Cei

Appello dei vescovi italiani per le elezioni: “No a opportunismi ma visioni”

foto Sir/Marco Calvarese
22 Set 2022

di Riccardo Benotti

“L’Italia ha bisogno dell’impegno di ciascuno, di responsabilità e di partecipazione. Vicini e solidali con chi soffre ed è in cerca di risposte ai tanti problemi quotidiani, rivolgiamo un appello agli elettori, ai giovani, a chi ha perso fiducia nelle Istituzioni e agli stessi rappresentanti che saranno eletti al Parlamento”. Lo scrivono i vescovi italiani in un appello alle donne e agli uomini del nostro Paese firmato dal Consiglio permanente della Cei, riunito a Matera dal 20 al 22 settembre.

“La guerra, la pandemia, la crisi ambientale e quella delle imprese, l’aumento generalizzato dei costi, il caro bollette” sono tutte questioni che “ci addolorano terribilmente e ci preoccupano” perché “non possiamo mai abituarci a vedere la vita calpestata”. Per questo i vescovi invitano a “osare con speranza”, che “non è semplice ottimismo” ma “realismo cristiano”.

Agli elettori ribadiscono che “il voto è un diritto e un dovere da esercitare con consapevolezza” facendo “discernimento fra le diverse proposte politiche alla luce del bene comune, liberi da qualsiasi tornaconto personale e attenti solo alla costruzione di una società più giusta, che riparte dagli ‘ultimi’ e, per questo, possibile per tutti, e ospitale”. Per l’episcopato italiano, “c’è un bisogno diffuso di comunità, da costruire e ricostruire sui territori in Italia e in Europa, con lo sguardo aperto al mondo, senza lasciare indietro nessuno”.

Ai giovani ricordano che “con il vostro voto lanciate a tutta l’Italia un forte messaggio di partecipazione alla costruzione del bene comune, nel rispetto della persona, di tutte le persone in ogni fase della vita. Questo è il vero criterio per orientarsi nelle scelte”. Inoltre, “il vostro impegno per la cura del Creato è un esempio per tutti. Vedere che i giovani si pongono dalla parte di chi vuole affrontare e risolvere i problemi è un segno che fa ben sperare. E impegna, allo stesso tempo, noi adulti a non tradire i vostri sogni”.

Ai disillusi, invece, i vescovi spiegano che “il contributo di tutti è molto prezioso” e invitano a “mettere da parte le divisioni e guardare al bene del Paese” non facendo “prevalere la delusione”, perché “la partecipazione democratica è amore per il nostro Paese. Invitiamo chi si trova ad affrontare gravi problemi e si sente ai margini della società a non scoraggiarsi e a dare il proprio irrinunciabile contributo”.

Un passaggio centrale dell’appello è rivolto ai futuri eletti, ai quali i vescovi italiani chiedono di “non dimenticare mai l’alta responsabilità di cui sono investiti. Il loro servizio è per tutti, in particolare per chi è più fragile e per chi non ha modo di far sentire la sua voce”. “L’agenda dei problemi del nostro Paese è fitta – elencano i presuli -: le povertà in aumento costante e preoccupante, l’inverno demografico, la protezione degli anziani, i divari tra i territori, la transizione ecologica e la crisi energetica, la difesa dei posti di lavoro, soprattutto per i giovani, l’accoglienza, la tutela, la promozione e l’integrazione dei migranti, il superamento delle lungaggini burocratiche, le riforme dell’espressione democratica dello Stato e della legge elettorale”. “È il tempo di scelte coraggiose e organiche”, concludono i vescovi: “Non opportunismi, ma visioni. Vi invitiamo a vivere la responsabilità politica come ‘la forma più alta di carità’”.

Infine, l’episcopato chiede di ripartire “dai luoghi di vita” dove “abbiamo ritrovato il senso della prossimità durante la pandemia”. Il Cammino sinodale che le Chiese in Italia stanno vivendo può costituire davvero “un’opportunità per far progredire processi di corresponsabilità”. Quindi i vescovi invitano a riscoprire e riproporre “i principi della dottrina sociale della Chiesa: dignità delle persone, bene comune, solidarietà e sussidiarietà”. “Amiamo il nostro Paese. La Chiesa ricorderà sempre questo a tutti e continuerà a indicare, con severità se occorre, il bene comune e non l’interesse personale, la difesa dei diritti inviolabili della persona e della comunità”, conclude l’appello.

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Diocesi

Santi Medici: i festeggiamenti alla Salinella

22 Set 2022

Anche alla Salinella è previsto un nutrito programma per i festeggiamenti dedicati ai Santi Medici. Nella chiesa di via Lago di Scanno intitolata a Cosma e Damiano e retta da don Luciano Chagas Costa (oblato del Divin Amore), sarà celebrato il triduo da don Luca Centurioni.

Riportiamo, di seguito, il programma nel dettaglio:

Venerdì 23, alle ore 19, celebrazione eucaristica con il sacramento dell’Unzione degli infermi. Alle ore 20, in piazza, il gruppo teatrale dei bambini presenterà la recita “Dalle stelle alle stalle”.

