Editoriale

I tempi per fare il governo e per violare i patti

(Foto ANSA/SIR)
17 Ott 2022

di Emanuele Carrieri

La lotta per la distribuzione dei ministeri ha prevalso sulla necessità di onorare gli adempimenti istituzionali. Se a palazzo Montecitorio, alla Camera dei deputati, i numeri per la elezione del presidente, ai primi scrutini, erano comunque troppo alti, causa per cui si è scelta così la scheda bianca, in Senato La Russa ha ottenuto la presidenza al primo voto solamente grazie ai franchi votatori dell’opposizione, nonostante la volontà del gruppo di Forza Italia di astenersi. È stato un fatto politico grave, che testimonia quanto la maggioranza sia divisa sull’assetto di potere. La prima, rapidissima, impressione che si ricava è che i due partiti minoritari della coalizione, Forza Italia e Lega, vogliano far pagare cara alla Meloni la sua vittoria elettorale, impedendole di dominare il prossimo governo e iniziando così una guerriglia clandestina che potrebbe essere fatale per il Paese, più che per l’Esecutivo. La seconda è che l’accordo di facciata sia quello fra Forza Italia e Lega, ma che sotto ci sia una intesa fra la Meloni e Salvini, pronto a fare il cagnolino che mangia le briciole che cadono dalla tavola del padrone. Le vicende politiche, collegate e non, alla formazione del nuovo governo portano allo scoperto anche un altro tema, che, molte volte, è fronteggiato con estrema superficialità. In campagna elettorale, molte forze politiche dicono di poter fare un governo “entro ventiquattro ore” dalla proclamazione del risultato. Tutto questo presunto efficientismo non solo non è tecnicamente possibile da ottenere, ma sarebbe perfino un fattore negativo per la nascita del governo. Le istituzioni hanno tempistiche determinate. C’è la proclamazione degli eletti, l’esordio dei gruppi parlamentari, la elezione dei presidenti delle Camere, le consultazioni al Quirinale, il conferimento dell’incarico e solo dopo il presidente del Consiglio incaricato scioglie la riserva e porta la lista dei ministri al Capo dello Stato. Non sono le procedure lunghe che inceppano il sistema, ma sono le forze politiche a non funzionare. Nel 2013, non c’era alcuna maggioranza “uscita dalle urne” (alla Camera vinse il centrosinistra, ma in Senato non prevalse nessuno) e così nel 2018 (quando ci volle molto per arrivare al governo gialloverde, peraltro scomponendo il centrodestra). Se fosse stato tecnicamente possibile presentare la lista dei ministri subito dopo il voto, nessuna forza politica avrebbe potuto farlo. Si dirà: ma nel 2013 e nel 2018 i governi non “uscirono dalle urne”. A parte che, in una Repubblica parlamentare, sono le Camere e gli eletti del popolo che “escono dalle urne”, perché non c’è l’elezione diretta del premier, anche nel 1994, 1996, 2001, 2006 e 2008 il primo governo della legislatura arrivò dopo trattative fra i partiti, pur se le elezioni avevano visto il prevalere di una coalizione. Ora il centrodestra ha vinto le elezioni e ottenuto la maggioranza in tutte e due le Camere, ma, per sua fortuna, ci sono adempimenti istituzionali che le stanno permettendo di intavolare tre settimane di negoziati e tafferugli fra il partito maggioritario, Fratelli d’Italia, i due minoritari, Lega e Forza Italia, – a cui aggiungere, per dovere di cronaca, quello centrista – per spartire le presidenze di Assemblea, delle commissioni parlamentari, i dicasteri, i dipartimenti, e poi tutti i ministri, viceministri e sottosegretari. Un lavoro di bilancino, anche se nessuno confessa di adoperare il “manuale Cencelli”, con il quale la Democrazia Cristiana riuscì a trovare la formula per suddividere posti e ruoli politici e governativi a esponenti di partiti e correnti in proporzione al loro peso che, dalla fine degli anni Sessanta in poi, è, in realtà, sempre stato applicato. Le dispute fra i partiti della attuale maggioranza “uscita dalle urne” non sono mai mancate neppure in passato, anche se ora stanno un po’ superando il limite: c’è sempre un partito che ha interesse a piazzare un esponente a un dicastero, o un altro che vuole un ministero che gli serve per fare propaganda e guadagnare voti in futuro. Ci sono poi i veti contro questo o quel politico, che sono dovuti a questioni di incompetenza o a problemi politici o, ancora, a contrasti caratteriali e personali. Si può obiettare che i partiti dovrebbero accordarsi sui nomi prima delle votazioni, ma come si fa se non si conoscono i rapporti di forza fra i partiti? In politica, nessuno regala niente a nessuno. Il problema non sarebbe risolto nemmeno se a vincere fosse solamente un partito: ci sono le correnti, i notabili da accontentare. Allora, se qualcuno promette un governo a ventiquattro ore dal voto, è meglio non fidarsi, perché la propaganda non è divertente ed è anche poco realistica.

