Ecclesia

Mons. Baturi (Cei): “Dialoghiamo con il Governo su rispetto della vita e lotta alle povertà”

In occasione del Natale, il segretario generale della Cei affronta i temi più caldi del momento: dalla guerra in Ucraina alla crisi economica, dall’operato del Governo Meloni al contrasto alle povertà, dai lavori del Cammino sinodale alla lotta agli abusi

foto Afp/Sir
24 Dic 2022

di Riccardo Benotti

“Non dobbiamo disperare della pace, ma fare continuamente appello all’umanità che sta in ogni uomo. Non ci possiamo rassegnare al comportamento inumano che produce solo sofferenza e morte”. Parte da un appello per la pace in Ucraina l’arcivescovo di Cagliari e segretario generale della Cei, mons. Giuseppe Baturi, che in un’intervista in occasione del Natale affronta i temi più caldi del momento.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Eccellenza, è il primo Natale con la guerra in casa. Perché l’Europa è la nostra casa comune e una guerra nel cuore del continente riguarda tutti noi. La Chiesa in Italia, fin dall’inizio, si sta spendendo con iniziative di solidarietà e di preghiera, come la Veglia che si è tenuta a Bari il 21 dicembre. Come sta vivendo questo tempo?
Con grande sgomento. Mi chiedo continuamente: come è possibile che nel 2022 si combatta ancora una guerra? Con mezzi atroci, contro donne e bambini, con la tortura e il terrore. Nel cuore dell’uomo c’è la radice di tutti gli squilibri che governano le divisioni del mondo. La guerra è possibile solo quando si assolutizza il proprio io contrapposto all’altro. La Chiesa che è in Italia è vicina all’Ucraina: a livello materiale, cercando di dare risposte concrete ai bisogni che via via emergono.

Non dobbiamo stancarci però di essere profetici, condannando la violenza, invocando la pace e chiamando le cose con il loro nome.

Non bisogna mai cedere, infatti, alla menzogna e all’occultamento della verità. Siamo totalmente solidali con il Papa, che chiede la pace nella giustizia. E poi non ci stanchiamo mai di pregare. Le preghiere per la pace animano le liturgie delle nostre comunità. Infine, è importantissimo poter raccogliere le migliori forze della cultura dell’uomo come strumento di riflessione e di unità contro la guerra.

C’è il rischio che ci si possa abituare alla guerra? Come si potrà arrivare alla fine dell’aggressione e a una giusta pace? Non è facile che un popolo invaso sia disposto a trattare…
Il dialogo presuppone il riconoscimento della dignità dell’altro e credere, anche contro l’evidenza, che sia possibile qualcosa di buono e di nuovo.

Il dialogo scommette tutto sull’imprevisto: del senso di umanità, di una ragionevolezza finora mancata.

Il Magistero della Chiesa ha sempre indicato i grandi pilastri della pace: giustizia, libertà, amore e perdono. Non dobbiamo disperare della pace, ma fare continuamente appello all’umanità che sta in ogni uomo. Non ci possiamo rassegnare al comportamento inumano che produce solo sofferenza e morte.

Le ripercussioni della guerra sono anche di natura economica. Dopo la pandemia, con cui ancora ci troviamo a fare i conti, la crisi economica sta colpendo anche l’Italia. L’aumento generalizzato di quasi tutte le materie prime e dei costi energetici si sta ripercuotendo nelle tasche di migliaia di persone che faticano ad arrivare alla fine del mese…
Siamo di fronte a un’ondata di crisi, che ormai rappresenta una possibilità della vita. La crisi, che fa male e impone sacrifici, potrebbe essere un’occasione per mettere in discussione il modello di sviluppo. Le crisi che abbiamo visto finora hanno accentuato le divisioni e le disuguaglianze di accesso ai beni e alle opportunità. Tutte le azioni di superamento delle crisi non possono tendere al ripristino del mondo di prima. Per questo il Papa non si stanca di raccomandare la solidarietà, la sussidiarietà e la partecipazione alle decisioni politiche da parte delle comunità.

L’ultimo Rapporto della Caritas ha introdotto il concetto di “povertà intergenerazionale”: la povertà si eredita, chi nasce in una famiglia povera ha bisogno di 5 generazioni per salire la scala sociale. Come valuta l’operato del nuovo Governo in materia di politiche sociali e di iniziative per fronteggiare la crisi economica, a due mesi dal suo insediamento?
Ci auguriamo di poter dialogare a tutto campo con il Governo e le istituzioni della Repubblica. La nostra linea è chiara: rispetto della vita e lotta alle povertà.

Siamo ancora ai primi passi di questo Governo, la priorità della Chiesa in Italia è l’azione di sviluppo che contrasti le povertà materiali ed educative e dia massima attenzione ai giovani.

Mezzo milione di persone, grazie a circa 50.000 gruppi sinodali, ha partecipato al primo anno del Cammino sinodale e ciascuna diocesi ha trasmesso alla Segreteria generale della Cei una sintesi di questa prima fase. Cosa è emerso? A che punto siamo e cosa si attende da questo Cammino?
La Chiesa sta riacquisendo consapevolezza di essere prima di tutto una casa in cui ci si può incontrare. Mi auguro che ci sia una lettura credente del momento storico: ci sono problemi interni ed esterni, la necessità di ripensare in termini missionari le parrocchie. Tutto ciò non sia motivo di contrapposizione, ma di dialogo comune.