Sabato 24, alle ore 16.15, “Festa dell’accoglienza” per bambini e ragazzi in memoria di Francesco D’Errico e laboratori trucco e palloncini con la partecipazione di Tata Susina. Alle ore 19, santa messa; alle ore 20, in piazza, la compagnia teatrale “Lino Conte” presenterà con Aldo Salamino lo spettacolo “Tarantinata”.

Domenica 25, sante messe alle ore 8 – 10  – 11.30 e 19. La sera, alle ore 20, in piazza, “Ciack si canta”, concerto del Falanto Chorus che eseguirà le più famose colonne sonore; nel corso della serata la scuola di ballo “Club Jonico Ballo Amatori” eseguirà danze latino-americane e tanghi argentini.

Lunedì 26, giorno della festa, sante messe alle ore 8 – 10 e 17. Quest’ultima celebrazione eucaristica – sul piazzale della chiesa – sarà presieduta dall’arcivescovo. Seguirà la processione.

Al termine, la compagnia teatrale “Lino Conte” presenterà lo spettacolo “Nato a Taranto” con Antonello Conte, scritto da Daniele Serra.

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Diocesi

Statte, torna la festa patronale

22 Set 2022

Torna a Statte la festa patronale, il comitato, per il suo quinto anno consecutivo, organizza ciò che per gli stattesi è diventato ormai un appuntamento tanto atteso quanto sentito e partecipato: la festa in onore della Madonna del Rosario. A Statte, a causa della pandemia, in questi due anni si è potuto onorare la protettrice del paese solo tramite la celebrazione delle sante messe; quest’anno, invece, riprendono i festeggiamenti sia religiosi che civili e il comitato organizzatore presenta un programma che coinvolge grandi e piccoli, uniti per festeggiare la Madonna del Rosario. Tutto questo è possibile grazie all’impegno e all’abnegazione del comitato che ha lavorato per creare una rete e fare da collante tra tutte le realtà locali, a partire dalle aziende, passando per i commercianti e finendo con le associazioni: tutti uniti per contribuire alla realizzazione della festa patronale.

Il programma parte con il triduo di predicazione nei giorni 4, 5, 6 ottobre con le sante messe alle ore 18.30 presiedute da don Giuseppe D’Alessandro.

Giovedì 6 ottobre dalle ore 17 nella piazza dello Sport presso il ponte Cherubini, il comitato organizzatore, in collaborazione con la Uisp di Taranto e le associazioni sportive “Polisportiva 7213 Statte”, “Eden boys Statte” e “Gym oriens”, organizza un pomeriggio all’insegna dello sport e dei suoi valori per tutti i bambini e i ragazzi, dando la possibilità, gratuitamente, di praticare il calcetto, il mini basket, il mini volley e il taekwondo. Allietano il pomeriggio con le loro esibizioni le scuole di ballo “Team energy dance for passion”, “Scuola di danza e fitness Dancexplosion” e “Dance 4 life”.

Venerdì 7 ottobre le sante messe: alle ore 8.30 la celebrazione è officiata da padre Luca Mignogna, alle ore 10 da don Luciano Matichecchia e alle ore 11.30 celebra don Ciro Savino. Quest’ultima messa è preceduta dalla consueta processione con le autorità civili e militari e la tradizionale consegna dei ceri alla protettrice, partendo dalla casa comunale e arrivando alla chiesa della Madonna del Rosario. Nel pomeriggio di venerdì 7 ottobre alle ore 17.30 santa messa presieduta da don Giovanni Agrusta e alle ore 18.30, dopo due anni e come segno di speranza, torna la solenne processione per le vie del paese, che prevede due soste: la prima presso la erigenda chiesa del Sacro Cuore e la seconda presso la Bio piazza. Qui ci sarà lo spettacolo piromusicale, ovvero fuochi a ritmo di musica (in ottemperanza a quanto richiesto dalla Cei per non sparare forti botti in segno di rispetto per il conflitto russo-ucraino in corso), che rappresenta una novità per Statte e che viene realizzato dalla ditta Itria Fireworks. Nella serata del 7 ottobre, durante il concerto della banda è prevista l’estrazione dei biglietti della lotteria” festa Madonna del Rosario”.

I festeggiamenti proseguono sabato 8 ottobre nella Bio piazza: alle ore 20.30 premiazione delle associazioni sportive locali e delle scuole di ballo da parte del comitato organizzatore in collaborazione con la Uisp di Taranto e a questo si alterna l’esibizione del cantante stattese Trisante. Alle ore 21 concerto dei Sud Sound System, famosissima band salentina che combina la musica reggae con sonorità locali: l’ingresso è gratuito.

Nei giorni 7 e 8 ottobre durante gli spettacoli civili, per rendere ancora più festosa l’atmosfera, sono presenti le bancarelle e dal 6 al 16 ottobre il grandioso luna Park organizzato dalla famiglia Mastrovalerio in via Pergolesi, zona Belvedere. Gli addobbi in chiesa sono realizzati dalla ditta Aventaggiato, mentre le luminarie sono a cura della ditta Artlux. Il comitato festa patronale Madonna del Rosario di Statte, presieduto dal parroco don Ciro Savino, ringrazia il comune di Statte ed i suoi uffici, il comando della polizia locale, la stazione dei Carabinieri, l’associazione Arcobaleno, gli sponsor e tutti coloro che rendono possibile la realizzazione della festa.