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Angelus

La domenica del Papa – La preghiera rende forti

Gesù parla “ai suoi discepoli – a tutti, non solo ad alcuni – della necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai”

foto Vatican media/Sir
17 Ott 2022

di Fabio Zavattaro

Nella pagina del Vangelo di domenica, Luca mette in primo piano un giudice, che non teme Dio e non ha rispetto per nessuno, e una vedova, cioè una persona che, assieme agli orfani e ai poveri, si trova, nella Bibbia, nella condizione di chi è senza difesa, è oppresso, esposto al sopruso, e, dunque, ha maggior bisogno di trovare chi possa prendere le sue difese. Con insistenza prega il giudice di darle giustizia, e questi alla fine cede: “anche se non temo Dio e non ho rispetto di nessuno, poiché questa vedova è così molesta le farò giustizia, perché non venga continuamente a importunarmi”.

L’evangelista chiude il racconto con una domanda: “il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” È una domanda seria, afferma all’angelus papa Francesco. Se il Signore venisse oggi sulla terra “vedrebbe, purtroppo, tante guerre, tanta povertà, tante disuguaglianze, e al tempo stesso grandi conquiste della tecnica, mezzi moderni e gente che va sempre di corsa, senza fermarsi mai; ma troverebbe chi gli dedica tempo e affetto, chi lo mette al primo posto? E soprattutto chiediamoci: che cosa troverebbe in me, se il Signore oggi venisse, che cosa troverebbe in me, nella mia vita, nel mio cuore?”

C’è un fil rouge che lega la parabola riportata da Luca e la domanda che conclude la pagina del Vangelo: la preghiera nel tempo dell’attesa. Preghiera e fede stanno in un rapporto inscindibile: credere significa pregare. E se noi possiamo pregare solo grazie a una fede viva, è anche vero che la nostra fede resta viva grazie alla preghiera.

Il contesto del racconto lucano è sempre il viaggio di Gesù verso Gerusalemme, che ormai è meta vicina. Ma vicino è anche il tempo della prova per lui e per i suoi discepoli. Allora assume un carattere del tutto particolare l’invito alla preghiera.

Spesso ci concentriamo su cose urgenti ma non necessarie, dice Francesco ai fedeli in piazza San Pietro, “ci occupiamo e ci preoccupiamo di molte realtà secondarie; e magari, senza accorgerci, trascuriamo quello che più conta e lasciamo che il nostro amore per Dio si raffreddi poco a poco. Oggi Gesù ci offre il rimedio per riscaldare una fede intiepidita: la preghiera”. È “la medicina della fede, il ricostituente dell’anima”, afferma il Papa, ma deve essere costante: “se dobbiamo seguire una cura per stare meglio, è importante osservarla bene, assumere i farmaci nei modi e nei tempi dovuti, con costanza e regolarità”.

Pregare per il vescovo di Roma è far entrare Dio “nel nostro tempo, nella nostra storia”. Preghiera che chiede per il “martoriato popolo ucraino e le altre popolazioni che soffrono per la guerra e ogni altra forma di violenza e di miseria”. Così ricorda l’iniziativa, il 18 ottobre, della fondazione Aiuto alla chiesa che soffre: un milione di bambini che recitano il Rosario per la pace nel mondo.

Dalla parabola, inoltre, emerge in modo chiaro che la preghiera rende forte una persona debole. Una vedova, che sembra non avere nemmeno figli, o quantomeno non se ne fa menzione, è in una posizione sociale ed economica non solo irrilevante, ma anche esposta a soprusi, abusi ed egoismi da parte di persone prepotenti. Continua a chiedere giustizia con ostinatezza a un giudice iniquo che non ha alcuna intenzione di perdere tempo con lei finché ottiene ciò che vuole e che è nel suo diritto. Se perfino il giudice disonesto ha fatto giustizia alla donna per la sua insistenza, “Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui?” leggiamo in Luca.

Anche nella prima lettura tratta dall’Esodo, la battaglia contro Amalek e Mosè che alza le sue braccia al cielo, la forza debole della preghiera vince non per la guerra, ma la battaglia per la pace. E ci dice anche che l’impegno della preghiera richiede di sostenerci l’un l’altro, come fecero Aronne e Cur con Mosè.

Per questo Gesù parla “ai suoi discepoli – a tutti, non solo ad alcuni – della necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai”. Per questo ricorda “una pratica spirituale sapiente, che si è oggi un po’ dimenticata, e che i nostri anziani, soprattutto le nonne, conoscono bene”, le giaculatorie: piccoli “messaggini” per restare “sintonizzati con il Signore”.

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Diocesi

A Statte inaugurata la nuova aula liturgica presso la parrocchia “Sacro Cuore”

Il 7 gennaio 2018 veniva posta la prima pietra sul suolo dove sarebbe sorto l’intero plesso della parrocchia Sacro Cuore di Gesù la cui dedicazione si è svolta domenica 16 ottobre

Foto di Martino Marzella
17 Ott 2022

di Mario Di Serio

Sopra, al link YouTube, la diretta streaming della celebrazione.

