli. “È frutto di un bel gioco di squadra”, ha aggiunto Andrea Monda, direttore del quotidiano della Santa Sede: “Da soli non si va da nessuna parte, il Papa lo dice sempre. Non è facile fare un giornale così: è un mensile in qualche modo rivoluzionario, innovativo. Se i media vaticani devono comunicare la voce della Chiesa, la voce del Papa, dobbiamo offrire le chiavi di lettura di questo pontificato e di questo tempo, che camminano insieme”. Tutto il ricavato del nuovo giornale di strada, che verrà distribuito la domenica in piazza San Pietro durante l’Angelus, ad offerta libera, andrà per i poveri e i senzatetto. “Dare voce alle persone che solitamente non vengono ascoltate, per creare una relazione con chi nella società viene scartato”: così il coordinatore de L’Osservatore di strada, Piero Di Domenicantonio, ha definito il nuovo prodotto editoriale, la cui idea è nata prima della pandemia, nel momento in ci veniva portata a termine la riforma dei media vaticani. “Ho preso un paio di scarpe da ginnastica comode e ho cominciato a camminare”, ha raccontato Di Domenicantonio: “Ho cercato e trovato tanti amici: la Comunità di S. Egidio, la Caritas, i Vincenziani, il Centro Astalli, il Circolo di San Pietro, ragionando con loro su come questo sogno potesse essere utile non solo per chi vive l’esperienza della povertà, ma anche a livello ecclesiale. Fondamentale la collaborazione con l’Elemosineria apostolica, che ci ha sostenuto e ci sostiene nella diffusione”.

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Sport

Taranto ospita il Campionato nazionale di Aquathon: centinaia i partecipanti

29 Giu 2022

di Silvano Trevisani

Trecento iscritti: 70 donne, 230 uomini, a cui vanno aggiunti 60 ragazze e ragazzi: sono questi i numeri del partecipanti Campionato nazionale di Aquathlon che si disputerà a Taranto domenica 3 luglio, che vivrà un anticipo proprio con la gara dei ragazzi delle varie categorie giovanili, che si svolgerà sabato. Il che porta gli organizzatori a prevedere che saranno non meno di 8/900 le persone che nel prossimo fine settimana saranno a Taranto per partecipare o per assistere all’Aquathlon dei due Mari. L’evento sportivo organizzato dall’Asd Triathlon Taranto con il sostegno e la collaborazione delle Federazioni Triathlon (Fitri) Regionale e Nazionale, con il patrocinio del Comune di Taranto e della Regione Pugli è stato presentato nel Salone degli Specchi di Palazzo di città, presenti: l’assessore comunale allo Sport Gianni Azzaro; l’ammiraglio di squadra Salvatore Vitiello, comandante Marittimo Sud; il consigliere regionale Vincenzo Di Gregorio; il delegato provinciale Coni Michelangelo Giusti; il presidente dell’Asd Triathlon Michele Giannese.

L’Aquathlon, lo ricordiamo ai neofiti, è una variante del Triathlon che prevede lo svolgimento di tre frazioni senza soluzione di continuità: corsa (2,5km), nuoto (1km), corsa (2,5km). Gli atleti partiranno da piazza Castello, attraverseranno il Ponte girevole, percorreranno il lungomare fino a piazza Ebalia per tornare indietro e dirigersi verso la discesa del Vasto in Città vecchia. Qui sarà allestita la zona cambio: gli atleti lasceranno scarpe e maglietta per indossare cuffia e occhialini e tuffarsi nel canale navigabile. Terminata la frazione a nuoto effettueranno il percorso podistico al contrario. Arrivo in piazza Castello. Sabato 2 luglio, a partire dalle 15 sono in programma le gare Giovanili Kids + Youth A Aquathlon che si svolgeranno sulla Banchina Torpedinieri, a ridosso del Mar Piccolo. Domenica mattina, invece, l’assegnazione del titolo nazionale Aquathlon maschile e femminile.