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Diocesi

Don Francesco Mànisi: “Il mio rapporto con Dio, coltivato in famiglia”

Sabato 24 settembre, alle ore 17 in Concattedrale, diverranno presbiteri Francesco Mànisi, Adriano Arcadio, Maurizio Donzella e Simone De Benedittis. Abbiamo intervistato don Francesco Mànisi

foto Studio Renato Ingenito
22 Set 2022

di Marina Luzzi

Da piccolo collezionava santini, giocando a dire messa. Una vocazione che ha radici lontane, quella di don Francesco Mànisi. Un rapporto con Dio coltivato in famiglia, grazie alla nonna. «I miei primi ricordi sono legati a lei che mi porta nella chiesa madre di Grottaglie, da don Domenico, che ormai non c’è più.  Io sono un ragazzo in qualche modo nato e cresciuto in parrocchia – ci racconta -, nella comunità del Carmine di Grottaglie. Lì ho trascorso l’infanzia, ho frequentato il catechismo. È stata la culla della mia vocazione. Poi nell’adolescenza ho capito che i giochi di bambino nascondevano una chiamata profonda. Don Pasquale Laporta vide in me qualcosa di particolare e mi propose un cammino vocazionale. Intanto ero parte integrante del gruppo ‘I giullari di Dio’ e vivevo la mia vita in serenità tra campi estivi, catechesi e preparazione di musical, frequentando il liceo classico Moscati di Grottaglie ma è stato un lutto a farmi decidere di fare sul serio, interrogandomi ancora di più su chi fosse Dio, quale fosse il senso della sofferenza, del male: la morte di mia zia, la sorella di papà, che aveva solo 50 anni».

foto G. Leva

Così nell’ultimo periodo delle superiori ha intrapreso il cammino vocazionale in diocesi, poi proseguito al seminario maggiore di Molfetta. «Anni belli, di cammino a piccoli passi. La cosa che ho capito – prosegue don Francesco – e di cui ringrazio il Signore, è che dall’infanzia ad oggi c’è stata sempre la mano di Dio ad accompagnarmi. Come tutti ci sono stati degli alti e dei bassi, momenti sereni ma anche crisi. Mi sono messo in discussione soprattutto per la scelta del celibato, con il desiderio di avere una famiglia, una moglie, e anche in questo i formatori, don Gianni Caliandro, il direttore, e il mio padre spirituale don Gerardo Rauseo, della diocesi di Cerignola, sono stati bravi a starmi accanto». La storia personale qualche anno dopo si è di nuovo intrecciata a quella della famiglia, con un altro lutto che ha colpito inaspettatamente don Francesco. «Era il mio terzo anno di seminario maggiore – ricorda-nel settembre 2018. Ho perso uno zio, venuto a mancare improvvisamente, a pochi giorni dall’ammissione agli ordini. Mi sono sentito ferito e mi sono davvero interrogato sul perché valga la pena vivere. Così sono giunti i vari sì fino al diaconato che ho ricevuto il 24 aprile 2021». La sua strada nel settembre 2020 si è unita ancora una volta a quella della sua comunità d’origine. «Sono tornato nella parrocchia del Carmine di Grottaglie per un anno. Un’esperienza bellissima che mi sono goduto con una veste nuova, come collaboratore del parroco, don Ciro Santopietro. Un sacerdote che mi è stato d’esempio e ha saputo indirizzarmi e guidarmi in un anno che mi ha misurato e confermato nel cammino». Poi un’altra sfida avvincente. «A settembre 2021 sono stato nominato animatore del seminario minore di Poggio Galeso e vice responsabile della Pastorale giovanile diocesana. Una responsabilità impegnativa che ho accolto con gioia.  Vedere i piccoli passi di crescita che i ragazzi fanno è una grande gioia. È bello accompagnare. L’adolescenza è un periodo della vita particolare ma determinante e sento la responsabilità di questo ruolo che mi è stato affidato ma mi godo anche quella freschezza che fa bene alla mia vocazione. Altra cosa bella di questo compito, che mi dà una motivazione in più per fare sul serio, è che vivendo a contatto 24 su 24 con loro, non ci si può permettere di entrare in competizione, non si può dire una cosa e poi farne un’altra. È un’esigenza di coerenza che loro chiedono, che è uno sprone per fare sempre meglio nel ministero». A pochi giorni dall’ordinazione sacerdotale l’affidamento di don Francesco è a san Francesco de Geronimo «che mi ha accompagnato fin dall’infanzia e che sto riscoprendo quasi fosse un fratello maggiore. Mi colpisce la sua modernità. Non ha aspettato che la gente entrasse in chiesa ma è uscito lui per le strade di Napoli, per raccontare Dio agli uomini. Questo fuoco della missione lo ha consumato. La grazia che chiedo al Signore è di poter avere anche io questo fuoco d’amore che possa incendiare i cuori. Vorrei essere un prete umano, che sa comprendere il cuore degli altri, come direbbe don tonino bello, un altro riferimento per me. Amare Dio con cuore di carne, con i miei errori e difetti, ma allo stesso tempo amare l’uomo con il cuore di Dio, cioè con misericordia. Ecco questo mi piacerebbe, non ambisco a chissà quali altezze ma mi basta essere un prete che possa fare della misericordia il tutto».