Il 7 gennaio 2018 veniva posta la prima pietra sul suolo dove sarebbe sorto l’intero plesso della parrocchia “Sacro Cuore di Gesù” corredata dal salone sonorizzato (sino a ieri sala liturgica provvisoria) dedicato agli eventi ed alle riunioni, munito di pannello e videoproiettore, unitamente alla nuova casa parrocchiale ed i saloni sotterranei grandi e funzionali. A distanza di quattro anni e 10 mesi, in mezzo il lockdown per la pandemia e lo stop dei lavori, la successiva crisi economica continuata a seguito del conflitto bellico in Ucraina e le difficoltà finanziarie successive, eccola nel suo splendore: la nuova aula liturgica è pronta per accogliere tutto il popolo di Dio.

Domenica 16 ottobre, davanti a tantissime famiglie, giovani, sacerdoti, consacrati e fedeli tutti, si è vissuto momenti emozionanti, uniti dallo spirito di preghiera per tutta la comunità stattese. L’aula liturgica è stato benedetta per mezzo dell’arcivescovo di Taranto, monsignor Filippo Santoro che ha presieduto la santa messa delle ore 18; speciale la partecipazione di don Emanuele Tagliente che ha guidato i lavori. L’ingresso nel tardo pomeriggio davanti a un bellissimo tramonto ha scandito gli attimi che hanno portato tantissimi fedeli ad occupare in ogni ordine di posto l’aula liturgica.

“L’entrata nella Chiesa ha rappresentato il momento più importante per riconoscere la presenza di Dio in un luogo sacro – ha affermato l’arcivescovo nell’omelia – non sottovalutiamo questo momento, Dio è la porta della vita”. In seguito alla riflessione sull’altare, benedetto con il Santo Crisma e cosparso su tutta la superficie, l’arcivescovo lo ha definito “luogo di comunione del sacramento dell’unità”.

Per l’occasione è stato realizzato un coro composto da tante voci femminili ed il supporto di una linea di voci maschili: il primo canto di invocazione “Vieni Spirito” ha permesso di comprendere il reale significato della nuova aula liturgica: un’opera realizzata dalle mani dell’uomo ma guidata sempre dalla volontà e dalla generosità del Signore.

Dal punto di vista architettonico il salone presenta alcuni particolari artistici, realizzati con precisi intenti e importanti significati. L’aula liturgica, disposta in cerchio, in segno di accoglienza dei fedeli; da un lato è stata disposta la statua del Sacro Cuore di Gesù interamente in legno, nel gesto di donazione del proprio cuore: un’opera plasmata senza eccedere in colori e contorni, ma proponendo Cristo nella sua forma umana e divina. Dall’altra parte la statua della Madonna in cammino con Gesù in grembo, in uno splendore unico e prezioso. Sulle pareti che circondano la Chiesa è stata posta la via Crucis, arricchita con mosaici che rappresentano scene della passione di nostro Signore. Al centro dello spazio dedicato all’altare, laddove si offre il sacrificio di lode al Signore, si innalza Gesù in croce, l’Agnello immolato per noi, realizzato interamente in legno. Dal soffitto circolare si scorge una colomba, segno della presenza dello Spirito Santo e della comunione trinitaria, luogo da cui si attinge il cuore di Gesù.

Al termine della celebrazione, l’intervento del sindaco Franco Andrioli è stato indirizzato a tutti i presenti, all’arcivescovo ma in modo particolare a don Giovanni Agrusta, presente nella parrocchia Sacro Cuore da circa 30 anni, in cui la realizzazione della chiesa era prima semplicemente un’idea, poi un progetto realizzato su un plastico, infine, divenuto realtà per l’intera comunità stattese. Il sindaco ha ribadito l’impegno di don Giovanni, ma anche le varie iniziative come raccolta fondi: “l’offerta di panettoni, colombe, uova di Pasqua con un contributo elargito dai fedeli, e poi qualsiasi strumento per poter portare questa opera a compimento”. Don Giovanni Agrusta è apparso visibilmente commosso prima del suo intervento, ringraziando tutta la comunità, ma mettendo il Signore al centro di tutto: infatti, in apertura ha citato il versetto biblico: “Se il Signore non costruisce la casa invano faticano i costruttori”. Ha concluso poi il suo ringraziamento dicendo: “Vogliamo dire grazie al Signore perché Egli ha voluto costruire questa casa dove saremo convocati per incontrarlo, pregare ed ascoltare la sua Parola”. Poi ha messo in evidenza la bellezza delle opere d’arte scelte non a caso ed un ringraziamento particolare all’impresa che ha reso possibile la realizzazione dell’opera.

Per l’occasione, al fine di consentire a tanta gente che a causa di impedimenti fisici o dettati dalla lontananza non ha potuto partecipare alla celebrazione è stato trasmessa la diretta della celebrazione eucaristica e della benedizione dell’aula liturgica all’interno del salone adiacente alla Chiesa.

Tutto questo grazie all’opera instancabile dei componenti del servizio d’ordine che si sono prodigati perché tutto potesse essere realizzato in maniera precisa e scrupolosa per accogliere quanti più fedeli possibili.

Un video della nuova chiesa realizzato da Mattia Santomarco.

