Cinema

Gianfranco Rosi racconta papa Francesco: un documentario di impegno civile

18 Ott 2022

Ama il cinema, ma non lo guarda ormai più da anni. La sua figura, al contempo, non smette di attrarre e incantare lo sguardo di grandi registi. Parliamo di Jorge Mario Bergoglio, al soglio di Pietro con il nome Francesco dal marzo del 2013. Conoscitore e appassionato di cinema, dei racconti sociali del neorealismo italiano, nell’intervista a mons. Dario E. Viganò (“Lo sguardo: porta del cuore”, Effatà 2021) papa Bergoglio ha dichiarato che “i film del neorealismo ci hanno formato il cuore e ancora possono farlo. Direi di più: quei film ci hanno insegnato a guardare la realtà con occhi nuovi”. Una vera “catechesi di umanità”. A ben vedere, questa è proprio la linea che ci permette di perimetrare l’ultimo film del regista Gianfranco Rosi, “In viaggio”, ritratto di papa Francesco attraverso le sue missioni apostoliche. Presentato fuori concorso alla 79a Mostra del cinema della Biennale di Venezia e in sala dal 4 ottobre, il film si fa sintesi del peregrinare del papa in quasi dieci anni di pontificato.

Rosi in cammino con Francesco. “Il film è il ritratto di un uomo che ci fa guardare oltre e riflettere su temi universali”. Così il regista Gianfranco Rosi, introducendo il suo documentario “In viaggio”. L’autore negli anni si è imposto come un cantore degli esclusi, incoronato con i suoi film nei principali festival, da Venezia con il Leone d’oro per “Sacro G.R.A” nel 2013 a Berlino con l’Orso d’oro per “Fuocoammare” nel 2016, non dimenticando poi il ritorno al Lido con “Notturno” nel 2020, istantanea sui civili che abitano le terre martoriate tra Iraq, Kurdistan, Siria e Libano.
Rosi si è accostato alla figura e al pontificato di Francesco con il desiderio di raccontare il suo impegno a favore degli esclusi, espressione di una Chiesa da campo. Un samaritano, prima ancora che un pastore. Una figura-faro nell’orizzonte dell’impegno umanitario. Potendo accedere al materiale documentativo messo a disposizione dal Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, il regista ha iniziato a comporre la cifra del suo racconto. “La prima sfida – indica Rosi – è stata trasformare in linguaggio cinematografico filmati realizzati per esigenze televisive. Man mano che il montaggio andava avanti maturava però la necessità di far dialogare il racconto dei viaggi del Papa con materiali di archivi storici e con i frammenti di alcuni dei miei film”.
Rosi ha così (ri)composto, con sguardo analitico ed emozionale, il tragitto di papa Francesco nei suoi 37 viaggi apostolici, in 59 Paesi. Combinando, con un riuscito “mash-up”, materiale d’archivio vaticano con riprese inedite del regista, invitato al seguito di alcune missioni papali, il doc “In viaggio” segue una linea precisa, ovvero i temi del pontificato di Bergoglio: periferie, povertà, solidarietà, dialogo, cura del creato, migrazioni, e una ferma condanna alla guerra.

Un pontefice nelle trincee della vita. Dopo i racconti delle periferie urbane-esistenziali e quelli dei Paesi infiammati dalla guerra, Rosi prova a compiere un ulteriore passo avanti, confermando il binario narrativo nel segno dell’impegno civile: con “In viaggio” si accosta a papa Francesco provando a trovare una chiave di racconto rispettosa e al contempo personale. Così, a pochi anni dal ritratto composto dal regista tedesco Wim Wenders, “Papa Francesco. Un uomo di parola” (2018), Rosi mostra il papa sulla linea di frontiera, proteso nell’atto di incontrare quell’umanità stanca e piegata dalla vita. Si passa dal primo viaggio apostolico a Lampedusa, l’8 luglio 2013, dopo l’ennesima tragedia del mare – dove afferma a gran voce: “In questo mondo della globalizzazione siamo caduti nella globalizzazione dell’indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro” –, alla visita ai territori martoriati dell’Iraq il 7 marzo 2021, dove fa un appello contro le guerre: “riaffermiamo la nostra convinzione che la fraternità è più forte del fratricidio, che la speranza è più forte della morte, che la pace è più forte della guerra”.
“In Viaggio” convince e coinvolge, soprattutto per come Gianfranco Rosi “pedina” – recuperando il modus neorealista, l’approccio zavattiniano – papa Bergoglio, per come lo segue nelle trincee della vita. A ben vedere, forse il film rischia di soffrire un po’ di “mancanza di originalità”, dovendo maneggiare episodi e filmati assai noti, perché Francesco è un pontefice mediatico, abbondantemente raccontato. L’autore però fa di tutto per evitare il già visto, il facile e di certo il santino, componendo un ritratto sentito e vibrante, quasi un manifesto “politico” dei diritti dei dimenticati. Film raccomandabile, poetico, per dibattiti.

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Anche a Taranto celebrata la Giornata nazionale del dono

18 Ott 2022

di Marina Luzzi

«Se vogliamo incidere sulla nostra comunità, serve la spinta del volontariato ed il dono è il suo pilastro».