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Libri

Pastori dentro: Chiesa, società e persona

22 Set 2022

Tutto ciò che è umano riguarda la Chiesa. Questo è il filo conduttore che accompagna le riflessioni del Cardinale Angelo Bagnasco nelle Prolusioni del suo secondo mandato alla Presidenza della CEI. Qui Sua Eminenza mette a fuoco e affronta con puntualità alcuni dei temi più attuali e fondanti della vita umana e spirituale: famiglia, lavoro, educazione, povertà, politica… sempre nell’ottica di quel principio originante che è Cristo.

Come ricorda papa Francesco, che ci presenta il libro scrivendone la Prefazione, in una società in continuo cambiamento la via da seguire è e rimane l’educazione alla fede, indispensabile per riscoprire una precisa idea di persona a partire dal mistero di Cristo. In tale contesto il Pastore è colui che deve innanzitutto servire i fratelli nel Signore, sapendo che la sua stessa vita non gli appartiene perché è donata a Dio, annunciando e incarnando la Parola con animo forte e generoso. Perciò è necessario andare in profondità, essere Pastori dentro la vita delle persone, senza escludere nessuno, ricordando che la vera gioia non viene mai a mancare in quanto scaturisce dal Vangelo.

PASTORI DENTRO, Edizioni San Paolo 2022, pp. 270, euro 18,00

a cura di Samuele Pinna e Massimiliano Sabbadini

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Otium

Al SS. Crocifisso incontro con la poesia con Silvano Trevisani e José Minervini

21 Set 2022

“La parola tra la realtà e lo Spirito” è il tema dell’incontro organizzato dal comitato di Taranto della Società Dante Alighieri, in collaborazione con la Fidapa, che si svolgerà giovedì 22 settembre alle ore 19 nella Chiesa del Santissimo Crocifisso, in via SS.ma Annunziata a Taranto. Nel corso dell’incontro, José Minervini, che presiede entrambe le associazioni, dialogherà con Silvano Trevisani, autore della silloge “Le parole finiranno, non l’amore” (Manni editore).

Introduce l’incontro, il parroco del SS. Crocifisso don Andrea Mortato.

La raccolta poetica propone una doppia lettura della realtà storica, etica, culturale, spirituale del territorio umano e sociale partendo da una riflessione introspettiva, autobiografica. L’analisi intima, memoriale si riflette sul mondo circostante e sui cambiamenti repentini che hanno portato dalla civiltà contadina al mondo post-moderno. Fa da sfondo il confronto con il divino che entra nella storia interrogandoci e dandoci delle risposte concrete. La “Parola” a cui fa riferimento il tema dell’incontro e anche il titolo del volume, in questo senso, fa da pendant tra il suo significato teologico e la sua funzione comunicatrice.

Il libro è diviso in undici capitoli tematici che rappresentano un percorso di vita, dal primo, Passaggi in luce, che riguarda la prima parte della vita (la nostra infanzia) che coincide appunto con la fine della civiltà contadina, con valori positivi e disvalori che ci hanno segnato, per continuare con la scoperta del mito, che è il passaggio dall’antico al nuovo che per Taranto ha segni evidenti nelle tracce archeologica; poi un ragionamento complesso sul significato della poesia, quindi la scoperta del mondo intorno, con un occhio alla cronaca, all’esperienza di giornalista, agli stravolgimenti delle tecnologie che hanno provocato la chiusura di molti giornali, compreso il Corriere del giorno. Tra i capitoli finali è Sacràlia, che affronta i temi religiosi che poi danno il titolo e il senso conclusivo al libro: le poesie hanno il compito di comunicare, sollecitare, interpellare, ecc… ma quello che resta di tutto ciò che si comunica è solo il sentimento che unisce: l’amore.

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Congresso eucaristico nazionale

Don Giardina: “Dal Congresso eucaristico una spinta a ritrovare il vero gusto della liturgia e della vita”

Alla vigilia del Cen di Matera, in programma da giovedì 22 al 25 settembre, abbiamo intervistato don Alberto Giardina: “Ci riuniremo per ritrovare la bellezza dell’Eucaristia che porta all’altare le gioie e le fatiche del quotidiano, che spezza il pane e si fa carico dei poveri

foto Siciliani-Gennari/Sir
21 Set 2022

di Maria Michela Nicolais

“Ritrovare il vero gusto delle cose”, nella liturgia come nella vita. Don Alberto Giardina, direttore dell’Ufficio liturgico nazionale della Cei, sintetizza così la “pro-vocazione” della XXVII edizione del Congresso eucaristico nazionale, in programma a Matera dal 22 al 25 settembre, con la presenza del papa nella giornata conclusiva. “La sua presenza ci sarà di stimolo e di incoraggiamento”, assicura descrivendo il clima di attesa del Santo padre.

Don Alberto Giardina – foto Cei

“Torniamo al gusto del pane”, recita il tema del Congresso eucaristico di Matera: significa che abbiamo perso il “gusto” delle nostre liturgie?
Il titolo scelto dal Comitato è una sollecitazione che contiene certamente anche la dimensione della provocazione. C’è una ritualità che abbiamo perso, dove l’elemento del pane è polivalente: da un lato rimanda all’Eucarestia, dall’altro si riferisce anche al “pane feriale”, alla vita, alla nostra quotidianità. Occorre ritrovare il gusto del pane eucaristico, ma anche quello della quotidianità feriale, che è sempre più frenetica e piena di elementi da rivalutare.