 

Foto di Mimmo Gentile, Mariangela Di Geronimo e Mimmo Pappone

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Francesco

Papa Francesco a Cl: “L’unità sia più forte delle contrapposizioni”

foto Siciliani-Gennari/Sir
17 Ott 2022

“La crisi fa crescere. Non va ridotta al conflitto, che annulla. La crisi fa crescere”. Lo ha detto il papa incontrando sabato 15 in piazza San Pietro i membri del movimento di Comunione e Liberazione, in occasione del centenario della nascita del fondatore, il Servo di Dio don Luigi Giussani. “Don Giussani è stato padre e maestro, è stato servitore di tutte le inquietudini e le situazioni umane che andava incontrando nella sua passione educativa e missionaria”, ha esordito Francesco. Quindi, con riferimento a problemi e divisioni interni al movimento ha esortato: “Unità non vuol dire uniformità. Non abbiate paura delle diverse sensibilità e del confronto” ma “l’unità sia più forte delle forze dispersive o del trascinarsi di vecchie contrapposizioni. Un’unità con chi e con quanti guidano il movimento, unità con i pastori, unità nel seguire con attenzione le indicazioni del dicastero per i laici, la famiglia e la vita, e unità con il papa, che è il servitore della comunione nella verità e nella carità. Non sprecate il vostro tempo prezioso in chiacchiere, diffidenze e contrapposizioni” e ha rimarcato a braccio: “Per favore non sprecate tempo!”.

 

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Confraternite

Confraternite – Giancarlo Roberti: “Vorrei essere il priore di tutti”

Intervista al neo priore della confraternita di san Domenico e dell’Addolorata, chiamato quattro anni fa al ruolo di commissario arcivescovile, in un momento difficile del sodalizio

16 Ott 2022

di Marina Luzzi

Da pochi giorni è stato eletto priore della confraternita di san Domenico e dell’Addolorata ma il percorso di Giancarlo Roberti, chiamato quattro anni fa al ruolo di commissario arcivescovile, in un momento difficile del sodalizio, è iniziato nel 1994, 28 anni fa, quando ha deciso di assecondare quel desiderio nato da bambino.

Priore, partiamo da principio. Come è nata questa devozione all’Addolorata e la voglia di diventare confratello?

«Sono nato e cresciuto in Città vecchia e ci ho abitato fino al 1993. Un anno dopo essere andato via ho deciso di entrare nella confraternita. Per me è stato un passaggio naturale, avendo visto fin da bimbo l’Addolorata passare sotto casa».

E quando l’arcivescovo Santoro l’ha chiamata?

«Una grande emozione, non me lo aspettavo. Però ho accettato subito. Mi sono sentito pronto per questo incarico. Credo e spero di aver fatto buone cose, in sintonia con il padre spirituale della nostra confraternita, don Emanuele Ferro».

Tornando ad oggi, si aspettava che i confratelli le dessero questa fiducia?

«Direi di no e mi lusinga. Sono stato super votato. Ho preso 342 voti su 500 votanti. Gli aventi diritto erano circa 1100 ma se ne sono presentati, in linea più o meno con le precedenti votazioni, 500 appunto. Sono contento del risultato perché significa che è stato fatto un buon lavoro negli anni scorsi, quando avevo l’incarico di commissario e che mi è stata data fiducia. Spero, finite le votazioni, di essere il priore di tutti e di far cambiare parere a coloro che non mi hanno sostenuto».

Qual è la cosa più bella che Le hanno detto, quando si è sparsa la notizia?

«Una marea di messaggi, telefonate sia di congratulazioni e auguri per l’incarico ma soprattutto di sprone a guidare la confraternita, custodendo le nostre tradizioni. Noi siamo i custodi del passato. Nell’ultima Settimana Santa l’Addolorata non è stata lasciata un minuto sola, durante il pellegrinaggio. Questo è indicativo dell’attaccamento della città alla Madonna. Vogliamo vegliare, custodire tutto questo».

Dando per scontata la valenza diversa che ha ricevere una nomina diretta da quella dell’assemblea, espressione democratica, cosa cambia concretamente nello svolgimento del suo incarico quinquennale?

«Cambia che non sono più solo nella gestione. La responsabilità ora la condivido con il consiglio di amministrazione, che presiedo. Le decisioni sono del consiglio e per altri aspetti si passa dall’assemblea, che tornerà ad essere un appuntamento sentito. Durante il commissariamento invece non sono previste assemblee».

Quali obiettivi si è posto per questo mandato?

«Incentivare ancora di più il percorso già iniziato con il commissariamento, di avvicinamento al culto dell’Addolorata, coinvolgendo soprattutto i giovani. In questi quattro anni abbiamo accolto 160 novizi e novizie. C’è una devozione fortissima verso nostra Madre, una devozione che cresce di giorno in giorno. L’altro aspetto importante è far comprendere che la confraternita non è solo Settimana Santa ma si vive per tutto l’anno con la Festa grande a settembre, il Natale, le catechesi del martedì, che stiamo pensando anche di sdoppiare per venire incontro alle esigenze di lavoro e vita di tutti e poi attività culturali e soprattutto opere di carità».

Facciamo chiarezza su una delle questioni più dibattute: le gare, il costo dei simulacri, sono talvolta al centro di polemiche, discussioni. Ci vuole spiegare come vengono utilizzati questi soldi?

