Cattiva gestione

Cia Due mari: «Canale colabrodo: dalla Lucania alla Puglia si perde il 50% dell’acqua»

foto Cia Due mari - Taranto
23 Gen 2023

C’è scarsa manutenzione lungo il canale adduttore che, dalla Basilicata, trasporta acqua in Puglia per 35 km, in particolare in una porzione di territorio del versante occidentale della provincia di Taranto: Castellaneta, Palagianello e Ginosa.
«Secondo nostre stime, il quantitativo di acqua che parte dalla derivazione di San Marco, in Basilicata, e arriva a Palagianello, si dimezza a causa di perdite considerevoli».
A denunciare uno spreco e una situazione davvero inaccettabili è l’area Due Mari di Cia Agricoltori Italiani di Puglia, in seguito ad un sopralluogo tecnico effettuato in determinate zone dell’agro di Castellaneta e di Ginosa.
La struttura è vetusta, risale agli anni ‘60 e, come evidenziato dalla declinazione tarantina della Cia Agricoltori Italiani, non è mai stata oggetto di interventi di ammodernamento, nonostante le tante risorse rese disponibili dai vari bandi ministeriali nel corso degli anni e in ultimo con il Pnrr.
«Peraltro i canali sono sporchi e in totale stato di abbandono – ha rimarcato Vito Rubino, direttore dell’Area Due Mari di Cia Agricoltori Italiani di Puglia – Il timore, più che fondato, è che lungo quei 35 km siano molte le perdite e diversi i punti di rottura».
«Occorre intervenire celermente sul consorzio di bonifica Stornara e Tara di Taranto», ha aggiunto Rubino, ricordando fra l’altro la chiusura del casello 4 di Castellaneta per mancanza di personale. A breve, anche altri caselli seguiranno la stessa sorte, perché il personale si è ridotto in maniera considerevole e la sostituzione, volendo utilizzare soltanto gli stagionali, non è semplice, come qualcuno invece ipotizza, occorre l’affiancamento per un certo periodo, affinché vi sia piena conoscenza del territorio e dell’ubicazione degli impianti consortili. Anche coloro che gestivano la manutenzione sugli impianti sono stati posti in quiescenza, e non sono stati sostituiti né vi è stato l’affiancamento necessario. Dobbiamo scongiurare lo spauracchio dell’aumento dei costi, in quanto a nostro avviso, per eseguire la manutenzione, quasi sicuramente si ricorrerà all’intervento di imprese esterne, nonostante l’eccellenza costituita fino a ieri delle squadre interne di manutenzione, vero punto di forza e fiore all’occhiello per diversi anni del consorzio di bonifica Stornara e Tara».
Ma il tempo stringe: tra qualche settimana, infatti, l’intero canale adduttore dovrebbe trasportare acqua per irrigare le colture pregiate dell’arco ionico occidentale e per la CIA, che non ha nascosto preoccupazione, al momento non è pervenuta nessuna notizia certa sull’avvio della stagione irrigua, al fine di consentire agli imprenditori agricoli tarantini un’accurata programmazione aziendale.
«Il trasporto di acqua a cielo aperto comporta uno spreco notevole di risorse da arginare subito, anziché pensare ad eventuali aumenti del costo – ha ribadito il direttore Rubino – La politica deve intervenire rapidamente, dando priorità, tramite fondi ministeriali o del PNRR, ad oculate opere di ammodernamento anche affidandosi a strutture specializzate, che forniscono le opere chiavi in mano, atteso che il consorzio Stornara e Tara ci risulta non disporre di progetti immediatamente cantierabili e di personale per fare progetti.
«L’area Due Mari – ha dichiarato Pietro De Padova presidente CIA Due Mari – è irremovibile e giudica improponibile un eventuale aumento delle tariffe irrigue, considerato quanto accaduto nel corso del 2022 alle imprese agricole, che hanno dovuto fronteggiare costi elevatissimi e problemi di prodotto invenduto rimasto sulle piante».
«Non dimentichiamo poi che la Puglia è comproprietaria al 50% con la Basilicata dell’acqua della diga di San Giuliano – ha concluso Rubino – Quell’acqua, in Lucania viene erogata a 5 centesimi al metro cubo, in Puglia, invece, costa circa 11 centesimi in più. Nessuna notizia poi è giunta sulla rivisitazione degli accordi con la vicina Basilicata per l’erogazione di acqua dalla diga di Monte Cotugno, che alimenta l’impianto Sinni-Vidis. Il livello regionale di gestione dei consorzi commissariati e quello Provinciale del consorzio Stornara e Tara non dimostrano di essere in grado di offrire soluzioni concrete e immediate, probabilmente a causa di una scarsa conoscenza delle reali problematiche territoriali e di un andamento piuttosto lento. Riteniamo che l’efficacia e l’efficienza dell’azione dei consorzi passi innanzitutto dall’apporto di nuove professionalità che invece, a tutt’oggi, preferiscono scegliere altre strade, prendendo le distanze da un carrozzone in cui l’attuale governance stenta a fornire risposte adeguate. Siamo molto preoccupati e attendiamo vigili, insieme ai nostri associati, un repentino cambio di rotta che modifichi l’attuale stato delle cose, in caso contrario non escludiamo di scendere in piazza per far emergere la gravità di quanto è stato evidenziato».