Con queste parole Francesco Riondino, presidente del Centro Servizi Volontariato di Taranto ha dato idealmente il via alla giornata intitolata “Il dono e la sua capacità di rendere una comunità sostenibile”. Una manifestazione che si è svolta nel Salone degli Specchi di Palazzo di Città, promossa dal Csv ionico per celebrare la Giornata nazionale del dono, giunta all’ottava edizione. Tra gli ospiti arrivati a Taranto per l’occasione, Stefano Tabò, presidente dell’Istituto italiano della donazione. «Il dono, nelle sue diverse forme e nei suoi diversi tempi, – ha detto Tabò, intervenendo in una sala gremita di rappresentanti del mondo del terzo settore, associazioni, organizzazioni e studenti – è una esperienza fondante della relazione umana, sia a livello interpersonale che di collettività: il #DonoDay, la Giornata del Dono istituita per Legge, richiama la necessità per tutti noi di cogliere l’importanza del dono, in tutte le sue forme e di aumentare il numero di coloro che donano denaro, tempo, idee ed energie. Certo, non si risolve tutto con il dono, ma senza il dono, probabilmente, non si riesce a risolvere niente»- ha concluso. È poi intervenuto sul binomio “dono-sostenibilità” Luca Raffaele, direttore generale di NeXt – Nuova Economia per Tutti e co-coordinatore del Gruppo di lavoro sul Goal 12 per ASviS. «Essere sostenibili significa donare, in termini di tempo e di relazione, ma anche di capacità e di esperienza: uno dei processi più importanti per “fare comunità” è la cosiddetta “consulenza amica” in cui avviene il dono di una parte di know -how ed esperienza tra le organizzazioni e le realtà che compongono una comunità, purché siano differenti e non simili, non tanto per sviluppare attività, quanto per produrre un cambiamento sul territorio, che andrà poi misurato per capire i benefici ambientali, sociali ed economici apportati». I lavori, moderati dalla giornalista Gabriella Ressa, sono stati aperti da Luana Riso, assessora comunale ai Servizi Sociali. Don Antonio Panico, docente associato di Sociologia generale alla LUMSA, ha esordito ricordando che Gesù stesso ha detto che non c’è gioia più grande che dare.

«È il senso che deve guidare la nostra vita, perché il futuro dipende dalla nostra capacità di dare, certo anche di ricevere ma dopo aver ricevuto, dobbiamo avere la capacità di ricambiare. È il dono a essere centrale nella costruzione di una comunità. Proprio Cristo, donando la sua vita per la salvezza del mondo, ci ha insegnato tanto sul dono»- ha concluso.

L’incontro è rientrato nel calendario nazionale del #DonoDay2022 e ha rappresentato anche uno dei numerosi appuntamenti del Festival dello Sviluppo Sostenibile promosso dall’Asvis e diffuso in tutta Italia. Dopo gli interventi Laura Capra, per ComunicareilSociale.it, ha illustrato il progetto che ha condotto ai podcast “Prima di domani. Storie di volontariato”, pensato dal CSV Taranto per raccontare storie i cui protagonisti sono le volontarie e i volontari del territorio che quotidianamente si impegnano per il bene della comunità. È stata inoltre allestita una postazione apposita per ascoltare i podcast ma anche per la registrazione di “20 anni Con il Volontariato. L’incontro si è concluso con l’esibizione dei giovanissimi musicisti dell’Ensemble di chitarre “Andrés Segovia” diretti dal M° Maria Ivana Oliva di “Guitar Artium ETS”.

 

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Formazione

A Roma, un corso Fisc-WeCa di aggiornamento per giornalisti ‘digitali’

18 Ott 2022

Come essere presenti in maniera qualificata e professionale in una realtà come quella del web? Una domanda che rappresenta prima di tutto una sfida per le quasi 200 testate diocesane aderenti alla Federazione italiana dei settimanali cattolici ed alla quale cerca di rispondere il corso residenziale organizzato a Roma dal 25 al 28 ottobre dalla Fisc in collaborazione con WeCa (Associazione WebCattolici italiani).

L’iniziativa di aggiornamento e formazione per dipendenti e collaboratori dei giornali associati coinvolgerà una cinquantina di web content manager, web editor e social media manager provenienti da tutta Italia e si svolge in collaborazione con l’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali.

Il programma del corso – che si svolgerà a Casa La Salle in via Aurelia a Roma – prevede martedì 25 in apertura dei lavori l’intervento del direttore dell’Ufficio nazionale per le Comunicazioni sociali, Vincenzo Corrado, mentre la prolusione sarà affidata a mons. Dario Viganò, vicecancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze e delle Scienze sociali, che affronterà il tema “Scelto per annunciare il Vangelo” (Rm 1,1).

Mercoledì 26 ottobre “Il Mondo religioso nei media” sarà al centro dell’intervento di Rita Marchetti, ricercatrice di sociologia dei media digitali all’Università degli Studi di Perugia, mentre de “Gli algoritmi e l’informazione” parlerà Andrea Tomasi, docente del Dipartimento di Ingegneria dell’informazione dell’Università di Pisa. La mattinata sarà moderata dal presidente della Fisc, Mauro Ungaro.

Giovedì 27, il presidente WeCa, Fabio Bolzetta, modererà la sessione con gli interventi di Francesco Grana, vaticanista de ilfattoquotidiano.it (che parlerà su “L’informazione religiosa (anche) online”), di Stefano Pasta, ricercatore del Centro di ricerca sull’educazione ai media, all’innovazione e alla tecnologia dell’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano (“Hate speech e il confronto nella Rete”) e di Andrea Canton, social media WeCa (“L’informazione cartacea alla prova del web”).