«Quello che percepiamo il giorno delle Palme, quando si tiene l’assemblea straordinaria per l’aggiudicazione dei simboli, viene utilizzato per le attività della confraternita, soprattutto per incrementare le nostre due opere di carità: il C.A.S.A. e il sant’Anna. Il primo è l’acronimo di Centro Addolorata Sostegno Alimentare, con cui ci occupiamo di distribuire pacchi viveri fornitaci dal Banco Alimentare o attraverso donazioni private spesso di appartenenti alla confraternita. La pandemia ha incrementato i poveri: molti hanno perso il posto di lavoro, tanti precari non hanno continuato a lavorare e tante famiglie si sono trovate in difficoltà. In Città vecchia quindi oltre Caritas parrocchiale della Cattedrale ci siamo anche noi, che siamo passati da 50 famiglie seguite a quasi 200, da 150 a circa 600 persone. Un lavoro forte è stato fatto durante il primo lockdown, dove i confratelli, con le varie precauzioni, hanno consegnato viveri quasi tutti i giorni. L’Opera sant’Anna assiste invece una ventina di persone: donne in gravidanza o madri di neonati e bambini fino a 3 anni. Acquistiamo il latte artificiale e quello che serve per i primi tempi e le seguiamo nel percorso. Questo è il nostro compito primario: aiutare i più bisognosi, soprattutto in Città vecchia dove ci sono molte famiglie che non possono, compresi confratelli e consorelle che si sono trovati in seria difficoltà ma questo non significa che non diamo sostegno pure ad altre situazioni e in altri quartieri della città. Se serve, noi ci siamo».

 

 

 

 

 

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Sport

Il Taranto ritrova il sorriso: Romano e La Monica stendono la Juve Stabia nella ripresa

foto G. Leva
16 Ott 2022

di Paolo Arrivo

Missione compiuta. Tre punti per risalire la china. Non sarà stata una gran partita, quella giocata oggi pomeriggio, ma l’importante era vincere, per chi va a caccia della salvezza: contro la Juve Stabia, allo stadio Erasmo Iacovone, il Taranto conquista la terza vittoria di stagione. L’incontro era valevole per l’ottava giornata della serie C – girone C. Ci hanno pensato Romano dal penalty e La Monica, nella ripresa, a restituire ai rossoblu il sorriso. La cura Capuano funziona, potremmo dire. Almeno tra le mura amiche. Infatti, da quando il tecnico di Salerno siede sulla panchina rossoblu, ha sempre vinto. E la classifica respira.

 

Il match

Nel primo tempo è la noia a prevalere. Pochissime le occasioni: da segnalare, al minuto 19, il colpo di testa di Infantino neutralizzato da Barosi; per gli ospiti, un’azione pericolosa di Pandolfi, anticipato da Vannucchi, il tiro velleitario di Silipo a cinque minuti dalla fine. Nel secondo tempo mister Capuano prova a ravvivare le idee con la prima sostituzione. Entra Mazza per De Maria. Fuori anche Infantino per Raicevic che, al 60’, serve Guida. È quest’ultimo a rendersi protagonista di un gran numero (stop di tacco e tiro). Ma il suo piede destro non è preciso. La svolta al 77esimo: Peluso (espulso) atterra La Monica, che era lanciato a rete: l’arbitro, il signor Michele Delrio di Reggio Emilia, fischia il calcio di rigore, Romano realizza. Il Taranto è in vantaggio e in superiorità numerica. Dopo tre minuti, punizione di Romano, colpo di testa di Evangelisti, che esalta le qualità del portiere ospite. È il preludio al raddoppio. A firmarlo l’ex della Juve Stabia, La Monica, capace di finalizzare un veloce contropiede, a tre minuti dalla fine. Dopo cinque di recupero, il triplice fischio.

 

Il campionato

Neanche il tempo di festeggiare che gli ionici devono volgere la testa al prossimo imminente impegno in campionato, in una settimana impegnativa: martedì prossimo diciotto ottobre, sul campo del Cerignola, che allo stadio Partenio di Avellino ha conquistato un punto. Quattro giorni dopo, il ritorno allo Iacovone.

 

Fotogallery by Giuseppe Leva

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Sport

Volley, la Prisma a caccia dei primi punti in Superlega: vietato sbagliare contro Monza

foto G. Leva
15 Ott 2022

di Paolo Arrivo

“Quella di domenica sarà una gara che potrà darci grandi soddisfazioni come, allo stesso tempo, potrebbe metterci molto in difficoltà. Stiamo cercando di compattare il gruppo perché venire da due 3 a 0 consecutivi non è facile per nessuno”. Così il direttore generale della Gioiella Prisma Taranto Vito Primavera alla vigilia del match contro la Vero Volley Monza. Gli ionici andranno a caccia dei primi punti in Superlega Credem Banca, nella terza giornata del girone di andata. Per vincere, come ha dichiarato lo stesso Vito Primavera, sarà fondamentale il contributo del pubblico, che (si spera) possa riempire generosamente gli spalti del PalaMazzola. La salvezza va conquistata tra le mura amiche. A cominciare dalla sfida delicata contro la squadra nella quale milita l’ex Gabriele Di Martino.