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Ecclesia

La domenica del Papa – Lasciare per seguire

foto Vatican media/Sir
23 Gen 2023

Insegnare, annunciare, guarire. Tre verbi che Matteo sceglie per descrivere la missione di Gesù che percorreva la Galilea delle genti “insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il Vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità” e che lo porterà a dare la sua vita per noi. In queste quattro domeniche, da Natale, abbiamo trovato Gesù deposto in una mangiatoria, cercato e venerato dai magi venuti dall’Oriente. Due domeniche fa Matteo ci ha descritto il tempo del battesimo nel Giordano per mano di Giovanni Battista. Ma tra questi due momenti sappiamo che ha dovuto trascorrere del tempo in Egitto, e successivamente è entrato nella terra di Israele, passando la sua giovinezza nella cittadina di Nazareth in Galilea.
Il Vangelo di questa domenica ci narra l’arresto di Giovanni e la decisione di Gesù di lasciare la Giudea per andare nella piccola Cafarnao, sulle rive del mare di Tiberiade, luogo abitato da ebrei, ma anche da stranieri di origine greca e altri popoli. Paura di fare la stessa fine di Giovanni? Non lo sappiamo, certo Gesù non aveva ancora compiuto alcun gesto “scandaloso”, ne aveva pronunciato alcun discorso “politicamente scorretto”. Aveva iniziato il suo “cammino” là dove lo aveva iniziato Giovanni con lo stesso appello-invito: “convertitevi, perché il Regno dei cieli è vicino”.
Forse “iniziare” da Cafarnao, domenica prossima leggeremo le beatitudini, è anche un modo per ricordarci che Gesù è colui che compie le scritture; la cittadina è, infatti, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali e il profeta di Isaia, è la prima lettura di questa terza domenica del tempo ordinario, annuncia che da questa terra oltre il Giordano, un “grande luce” è stata vista dal popolo “che abitava nelle tenebre […] per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta”. Il messaggio che Matteo ci lascia, dunque, è proprio l’immagine della luce, un Dio che affascina, illumina il cuore e chiama ogni uomo e donna là dove lavorano e vivono: seguimi. Lo dice a Pietro e Andrea, pescatori nel mare di Galilea; a Giacomo e al fratello Giovanni: “e loro subito lasciarono le reti e lo seguirono”.
Lasciare per seguire. È il momento della scelta, della decisione che cambia la vita; prima o poi arriva questa scelta, dice Papa Francesco all’Angelus, e bisogna decidere: “lascio alcune certezze e parto per una nuova avventura, oppure rimango come sono?” Momento decisivo per ogni cristiano, il “coraggio di lasciare, di mettersi in cammino”. E “se non si trova il coraggio di mettersi in cammino, c’è il rischio di restare spettatori della propria esistenza e di vivere la fede a metà”. Ma cosa dobbiamo lasciare, si chiede il vescovo di Roma. “Certamente i nostri vizi, i nostri peccati, che sono come ancore che ci bloccano a riva e impediscono di prendere il largo”. Chiedere perdono e lasciare “anche ciò che ci trattiene dal vivere pienamente, per esempio le paure, i calcoli egoistici, le garanzie per restare al sicuro vivendo al ribasso. E bisogna anche rinunciare al tempo che si spreca dietro a tante cose inutili”. Lasciare, dunque, per dedicare tempo alla preghiera, per una giovane famiglia “aprirsi all’imprevedibile e bellissima avventura della maternità e della paternità”; poi medici e operatori sanitari che dedicano il loro tempo ai malati; lavoratori che lasciano le comodità per portare il pane a casa. Francesco ci ricorda che “per realizzare la vita occorre accettare la sfida di lasciare”.
Domenica dedicata alla Parola di Dio che “è rivolta a tutti e chiama alla conversione”; parola che “scuote, ci scomoda, ci provoca al cambiamento, alla conversione”; parola che mette in crisi perché “viva”. Parola che ha il volto di Gesù, pellegrino nelle città e villaggi, per “incontrare volti e storie”, messaggero che annuncia la buona notizia.
Angelus nel quale Francesco chiede che finisca il conflitto in Myanmar, dove è stata distrutta la chiesa di Nostra Signora dell’Assunzione, uno dei luoghi di culto più antichi del paese. Pace in Perù – la violenza spegne la speranza di una giusta soluzione dei problemi – in Camerun – il futuro è nella via del dialogo e della comprensione reciproca – e nella martoriata Ucraina “il Signore conforti e sostenga quel popolo che soffre tanto”.