L’ascolto diventi discernimento e individuazione di strade di cambiamento. La partecipazione così numerosa chiede un’urgenza di cambiamento. E la direzione, come dice il Papa, deve partire dal basso.

È necessario che la Chiesa diventi una casa accogliente per tutti. E che si metta in atto un nuovo annuncio del Vangelo.

La Chiesa in Italia ha intrapreso da tempo anche un percorso di chiarezza in merito al tema degli abusi. È stato presentato il primo monitoraggio e annunciata una indagine con il Dicastero per la Dottrina della Fede. È un messaggio di apertura e di responsabilizzazione?
È un messaggio di consapevolezza di una emergenza che ci addolora. Deve diventare per noi motivo di profonda conversione, che abbia a che fare con la verità delle indagini e con la giustizia riparativa. Siamo prossimi a tutte le persone ferite. La loro sofferenza è la nostra sofferenza. Per questo, non possiamo tollerare ogni forma di abuso. Dobbiamo fare della Chiesa un ambiente sicuro, capace di promuovere la prevenzione in tutta la società italiana.

La nostra azione – è un auspicio – può sollecitare altre istituzioni. È un cammino impegnativo, ma necessario. Puntiamo sulla formazione, abbiamo raggiunto oltre 20mila persone nei due anni di pandemia. Continueremo con più ardore e coinvolgeremo le istituzioni locali. Dobbiamo continuare questo cammino, che è segno di fedeltà al Vangelo e di amore alle persone. Non è più tollerabile convivere con questi orrori.

Da pastore, cosa desidera per questo Natale?
I Magi erano persone inquiete che cercavano la verità. Visto un segno di luce nella notte, si sono messi in cammino. E quante notti attraversiamo anche noi… Mi auguro che ci rimettiamo in moto: per cercare una vita migliore, per avere più inquietudine e meno appagamento. I Magi, seguendo quel segno, sono arrivati al bambino appena nato. Lì dobbiamo iniziare il viaggio di comprensione che il Dio grande si fa bambino, che la Gloria splende nella debolezza. Che però merita la nostra adorazione. Dobbiamo rimetterci in moto e valorizzare le luci che brillano nelle nostre notti.

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Editoriale

24 dicembre: “pensieri sparsi sul Natale”

24 Dic 2022

di Emanuele Ferro
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24 dicembre
Domani è Natale
Tempo di Natale è tempo di presepi viventi. Quell’anno il pastore ci prestò un agnellino con l’impegno di riportarlo dalla pecora madre per allattarlo. Tutti i bambini erano sovraeccitati e desiderosi di accarezzarlo. I presepi hanno sempre un che di tenerezza, riescono per un momento a trasportarti in un altro tempo e darti serenità. L’agnellino che belava era una nota perfetta in quell’atmosfera. Ma in virtù del risultato ben riuscito poco pensavo a quello che mi sarebbe stato comunicato il giorno dopo. Infatti come da accordi un collaboratore al mattino riportò l’animale all’ovile per farlo allattare. In attesa di riaprire il presepe vidi l’incaricato ritornare a mani vuote. Chiesi il perché: «Non ho avuto il coraggio di riportarlo in chiesa. Mamma pecora è rimasta tutto il giorno e la notte dietro la staccionata aspettando il suo piccolo. Impossibile spostarla da lì».

Mi sono sentito cattivo per aver sacrificato per la scenografia un affetto, l’istinto di un legame profondo per un quadretto natalizio. Al contempo, al di là di ogni esegesi, ho sentito lo spirito del Natale come una sorgente gorgogliare in me. Non lo so spiegare correttamente ancora dopo tanti anni di come quella pecora mi abbia toccato raccontandomi di un Dio che non si stanca di aspettare dietro una staccionata mentre mi perdevo in discutibili scenari per raccontare un Natale di sentimentalismi e non di amore capace di attendere e pronto a ridonarti una casa, di rimetterti al mondo.

 

E stamattina la Chiesa canta

Domani verrà la vostra salvezza,
dice il Signore Dio dell’universo.
Domani è già qui.
Abbiamo atteso ma in realtà siamo attesi.
Da sempre. Che meraviglia!
Buon Natale!

    

 

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Musica

Claudia Lamanna: “Il mio lavoro e il continuo dialogo per tirare fuori l’anima dall’arpa”

23 Dic 2022

di Paolo Arrivo

Il miglior regalo che si possa fare e ricevere per Natale è assistere a un concerto di musica classica. Segnatamente, a un recital di Claudia Lamanna: la miglior arpista del mondo, vincitrice dell’International Harp Contest in Israel 2022, si è esibita nella serata di ieri a Sammichele, nella provincia di Bari. Un’occasione per riassaporare il suo talento straordinario. E per avvicinarla con alcune domande. Scriàbin, Bach e Lopez, Satie, Britten e Fauré sono stati i compagni dell’evento promosso dalla Pro Loco “Dino Bianco” nella chiesa Santa Maria del Carmine. Esperienza da reiterare, un viaggio nei toni cupi e malinconici domati dalla grazia di Claudia Lamanna. “Noti di luci” – concerto per arpa aspettando Natale è stato il preludio di una gioia che deve arrivare. Che si deve compiutamente affermare.