Il pre partita

In settimana, il gruppo diretto da coach Di Pinto si è allenato regolarmente, al ritmo di sedute intense. Il clima non è troppo sereno dopo la sconfitta rimediata sul campo di Cisterna. Se contro i campioni d’Italia della Lube infatti il ko era preventivabile, e per certi versi immeritato (si poteva vincere almeno uno dei primi due parziali), la partita contro i laziali ha fatto registrare un passo indietro sul piano della prestazione e dell’approccio alla gara. Che domenica dovrà essere necessariamente ottimale – start alle ore 18, diretta su Volleyballworld.tv

L’avversario

Tra i giocatori più temibili della Vero Volley Monza ci sono i centrali Galassi e il capitano Thomas Beretta, oltre a Di Martino; lo schiacciatore canadese Maar e il libero Federici. In classifica la formazione allenata da Massimo Eccheli ha un punto. Contro Milano, domenica scorsa, ha subito la rimonta degli ospiti, dopo aver vinto i primi due set. La grande performance offerta dall’opposto Georg Grozer ha fatto la differenza. Ad ogni modo, i monzesi si sono dimostrati tutt’altro che arrendevoli, e arriveranno in riva allo Jonio belli carichi, disposti a vendere cara la pelle contro la Gioiella Prisma Taranto.

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Vita sociale

Festival internazionale abilità differenti: a Carpi, la favola musicale “Il Re Leone, ricordati chi sei”

14 Ott 2022

Una favola musicale interamente dal vivo e realizzata dall’associazione “Attendiamoci” di Reggio Calabria composta da giovani che hanno deciso di dedicare, a livello volontaristico, gran parte del proprio tempo libero alla sua ideazione ed organizzazione. È l’evento del Festival internazionale delle abilità differenti svoltosi a Carpi che ha avuto luogo il 7 ottobre. Il titolo è “Il Re Leone, ricordati chi sei”. Il cast è formato da quindici protagonisti, da un coro con trentacinque elementi più due soliste, un corpo di ballo con ventidue, scenografie e costumi curati da venticinque responsabili. Rivalutare il rapporto con gli anziani, riscoprire la necessità da parte degli adulti di curare trovare efficaci stili educativi per i più giovani, il valore dell’amicizia e la visione di una comunità cittadina che non si rassegni al degrado urbano, sono i messaggi che la favola intende veicolare. La rappresentazione teatrale è stata anche l’occasione per presentare il nuovo Progetto di Attendiamoci: il “Cenacolo – Casa Kerigma” nella Città delle Tre Religioni, Gerusalemme.

www.festivalinternazionaleabilitadifferenti.it

L’associazione Attendiamoci: è un’organizzazione di volontariato fondata a Reggio Calabria il 27 settembre 2001 da un sogno di don Valerio Chiovaro e di quattro giovani universitari. Oggi è operante anche a Milano, Pavia, Roma, Siena, Modena e Giardini Naxos ed ha come scopo primario il servizio ai giovani e a quanti si interessano di problematiche giovanili, con l’obiettivo di formare globalmente la persona e favorire la sua promozione sociale attraverso attività di vario genere. L’ultimo progetto nata si chiama “Casa Kerigma” a Gerusalemme, nel quartiere di Talbiya, per offrire ai pellegrini (laici, seminaristi e sacerdoti) la possibilità di trascorrere un cammino spirituale attraverso l’ascolto, la meditazione e il contatto con i fatti del cenacolo e, sotto la guida di don Chiovaro.

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Ottobre missionario

Il messaggio di don Mimino Damasi per l’ottobre missionario

14 Ott 2022

In occasione del mese missionario, pubblichiamo il messaggio di don Mimino Damasi, sacerdote della nostra diocesi “Fidei donum” in Guatemala dal novembre 2019, che dà continuità alla presenza missionaria della nostra Chiesa diocesana nella diocesi di Zacapa, dopo le esperienze di don Luigi Pellegrino (per 9 anni) e di don Ezio Succa (per altri tre).
Attualmente don Mimino collabora con i sacerdoti locali nella parrocchia Santiago apostol a Jocotan.

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Crisi energetica

Timpano (Univ cattolica): “È essenziale cambiare i nostri comportamenti”