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Ecclesia

Acli: “L’Italia ratifichi il trattato per la proibizione delle armi nucleari”

foto Vatican news
23 Gen 2023

Domenica 22 gennaio, sono due anni dall’entrata in vigore del Trattato di messa al bando delle armi nucleari, grazie alla campagna Ican (International Campaign Against Nuclear Weapons), premiata con il Nobel per la pace.

Le Acli, insieme a quasi 50 associazioni del mondo cattolico e dei movimenti ecumenici e non violenti su base spirituale, a fianco della campagna Italia Ripensaci, ricordano e rilanciano il loro appello fatto alla vigilia della grande manifestazione per la pace del 5 novembre scorso affinché il nostro Paese ratifichi il trattato per la proibizione delle armi nucleari.

Non aver proseguito con determinazione, dopo la caduta del Muro di Berlino, a eliminare gli ordigni nucleari, mentre aumentava la corsa agli armamenti, ha moltiplicato i conflitti e ha reso il mondo ostaggio dell’incubo atomico, di una guerra mondiale a pezzi dove si mescolano e proliferano eserciti mercenari, traffici di esseri umani e di droga, oligarchie e mafie, nonché l’intollerabile sviluppo del business delle armi. Chiediamoci seriamente se la criminale invasione russa dell’Ucraina si sarebbe compiuta senza la possibilità di minaccia nucleare.

Il trattato è un imperativo morale e civile per inibire il ricorso alla guerra, per fermare  l’economia bellica e favorire un processo che ridia forza alle Nazioni Unite nel tornare ad essere efficaci nella risoluzione dei conflitti e nel promuovere una tregua e una trattativa giusta e risolutiva in Ucraina.

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Sport

La Fidelis Andria e il Taranto si equivalgono: al “Degli Ulivi” il pari è giusto

Il Taranto nell'ultimo match allo Iacovone - foto G. Leva
23 Gen 2023

di Paolo Arrivo

Un derby è sempre un derby. Una partita a se stante, dove tutto può succedere: anche che la squadra prima in classifica, la più forte, perda contro l’ultima. Non era il caso del Taranto. Che invece, dopo il pareggio con la Turris, doveva inseguire la vittoria come l’unico risultato possibile, per non arrestare la marcia e corsa alla salvezza. Un importante scontro diretto, quello andato in scena sul campo della Fidelis Andria, ieri sera, contro una formazione rinvigorita dal cambio dell’allenatore – Bruno Trocini ha preso il posto dell’esonerato Diaw Doudou. È finita zero a zero. E il pari appare giusto, in qualche modo accontenta, per quanto visto nell’arco dei novanta minuti di gioco: la partita disputata sotto la pioggia sul manto erboso dello stadio “Degli Ulivi” ha detto che il Taranto e la Fidelis Andria, in sostanza, si equivalgono. Un tempo per parte. Meglio il Taranto nel primo: i rossoblu in maglia gialla hanno costruito, e colto tre legni. Poi i padroni di casa hanno preso il sopravvento. Il digiuno dalla rete continua per gli ionici che, da quattro partite, non segnano.