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Società

Reddito di cittadinanza – Acli: “Non va eliminato ma migliorato e rafforzato”

foto Sir/Marco Calvarese
18 Ott 2022

Nella Giornata internazionale per l’eradicazione della povertà, le Acli rafforzano il loro impegno nel combattere ogni forma di povertà ed emarginazione sociale. Sono circa 5,6 milioni – viene ricordato in una nota – i poveri in Italia, il 7,7% delle famiglie residenti in Italia, nel 2021. Una piaga che non risparmia nessuno e colpisce ben 1,4 milioni di bambini e il 32,4% degli stranieri residenti. “La crisi energetica, dovuta alla guerra in Ucraina, rischia di complicare ancora di più questo quadro e può generare un effetto a catena di vaste proporzioni, le cui conseguenze si faranno sentire anche su altre forme di disagio, come la povertà alimentare, quella educativa e perfino quelle sanitaria e farmaceutica”, afferma Antonio Russo, vicepresidente nazionale Acli. Le Acli, promotrici dell’Alleanza contro la povertà in Italia, sostengono che il Reddito di cittadinanza non possa essere assolutamente eliminato. Negli ultimi anni questo sostegno economico ha tutelato centinaia di migliaia di famiglie, evitando a un milione di persone di cadere in povertà estrema. “Il RdC andrebbe migliorato e rafforzato, così come indicato dalle associazioni aderenti all’Alleanza contro la povertà: migliorando la scala di equivalenza, che attualmente penalizza le famiglie con più figli; riducendo il tempo di residenza degli immigrati che chiedono di accedere al RdC, da 10 a due anni; rendendo più flessibile il vincolo sui patrimoni mobiliari”, continua Russo. Inoltre, “occorre rimuovere gli attuali automatismi della presa in carico tra Centri per l’impiego e Comuni, rafforzandone la collaborazione; rendere volontaria l’adesione ai Progetti utili alla collettività; prevedere anche la formazione dei beneficiari per aumentarne l’occupabilità; infine, migliorare le compatibilità tra Reddito di cittadinanza e reddito da lavoro”.

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Ecclesia

Dal plastico alla realizzazione: scandite le fasi della costruzione della Sacro Cuore di Statte

Dopo la benedizione dell’aula liturgica di domenica sera 16 ottobre, un incontro con chi ha permesso che la nuova chiesa potesse essere edificata: da mons. Emanuele Tagliente, all’ingegner Gianfranco Tonti, da don Giovanni Agrusta alle architette Elena Di Taranto e Chiara Signorino

18 Ott 2022

di Mario Di Serio

Dopo la benedizione del nuovo salone parrocchiale e dell’altare alla presenza dell’arcivescovo monsignor Filippo Santoro durante la messa serale di domenica 16 ottobre, lunedì sera si è tenuto un incontro aperto a tutti a cui hanno partecipato i tecnici artefici dei lavori di ricostruzione del nuovo plesso, con la partecipazione di monsignor Emanuele Tagliente ed il parroco della “Sacro Cuore” don Giovanni Agrusta. Ciò è servito per comprendere e scandire con tante emozioni, i momenti difficili ed intensi che hanno contrassegnato tutto il tempo trascorso, intervallato tra l’ideazione e la realizzazione, passando dalla costruzione – tra sacrifici, impegni ed impedimenti – sino alla fruizione della nuova parrocchia “Sacro Cuore di Gesù”,  primizia per l’intera comunità stattese che la attendeva da 25 anni.

Fondamentale fu il primo incontro con il consiglio pastorale in quel primo giugno del 2016, dove fu necessario scegliere tra la demolizione della vecchia sala liturgica e la sua ristrutturazione.

“Io proposi di demolire l’edificio – le parole di monsignor Emanuele Tagliente nella memoria di quei giorni intensi ed i vari incontri interlocutori -; in principio don Giovanni si mostrò contrario per l’impatto sulla comunità stattese ed il valore storico e simbolico di quella sala. Poi incontrai l’arcivescovo Filippo Santoro che suggerì di chiedere alla comunità parrocchiale cosa fare… Un successivo incontro con l’illustrazione del progetto determinò la decisione di abbattere la chiesa”.

Gli ha fatto eco l’ingegner Gianfranco Tonti che ha chiarito la necessità di optare per la demolizione “perché ha comportato la realizzazione non solo della nuova sala liturgica ma – ancora prima – del salone degli eventi, che in maniera provvidenziale ha ospitato le funzioni liturgiche delle messe celebrate  sino a quando sarebbe stata ultimata la nuova sala”.

“Fondamentale – ha proseguito l’ingegner Tonti – è stata poi la scelta dei materiali in virtù non solo dal punto di vista estetico ma anche della manutenzione: il campanile e la facciata sono state realizzati con materiali che mettono in sicurezza tutti nel corso degli anni; in particolare il campanile, alto quasi 19 metri, prevede delle piastrine metalliche che sono direttamente fissate per evitare che il tempo e l’usura, avrebbero causato negli anni, il distaccamento e l’inevitabile caduta, mettendo a repentaglio la sicurezza dei passanti”.

Le tecniche costruttive utilizzate hanno permesso il contenimento dei costi energetici: le pareti sono state realizzate con isolamento termico e tutta la struttura è stata costruita con materiali avanzati e specifici per una sana edilizia sostenibile.

Le architette Elena Di Taranto e Chiara Signorino si sono messe a disposizione ed all’ascolto dell’intero progetto sino alla conclusione, mostrando grande collaborazione con l’azienda e l’ingegnere Tonti che le ha vivamente ringraziate.