Ha portato a termine il suo penultimo impegno dell’anno – domani (stasera, per chi legge) sarà a Brindisi. Il 2022 è stato straordinario per lei, con la conquista del più importante e più prestigioso concorso internazionale di arpa: cos’altro le ha portato?

“Sicuramente mi ha portata in giro per il mondo: mi ha permesso di continuare a farlo, in maniera più intensiva, perché dopo una vittoria di quel genere ho ricevuto tante richieste. Tanti gli incontri e gli appuntamenti, i concerti che verranno inseriti in calendario”.

A livello emozionale?

“Noi musicisti siamo abituati a calibrare le nostre emozioni. Questa per noi è una passione, e anche un lavoro. Ovvio che le emozioni, da quel momento, si siano moltiplicate”.

Un artista della fotografia, Paolo Roversi, interprete della moda, sostiene che anche gli oggetti hanno un’anima, che ci trasmettono e che ci emoziona. È d’accordo?

“Beh, certo. Io dialogo continuamente con il mio strumento: sono io che cerco di far uscire l’anima dall’arpa, che è semplicemente un oggetto di legno con una meccanica. L’approccio con lo stesso è molto importante. Io sono abituata a suonare sempre sul mio strumento, ma quando vado fuori trovo altri strumenti, per cui mi devo continuamente adattare. Ecco perché è sempre importante il dialogo. Il dialogo interiore, potremmo definirlo, con lo strumento da suonare”.

In una recente intervista ha dichiarato di sentirsi apprezzata più all’estero che in Italia. A cosa si riferiva in particolare?

“In realtà, più che denunciato apertamente, concordavo con il giornalista che mi aveva fatto la domanda facendomi notare che qui in Italia non si viene sempre apprezzati, soprattutto nell’ambito della musica classica. Allora io ho ricordato alcune vecchie esperienze e concordato. Il mio percorso di studi, peraltro, può testimoniarlo: sono andata a studiare all’estero, dove ho trovato un ambiente molto più florido, fertile per la musica classica, talvolta anche un pubblico più propenso e abituato ad ascoltare questo tipo di musica. D’altro canto è sempre un’emozione tornare a suonare nella mia terra”.

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Ecclesia

Mons. Matteo Zuppi alla veglia di preghiera per la pace, a Bari

foto Siciliani-Gennari/Sir
23 Dic 2022

“Una guerra tra cristiani umilia e scandalizza, offende il nostro unico e comune maestro che la spada ordina di rimetterla nel fodero, ricordando che chi di spada ferisce di spada perisce e che la violenza segna la vita della vittima e dell’assassino, sempre”. A lanciare il grido d’allarme è stato il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, nell’omelia della Veglia di preghiera promossa dalla Cei e dall’arcidiocesi di Bari-Bitonto per la pace in Ucraina. “Cosa può pensare San Nicola se non rattristarsi e chiedere nel nome di Dio di fermarsi?”, si è chiesto il cardinale dalla basilica che porta il nome del santo: “San Nicola non vuole la violenza e ordina la pace! Non si dica che non ci sono le condizioni! Quelle si trovano! Smettiamo combattimenti che portano solo alla distruzione! La pace non è un sogno è l’unica via per vivere! È la scelta, non una scelta. E la pace diventa preghiera, sofferta, per certi versi drammatica invocazione”. “Ma la pace è solidarietà, scelta concreta di aiutare chi è colpito, perché la guerra vergognosamente e senza nessuna pietà distrugge tutto, perfino gli ospedali, le scuole e la guerra uccide di freddo, di malattie non curate, di disperazione”, ha proseguito Zuppi: “Non smettiamo di aiutare, accogliere, mandare quello che serve per difendere la vita, di sognare che le spade si trasformino in vomeri”.

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Emergenze sociali

Garanzia europea infanzia – Presentata la ‘Deep Dive’: “Prestare maggiore attenzione alle categorie più vulnerabili”

Si tratta di un’analisi predisposta per la Commissione europea, che esamina le politiche esistenti al 2021 per prevenire e contrastare la povertà e l’esclusione sociale dei minorenni in Italia