Alla conferneza stampa ha portato il suo saluto il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci, che ha espresso soddisfazione per il gran numero di atleti iscritti. “Il programma che va strutturandosi da qui ai prossimi mesi prevede altri eventi sportivi di rilievo che riguardano il canottaggio e la vela, in programma a fine estate. Siamo contenti che si stia ripartendo velocemente”.

Taranto capitale del mare e sede dei Giochi del Mediterraneo 2026. “Il Campionato Nazionale di Aquathlon – ha ricordato l’assessore Azzaro – abbraccia entrambe queste prerogative lungo le quali si muove l’azione dell’Amministrazione comunale di Taranto. Vogliamo intensificare la promozione dello sport, soprattutto di quelli legati al mare. Inoltre, la presenza di un folto numero di atleti provenienti da tutta Italia fa di questa competizione una importante vetrina per la nostra città”. Proprio per favorire l’accoglienza di atleti, accompagnatori, staff tecnici, gli organizzatori dell’Aquathlon dei Due Mari hanno stipulato convenzioni con alcune strutture ricettive del territorio che hanno accolto con favore questa opportunità.

La gara che assegnerà i titoli italiani femminile e maschile si svolgerà lungo le vie del Borgo e nelle acque del Canale Navigabile che lambiscono lo splendido Castello Aragonese. Uno scenario unico che renderà suggestiva e spettacolare la manifestazione. Una particolarità questa subito colta dal Presidente Nazionale della Federazione Triathlon (Fitri) Riccardo Giubilei che ha fortemente voluto che la competizione si svolgesse a Taranto.

Partner della manifestazione è la Marina Militare. “Il Castello Aragonese e il Canale Navigabile – ha sottolineato l’ammiraglio Vitiello – offriranno uno scenario mozzafiato ed esclusivo ad una manifestazione che non può non vedere coinvolta la Marina Militare perché si parla di mare e di sport.”.

La Regione Puglia – ha detto Di Gregorio – non poteva non essere vicina a questo evento importante sotto il profilo tecnico/agonistico e che costituisce una bella vetrina per la nostra città. Ringrazio gli organizzatori e la Federazione Nazionale Triathlon nella persona del presidente Giubilei per aver creduto in Taranto. Mi auguro che questo sia un buon viatico per le tappe di avvicinamento ai Giochi del Mediterraneo 2026”.

Abbiamo organizzato il Campionato Nazionale a Taranto – ha spiegato Giannese – oltre che per la nostra passione, perché volevamo realizzare un evento che abbinasse la promozione del territorio ad un grande evento sportivo che portasse a Taranto i migliori atleti provenienti da tutte le regioni italiane. Gli atleti avranno di fronte un contesto più unico che raro. Il quartier generale della manifestazione è il Castello Aragonese, all’interno del quale si svolgeranno anche le premiazioni finali. Questo evento è stato reso possibile da una molteplicità di collaborazioni, in primis quelle federali e istituzionali. Non meno importanti le tante associazioni che contribuiranno allo svolgimento delle competizioni e gli sponsor che hanno creduto in questa iniziativa”.

Soddisfatto il delegato provinciale Coni. “Non è facile portare a Taranto eventi di questo livello – ha detto Giusti – il Coni e le singole federazioni sono impegnate a realizzare un percorso di avvicinamento ai Giochi del Mediterraneo del 2026 portando a Taranto il maggior numero di eventi nazionali e internazionali”.

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Diocesi

I 26 anni di ordinazione episcopale di monsignor Filippo Santoro

foto studio Renato Ingenito
29 Giu 2022

Nella festività di san Pietro e Paolo, ricorre il ventiseiesimo anniversario dell’ordinazione episcopale di monsignor Filippo Santoro.