Tornare al gusto del pane, in questa prospettiva, significa ritrovare il vero gusto delle cose.

Come scrive papa Francesco nella “Desiderio desideravi”, dobbiamo recuperare lo stupore: quello eucaristico, legato alle azioni rituali della celebrazione, ma anche, aggiungerei, quello per le meraviglie della vita di ogni giorno. A Matera, quindi, ci riuniremo per ritrovare la bellezza dell’Eucaristia, della Chiesa, della comunità ecclesiale, che porta all’altare le gioie e le fatiche del quotidiano, che ascolta la Parola e spezza il pane e si fa carico dei poveri. Il capitolo due degli Atti è l’icona di una Chiesa che si ritrova nello spezzare il pane e nel condividere le situazioni della vita: ritrovarsi attorno all’altare, allora, diventa fonte e culmine ma anche forma del vissuto comunitario.

Quello che la Chiesa italiana si appresta a vivere sarà il primo Congresso post-pandemia. Il lockdown ha forzatamente cambiato il nostro modo di partecipare alla liturgia. Quali tracce ha lasciato?
Di certo la pandemia ha lasciato una traccia nel vissuto pastorale. Abbiamo affrontato la complessità di una situazione inedita che ci allontanato dal nostro vissuto comunitario e dalle relazioni quotidiane, dai nostri affetti, dal lavoro. Il lockdown, a livello pastorale, è stato un periodo in cui è emersa, in positivo, tutta la creatività delle nostre comunità, che si sono adoperate per aiutare con generosità chi si trovava in difficoltà, gli ammalati, le persone sole. Nello stesso tempo, però, il nostro vissuto rituale ha mostrato un po’ di fragilità, come se tutto si riducesse ad affollare il web e i social delle celebrazioni dei vari parroci. Sotto questo aspetto definirei il tempo della pandemia un’occasione persa, che ha mostrato alcuni punti scoperti del nostro modo di vivere le liturgie:

si è vissuto come se la messa fosse l’unico modo per santificare la domenica, mentre la fase del lockdown sarebbe potuta diventare un’opportunità per aiutare le persone non soltanto a ritrovarsi attorno alla televisione, ma a riscoprire più profondamente il sacerdozio battesimale.

Intensificando, ad esempio, i momenti di preghiera in famiglia, facendo della casa uno spazio di incontro con Dio, delle nostre tavole l’altare della preghiera e delle famiglie l’immagine della Chiesa viva.

I Congressi eucaristici sono sempre andati di pari passo, da una parte,  con la storia del nostro Paese, e dall’altra con le tradizioni popolari: in che modo la pandemia e la guerra incidono su questa edizione?
Il Congresso eucaristico di Matera è stato pensato come una tappa contemplativa del cammino sinodale, quello di una Chiesa che si mette in ascolto dei segni dei tempi, della voce delle diverse realtà della comunità cristiana. Una sosta contemplativa, però, che non è una pausa o un’interruzione, ma al contrario può aiutare a compiere una lettura sapienziale del cammino che le nostre comunità stanno facendo o si preparano a fare.

La presenza del papa tra di noi sarà di incoraggiamento e può essere da stimolo in questa progressività sinodale, nei cantieri che tutta la Chiesa italiana sta aprendo, in sintonia con il cammino della Chiesa universale.

Come avviene in ogni Congresso eucaristico, anche a Matera non si può non fare riferimento al frangente storico che stiamo vivendo: la pandemia, la guerra, le difficoltà delle famiglie fanno parte a pieno titolo anche dell’azione rituale. Il vissuto celebrativo non è mai asettico, ciascuno di noi porta all’altare le gioie e le fatiche di ogni giorno, e al tempo stesso si apre al mondo. Nella sosta contemplativa di Matera renderemo presenti davanti all’Eucaristia i travagli del mondo contemporaneo, la guerra in Ucraina, le difficoltà economiche delle aziende e delle famiglie italiane, quanti sbarcano nelle nostre coste.

C’è, secondo lei, un “deficit” di partecipazione nelle nostre celebrazioni eucaristiche, soprattutto quelle domenicali? In che cosa dobbiamo ancora crescere?
Oggi più che mai corriamo il rischio di volere rendere la liturgia più accattivante e meno noiosa per favorire la partecipazione. La questione in realtà incrocia prima di tutto la necessità di una liturgia capace di interpellare  nostre storie, di esprimersi  in gesti autentici, di stimolare l’annuncio del Vangelo e nutrire la carità. Parlare di partecipazione liturgica significa anche riscoprire le sollecitazioni della riforma liturgica, che raccomanda la “nobile semplicità”: una liturgia, cioè, non ridondante, ma aderente alla storia e al linguaggio liturgico, che sa anche adattarsi alle varie culture.

Più che spettacolarizzare la celebrazione, bisogna recuperare il senso del mistero e della centralità di Cristo.

Favorire la partecipazione liturgica significa inoltre coniugare il linguaggio della liturgia con le attese, le speranza, i dolori e le gioie degli uomini: leggere il libro della vita e il libro della liturgia insieme.