Dal punto di vista economico non è stato attivato alcun fido bancario, solo fondi e denaro messo a disposizione per tempo, compreso il residuo che sarà onorato nell’imminente futuro.

Le opere sacre e quelle d’arte scelte come la Madonna del cammino con Gesù in braccio, la statua del Cristo con lo sguardo rivolto ai fedeli, i quadri in manifattura di legno pregiato rivestiti di piccole pietre a mosaico che raffigurano i momenti della via crucis e la grande croce al centro sull’altare, sono state scelte con discernimento e gusto, per apportare e migliorare l’accoglienza nella sala.

E nonostante il lockdown della pandemia che causava il blocco produttivo, la crisi economica post covid, e le ridotte capacità produttive, con l’aiuto del Signore tutto è stato compiuto: Egli ha provveduto ad abbattere ogni impedimento ed a consegnare al suo popolo ed alla comunità stattese un nuovo luogo di preghiera, accogliente, funzionale, confortevole, moderno e sicuro.

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Salute

Autismo e disabilità: i servizi stanno sparendo
Ne parliamo con il dottor Salvatore Pignatelli

18 Ott 2022

di Silvano Trevisani

Una madre di Taranto segnalava, nei giorni scorsi, sulla stampa locale, di essere stata indirizzata dalla Asl all’ospedale di Massafra, che per lei è impossibile raggiungere, per l’assistenza del bambino affetto da autismo. Un’altra madre ci ha segnalato che per il proprio bambino disabile occorre un presidio sanitario, ma che per ora non può avviare la pratica per richiederlo perché le liste specialistiche sono chiuse e se ni parlerà tra mesi. Episodi come questi dimostrano che la sanità pubblica sta disastrosamente arretrando, ma si ripetono purtroppo con cadenza quotidiana e sono inaccettabili. Ancora di più lo sono quando colpiscono i bambini in condizioni di gravi difficoltà, perché affetti da disabilità o, sempre più frequentemente, da autismo. Fenomeni di cui si parla poco tanto che a volte sembrano scomparsi dalla scena sociale pubblica. Ma che invece sono drammaticamente presenti, come sanno le tante famiglie che li devono affrontare e sono spesso lasciare da sole ol loro fardello di dolore e sofferenza.

Una cappa di silenzio sembra calata soprattutto per coprire la carenza di attenzione da parte della sanità pubblica e in particolare dalla Asl, che ha di fatto smantellato i servizi che nella nostra città avevano trovato punte di eccellenza e livelli di attenzione all’avanguardia nel Paese.

Ne parliamo con il dottor Salvatore Pignatelli, che per anni ha diretto il Dipartimento di riabilitazione dell’età evolutiva dell’Asl di Taranto e ha da sempre lavorato nel settore della riabilitazione che ha permesso a Taranto di essere tra le primissime città italiane, se non la prima, ad avviare il servizio dell’integrazione scolastica degli alunni portatori di handicap.

Dottor Pignatelli che fine ha fatto la riabilitazione dell’età evolutiva?

Nel 2014 sono andato in pensione, ma già l’anno prima l’Asl aveva assegnato la direzione a un neuropsichiatra infantile piovuto da Bari. Ma la neuropsichiatria non è congruente con la riabilitazione, e non entrava in continuità con l’esperienza di servizio sul territorio, ormai quarantennale, che si è occupato all’inizio prevalentemente dei bambini grazie anche alle Utr che erano ambulatori di riabilitazione sparsi su tutto il territorio. Così tra il pensionamento di sanitari esperti e l’inadeguatezza dei nuovi operatori che non avevano nessuna esperienza nel campo specifico (ma assumono decisioni da una posizione diversa), si è arrivati via via all’esaurimento di tutte le nostre risorse, di conseguenza: l’Area non c’è più. Io, infatti, sono andato al centro della Cooperativa Logos, chiamato dalla mamma di un bambino e ho trovato altre madri i cui bambini avevo seguito, dalle quali ho raccolto l’unanime sconforto. Fortunatamente sono riusciti a creare un centro socio-educativo funzionale, che però non è un’area riabilitativa. Diciamo che si sono spinti un po’ più in là proprio per non mettere fuori bambini e famiglie, ma occorrerebbero strategie sanitie più complete per fornire risposte risolutive.

Ma la nuova struttura di neuropsichiatria infantile che funzione svolge?

Una funzione esclusivamente diagnostica. Noi eravamo un servizio territoriale che aveva conoscenza di tutta la realtà: la scuola, le famiglie, i servizi sociali. Loro non partono da questa conoscenza. Si pensi alle diagnosi funzionali. Noi le facevamo anche tramite le Utr, andando a misurare i problemi dei bambini in ambito scolastico. Abbiamo fatto tante lotte e tanta formazione con la scuola e col Comune. Insomma: un’operatività tutta sul campo. È vero che c’è un impoverimento delle risorse e degli operatori, ma sta di fatto che non si è più pensatoi a potenziare un servizio che, al tempo della dirigenza Petroli, veniva definito “di eccellenza”.

Insomma: quella che era una ricchezza di esperienze e conoscenze ora è stata dispersa.

Cosa dire? Purtroppo Taranto sembra affetta da dimenticanza cronica. Si dimentica, ad esempio, che nel 1977/1978 siamo stati i primi in Italia a inserire i bambini disabili nelle scuole, siamo stati all’avanguardia anche per l’inserimento nel mondo del lavoro. Quando andavo nei vari convegni al Nord mi venivano sempre chieste spiegazioni sulla nostra esperienza pionieristica, mentre questa ricchezza si va perdento. Si è voluto copiare il modello barese e questi sono gli effetti.