La redazione di ND si unisce agli auguri del direttore, monsignor Emanuele Ferro, e del presidente della cooperativa, monsignor Gino Romanazzi.

Lo Spirito del Signore sia sua luce e guida, l’intercessione dei beati apostoli Pietro e Paolo ottenga dal cuore di Dio copiose grazie celesti perché possa continuare a pascere con amore il Popolo di Dio a lui affidato

Auguri dom Filippo!

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Solidarietà

Cristiani e musulmani a Lampedusa, dove la migrazione deve diventare “un’accoglienza carica di umanità”

“Sulla stessa barca”, è il titolo di questo incontro promosso dall’Ufficio Cei per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, insieme ai leader delle principali Comunità islamiche

foto Sir
29 Giu 2022

di Maria Chiara Biagioni

Un pellegrinaggio a piedi lungo l’isola di Lampedusa, sostando in silenzio e preghiera, nei luoghi simbolo della lotta della vita contro la morte. Cristiani e musulmani sono arrivati qui solcando il mar Mediterraneo. Ad accompagnarli nelle varie tappe brani tratti dal Libro di Giona, il profeta riconosciuto da cattolici e musulmani, presente nella Bibbia e nel Corano e che secondo la narrazione biblica si trovò anche lui su una nave investita da un temporale con il rischio di colare a picco dalla violenza delle onde. “Sulla stessa barca”, è il titolo di questo incontro promosso dall’Ufficio Cei per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, insieme ai leader delle principali Comunità islamiche. Partiti ieri sera dal porto di Trapani, questa mattina all’alba i partecipanti sono sbarcati sull’isola con in mano una gerbera, simbolo di vita e relazione, ma anche un omaggio in memoria di tutti i migranti che hanno perso la vita sulla rotta di questo mare.

Lungo il percorso, cristiani e musulmani hanno continuato a confrontarsi e raccontarsi esperienze di dialogo promosse sul territorio. Come il Cadr, storico consultorio per famiglie inter-etniche o l’associazione “Portofranco” di Milano, un centro di aiuto allo studio rivolto con più di 1.400 studenti iscritti, 300 dei quali sono stranieri o ancora il “Centro Fernandes” di Castel Volturno, un’opera di accoglienza e integrazione promossa dall’arcidiocesi di Capua, che punta non solo ad assistere i migranti ma anche a costruire “percorsi di integrazione e pacifica convivenza”. “Siamo qui per dire che siamo tutti sulla stessa barca e per dire, come ci ricorda sempre papa Francesco, che o ci salviamo tutti o purtroppo non si salva nessuno”, dice Izzedin Elzir, imam di Firenze.La prima tappa su Lampedusa è stata il Portale di Mimmo Paladino, la “Porta d’Europa” o anche la “Porta dell’Africa”, a seconda del lato dal quale si vede. “E’ il segno che il mondo è aperto”, dice l’imam. “Abbiamo quindi solo bisogno di aprire la nostra mente per accogliere l’altro e comprendere che le diversità sono una ricchezza e una risorsa per l’umanità e non un motivo di scontro”.

Ad accogliere i partecipanti della parrocchia di san Gerlando, c’è il parroco don Carmelo Rizzi. E’ qui a Lampedusa solo da 7 mesi. Ma i racconti sono già tanti. Il più drammatico è sicuramente il ritrovamento quest’inverno di 7 ragazzi giovanissimi morti assiderati su un barcone. O anche quello dei due fratelli partiti dalla Tunisia su due gommoni diversi, perché così si era raccomandata la madre preoccupata di non perdere entrambi i figli durante l’attraversata. Con una certa commozione, don Carmelo apre una scatola e mostra pagine rovinate dall’acqua di libri sacri, scritti in lingua araba e tigrino, che sono stati ritrovati sulle barche dei migranti. Ci sono anche dei fogli ingialliti dove sono scritte preghiere e invocazioni a Dio perché protegga il viaggiatore lungo l’attraversamento in mare. Molto probabilmente – spiega – si tratta di lettere che le madri consegnano ai figli in partenza per l’Europa.