foto Sir/Marco Calvarese
14 Ott 2022

“C’è da augurarsi che lo stato di necessità contribuisca a far cambiare un po’ i nostri comportamenti anche perché efficienza e risparmio energetico sono elementi essenziali in questa guerra”. Lo afferma Francesco Timpano, ordinario di Politica economica presso la Facoltà di Economia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Piacenza, commentando in un’intervista al Sir i timidi passi avanti nell’Unione europea per affrontare in maniera coordinata la crisi energetica anche a seguito dei ricatti di Putin (“Non forniremo l’energia a chi mette il price cap”) e di Gazprom (“Non ci sono garanzie che l’Europa sopravviva all’inverno”).
Il docente ricorda che per far fronte all’attuale situazione “ci muoviamo tra due alternative. Una è quella di fissare un ‘price cap’ tutto da costruire nel dettaglio tecnico, anche se la proposta italiana è più strutturata rispetto all’idea iniziale; l’altra è trattare in modo comune gli acquisti che, semplificando, è la proposta della Germania secondo cui imporre il ‘price cap’ può essere pericoloso per gli approvvigionamenti”. “Probabilmente le dovremo attivare, in qualche modo, entrambe”, commenta Timpano, spiegando che “dobbiamo far valere la forza del compratore unico, anche se al momento è tutto da costruire. Penso che l’Europa debba darsi una struttura anche per altri prodotti e mercati – penso al gas naturale liquefatto – perché è chiaro che se ci presentiamo ai tavoli di contrattazione tutti insieme allora un effetto sui prezzi sarà immediato”. “Ma al momento – osserva – è tutta da inventare la capacità dell’Ue di andare sui mercati a trattare come acquirente unico, si sta lavorando ancora in modo eccessivamente frammentato tra i Paesi”. “Poi, davanti alla situazione nella quale l’eventuale forza dell’acquirente unico europeo non riesce ad incidere in modo significativo sui prezzi, non c’è dubbio che il passo successivo non può che essere quello di imporre un nostro ‘price cap’”, prosegue il docente, avvertendo: “Il ‘price cap’ non lo si può sbagliare. Dev’essere giusto il giusto per convincere tutti i venditori, non solo la Russia, a continuare a fornirci il gas, ci deve far risparmiare, dev’essere congegnato in modo tale da gestire le differenze di costo tra fonti di approvvigionamento”. In attesa di decisioni che potrebbero essere prese nelle prossime settimane, Timpano sottolinea che “l’unico effetto positivo di questa situazione tragica è l’averci fatto abituare a risparmio ed efficienza. È ovviamente complicato controllare i comportamenti individuali, per questo molto è affidato alle decisioni dei singoli”. Ma “non dobbiamo dimenticarci che la guerra del gas è iniziata prima dell’invasione dell’Ucraina: da quasi un anno ci è stata dichiarata la guerra del gas e dobbiamo comportarci di conseguenza; il razionamento dei consumi è una delle reazioni classiche in questi casi”.

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Letteratura

Mara Venuto ospite del 26° Festival letterario “Ditët e Naimit” in Macedonia e Kosovo

13 Ott 2022

Mara Venuto, poeta e drammaturga tarantina, sarà ospite in Macedonia e Kosovo dello storico Festival letterario internazionale “Ditët e Naimit”, giunto alla 26^ edizione. Poeta pubblicata in sette lingue e premiata a livello nazionale e internazionale, Venuto è anche nota come autrice teatrale, in particolare per opere di stampo civile, e per la sua attività di promozione letteraria e culturale.

Dopo l’esperienza nel 2016 al Festival internazionale di Poesia Slava a Varsavia, e nel 2021 al Meeting poetico di Saranda in Albania, l’autrice tarantina prenderà parte, quale unica autrice italiana, a un nuovo convegno di poesia all’estero assieme ad autori provenienti da diciotto Paesi del mondo, tra cui Turchia, Israele, Pakistan, Svezia e Stati Uniti.

Lo scorso biennio ha segnato nuove tappe nella carriera letteraria di Venuto: nel 2021, la sua ultima raccolta poetica “La lingua della città” (Delta3 Edizioni) è risultata fra le opere di poesia più vendute per la piccola e media editoria, accanto ai volumi di autori storicizzati come Rilke, Merini e Toma. Più di recente, una selezione di sue poesie è stata pubblicata in Cile, sulla prestigiosa rivista letteraria “Altazor”, organo della “Fundaciòn Vicente Huidobro” in collaborazione con l’Università Nazionale del Cile, all’interno della rubrica “Nuova Poesia Italiana” curata da Cinzia Marulli, con la traduzione di Stefania Di Leo.Il Festival letterario internazionale “Ditët e Naimit”:
Il Festival macedone “Ditët e Naimit”  è diretto dal poeta, editore e docente universitario Shaip Emerllahu, e si svolgerà dal 20 al 23 ottobre nella città di Tetovo, a pochi chilometri dalla capitale Skopje, nel Nord – Ovest della nazione balcanica. La manifestazione farà tappa anche nel Sud -Est del Kosovo, nell’antica città di Prizren.
La 26^ edizione dello storico Festival, notissimo fra i poeti di tutto il mondo, sarà caratterizzata da un fitto programma letterario, artistico e culturale: sono previste numerose letture e dibattiti multilingua, ma anche visite a monumenti storici e religiosi delle città ospitanti, caratterizzate dallo stile ottomano, con bazar storici, moschee e monasteri ortodossi. In occasione dell’edizione 2022 del Festival, inoltre, sarà pubblicata e diffusa un’antologia che ospiterà le traduzioni delle poesie degli autori ospiti.