I bambini a chi sono affidati?

È rimasta una piccola struttura da me creata tanti anni fa, ora gestita dalla dottoressa Colucci, con un gruppo di educatori che cerca di fare il possibile, ma è una goccia nell’oceano, perché al di là dei bambini piccoli poi ci stanno gli scolarizzati, gli adulti…

Stiamo parlando di bambini che rientrano nello spettro autistico. Mi diceva la signora Salvato, della Logos, che l’aumento di bambini con spettro autistico è spaventoso.

In uno studio che pubblicai sul “Corriere del giorno”, che prendeva in considerazione il periodo di tempo tra il 1997 e il 2007, si dimostrava che in dieci anni erano notevolmente aumentati i bambini con spettro autistico, ma negli ultimi anni la situazione è notevolmente peggiorata.

Ma si ha un’idea del numero e dei problemi dei bambini con disabilità?

Prima avevamo un rapporto diretto con la patologia neonatale, quando c’era il dottor Vitacco, facevamo un monitoraggio, oggi non sappiamo più quanti sono i bambini a rischio, nonostante la limitatezza delle risorse. Ora, se mi chiedi se a Taranto nascono bambini con le paralisi celebrali, non sono in grado di trovare una risposta. Non si parla più di queste cose, non c’è più un corso di formazione per queste patologie e la riabilitazione si è spostata solo sull’adulto. Mail bambino ha un cervello plastico che, a differenza dell’adulto, si costruisce il futuro portandolo all’adattamento funzionale. A una possibile autonomia.

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Sport

Prisma, ben tornata! Vittoria secca (e meritata) contro Monza

foto G. Leva
17 Ott 2022

di Paolo Arrivo

Un successo costruito con tanta grinta e qualità. Con ritrovata personalità. Così la Gioiella Prisma Taranto ha conquistato la prima vittoria stagionale nella terza giornata della Superlega Credem Banca, ai danni della Vero Volley Monza per 3-0 (25-23, 25-16, 25-19), regalando la prima gioia al pubblico del PalaMazzola. Dopo aver vinto il primo set, gli uomini allenati da Vincenzo Di Pinto hanno acquisito sicurezza, fiducia nei propri mezzi, sino all’apoteosi finale. Tre punti d’oro, sono stati intascati. E la sensazione che il meglio debba ancora arrivare. Confermando quanto di buono aveva lasciato intravvedere nella prima partita in casa, davanti ai propri sostenitori, la Prisma si è migliorata.

 

Il match contro Monza

Primo set equilibrato sino al 23-23. Bravi gli ionici a non mollare mai, stroncando sul nascere i tentativi di fuga degli ospiti, mai andati oltre il +3. Decisivo un loro errore nel finale. Nel secondo parziale Taranto ingrana la quarta. Cresce in ricezione, a muro, ma anche in battuta. Ovvero in tutti i fondamentali. E si porta sul +9. Centra l’obiettivo minimo, il primo punto in campionato. Equilibrio anche nel terzo set: la zampata vincente arriva nella fase cruciale (19-15). La situazione è sotto controllo e Monza si deve inchinare al Taranto.

 

Il commento

Tra i giocatori che hanno dato il meglio, Tommaso Stefani. Che ha dichiarato: “Una vittoria frutto di un lavoro importante in settimana, un successo che fa bene al morale e alla classifica. Sono molto soddisfatto della mia prestazione ma soprattutto di quella della squadra”. Se le prime due giornate non sono state affatto facili, e la seconda in particolare avrebbe potuto lasciare strascichi, “siamo stati bravissimi a restare uniti dopo l’ultima sconfitta a Cisterna ed a continuare a lavorare come gruppo durante la settimana”. L’opposto toscano ha messo a segno 16 punti. Stesso scorer per il compagno di squadra Loeppky (MVP del match), e per Grozer, il giocatore più temuto della squadra avversaria.

Fotogallery by Giuseppe Leva

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L’accorato appello dei vescovi Ue per la cessazione immediata delle ostilità e l’apertura a “serie proposte di pace”