foto Sir-Marco Calvarese
23 Dic 2022

L’Unicef, il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e la presidenza del Consiglio dei ministri-dipartimento per le politiche della famiglia, nel quadro delle attività legate alla promozione della Garanzia infanzia e del suo Piano attuativo, hanno presentato la “Deep Dive”, un’analisi predisposta per la Commissione europea, che esamina le politiche esistenti al 2021 per prevenire e contrastare la povertà e l’esclusione sociale dei minorenni in Italia. L’analisi, funzionale alla redazione del Piano di azione nazionale sul Sistema europeo di garanzia per i bambini vulnerabili, individua i minorenni maggiormente bisognosi e dunque i potenziali beneficiari della Garanzia infanzia.
Lo studio, concordato nell’ambito delle attività del Gruppo di lavoro interministeriale per l’implementazione dell’esperienza pilota della Child Guarantee in Italia e commissionato dall’Unicef all’Istituto Cattaneo in consorzio con Learn More e Codici, ha rappresentato un valido supporto nel processo di redazione, coordinato dalla coordinatrice nazionale Anna Maria Serafini e condotto in seno al gruppo di lavoro “Politiche e interventi sociali in favore dei minorenni in attuazione della Child Guarantee” del Piano d’azione nazionale della Garanzia Infanzia sottoposto, in data 30 marzo 2022, dal Governo italiano alla Commissione europea, fornendo osservazioni utili anche per la prossima fase di implementazione.
L’analisi ribadisce la necessità di “prestare maggiore attenzione alle categorie più vulnerabili, facendo emergere come ancora oggi bambine/i e adolescenti restino una delle categorie più esposte al rischio di povertà: circa 1 su 7 vive in povertà assoluta, per 1 su 3 resta alto invece il rischio di povertà ed esclusione sociale. Il rischio è ancora più alto se si considerano le famiglie numerose e quelle monogenitoriali”. Conta anche il fattore territoriale con “le famiglie del Sud-Italia maggiormente esposte”. Tra i più colpiti, “anche gruppi caratterizzati da vulnerabilità specifiche tra cui minorenni con problemi di salute mentale, con background migratorio e con disabilità. Queste categorie sono infatti spesso penalizzate dalla mancanza di servizi specifici o da barriere all’accesso ai servizi”.

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Amministrazione locale

Crescono le immatricolazioni universitarie a Taranto

Melucci: «Determinanti i nostri bonus e la promozione della città»

foto Paolo F. Occhinegro
23 Dic 2022

L’andamento delle immatricolazioni universitarie nel 2022 ci consegna un dato entusiasmante: dopo anni di stasi, le iscrizioni ai primi anni per i corsi insediati a Taranto sono cresciute del 50%.
Il dipartimento ionico torna a essere attrattivo, quindi, e dobbiamo attribuire questo successo sicuramente al buon lavoro svolto. Ma sono certo che un ruolo importante lo abbia avuto anche la nostra amministrazione, attraverso l’attivazione e la promozione di nuovi corsi, come Medicina, attraverso l’incessante lavoro di consolidamento della realtà universitaria rintracciabile nei numerosi accordi di programma, negli investimenti per le sedi e nell’adesione alla fondazione “Archita”, ma soprattutto attraverso i bonus libri e fitto che abbiamo lanciato nelle scorse settimane.
foto Paolo F. Occhinegro

Queste misure, infatti, hanno contribuito a orientare i neodiplomati verso l’università tarantina: poter contare su un sostegno nella ricerca di un alloggio, avere un aiuto per l’acquisto degli strumenti di studio, sono evidentemente delle ulteriori e ottime ragioni per scegliere i nostri corsi.

Ma non sottovaluterei anche un altro aspetto: Taranto è diventata città di riferimento del territorio, culla di un nuovo fermento culturale ed economico che invoglia i più giovani a restare, a costruire qui il proprio futuro accademico e professionale. I ragazzi vogliono essere parte del cambiamento che vedono con i loro occhi.
Rispetto al passato, Taranto è luogo dove poter investire in una start up, dove poter vedere e vivere eventi di qualità, dove confrontarsi con linguaggi artistici e culturali mai visti. Taranto è la città dei festival, del Medimex, della Biennale del Mediterraneo, della biblioteca Acclavio e del Mudit, degli eventi sportivi internazionali, una città finalmente a misura di studente.
Lavoreremo per confermare e migliorare ancora il dato delle immatricolazioni, anche perché è su quel dato che si costruisce la strada verso l’autonomia universitaria. Che resta uno tra i nostri obiettivi più importanti e ambiziosi.

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Ecclesia

Mons. Sanguineti agli insegnanti di religione cattolica: “Mettersi in ascolto delle domande e delle ferite degli studenti”