Il match con la Fidelis Andria

Il Taranto scende in campo con l’inedita coppia offensiva formata da Bifulco e Semprini, insieme a inizio gara per la prima volta. Al 20’ sono proprio gli ionici a creare la prima occasione da goal: dagli sviluppi di calcio di punizione battuto da Romano, la deviazione su Provenzano finisce sulla traversa. Un minuto dopo il capovolgimento di fronte. L’opportunità per la Fidelis è clamorosa: Bolsius serve in area Ekuban, il quale dopo aver superato Vannucchi non riesce a metterla in rete. Poi Mastromonaco, al minuto 24, fa partire un tiro cross che colpisce il palo alla sinistra del portiere Vandelli. La partita è equilibrata e gradevole. Al 34’ Bifulco riceve palla da Semprini, che si gira abilmente e tira di destro colpendo il palo su deviazione di Vandelli.

Nel secondo tempo sono i padroni di casa a sfiorare il goal. Protagonista Finizio, servito in area da Ekuban: la palla finisce sopra la traversa. Tre minuti dopo il Taranto si getta avanti in mischia ma non riesce a trovare la porta. Aumenta l’intensità della pioggia. Al 58’ Arrigoni da punizione è pericoloso. Sale in cattedra Ciotti tra la Fidelis, che sembra prevalere in questa fase sugli ionici. Al 68’ il Taranto gioca due volte di tacco, verso Bifulco, che però si fa anticipare da Vandelli. Cinque minuti dopo c’è l’uscita sventurata dello stesso portiere nato a Modena, e Rossetti per poco non ne approfitta. A un minuto dallo scadere arriva l’occasione più ghiotta dell’incontro. Arriva dai piedi di Dalmazzi, nel cuore dell’area di rigore, da posizione favorevole: la risposta di Vannucchi è miracolosa. Dopo quattro minuti di recupero il signor Kevin Bonacina di Bergamo decreta la fine dell’incontro.

Il campionato

Grazie a questo pareggio, il Taranto sale a quota 29 punti in classifica – gli stessi di Avellino e Latina che sono in zona playoff. Nella prossima giornata, la 24esima, gli uomini allenati da Eziolino Capuano dovranno vedersela in casa con la Gelbison, che nell’anticipo di sabato scorso si è imposta per 2-0 sulla Virtus Francavilla.

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Emergenze sociali

Fratel Biagio: da lui l’intuizione della missione notturna anche a Taranto

22 Gen 2023

di Marina Luzzi

Con l’emergenza freddo torna d’attualità il tema dell’aiuto a chi vive per strada. L’amministrazione comunale di Taranto ha reso noto che tramite il ” Pronto intervento sociale” e l’alloggio sociale gestito dalle cooperative “Nuova Airone” e “La mimosa”, si prova a far fronte alle situazioni di emergenza dovute al freddo di questi giorni. Accanto a questo servizio, i volontari del gruppo comunale di Protezione Civile, della Caritas, soprattutto attraverso il dormitorio, e di Croce Rossa Italiana, Abfo, “Noi & Voi”, cooperativa Isola e Comunità Emmanuel. La missione notturna è un servizio che a Taranto in pochi sanno essere nato grazie al supporto di fratel Biagio Conte. Fu infatti con lui, a Palermo, che il tarantino Martino Bucci scoprì quanto bene poteva fare. Lo ha raccontato venerdì sera nella cappella di Casa Madre Teresa, al quartiere Paolo VI, durante una commemorazione e una messa in suffragio di fratel Biagio, scomparso pochi giorni fa. L’idea di dedicare un paio d’ore al ricordo e alla testimonianza, è dell’associazione ‘Noi e Voi’, che da anni presta servizio in strada due volte a settimana, d’estate e d’inverno, nei festivi e nei feriali. «Ho conosciuto fratel Biagio a Palermo, dove mi trovavo per lavoro. Avevo sentito parlare di lui alla trasmissione ‘Chi l’ha visto’. Questo ragazzo aveva abbandonato famiglia e lavoro, senza lasciare traccia di sé. Dopo un po’- racconta Martino – lo ritrovarono a Palermo che accudiva i barboni che stazionavano alla stazione centrale. Io ero lì per lavoro e arrivato alla missione ‘Speranza e Carità’ che aveva aperto da poco, lo incontrai e mi mostrò quello che aveva iniziato a favore di queste persone, a cui dava un tetto, nutrimento. Spesso gli stessi ospiti diventavano volontari fattivi per aiutare altri ad uscire dalla difficoltà, dove molte volte a delusioni amorose, dipendenze da alcol e droghe. Ci si dice che è un periodo e ci si fa risucchiare dalle dinamiche della strada. Biagio era un vulcano di idee e cose da fare e con questo carisma coinvolgeva dal cittadino comune alle autorità siciliane». Rientrato a Taranto, Martino si portò dietro questa esperienza. «Era l’anno in cui le stazioni vennero chiuse per legge di notte e questi fratelli e sorelle si trovavano per strada. Portavamo loro una bevanda calda, una coperta, un panino, una scatoletta. Tutto confezionato, perché la grande paura di chi vive la strada è di essere avvelenato. Tutte le sere andavamo in giro con un’auto con degli slogan di pace e fraternità. Ho praticamente replicato l’esperienza di Palermo, e abbiamo così compreso che anche a Taranto c’era questa necessità. Così di lì a poco è stato aperto quello che fu il centro di accoglienza notturno della Caritas diocesana, in zona Croce». «Con Martino ci siamo conosciuti nel 2000 – ricorda don Francesco Mitidieri, presidente dell’associazione ‘Noi e Voi’- quando insieme all’allora diacono don Amedeo Basile, lo fermammo per chiedergli chi fosse lui e chi i suoi amici… Ci sembrava così strano che andassero in giro con quell’auto tappezzata di scritte. Lui ci rispose: “Siamo cristiani, senza etichette, che cercano di vivere il Vangelo” e ci stupì per la radicalità di quella espressione. Così abbiamo cominciato a condividere la strada e l’esperienza si è poi ampliata, partendo dalla parrocchia di sant’Antonio, dove venni assegnato dal 2001 al 2006. Si unirono poi anche altre parrocchie e associazioni. Martino a quei tempi ebbe la capacità di cogliere l’intuizione del gesto di fratel Biagio, rendersi prossimo agli ultimi, condividendo un momento. La missione notturna alla fine non è risolvere un problema ma stare accanto».