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Udienza generale

Papa Francesco: “Pensare alle armi nucleari è una pazzia!”

foto Sir/Marco Calvarese
21 Set 2022

di Giovanna Pasqualin Traversa

“Il Kazakhstan ha fatto scelte molto positive, come quella di dire ‘no’ alle armi nucleari e quella di buone politiche energetiche e ambientali. In questo è stato coraggioso. In un momento in cui questa tragica guerra ci porta a che alcuni pensino alle armi nucleari, quella pazzia!, questo Paese ha detto ‘no’ alle armi nucleari”. A sottolinearlo è papa Francesco, durante l’udienza generale in piazza San Pietro, dedicata al suo recente viaggio nel Paese asiatico in occasione del settimo Congresso dei leaders delle religioni mondiali e tradizionali. Un’iniziativa, ha spiegato, “portata avanti da vent’anni dalle Autorità del Paese, che si presenta al mondo come luogo di incontro e di dialogo, in questo caso a livello religioso, e quindi come protagonista nella promozione della pace e della fratellanza umana”. Nel ripercorrere le diverse tappe del viaggio il pontefice ha sottolineato l’importanza di “mettere le religioni al centro dell’impegno per la costruzione di un mondo in cui ci si ascolta e ci si rispetta nella diversità”. “E questo – ha precisato a braccio – non è relativismo, no. È rispettarsi”. Di questo – ha proseguito – va dato atto al Governo kazako, che, dopo essersi liberato dal giogo del regime ateistico, ora propone una strada di civiltà che tenga insieme politica e religione, senza confonderle né separarle, condannando nettamente fondamentalismi ed estremismi”.

Dichiarazione finale. Francesco ha quindi ricordato la Dichiarazione finale discussa e approvata dal Congresso,“che si pone in continuità con quella firmata ad Abu Dhabi nel febbraio 2019 sulla fratellanza umana. Mi piace interpretare questo passo avanti – ha rimarcato – come frutto di un cammino che parte da lontano: penso naturalmente allo storico incontro interreligioso per la pace convocato da San Giovanni Paolo II ad Assisi nel 1986; penso allo sguardo lungimirante di San Giovanni XXIII e San Paolo VI; e anche a quello di grandi anime di altre religioni – mi limito a ricordare il Mahatma Gandhi”.

Paese dell’incontro. Così il papa ha definito il Kazakhstan ricordando che in esso convivono circa centocinquanta gruppi etnici e si parlano più di ottanta lingue; un cammino “che merita di essere incoraggiato e sostenuto”. Descrivendo la Chiesa locale Francesco ha parlato di “una comunità di persone contente, gioiose, con entusiasmo”. Un “piccolo gregge, sì, ma aperto, non chiuso, non difensivo, aperto e fiducioso nell’azione dello Spirito santo”. “Abbiamo ricordato – ha proseguito – quella parte grigia dei martiri di quel popolo santo di Dio, uomini e donne che hanno sofferto tanto per la fede” nel lungo periodo della persecuzione, “assassinati, torturati, carcerati per la fede”, ha aggiunto a braccio. “Con questo gregge piccolo ma gioioso abbiamo celebrato l’eucaristia, sempre a Nur Sultan, nel piazzale di Expo 2017, circondato da architetture ultra-moderne. Era la festa della Santa Croce. E questo – ha sottolineato il pontefice – ci fa riflettere: in un mondo nel quale progresso e regresso si intrecciano, la Croce di Cristo rimane l’ancora di salvezza: segno della speranza che non delude perché fondata sull’amore di Dio, misericordioso e fedele. A Lui va il nostro ringraziamento per questo viaggio, e la preghiera affinché esso sia ricco di frutti per il futuro del Kazakhstan e per la vita della Chiesa pellegrina in quella terra”.

Il dolore del popolo ucraino. Al termine dell’udienza generale, prima dei saluti in lingua italiana, Francesco ha rivolto ancora una volta il pensiero alla “martoriata Ucraina”. “Vorrei fare presente una terribile situazione della martoriata Ucraina – ha detto a braccio -. Il card. Krajewski è andato lì per la quarta volta. Ieri mi ha telefonato e sta prendendo tempo, lì, aiutando nella zona di Odessa e nelle vicinanze. Mi ha raccontato il dolore di questo popolo, le malvagità, le mostruosità, i cadaveri torturati che trovano. Uniamoci a questo popolo così nobile e martire”, l’esortazione del papa.

Malati di Alzheimer ed emodializzati. Infine una preghiera per i malati di Alzheimer: “Oggi ricorre la Giornata mondiale dell’Alzheimer, una malattia che colpisce tante persone, le quali a causa di questa patologia sono spesso poste ai margini della società. Preghiamo per i malati di Alzheimer, per le loro famiglie e per coloro che se ne prendono amorevolmente cura affinché siano sempre più sostenuti e aiutati”, ha detto Francesco associando nella preghiera anche “gli uomini e le donne emodializzati, in dialisi e trapianto, convenuti qui in una rappresentanza”.

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Musica

Le cover di Baglioni e Renato Zero nei festeggiamenti per i Santi Medici. Sarà presente l’autoemoteca

21 Set 2022

Il commendator Tonino Gigante, commissario arcivescovile della confraternita dei Santi Medici, ha annunciato che, in chiusura dei festeggiamenti per i santi Cosma e Damiano, lunedì 26 settembre, alle ore 21.30 si terrà un concerto di Giuseppe Panarelli e Rino Argeri sul campo dell’oratorio San Giuseppe in via Garibaldi nella città vecchia.