foto Siciliani-Gennari/Sir
23 Dic 2022

“A pochi giorni dalla celebrazione del Santo Natale, desidero raggiungervi con questo mio messaggio di auguri, rinnovando il mio ringraziamento per il prezioso lavoro che svolgete, nelle scuole pubbliche, statali e paritarie e in quelle private, di ogni ordine e grado, affrontando il compito non facile, eppure affascinante, di introdurre i vostri studenti a una conoscenza viva della religione cattolica, nel suo valore culturale ed esistenziale”. Lo scrive il vescovo di Pavia, mons. Corrado Sanguineti, rivolgendosi agli insegnanti di religione cattolica.
“So che vi spendete con passione e dedizione, cercando d’intessere relazioni autentiche, di amicizia e di collaborazione, con i vostri colleghi e con l’intero personale delle vostre scuole, così come la vostra presenza vi permette d’entrare in contatto con genitori e famiglie, e di offrire il vostro apporto alla grande opera educativa delle nuove generazioni”, osserva il presule, ricordando che “il Natale 2022 è purtroppo segnato dalle ombre di guerra che si stendono sul mondo e che non risparmiano la nostra Europa: immagino che nel dialogo nelle aule scolastiche non siano mancati interrogativi e riflessioni sul dono così fragile della pace, minacciato da logiche di potere e di sopraffazione, e sul contributo positivo che tutti, in ogni età e ambiente, possiamo portare alla crescita di una cultura della pace e della vera fraternità tra gli uomini”.
“Proprio la nascita di Cristo ci assicura che Dio non si stanca di venire e di farsi presente nella storia e nell’esistenza nostra, come un seme di vita, come una luce che rischiara il buio delle tenebre. Natale è festa di luce: è la luce di Dio che risplende nell’umanità di Gesù e che continua a trasparire nel volto e nella carne di uomini e donne resi più umani e più lieti dalla fede in Cristo”, prosegue mons. Sanguineti, evidenziando che “questa è la testimonianza che siete chiamati a portare nel mondo della scuola, attraverso l’impegno serio del vostro insegnamento, attraverso il rapporto che costruite con i vostri studenti, mettendovi in ascolto delle loro domande e anche delle loro ferite, attraverso la collaborazione che coltivate con gli altri docenti e con i dirigenti dei vostri istituti”.

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Francesco

Papa Francesco nel discorso alla curia romana: “Non esiste solo la violenza delle armi; esiste quella verbale, psicologica, dell’abuso di potere”

Papa Francesco ha dedicato il tradizionale discorso di Natale alla conversione e alla necessità della ‘vigilanza’: “Alcune cadute, anche nella Chiesa, sono un grande richiamo a mettere Cristo al centro”

23 Dic 2022

di Maria Michela Nicolais

“La cosa peggiore che possa accaderci è pensare di non avere più bisogno di conversione, a livello sia personale sia comunitario”. Nel tradizionale discorso rivolto alla curia romana per gli auguri natalizi, papa Francesco si è soffermato sulla necessità di convertirsi, che “non è semplicemente prendere le distanze dal male, è mettere in pratica tutto il bene possibile”. “È troppo poco denunciare il male, anche quello che serpeggia in mezzo a noi”, l’appello ai suoi confratelli cardinali: “Il nostro grande problema consiste nel confidare troppo in noi stessi, nelle nostre strategie, nei nostri programmi”. L’antidoto alla “superbia spirituale” e allo “spirito pelagiano” è la vigilanza: “Noi siamo più in pericolo di tutti gli altri, perché siamo insidiati dal ‘demonio educato’, che non viene facendo rumore ma portando fiori”. “Alcune cadute, anche come Chiesa, sono un grande richiamo a rimettere Cristo al centro”, la tesi del papa, secondo il quale “la semplice denuncia può darci l’illusione di aver risolto il problema, ma in realtà quello che conta è operare dei cambiamenti che ci mettano nella condizione di non lasciarci più imprigionare dalle logiche del male, che molto spesso sono logiche mondane”.

“Non esiste solo la violenza delle armi, esiste la violenza verbale, la violenza psicologica, la violenza dell’abuso di potere, la violenza nascosta delle chiacchere, che distruggono tanto”, ha osservato Francesco, che per spiegare la conversione ha fatto riferimento ai sessant’anni dall’inizio del Concilio Vaticano II, definito “una grande occasione di conversione per tutta la Chiesa”. “Il contrario della conversione è il fissismo, cioè la convinzione nascosta di non avere bisogno di nessuna comprensione ulteriore del Vangelo”, ha precisato il Papa, che ha messo in guardia dall’errore di “voler cristallizzare il messaggio di Gesù in un’unica forma valida sempre”: “La forma invece deve poter sempre cambiare affinché la sostanza rimanga sempre la stessa. L’eresia vera non consiste solo nel predicare un altro Vangelo, come ci ricorda Paolo, ma anche nello smettere di tradurlo nei linguaggi e nei modi attuali, cosa che proprio l’apostolo delle genti ha fatto. Conservare significa mantenere vivo e non imprigionare il messaggio di Cristo”. Con precisione chirurgica, Francesco ha analizzato l’insidiarsi del male nell’animo umano:  “La nostra prima conversione riporta un certo ordine: il male che abbiamo riconosciuto e tentato di estirpare dalla nostra vita, effettivamente si allontana da noi; ma è da ingenui pensare che rimanga lontano per lungo tempo. In realtà, dopo un po’ si ripresenta a noi sotto una nuova veste. Se prima appariva rozzo e violento, ora invece si comporta in maniera più elegante ed educata. Allora abbiamo ancora una volta bisogno di riconoscerlo e smascherarlo”.