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Sport

Viesti, un compleanno coi fiocchi: “Il basket è uno degli amori più grandi”

foto G. Leva
21 Gen 2023

di Paolo Arrivo

Trent’anni vissuti dentro e fuori il campo. Per un atleta, il miglior modo di festeggiare un traguardo importante è giocando: prendendo parte a una gara, o semplicemente allenandosi. Sudare per uno degli amori più forti, più grandi, che ha nome basket. Parola della playmaker Alessandra Viesti. Che questa sera ha festeggiato sul parquet del Palamazzola il suo compleanno. La veterana, una delle migliori giocatrici della Nuova Orizzonti basket Taranto, ha dato il suo contributo all’ultimo successo della squadra nella prima giornata di ritorno della serie C femminile Puglia, contro la Mens Sana Mesagne – 7 punti realizzati, una regia impeccabile, quando la tarantina è stata chiamata in causa da coach Orlando. Una vittoria netta, legittimata a metà gara, che consente alla formazione ionica il consolidamento del primato. C’era Alessandra Viesti. Come sempre, tra le file della formazione di Taranto negli ultimi anni. La sua presenza è una certezza che rassicura in campo: vederla spuntare con la sua chioma fluente raccolta in fascia, la figura agile, scattante, è sempre uno spettacolo che fa bene a tutto il movimento del basket. Ad Alessandra Viesti, alla cestista e alla donna, facciamo i migliori auguri partendo dal match, dalla disamina.

I quarantuno punti di scarto (62-21 il risultato finale) la dicono tutta sulla differenza tecnica con l’avversario. Che partita è stata?

“Abbiamo iniziato un po’ con il freno a mano tirato. Avevamo bisogno di capire l’avversario, anche se il livello già lo conoscevamo. Queste comunque sono partite insidiose. Dopo quell’avvio abbiamo poi sfruttato soprattutto i contropiedi e la velocità, e siamo riuscite a prendere il margine”.

Il prossimo step?

“Ci aspetta un’altra partita di questo genere: conosciamo il valore degli avversari, dovrebbe essere alla nostra portata, di preparazione al derby, che è tra due settimane. Il match col Ruvo sarà un banco di prova”.

Quindi, come si affrontano queste gare?

“Ci si adatta al gioco della squadra che incontriamo. Poi serve il mordente, la spinta in più per incanalare la partita nella giusta direzione, senza indugiare”.

Oggi festeggi 30 anni. I compleanni importanti sono occasione per fare bilanci: che ruolo ha avuto nella tua vita il basket?