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Ecclesia

Pregare, marciare: la pace chiama tutti
Ne parliamo con mons. Alessandro Greco

Pregare e marciare sono entrambe azioni utili alla pace. Abbiamo intervistato il vicario generale dell’arcidiocesi tarantina

13 Ott 2022

di Silvano Trevisani

Si allarga, finalmente, l’iniziativa di quanti chiedono un impegno attivo per la pare. La situazione di disagio umano e spirituale che stiamo vivendo e le parole con cui il papa invoca continuamente la fine della guerra, alimentano l’iniziativa di gruppi, partiti e movimenti che, seppure ancora da fronti distinte, vogliono che la parola pace entri costantemente nell’opinione pubblica. Ma si ha una chiara visione di quanto sta accadendo e dei pericoli che il mondo corre e della necessità che il dialogo prenda il posto dell’odio? Quanto è pericolosa l’assuefazione e quanto contano i criteri di giustizia? Infine: è utile manifestare per la pace? Sono le domande che rivolgiamo a monsignor Alessandro Greco, vicario generale della diocesi, docente di teologia e già direttore dell’Istituto superiore metropolitano Giovanni Paolo II.

Don Alessandro Greco (foto G. Leva)

Cominciamo dalle sollecitazioni di papa Francesco: ritiene che esse siano percepite e valutate nella loro autentica portata?

Il papa, come figura eminente e segno della presenza di Cristo, che è la nostra pace, attua la sua missione denunciando la dannosità della guerra e incoraggiando coloro che possono compiere passi decisivi. Credo che il papa parli a due livelli distinti, il primo livello è quello dei responsabili del conflitto, voglio dire gli attori: capi di stato, paesi europei, Nato, Onu… insomma gli organismi che possono concretamente intervenire. Il secondo livello riguarda tutti quanti gli altri, a tutti noi insomma, ai quali sembra che la guerra non interessi più di tanto, nel senso che si ascoltano le notizie, i bombardamenti, le stragi continue ma tutto rientra in una certa routine. Fino a quando il conflitto non ci sfiora, noi rimaniamo un po’ distanti, non voglio arrivare a dire “insensibili”, ma certamente un po’ distanti, mentre l’uomo della strada si chiede: che possiamo fare!?

Ma succede che poi si fanno i conti con i risvolti che la guerra ha anche dal punto di vista economico.

Proprio così: i costi aumentano sensibilmente, se poi ci aggiungiamo la mancanza di energia elettrica, di gas, di carburante e poi l’incidenza che questo ha sulle aziende e sulle famiglie, allora la guerra comincia pian piano a toccarci più da vicino e allora siamo più attenti all’assurdità e alla mostruosità della guerra. Ecco: io credo che questi due livelli vadano distinti. Il papa deve esortare alla conversione per giungere a un punto di dialogo e ricominciare a ricostruire, ma sappiamo molto bene come la guerra e l’odio, come anche l’amore, non siano altro che la proiezione di ciò che c’è nel cuore di ogni uomo. La guerra non scoppia mai all’improvviso, ma è l’effetto di ciò che matura nel cuore e nell’anima di ogni persona e perciò ognuno di noi dovrebbe in qualche modo sentirsi responsabile.

Cosa può fare ognuno di noi, oltre che pregare?

Deve fare una vita coerente, di pace, eliminando litigi e divisioni. La guerra può sembrare un fatto a sé, in realtà è un’espressione massima che coinvolge un po’ tutti ed è il risultato di come noi viviamo, anche se al momento non ce ne accorgiamo.

Senza giudicare il comportamento dei popoli, viene alla mente chi, come Gandhi, invitata alla “resistenza passiva”, e viene da chiedersi, guardando al Vangelo: una risposta violenta anche a un’aggressione violenta è sempre il metodo giusto per risolvere i conflitti?

Di solito si dice che le responsabilità sono sempre da condividere, ma può essere che non sia sempre così. Se parliamo di un paese che invade un altro è logico che emotivamente mi schiero dalla parte dell’aggredito. Se un paese è sovrano ha diritto al rispetto degli altri stati, di difendere la propria indipendenza, la propria identità culturale, economica, ecc… un’intromissione violenta è un’intromissione indebita che io non posso sostenere. Attenzione, però, questo è principio, poi bisognerebbe conoscere tutti i particolari, per poter determinare in maniera più chiara la presa di posizione. La resistenza passiva certamente ci sta perché è nella linea evangelica, ma mi domando fino a che punto possa essere sostenibile, di fronte a distruzioni e massacri. Il diritto alla vita non è anche un principio evangelico?

Porgere l’altra guancia è il dettato evangelico? Ma è evangelico che l’Ucraina debba essere rasa al suolo? Il principio della legittima difese è valido a tutti i livelli, per il singolo cittadino come per il popolo. Ciò non toglie che la via della pace deve essere sempre privilegiata.

I segnali che si possono fare, a partire dalla marcia di Assisi per arrivare alle marce che si stanno organizzando in questi giorni e per le settimane future, che significato possono avere? Solo simbolico o sono uno stimolo per una presa di coscienza?

La preghiera che il cristiano deve fare ed elevare a Dio che è la fonte della pace è essenziale. Le altre manifestazioni di tipo diverso, perseguono una sensibilizzazione dell’opinione pubblica, manifestazioni di dissenso nei confronti della guerra e del male, esse coinvolgono tutti e hanno come fine il bene comune. La preghiera è una sua funzione, una sua efficacia, una sua identità, ma anche le altre manifestazioni hanno un loro senso e un loro significato. Creare un movimento di opinione, anche di idee e di pensiero è fondamentale per la società di oggi.

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