“Sono i demoni educati”, ha spiegato il papa: “entrano con educazione, senza che io me ne accorga. Solo la pratica quotidiana dell’esame di coscienza può far sì che ce ne rendiamo conto”. Di qui la necessità di non “cadere nella tentazione di pensare di essere al sicuro, di essere migliori, di non doverci più convertire”.  “A tutti noi sarà successo di perderci come quella pecorella o di allontanarci da Dio come il figlio minore”, ha argomentato Francesco: “Sono peccati che ci hanno umiliato, e proprio per questo, per grazia di Dio, siamo riusciti ad affrontarli a viso scoperto. Ma la grande attenzione che dobbiamo prestare in questo momento della nostra esistenza è dovuta al fatto che formalmente la nostra vita attuale è in casa, tra le mura dell’istituzione, a servizio della Santa Sede, nel cuore stesso del corpo ecclesiale; e proprio per questo potremmo cadere nella tentazione di pensare di essere al sicuro, di essere migliori, di non doverci più convertire”. “Se a volte dico cose che possono suonare dure e forti – ha puntualizzato il Papa – non è perché non creda nel valore della dolcezza e della tenerezza, ma perché è bene riservare le carezze agli affaticati e agli oppressi, e trovare il coraggio di ‘affliggere i consolati’, come amava dire il servo di Dio don Tonino Bello, perché a volte la loro consolazione è solo l’inganno del demonio e non un dono dello Spirito”.

“Mai come in questo momento sentiamo un grande desiderio di pace”, l’esordio della seconda parte del discorso, dedicata per l’ennesima volta alla “martoriata Ucraina”, ma anche ai “tanti conflitti che sono in atto in diverse parti del mondo. La guerra e la violenza sono sempre un fallimento”.

”La religione non deve prestarsi ad alimentare conflitti”, ha ribadito Francesco: “Il Vangelo è sempre Vangelo di pace, e in nome di nessun Dio si può dichiarare ‘santa’ una guerra”. “Davanti al Principe della Pace che viene nel mondo, deponiamo ogni arma di ogni genere”, l’invito: “Ciascuno non approfitti della propria posizione e del proprio ruolo per mortificare l’altro”.

“La misericordia è accettare che l’altro possa avere anche i suoi limiti”, ha affermato il papa, secondo il quale “è giusto ammettere che persone e istituzioni, proprio perché sono umane, sono anche limitate”. “Una Chiesa pura per i puri è solo la riproposizione dell’eresia catara”, il monito: “Se così non fosse, il Vangelo, e la Bibbia in generale, non ci avrebbero raccontato limiti e difetti di molti che oggi noi riconosciamo come santi. Infine il perdono è concedere sempre un’altra possibilità, cioè capire che si diventa santi per tentativi. Dio fa così con ciascuno di noi, ci perdona sempre, ci rimette sempre in piedi e ci dona ancora un’altra possibilità. Tra di noi deve essere così”.

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Editoriale

23 dicembre: “pensieri sparsi sul Natale”

23 Dic 2022

di Emanuele Ferro
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23 dicembre

Pensieri sparsi
Linda e Antonio sono due sessantenni, sono i genitori di Luca un trentenne disabile grave, da sempre su una di quelle carrozzine spaziali e ingombranti. Luca sorride, usa gli occhi soltanto. Comunica con i genitori quando lo stimolano con le mani sulla pancia, lo massaggiano, lo solleticano un po’. Ogni tanto emette dei risolini o dei lamenti. Quando scaricano tutto l’armamentario dalla monovolume gli sguardi intorno sono pregni dei sentimenti e dei giudizi più discordanti. Pietà, compassione per questo uomo gravemente disabile oppure per i suoi genitori impegnati e totalmente dediti a lui. In realtà Linda e Antonio sono sereni nonostante i ritmi serrati ed una vita, diciamocelo, totalmente sacrificata. Visti dal di fuori il peso che portano è enorme. Senza ipocrisie dovremmo ammettere quella convinzione che si affaccia nel cuore di tutti: in questi casi è meglio che una persona così se la prenda il Signore. Linda e Antonio credo che ad un’affermazione del genere reagirebbero con violenza, tradendo il loro sorriso quotidiano e la loro conosciuta giovialità.


Il bandolo della matassa

Ognuno ha un ideale di vita da vivere, possibilmente lontano dalla sofferenza e dalla prova. Vogliamo tutti essere felici ma in realtà se ci si chiede cosa sia questa felicità non lo sappiamo. Ricordiamo alcuni momenti in cui abbiamo sentito un sentimento vicino alla felicità ma non lo sappiamo definire, probabilmente il ricordo è legato malinconicamente a qualcuno che non c’è più, ad una carezza di cui avremmo voluto approfittare più a lungo. Per il Vangelo la felicità sembra essere invece non un sentimento o tantomeno una condizione di lontananza dalla sofferenza. La felicità è pienezza di una vita riempita di missione e di presenza. Le cose prendono senso dal di dentro quando nel fondo della nostra viene posto Lui. Non ci sono felici o infelici, ma uomini e donne abitati o disabitati dal cuore deserto. Linda e Antonio hanno imparato ad amarsi in Luca, il loro donarsi ha travolto le loro giornate e in realtà non saprebbero come affrontare la vita un giorno che Luca non ci sarà più. Perché la vita di Luca è sempre appesa ad un filo. L’amore non è banale. I panorami più belli e che più ci avvicinano all’infinito si stagliano su orizzonti vertiginosi ma dopo aver scalato vette e aver rischiato la vita.