 

 

“L’accoglienza – dice il sacerdote – fa parte della nostra cultura, è un atteggiamento naturale. Si vive puntando sulla umanità, al di là della razza, della cultura, della religione”. Gli arrivi sono continui. Il neo-sindaco di Lampedusa, Filippo Mannino, fa sapere che solo nella giornata di ieri ci sono stati tre arrivi per un totale circa di un centinaio di migranti. Stamattina invece è arrivato un barchino con 10 tunisini. Al centro di accoglienza ad oggi si contano 590 persone che saranno tutte trasferite nelle prossime ore. Il fenomeno degli sbarchi, aggiunge, “si ripete ormai dal 1988, poi con l’arrivo della bella stagione, il mare calmo necessariamente, aumentano come numero. Parlare di emergenza serve solo a chi se ne approfitta”. “L’importante – aggiunge – è che non si inceppi la macchina dell’accoglienza e dei trasferimenti. Siamo un piccolo territorio di 20 chilometri quadrati e questo problema non deve essere fatto pesare né sul territorio né si turisti che arrivano in vacanza. Se la macchina funziona, stiamo bene tutti”.

L’itinerario sull’isola è proseguito con una visita al Santuario della Madonna di Porto Salvo e si è concluso al cimitero dell’isola dove lapidi senza nomi raccontano le storie di chi non ce l’ha fatta e dove cristiani e musulmani hanno posto in loro memoria un fiore. “Lampedusa ha da dire tante cose. Certamente ha da dire due parole: giustizia e verità. La verità è che non si può più parlare di emergenza”. E’ mons. Alessandro Damiano, arcivescovo di Agrigento, a sintetizzare il sentire di quest’isola. “L’emergenza sbarchi – spiega – non è una emergenza. Chiamarla così significa etichettarla come una cosa che accade all’improvviso e non si sa perché, come o quando. Ma qui il perché si sa. Le rotte dei migranti hanno tante ragioni che sono politiche, economiche, climatiche. Una verità semplice da affermare è che non siamo di fronte ad una emergenza ma di fronte ad un fenomeno che deve essere affrontato e gestito”. Rivolgendosi poi ai partecipanti nella parrocchia-simbolo di San Gelardo nel centro della città di Lampedusa, l’arcivescovo ha detto: “Siamo in questa porta che è diventata suo malgrado centro del Mediterraneo e sotto i riflettori costantemente. La posizione geografica dell’isola ha in qualche modo orientato Lampedusa a farsi luogo di prossimità. Abbiamo accolto uomini, donne e bambini, abbiamo dato loro da mangiare, da vestirsi. Poi i flussi sono aumentati e in qualche modo la prossimità è diventata conflittualità. Ma ripeto, l’emergenza è quando qualcosa accade all’improvviso ma se accade in modo sistematico non può più chiamarsi così”. La seconda parola che emerge da Lampedusa è “giustizia”. “Richiama – dice mons. Damiano – un’accoglienza che sia carica di umanità”. “Ho visto gli occhi dei bambini che arrivano qui e a cui si dà una bottiglietta di acqua in attesa che si facciano i primi accertamenti. Sono occhi impauriti. Fare in questi momenti gesti anche piccoli di umanità, come una carezza o il tepore di un tè caldo, possono fare la differenza”.

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Catechesi

Pietro e Paolo: l’uno apre, l’altro fa entrare

Siate forti nella fede, incita l’uno. Guai a me se non predicassi il Vangelo, afferma l’altro. Il Roccia, Kefa, come lo chiamò Gesù. Saul divenuto Paolo, l’Apostolo delle genti

29 Giu 2022

di Cristiana Dobner

Chi conosce quel luogo, così carico della forza dell’annuncio evangelico della chiesa dei primi secoli che è Aquileia con tutto suo patrimonio archeologico, non può non aver sostato dinanzi ad un bassorilievo calcareo, scoperto nel 1901 nell’area della basilica paleocristiana dedicata ai martiri Felice e Fortunato, sita nella parte sud-orientale della cittadina.