foto Sir/Marco Calvarese
17 Ott 2022

di Maria Chiara Biagioni

“In piena comunione con i numerosi appelli lanciati da papa Francesco e dalla Santa sede, anche noi rivolgiamo un forte appello ai responsabili dell’aggressione, affinché sospendano immediatamente le ostilità, e a tutte le parti affinché si aprano a ‘serie proposte’ per una pace giusta, in vista di una soluzione sostenibile del conflitto nel pieno rispetto del diritto internazionale e dell’integrità territoriale dell’Ucraina”. È “l’accorato appello alla pace in Ucraina e nell’Europa intera”, che i vescovi delegati delle Conferenze episcopali dell’Unione europea, riuniti dal 12 al 14 ottobre a Bruxelles per l’assemblea plenaria d’autunno, rivolgono in una Dichiarazione finale. “Ci sentiamo colmi di profonda tristezza per le orribili sofferenze umane inflitte ai nostri fratelli e sorelle in Ucraina dalla brutale aggressione militare dell’autorità politica russa. Ricordiamo le vittime nelle nostre preghiere ed esprimiamo la nostra più sincera vicinanza alle loro famiglie”, scrivono i vescovi. “Ci sentiamo ugualmente vicini ai milioni di rifugiati, per lo più donne e bambini, che sono stati costretti a lasciare le loro case, così come a tutti coloro che soffrono in Ucraina e nei Paesi vicini a causa della ‘follia della guerra’”. I vescovi seguono la situazione in corso e si dicono “profondamente preoccupati per le recenti azioni che accrescono il rischio di un’ulteriore espansione del conflitto in corso, con tutte le sue incontrollabili e disastrose conseguenze per l’umanità”. “La guerra in Ucraina – osservano i vescovi – ci riguarda direttamente anche come cittadini dell’Unione europea. Il nostro pensiero va a tutti coloro che si trovano in difficoltà socioeconomiche sempre più drammatiche, a causa dell’emergenza energetica, dell’aumento dell’inflazione e dell’impennata del costo della vita”. Dopo un’approfondita discussione sulla guerra in Ucraina e le sue implicazioni socio-economiche sempre più drammatiche che colpiscono i cittadini europei e non solo, i vescovi lanciano un appello anche all’Ue: “Soprattutto in momenti di crisi come questo, ci rendiamo conto ancora una volta che l’Unione europea è una realtà preziosa, secondo la sua ispirazione originaria. Siamo grati per gli instancabili sforzi dei decisori politici europei nel mostrare solidarietà all’Ucraina e nel mitigare le conseguenze della guerra per i cittadini europei, e incoraggiamo fortemente i leader a mantenere la loro unità e determinazione per il progetto europeo”.

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Società

La distanza dalla parità di genere

foto d'archivio Sir
17 Ott 2022

di Andrea Casavecchia

Conciliare la vita e il lavoro è un vero punto nevralgico per la quotidianità. La gestione dei tempi è un grande tema che discrimina la possibilità di godere di pari opportunità per le donne. Lo squilibrio che si crea finisce per ripercuotersi anche sulle decisioni di diventare genitori (e in particolare mamme). L’ultimo rapporto Istat sullo stato in Italia dei Substainable Development Goals (SDG) – gli obiettivi per uno sviluppo sostenibile – evidenzia in modo molto chiaro il problema.

I ricercatori osservano che nell’anno 2021 il tasso di occupazione tra le donne di età compresa tra i 25-49 anni con figli di età minore dei 6 anni è pari al 53,9%, questo tasso cresce e arriva al 73,9% tra le loro coetanee senza figli. Oltre all’evidente differenza va segnalato che il confronto dal rapporto delle due percentuali mostra un aumento della distanza a favore delle donne senza figli, le quali godono di maggiori opportunità occupazionali. Emerge quindi un forte squilibrio che le donne – a differenza degli uomini – pagano quando diventano mamme nel mondo del lavoro. Nel rapporto si estrapola un’altra indicazione: il livello di istruzione agisce come elemento che mitiga la disparità. Quando si confrontano gli stessi tassi tra le donne con titolo terziario (almeno con la laurea), le mamme raggiungono quasi lo stesso livello di occupazione delle altre, mentre quelle che hanno conseguito titoli di studi meno elevati ottengono sempre dati di occupazione inferiori non solo delle loro coetanee, ma anche della stessa media, di poco le diplomate e molto tra quante si sono fermate prima nel loro percorso di scolastico, dove il rapporto è di 1 occupata tra le mamme ogni 2 occupate tra le altre. Questo risultato ci mostra che l’istruzione ha ancora un valore aggiunto per il mercato del lavoro. Molto probabilmente le più istruite raggiungono lavori più protetti e sicuri, oltre ad avere una dotazione formativa che le rende più preziose per un’azienda.

Nella conciliazione dei tempi altro dato significativo è quello che mostra l’asimmetria dei carichi del lavoro di cura all’interno della coppia. Anche se nel 2021 si è riscontrato un avvicinamento il tempo dedicato dalle donne tra i 25 e i 44 anni è del 62,6% rispetto al lavoro di cura totale. Manca ancora molto quindi prima di arrivare alla distribuzione paritaria (50% ripartito tra i due partner), ma sicuramente c’è un progresso.

Mentre nella famiglia il clima sta cambiando e sembra avvicinarsi il momento in cui vedremo un modello paritario, sul lavoro l’idea che essere contemporaneamente genitore e lavoratrice di qualità sia possibile fa ancora fatica ad affermarsi.

Dentro questo spazio occorre lavorare per costruire un welfare solidale con le famiglie, altrimenti il numero di donne che si troverà a dover scegliere tra lavoro e maternità sarà sempre più alto e come stiamo imparando dai dati sulla natalità, oggi la preferenza cadrà sempre più sulla scelta professionale.

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Cinema

Alla Festa del cinema, ritorno al western con la serie Sky ‘Django’ e ‘Butcher’s Crossing’

foto: SKYStudios_CanalPlus_Cattleya
17 Ott 2022

Ritorno o rilettura del mito del western a stelle e strisce alla Festa del Cinema di Roma, domenica 16 ottobre. Anzitutto Sky svela in anteprima mondiale i primi due episodi dell’attesa serie “Django” di Francesca Comencini, responsabile artistica del progetto e regista di quattro episodi. La serie è un’importante produzione europea che vede capofila Sky Studios, con nel cast Matthias Schoenaerts, Noomi Rapace, Nicholas Pinnock e Lisa Vicari. Ancora, lo statunitense “Butcher’s Crossing”, western diretto da Gabe Polsky, che prende le mosse dal romanzo di John E. William (autore noto per il recente caso editoriale “Stoner”): il racconto di una brutale caccia al bufalo tra sguardi esistenziali e smarrimenti nei territori della follia. Protagonisti Nicolas Cage e Fred Hechinger, star della miniserie “The White Lotus”. Punto Cnvf-Sir.