I due artisti sono noti per il repertorio improntato sulle cover di Claudio Baglioni e Renato Zero.

Sempre nella stessa giornata dedicata ai Santi Medici, davanti la chiesa di San Giuseppe stazionerà l’autoemoteca dalle ore 17 alle 20.30 per una raccolta sangue a favore dei ragazzi thalassemici della provincia di Taranto e di tutti coloro ne avessero bisogno.

Per donare il sangue è necessario prenotarsi al numero 0994595752. Come sempre accade in fase di donazione, prima del prelievo sarà effettuato un controllo per accertare l’idoneità del donatore.

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Solidarietà

La Nazionale delle suore sfida a calcetto le detenute del carcere di Rebibbia, agenti e operatori penitenziari e calciatrici della Lazio Women

21 Set 2022

Si svolgerà domani, 21 settembre, in occasione della Giornata internazionale della pace, una giornata di festa e solidarietà insieme alle 324 detenute della sezione femminile della casa circondariale di Rebibbia, dal titolo “A Rebibbia – Scendiamo in campo per la pace”, organizzata da artisti e imprenditori del settore alimentare e della ristorazione, in collaborazione con SS Lazio e la casa circondariale femminile di Roma Rebibbia.

foto: A Rebibbia, scendiamo in campo

La giornata inizierà alle 10 con il torneo quadrangolare di calcetto tra detenute, agenti e operatori penitenziari, Nazionale delle suore di suor Paola D’Auria, e calciatrici della Lazio Women. Tra le partecipanti del torneo ci saranno Antonietta Castiello, Elettra Martinoli, Maria Letizia Musolino, Claudia Palombi, Federica Savini, Maria Fabiana Vecchione, Silvia Vivirito. Alle 12 si svolgerà la premiazione delle prime due squadre vincitrici, mentre alle 12.30, seguirà il buffet gastronomico offerto da Ristorante “Checco dello Scapicollo”, “Frittoking” e Antica Norcineria Lattanzi e, tra i volontari che serviranno, anche due donne ucraine. Al termine del pranzo lo spettacolo realizzato da alcuni artisti come il cantante romano e imitatore dal Puff di Lando Fiorini, Massimo Mattia, il duo comico di Zelig Off “I Sequestrattori”, il Mago Pablo, il produttore discografico e direttore artistico di Joseba Label e Joseba Publishing Gianni Testa e la cantante e attrice Alma Manera accompagnati dal maestro Vincenzo Campagnoli.

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Emergenze sociali

Servizi sociali, Gazzi (Cnoas): “Un euro per famiglie, minori, disabili, anziani? Intollerabile”

Il presidente del Cnoas commenta il Rapporto 2022 sui servizi sociali territoriali del Cnel secondo cui nel 2019 la spesa per i servizi sociali in Italia è stata pari allo 0,42% del Pil

foto d'archivio Sir
21 Set 2022

“Un euro per famiglie, minori, disabili, anziani? Intollerabile”. Il presidente del Cnoas (Consiglio nazionale ordini assistenti sociali), Gianmario Gazzi, commenta il Rapporto 2022 sui servizi sociali territoriali del Cnel secondo il quale nel 2019 la spesa per i servizi sociali in Italia è stata pari allo 0,42% del Pil arrivando a 0,7% con le compartecipazioni degli utenti e del Servizio sanitario nazionale (Ssn). Il dato è soltanto un terzo di quanto impegnano i bilanci di altri Paesi europei (2,1-2,2% di media). Grandi le differenze territoriali che non sembrano però seguire un pattern Nord-Sud.
“Che Paese è quello dove a Bolzano si spendono per il sociale 583 euro a persona e a Vibo Valentia se ne spendono sei? È L’Italia! Chi vive in Trentino Alto Adige o nella cittadina calabrese già lo sa, lo vive sulla propria pelle. Ma i dati messi nero su bianco dal Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro lo rendono noto a tutti. Anche a chi chiede il voto e a chi sta decidendo a chi darlo”, prosegue Gazzi.
Il presidente dell’Ordine degli assistenti sociali sottolinea che , “nonostante il miglioramento degli ultimi anni spendiamo un terzo degli altri Paesi europei; nonostante l’incremento della domanda, siamo ai livelli di 10 anni fa; nonostante i ripetuti allarmi e le tante promesse, le differenze territoriali sono abnormi”. “Famiglie e minori, disabili, anziani – conclude – c’è chi spende un euro! Come assistenti sociali crediamo che non sia tollerabile. Chiunque vada al governo, parta da qui”.