La lastra viene fatta risalire a poco tempo dopo l’Editto di Milano del 313 e presenta due volti maschili che la tradizione ha indicato come Pietro e Paolo.

Lo scultore, ignoto ma celeberrimo ai nostri occhi, ha lasciato l’opera inconclusa: qualche barbaro glielo ha impedito? Non è riuscito a portare a termine il suo lavoro perché colto dall’eccessivo peso, non solo artistico ma di profonda fede, che stava uscendo dalle sue abili mani ma che scaturiva dal suo cuore?

Due volti con caratteristiche fisionomiche diverse, tagliate con durezza che non sollecitano lo spirito ad una sorta di vagheggiamento interiore ma spingono ad una reazione che fa nascere l’interrogativo dilaniante e salvifico di ogni credente: questi due profili che si scrutano da che cosa sono accumunati? Sono parenti o amici? I due, così diversi e dallo sguardo penetrante, si abbracciano perché hanno incontrato il “Chi” della loro vita

Siate forti nella fede, incita l’uno.
Guai a me se non predicassi il Vangelo, afferma l’altro.

Il Roccia, Kefa, come lo chiamò Gesù.

Saul divenuto Paolo, l’Apostolo delle genti.

L’uno conobbe il Signore Gesù, con Lui visse e condivise il suo quotidiano, i vangeli lo presentano come pescatore, discepolo e poi apostolo, umile, docile e modesto, impulsivo, debole e incostante, ricco di entusiasmo e fervore, bruciante d’amore. Il Messia di lui fece il capo. Proprio il Roccia esclamò ‘Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente’.

L’altro Gesù non lo conobbe, fu scriba e rabbi servendo il maestro Gamaliele, fariseo e zelante, radicale oppositore e persecutore dei cristiani. Il “Chi” irruppe nella sua vita sulla strada di Damasco, la Sua luce lo trapassò e si votò all’annuncio del Vangelo: la grazia si è compiaciuta di rivelare in me suo Figlio. Si trasformò nell’Apostolo delle genti.
Francesco insegna: La fede in Gesù Cristo li ha resi fratelli e il martirio li ha fatti diventare una sola cosa.
Entrambi, con le loro vicende personali ed ecclesiali, dimostrano e dicono a noi, oggi, che il Signore è sempre al nostro fianco, cammina con noi, non ci abbandona mai. Specialmente nel momento della prova, Dio ci tende la mano, viene in nostro aiuto e ci libera dalle minacce dei nemici.

Alle radici profonde delle fede, ai tempi primordiali della chiesa nascente, ecco celebrata la diversità che può scorrere nel nostro seguire Cristo e nell’aderire alla Chiesa. Benedetto XVI lo ha espresso: I due Santi patroni di Roma, pur avendo ricevuto da Dio carismi diversi e missioni diverse da compiere, sono entrambi fondamenta della Chiesa una, santa, cattolica e apostolica.
Uniti dallo slancio che li pervadeva: tutto per Cristo, fino al sangue versato.
Nulla sappiamo della fine della loro vita ma la tradizione li avverte testimoni della fede insieme a Roma, nello stesso giorno, due profili diversissimi ma intimamente uniti, e il graffito sull’intonaco del “muro rosso” è indiscutibile ed attesta: “Pietro è qui”.

Il prefazio gallico risalente al VII secolo, con poche e sobrie parole, coglie non solo l’identità ma anche la missione dei due testimoni: Pietro ha rinnegato per credere meglio, Paolo è stato accecato per vedere meglio… l’uno apre, l’altro fa entrare: entrambi ricevono il Regno eterno.

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