“Django” (serie tv)
“Un omaggio appassionato al western per cercare di parlare del nostro tempo”. Ha le idee chiare la regista-sceneggiatrice Francesca Comencini, che ha affrontato il complesso progetto della serie “Django” muovendosi tra tradizione cinematografica, rivisitando l’omonimo film di Sergio Corbucci del 1966, e al contempo desiderio di innovazione, di attualizzazione.La Comencini precisa: “una serie colorata, luminosa e al tempo stesso malinconica e portatrice di un senso di crisi verso tutto ciò in cui si è creduto, e del tentativo di andare avanti lo stesso, cercando una seconda possibilità in quel che resta della vita una volta perdute le illusioni”. “Django” è in cartellone alla 17a Festa del Cinema di Roma, ma gli spettatori la vedranno sui canali Sky e la piattaforma Now nel 2023; un progetto ambizioso, frutto di una cordata internazionale guidata da Sky con Canal+ e insieme a Cattleya, Atlantique Productions (Mediawan), Studiocanal e Odeon Fiction.

La storia. Texas, Stati Uniti, fine ‘800. Django (Matthias Schoenaerts) si presenta nella città di New Babylon sotto mentite spoglie, come fuggiasco senza radici. È alla ricerca della figlia Sarah (Lisa Vicari), l’unica sopravvissuta al massacro della propria famiglia. Django scopre che la ragazza sta per convolare a nozze con John Ellis (Nicholas Pinnock), fondatore di New Babylon, città libera dove fuggitivi e reietti trovano accoglienza. Respinto da Sarah, che non ne vuole più sapere di lui, Django decide comunque di rimanere in città per contrastare gli assalti di Elizabeth Thurman (Noomi Rapace), influente signora di Elmdale, che vede nella comunità di New Babylon l’immagine della corruzione morale.

(SKYStudios_CanalPlus_Cattleya)

Al comando della serie “Django” c’è Francesca Comencini – tra i suoi titoli “Mi piace lavorare” (2004), “Lo spazio bianco” (2009) e “Gomorra. La serie” (2014-21) –, che ne cura la linea narrativa, condividendo la regia insieme ai colleghi David Evans (“Downton Abbey”, “Domina”) ed Enrico Maria Artale (“Il terzo tempo”, la serie “Romulus”). A firmare la serie, tra soggetto e sceneggiatura, sono Leonardo Fasoli (“Gomorra. La serie”, “ZeroZeroZero”) e Maddalena Ravagli (“Gomorra. La serie”), affiancati da Francesco Cenni, Michele Pellegrini e Max Hurwitz.

Dai primi due episodi emerge con chiarezza la forza narrativa-visiva di “Django”, che si posiziona in maniera acuta sulla linea di confine tra passato e presente,tra atmosfere tipiche del western statunitense come pure della tradizione italiana (dal citato Corbucci a Sergio Leone), sperimentando anche un andamento serrato, livido, potente, proprio dello stile visivo-narrativo della contemporaneità.

Nel racconto Django è un “senzaterra”, un senza pace, perché ha perso tutto. Nessuno è sopravvissuto alla furia della guerra e della violenza che si trascina nel Paese. L’unico ancoraggio è sua figlia Sarah, che però ha trovato una vita altra, adulta. Accanto a tale linea portante si innesta l’opposizione personale-morale tra il fondatore della città libera di New Babylon, John Ellis, e la paladina conservatrice Elizabeth Thurman, che alterna i versetti della Bibbia con criminosi colpi di pistola. Da questo si evince la stratificazione del racconto, per le storie in campo così come per le linee tematiche e topos ricorrenti, secondo il dualismo bene-male, giustizia-reato, violenza-perdono.

Di certo la serie “Django” parte molto bene, ammantata da una chiara forza visiva e da una vigorosa carica narrativa; a imprimere forza e pathos al racconto sono, poi, le interpretazioni di Matthias Schoenaerts e Noomi Rapace, abili nel mettersi sempre in gioco con sfumature intense e mai scontate. “Django” è complessa, problematica, per dibattiti.

“Butcher’s Crossing”
Proveniente dall’ultimo Toronto Film Festival, il western esistenziale “Butcher’s Crossing” segna il debutto nel lungometraggio del documentarista Gabe Polsky (“Red Army”, 2014; “Red Penguins”, 2019). Punto di partenza è il romanzo degli anni Sessanta John E. Williams, che mette a tema il cambiamento di un’epoca, il tramonto del selvaggio West con l’arrivo della modernità, declinando il tragico bagno di realtà di un giovane carico di illusioni.

La storia. Stati Uniti, 1873. Il ventenne Will Andrews (Fred Hechinger) lascia la propria famiglia in cerca di avventure nelle terre selvagge del Paese. Arriva in un villaggio del Kansas dove si accoda a una sgangherata comitiva di cacciatori di pelli di bufalo. A guidare la spedizione è Miller (Nicolas Cage), uomo dai modi asciutti e taglienti. Con l’idea di star fuori poco tempo, Will trascorrerà invece lunghi mesi, quelli più rigidi dell’autunno e dell’inverno, in compagnia di Miller e dei suoi gregari. Un viaggio negli spazi aperti della natura più selvaggi e affascinanti, dove il ragazzo sperimenterà atrocità e miserie.