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L'argomento

Le elezioni ci trovano impreparati
di fronte a un Paese più spaccato

Il leader del M5s, Giuseppe Conte nel Foggiano a San Nicandro Garganico, Cerignola, Melfi, 19 settembre 2021. ANSA/Facebook Giuseppe Conte + ATTENZIONE LA FOTO NON PUO' ESSERE PUBBLICATA O RIPRODOTTA SENZA L'AUTORIZZAZIONE DELLA FONTE DI ORIGINE CUI SI RINVIA +
21 Set 2022

di Silvano Trevisani

Siamo ormai prossimi al voto. Cominciamo col dire che la legge elettorale con la quale andiamo a votare, il ‘Rosatellum’, è una cattiva legge, che modifica, ma in peggio, la precedente legge “Italicum”, dichiarata incostituzionale dalla Consulta. Tutte le leggi elettorali succedutesi nel tempo, a partire dal “Mattarellum”, passando per il “Porcellum” perseguivano l’obiettivo di rafforzare le maggioranze che le varavano, ma non ci sono mai riuscite, finendo col favorire proprio gli avversari (il primo fu D’Alema, l’ultimo è stato Renzi) e soprattutto non riuscendo mai a dare stabilità attraverso il perseguito e tanto decantato sistema maggioritario e al bipolarismo, che non sono proprio nelle corde degli italiani. Tant’è vero che nei trent’anni della cosiddetta seconda Repubblica la durata di coalizioni di maggioranza è stata un’assoluta rarità salvo spegnersi, poi, se non per motivi politici per dissesti economici.

Il sistema elettorale ha nella scelta dei candidati l’anello più drammatico, il primo motivo di allontanamento degli elettori dalle urne. I candidati sono calati dall’alto, molto spesso non sono del territorio e vengono scelti solo per fedeltà alle dirigenze nazionali e non certo per risolvere i problemi locali, a volt per aggravarli. È vero che un tempo il contatto parlamentare-elettore alimentava comportamenti clientelari, accanto però a un “controllo democratico” sul comportamento politico dell’eletto, che doveva dar conto del proprio lavoro; ma è ancora più vero che “l’allontanamento” tra parlamentare e territorio non ha prodotto una classe politica più onesta, come dimostrano tutti i dati e gli studi di settore.

Un altro motivo fondamentale dell’astensionismo è nel disinteresse che i partiti dimostrano nei confronti dei problemi di gran parte del popolo italiano. Secondo gli esperti, sono circa 14 milioni gli italiani di cui non si occupa nessun programma elettorale, almeno nei partiti tradizionali. E che potrebbero astenersi I poveri, i disoccupati, i diseredati, i migranti abbandonati alla clandestinità, i lavoratori a bassissimo reddito sono del tutto assenti nei programmi elettorali e risultano quasi un “fastidio” da cui liberarsi.

Mi rendo conto che analizzare per sommi capi la situazione può dar adito a un certo massimalismo, ma a leggere bene tra i programmi e i comportamenti dei partiti, sembra che vi siano due grossi blocchi che tagliano il Paese in due e che fanno riferimento, da una parte, a chi paga le tasse, essendovi costretto perché lavoratore dipendente; dall’altra a chi evade e vuole essere protetto in questo sul atteggiamento.

Chi paga le tasse è attento allo stato sociale, alla sanità che mantiene con i propri soldi, chiede salari più umani, dato che quelli italiani sono i più bassi d’Europa. Chi non paga le tasse, e si tratta di una metà precisa del Paese, quella parassitaria che se la passa meglio, chiede strumenti per persistere nel privilegio, non vuole la riforma fiscale, non vuole l’adeguamento del catasto, non vuole la revisione delle concessioni balneari, vuole l’abolizione del reddito di cittadinanza, e così via.

Se ne desume anche un taglio orizzontale del Paese: il Nord corre e vuole continuare a correre con l’autonomia differenziata, il Sud decresce, economicamente e socialmente perché i giovani sono rapiti verso il Nord e gli stati esteri. I partiti del Nord che vengono a pescare al Sud non guardano ai più poveri ma a coloro che vorrebbero essere nelle condizioni del Nord pur continuando a vivere al Sud.

Il reddito di cittadinanza è messo sotto costante assedio attraverso bugie ripetute. Ammetto di essere stato anch’io tra i detrattori dell’attuale sistema, ma non per il sostegno economico bensì per la pretesa, introdotta proditoriamente da qualcuno, di trasformare il reddito in un politica attiva del lavoro: un’assurdità quando quel lavoro non c’è! Poi potremo spiegare, avendo più spazio, perché fanno ridere coloro che dicono che i ragazzi preferiscono stare sul divano a godersi il reddito invece che andare a fare i camerieri. È una sciocchezza madornale: nessun ragazzo percepisce il reddito se vive nella casa dei genitori! Se invece è capofamiglia ha diritto a un lavoro e non a un ricatto.

Un’attenzione a parte lo merita, a mio parere, Mario Draghi che è stato premiato dagli Stati Uniti a conferma che tutto quel che sta avvenendo in Italia da qualche anno a questa parte (e non anche prima?) viene attentamente pianificato all’estero.

Se Draghi fosse stato quel grande statista che si è detto, non non ci sarebbe l’enorme travaso di voti in corso dalla Lega, che ha sostenuto il suo governo, a Fratelli d’Italia, che invece lo ha (almeno pubblicamente) osteggiato. Basta questo a dimostrare che le cose non stanno così e che gli italiani vogliono e devono essere governati dai politici che si scelgono, anche se questi non piacciono molto agli amici stranieri, perché sono loro la giusta espressione. Da bambino, al mio paese, mi hanno insegnato che: “Ogni parrocchia ha il parroco che si merita!”. Allora cerchiamo di meritare politici migliori cominciando a essere cittadini migliori!

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