Intanto la Chiesa oggi canta:
O Emmanuele,
nostro re e legislatore,
speranza e salvezza dei popoli.
Vieni a salvarci; o Signore nostro Dio.

O Emmanuele significa Con Noi Dio.
Dio abita nelle nostre case.
Far nascere Dio nella stalla del cuore è portare il Principio della vita all’origine e al fine di ogni cosa,
trasfigurando un’esistenza che dall’esterno può impaurire perché segnata dal dolore,
in una fonte di luce, di pace e di gioia.
L’Emmanuele è il re e il legislatore,
sulle cui spalle è il segno della potestà.
Spalle incurvate dal peso della pecorella smarrita e dalla croce.
Un giogo leggero e soave, capace di donare ristoro.
Vieni Emmanuele, salva la mia vita dal di dentro, rendendola piena, non ho paura della sofferenza, ho paura di una vita che non conosce l’amore che salva!

 

 

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Città

Approvato il progetto definitivo di piazza Fontana, l’opera di Carrino è circoscritta al suo interno

22 Dic 2022

di Silvano Trevisani

La giunta comunale ha approvato il progetto definitivo per la riqualificazione di piazza Fontana proposto dalla direzione Lavori pubblici. Dopo un iter partecipato, e in previsione della conferenza di servizi propedeutica all’avvio dei lavori previsto nel 2023, è stato quindi definito il progetto che riqualificherà la piazza realizzata, circa trent’anni fa, dallo scultore tarantino Nicola Carrino,

L’intervento, si legge nelle nota, costerà circa 1 milione di euro e intende “dare lustro all’opera artistica di Carrino”.

Il progetto appare sostanzialmente modificato rispetto alla precedente proposta realizzativa, che aveva suscitato più di qualche perplessità. In particolare sembrano scomparse le quinte “verdi” che erano state in un primo momento previste sullo sfondo, in parallelo con la Torre dell’orologio, e anche la pavimentazione appare modificata, mentre l’area della fontana appare circoscritta all’interno del piazzale che appare leggermente ampliato. In sostanza, si è voluto inserire la fontana in un contesto più armonico, con una logica che, secondo l’assessore Mattia Giorno, lascia all’opera di Carrino raccontare l’anima della città partendo dalla piazza nel suo complesso. La scelta compiuta, spiega la nota del Comune, è evitare di schierare il passato contro il presente, accettando “una identità doppia tra passato e proiezione verso il futuro”.

Fa piacere ascoltare questa filosofia di coniugazione convinta tra passato e presente, soprattutto in una città che a volte sembra rinnegare il passato, i suoi antichi protagonisti e proiettarsi esclusivamente nell’oggi, non valorizzando che il passato molto prossimo. Con una tesi che passa troppo facilmente dalla politica (che ha molto da farci dimenticare!) alla cultura. In questo senso, l’opera di Carrino, sempre messa in discussione nella pratica, con la trascuratezza, la mancata manutenzione, le ipotesi di rimozione neppure tanto lontane, è di certo un luogo artistico ormai “lontano”, proveniente da un’era culturale ormai remota, rivendica la sua datazione e la sua proiezione nel futuro di Taranto che, se progetta se stessa in una nuova logica, non può dimenticare il suo ruolo fondamentale di città industriale. La recente classifica del “Sole 24Ore” lo dice chiaramente: la città scende in classifica perché i tarantini emigrano e lo fanno perché mancano le imprese produttive (non certo quelle turistiche che, appartengono al terziario, hanno solida affidabilità, soprattutto occupazionale) e il lavoro a esse connesso. Ebbene: ricordiamo che Carrino, al quale eravamo legati da profonda amicizia e condivisione, considerava la sua opera come testimonianza essenziale della dimensione industriale della città. E tale va considerata, salvaguardata e valorizzate, se davvero si vuol rispettare il suo autentico “valore artistico”. Un rispetto che avrebbe forse meritato una valutazione non solo architettonica del progetto ma anche “critico/artistica”. Ma questo è un altro discorso.

Il sindaco Rinaldo Melucci, l’assessore ai Lavori Pubblici Mattia Giorno e il direttore dei lavori, l’ingegner Domenico Mancini, hanno, inoltre, visitato il cantiere appena aperto di Palazzo Troilo, una perla architettonica che cela suggestivi ipogei e antichi affreschi, in parte ancora intatti.

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Musica

Il concerto natalizio per la pace della Chiesa madre di Lizzano

foto: Chiesa madre di Lizzano
22 Dic 2022

di Piergiovanni Amodio

La Chiesa madre San Nicola a Lizzano, condividendo il desiderio e la ricerca di pace in Europa e nel mondo, nell’imminenza del santo Natale ha desiderato proporre alla comunità civile ed ecclesiale del paese un importante concerto per la pace, che si è tenuto domenica scorsa 18 dicembre nell’aula liturgica della medesima chiesa matrice.