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Più temi si intrecciano nell’esordio di Gabe Polsky. Anzitutto il cammino di formazione (capovolto) di Will, che si mette in marcia in cerca di emozioni forti, di una grande avventura, finendo in una vertigine aberrante dove l’uomo smarrisce ogni valore, lì dove la natura umana sbiadisce in chiave ferina. Un’esperienza che graffierà, irreparabilmente, l’animo di Will. A ben vedere, il suo viaggio iniziatico richiama “Into the Wild. Nelle terre selvagge” (2007) di Sean Penn, racconto della drammatica avventura di Christopher McCandless: il film di Penn, però, corre veloce sorretto da un respiro poetico, mentre quello di Polsky incede in maniera lenta, inciampando in snodi foschi e asfittici.

Oltre alla dimensione introspettiva di Will, “Butcher’s Crossing” approfondisce il rapporto uomo-natura, creato, inserendosi nel cinema di denuncia contro le atrocità commesse dall’uomo.Polsky rimarca infatti la violenza ai danni dei bufali negli Stati Uniti, il massacro sconsiderato che ne ha ridotto drasticamente il numero nel giro di un secolo.

“Butcher’s Crossing” è un western che sconfina nel thriller esistenziale, un’opera che possiede ottime intuizioni narrative ma che si perde un po’, con lungaggini, nell’esplorare la vertigine del male. Complesso, problematico. Per adulti.

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Emergenze sociali

Caritas: “In Italia la ‘povertà ereditaria’: si tramanda per 5 generazioni”

foto Sir/Marco Calvarese
17 Ott 2022

di Patrizia Caiffa

In Italia, se si nasce in una famiglia povera, occorrono 5 generazioni per salire la scala sociale (la media Ocse è di 4,5 anni). Viene chiamata “povertà intergenerazionale” o “ereditaria” e si usa la metafora dei cosiddetti sticky grounds e stichy ceilings. I “pavimenti e soffitti appiccicosi” sono quelli che impediscono ai giovani di riscattarsi da situazioni sociali difficili. Sei assistiti Caritas su 10 risultano “poveri intergenerazionali”: sono rimasti cioè intrappolati nei “pavimenti appiccicosi”. Tra i nati da genitori senza alcun titolo, quasi 1 su 3 si è fermato alla sola licenza elementare. Con 5,6 milioni di poveri assoluti in Italia (il 9,4% della popolazione, pari a 1 milione 960 mila famiglie), di cui 1,4 milioni bambini (fonte Istat), l’Italia risulta anche l’ultima tra i Paesi industrializzati per mobilità sociale ed educativa: solo l’8% dei giovani con genitori senza titolo superiore ottiene un diploma universitario (la media Ocse è del 22%). Al contrario, la percentuale sale al 65% per i figli dei laureati (dati Ocse). Per i nati in famiglie poste in fondo alla scala sociale diminuiscono le chanches di salirne i gradini: il 28,9% resterà nella stessa posizione sociale dei genitori. L’Italia ha in Europa anche il triste primato dei Neet: 3 milioni di giovani tra i 15 e i 34 anni, pari al 25,1% del totale, che non studiano né lavorano. Sono alcuni dei  dati emersi dal Rapporto 2022 su povertà ed esclusione sociale in Italia intitolato “L’anello debole”, realizzato da Caritas italiana e presentato oggi a Roma. Tra i beneficiari Caritas i casi di povertà intergenerazionale pesano per il 59,0%; nelle Isole e nel Centro il dato risulta ancora più marcato (rispettivamente 65,9% e 64,4%). Più del 70% dei padri degli assistiti Caritas risulta occupato in professioni a bassa specializzazione. Per le madri è invece elevatissima l’incidenza delle casalinghe (il 63,8%), mentre tra le occupate prevalgono le basse qualifiche. Un figlio su cinque ha mantenuto la stessa posizione occupazionale dei padri e il 42,8% ha invece sperimentato una “mobilità discendente”. Più di un terzo (36,8%) ha, invece, vissuto una mobilità ascendente in termini di qualifica professionale ma non trova un impiego adeguato agli studi.

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Amministrazione locale

Piano ‘UniversiTaranto’, pronti gli avvisi per bonus libri e fitto

foto Gianluca Fontana/ND
17 Ott 2022

Sono state pubblicate sul sito istituzionale dell’ente le procedure per accedere alle misure previste dal piano ‘UniversiTaranto’, varato dall’amministrazione Melucci per attrarre studenti universitari e sostenerli nel loro percorso accademico.

Il primo bando riguarda l’erogazione di bonus libri, 280 euro spendibili esclusivamente per l’acquisto di manuali e testi universitari funzionali al proprio corso di studi. Per partecipare, gli studenti che ne abbiano i requisiti, dovranno compilare e sottoscrivere la domanda di partecipazione entro il termine di 30 giorni solari con decorrenza dalla data di pubblicazione del bando, attraverso il portale accessibile al link https://sportellotelematico.comune.taranto.it/action:c_l049:bando.concessione.contributo.libri.studio

Per quanto riguarda il bonus fitto, invece, si tratta di un contributo per le spese di locazione sostenute e documentare dagli studenti nell’arco dell’anno accademico 2022/2023, consistente in 400 euro mensili pro capite, per un periodo massimo di 12 mesi (da ottobre 2002 a settembre 2023). Anche in questo caso, chi possiede i requisiti necessari dovrà compilare e sottoscrivere la domanda di partecipazione entro il termine di 30 giorni solari con decorrenza dalla data di pubblicazione del bando, attraverso il portale accessibile al link https://sportellotelematico.comune.taranto.it/action:c_l049:partecipare.bando.locazione.studenti

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