Udienza generale

Papa Francesco: “La morte fa un po’ paura, ma attraversata la porta c’è la festa”

Nella catechesi conclusiva del ciclo dedicato alla vecchiaia, il Papa ha chiesto ai suoi coetanei di essere luce per tutti

foto Vatican media/Sir
26 Ago 2022

di Giovanna Pasqualin Traversa

“La morte fa un po’ paura ma c’è sempre la mano del Signore, e dopo la paura c’è la festa”. Lo ha detto papa Francesco, nell’udienza generale di mercoledì 24, in aula Paolo VI nella quale ha fatto ingresso in carrozzina accolto da scroscianti applausi e dal suo nome scandito in coro dai presenti. Tra loro anche un gruppo di minori ucraini in rappresentanza dei circa 200 ragazzi accolti dalla Caritas italiana per progetto di accoglienza temporanea estiva, accompagnato dal direttore Caritas, don Marco Pagniello. Tema della catechesi odierna, che ha concluso il ciclo dedicato alla vecchiaia, “Le doglie della creazione. La storia della creatura come mistero di gestazione (Rm 8,22-24)”.

Gesù verrà a prendere ciascuno di noi. A pochi giorni dalla solennità dell’Assunzione, “questo mistero illumina il compimento della grazia che ha plasmato il destino di Maria, e illumina anche la nostra destinazione”, ha spiegato il papa collegando l’Assunzione di Maria con “la risurrezione del Figlio, che apre la via della generazione alla vita per tutti noi”. Gesù risorto con il suo corpo “vive nell’intimità trinitaria di Dio! E in essa non perde la memoria, non abbandona la propria storia, non scioglie le relazioni in cui è vissuto sulla terra. Ai suoi amici ha promesso: ‘Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi’”. “Non solo alla fine per tutti – ha aggiunto il papa a braccio – ; verrà per ciascuno di noi, verrà a cercarci per portarci da Lui. In questo senso la morte è un po’ il passo per l’incontro con Gesù che mi sta aspettando per portarmi da Lui”.

Luce per gli altri. “Gesù, quando parla del Regno di Dio – ha proseguito Francesco -, lo descrive come un pranzo di nozze, come una festa con gli amici”. “Prendere sul serio le parole evangeliche sul Regno abilita la nostra sensibilità a godere dell’amore operoso e creativo di Dio, e ci mette in sintonia con la destinazione inaudita della vita che seminiamo. Nella nostra vecchiaia, care e cari coetanei, e parlo ai vecchi e alle vecchiette – ha precisato con un sorriso il papa fuori testo – l’importanza di tanti ‘dettagli’ di cui è fatta la vita – una carezza, un sorriso, un gesto, un lavoro apprezzato, una sorpresa inaspettata, un’allegria ospitale, un legame fedele – si rende più acuta”. Secondo il pontefice “l’essenziale della vita, che in prossimità del nostro congedo teniamo più caro, ci appare definitivamente chiaro. Ecco: questa sapienza della vecchiaia è il luogo della nostra gestazione, che illumina la vita dei bambini, dei giovani, degli adulti, dell’intera comunità”.“Noi vecchi – l’esortazione a braccio – dovrebbero essere questo per gli altri, luce per gli altri”. L’intera nostra vita – ha proseguito – è “un seme che dovrà essere sotterrato perché nasca il suo fiore e il suo frutto. Nascerà, insieme con tutto il resto del mondo. Non senza doglie, non senza dolore, ma nascerà. E la vita del corpo risorto sarà cento e mille volte più viva di come l’abbiamo assaggiata su questa terra”.

Dopo la paura, la festa. Soffermandosi quindi sulla morte il papa ha ammesso: “Fa un po’ paura ma c’è sempre la mano del Signore, e dopo la paura c’è la festa”. Nel richiamare l’immagine del Signore Risorto, che “mentre aspetta gli Apostoli in riva al lago, arrostisce del pesce (e poi lo offre loro)”, Francesco ha osservato che questo gesto premuroso “ci fa intuire che cosa ci aspetta mentre passiamo all’altra riva. Sì, cari fratelli e sorelle, specialmente voi anziani, il meglio della vita è ancora tutto da vedere”. “Ma siamo vecchi – ha aggiunto di nuovo fuori testo -, cosa dobbiamo vedere in più? Il meglio, perché il meglio della vita è ancora tutto da vedere. Speriamo, speriamo questa pienezza di vita che ci aspetta tutti quando il Signore ci chiamerà”. Di qui un auspicio: “La Madre del Signore e Madre nostra, che ci ha preceduti in Paradiso, ci restituisca la trepidazione dell’attesa”, perché, ha proseguito in un lungo inserto a braccio, “non è un’attesa anestetizzata, annoiata; no, è un’attesa con trepidazione, quando verrà il mio Signore? Quando potrò andare là? Un po’ di paura, perché questo passaggio non so che cosa significa e passare questa porta fa un po’ di paura, ma c’è sempre la mano del Signore che ti porta avanti, e attraversata la porta c’è la festa.  Stiamo attenti, noi cari vecchi e care vecchiette coetanei – ha concluso -, stiamo attenti, Lui ci sta aspettando, soltanto un passaggio e poi la festa”.

L’appello. Al termine dell’udienza generale il papa ha rivolto il pensiero all’Ucraina che “da sei mesi, oggi, patisce l’orrore della guerra e ha lanciato un appello: “Auspico che si intraprendano passi concreti per mettere fine alla guerra e scongiurare il rischio di un disastro nucleare a Zaporizhzhia”.

Il pensiero di Francesco è quindi andato ai tanti bambini feriti morti, rifugiati, e agli orfani, ucraini e russi. “Penso a tanta crudeltà, a tanti innocenti che stanno pagando la pazzia, la pazzia, la pazzia di tutte le parti perché la guerra è una pazzia” e “coloro che guadagnano con la guerra, sia con il commercio delle armi sono dei delinquenti che ammazzano l’umanità”. A Maria, al cui Cuore immacolato ha consacrato Russia e Ucraina, il papa ha chiesto di portare la pace, e ha ricordato anche le lunghe guerre in corso da anni in Siria e nello Yemen.

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