Il suddetto concerto – eseguito a voci dispari dalla corale polifonica parrocchiale, diretta dalla maestra Annamaria Lecce – ha fruito anche della presenza qualificata di diversi professionisti, che si sono cimentati al pianoforte, al violino, alla viola, al flauto e alla zampogna, offrendo così ai presenti un ricco ed assortito repertorio di canzoni natalizie della tradizione italiana, inglese ed americana.

Veramente in tanti hanno preso parte al singolare evento parrocchiale, gremendo l’antico tempio fino a sotto il grande porticato parrocchiale: autorità religiose, civili e militari, persone singole e gruppi familiari, rappresentanti delle istituzioni, movimenti e associazioni, con la presenza di tanti giovani e adulti.

Salutando i presenti, il parroco don Giuseppe Costantino Zito ha opportunamente evidenziato come il conseguimento della pace costituisca «l’aspirazione di ogni individuo e di ogni popolo, ancor più nel tempo che stiamo attraversando. La pace e la stabilità internazionale diventano possibili solo a partire da un’etica globale di fraternità, di solidarietà e di cooperazione, posta al servizio di un futuro, modellato sull’interdipendenza e sulla corresponsabilità dialogica dell’intera famiglia umana».

E richiamando gli accorati appelli alla pace di papa Francesco, ha poi espresso un commosso auspicio: «le nostre note musicali vorrebbero stasera raggiungere ogni angolo della terra, particolarmente la nazione Ucraina, e rimuovere anche soltanto per un po’ la sofferenza dell’umanità, colpita dalla violenza delle guerre, sull’esempio degli angeli che, nella notte di Betlemme, seppero essere cantori stupendi e testimoni luminosi di pace!».

Ha infine concluso, affermando così: «nella nostra esperienza di credenti noi facciamo costante memoria di Cristo, che ha donato la sua vita per la nostra riconciliazione. La Chiesa quindi partecipa pienamente alla ricerca di un ordine giusto, continuando a servire il bene comune e a nutrire la speranza della pace, attraverso la trasmissione dei valori cristiani, l’insegnamento morale e le opere sociali, di educazione e di carità».

È stato un momento comunitario di grande coesione sociale, come pure di alto profilo artistico e spirituale, apprezzato da tutti.

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Drammi umanitari

Migranti annegati: a Porto Empedocle, benedetti i corpi di una bimba di sei mesi e di una donna

foto Sir
22 Dic 2022

Una bara bianca sulla banchina del porto di Porto Empedocle, sopra una bara scura con il feretro di una donna di origine africana. I corpi di due migranti sono stati trasferiti da Lampedusa. La bimba aveva solo 6 mesi, è morta all’interno dell’hotspot di Contrada Imbriacola forse per un problema congenito o un malore improvviso; a fianco la salma di una donna, ripescata cadavere al largo dell’isola più grande delle Pelagie. Le due bare, a bordo delle traghetto Veronesi, sono arrivate nella serata di ieri al porto, dove si è tenuto un momento di preghiera in presenza delle autorità religiosi, civili e militari.
Il saluto e la benedizione sono stati impartiti dall’Imam di una delle moschee di Agrigento, alla presente del direttore dell’Ufficio ecumenismo e Dialogo della diocesi di Agrigento, don Luca Camilleri, in rappresentanza dell’arcivescovo di Agrigento. Le due salme verranno portate al cimitero di Favara dove la Prefettura di Agrigento è riuscita a trovare dei posti per la sepoltura. Dal traghetto sono scesi anche 50 migranti provenienti di Lampedusa. Al loro arrivo c’erano due bambini che sono accorsi ad abbracciare un migrante arrivato sulla terra ferma. “Ieri sera ho provato diversi sentimenti – dice don Camilleri -. Arrivato di corsa dalla parrocchia, forse preso dai preparativi dell’organizzazione della cerimonia funebre, all’ennesima vista di queste bare, questa volta, non provavo nulla. E allora il fatto stesso di non provare nulla mi ha spaventato. Ho detto al Signore: ‘Mi si sta indurendo il cuore?’. Perché non riesco a piangere più, come le prime volte? Nel frattempo un’immagine ha attratto la mia attenzione. Nell’oscurità del porto, la bara bianca della bambina e la placca dorata con il suo nome apparivano ancora più luminose. Su questa bara due donne, il questore e il prefetto, come le pie donne al sepolcro, deponevano dei fiori colorati, come solo una donna sa fare. In questo momento, tutti noi parroci preparandoci al Natale, dopo i paramenti viola dell’Avvento, indosseremo paramenti colorati. E riflettevo con me stesso come sia strano: qui bianco e dorato sono diventati simbolo della strage degli innocenti. Allora, mi sono venute in mente dalla Liturgia le parole della sequenza pasquale (mors et vita duello conflixere mirando: dux vitae mortuus regnat vivus), che dicono come “la morte e la vita si sono affrontate in un prodigioso duello, il Signore della vita era morto ma ora vivo trionfa”. Allora ho chiesto al Signore della vita che bianco e dorato possano essere di nuovo i colori della vita. Che il Signore della vita illumini le menti dei governanti dell’Italia, delle nazioni e di quegli uomini che sono alla guida della Comunità europea, perché l’appello del papa sia ascoltato e si ponga fine a questa strage”.

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