“Il basket ce l’ho tatuato sulla pelle (le brillano gli occhi, ndr). Ci gioco da almeno vent’anni: per me è stato fondamentale, e continua ad esserlo. Adesso è più una valvola di sfogo. Questo è uno sport magnifico, e se c’è la passione ti dà tanto. A patto che si sia disposti a dare tanto, per poter avere soddisfazioni in cambio. E io credo di averle avute”.

Riprendiamo il filo della memoria, per immagini…

“Avevo 7-8 anni. Rivedo il Cras, la De Florio, le giovanili in cui ho militato. I primi risultati, a livello nazionale: con l’Under 15 arrivammo quarti, nessuno avrebbe scommesso un centesimo su di noi. Fu un’esperienza meravigliosa. Credo siano questi i ricordi che, a 30 anni, ti portano a venire in palestra alle 9 di sera ad allenarti dopo una giornata di lavoro. Il basket dà tanto. Bisogna divertirsi, questa è la cosa più importante: non sempre riesce facile. Noi dobbiamo crescere ancora un po’, credo, come gruppo e come squadra. Io, dopo vent’anni posso tirare bilanci, e dire che, sì, la pallacanestro è stata uno degli amori più forti. E continua ad esserlo. Almeno per altro po’, fortunatamente, poi vediamo…”

 

foto G. Leva

 

La fotogallery del match Taranto-Mesagne a firma di Giuseppe Leva

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Eventi a Taranto e provincia

“La voce dei poeti per la pace”, mercoledì 25, nella Madonna della Salute, l’antologia: “La guerra che è in noi”

21 Gen 2023

“La guerra che è in noi. Canto corale per la Terra, sconfinato campo di battaglia, sempre in cerca di pace”, questo è il titolo di un importante progetto culturale che prende spunto dall’attualità ma che riflette su un fenomeno tristemente endemico, da cui l’umanità è sempre afflitta, anche quando non si trasforma in conflitto armato. Si tratta di un’antologia, edita da Macabor, una casa editrice molto impegnata nella promozione della poesia, curata da Silvano Trevisani a cui hanno partecipato il poeta ucraino Anatolij Dnistrovyj, il poeta in lingua russa Igor’ Kotjuch (tradotti dal noto traduttore Paolo Galvagni) e alcuni dei più noti poeti italiani: Franco Arminio, Luca Benassi, Franco Buffoni, Ennio Cavalli, Valentina Colonna, Vittorino Curci, Giuseppe Goffredo, Davide Rondoni e lo stesso Trevisani.

L’introduzione è di Eraldo Affinati, scrittore e saggista, oltre che editorialista di vari giornali, tra cui “L’Avvenire”,

L’antologia sarà presentata a Taranto, mercoledì 25 gennaio alle ore 19, nella Chiesa della Madonna della Salute, fresca di restauro, in piazzetta Monteoliveto, in Città vecchia, con il patrocinio del Comune di Taranto e della Basilica cattedrale di San Cataldo, in collaborazione con l’Associazione italiana di cultura classica, della sezione tarantina della Società Dante Alighieri e dell’Associazione Marco Motolese.

Il programma prevede, dopo i saluti dell’assessore comunale alla Cultura, Fabiano Marti, l’intervento di monsignor Emanuele Ferro, parroco della Cattedrale, che dialogherà con i tre poeti pugliesi presenti nell’antologia: Vittorino Curci, Giuseppe Goffredo e Silvano Trevisani. Interverrà l’editore Bonifacio Vincenzi.

Gli attori Imma Naio e Antonello Conte leggeranno una selezione di brani tratti dall’antologia.

Ai testi firmati da poeti direttamente coinvolti nella tragica contesa – scrive, tra l’altro, Eraldo Affinati nella intensa introduzione – seguono altri composti da autori i quali si sono sentiti chiamati in causa da una guerra fratricida che si sta svolgendo nel cuore antico dell’Europa, nei medesimi luoghi che videro gli scontri della Seconda guerra mondiale fra le truppe naziste e quelle sovietiche con la partecipazione attiva dei nostri alpini, allora schierati dalla parte sbagliata. Potrebbe essere l’ultimo battito del cuore di tenebra novecentesco, oppure, come molti paventano, l’agghiacciante preludio di un fatale conflitto nucleare.

Cosa può fare la poesia di fronte alla natura ferina dell’uomo se non assumere su di sé l’energia cieca della Storia nel tentativo di trasfigurarla stilisticamente? E’ questa la ragione per cui pensare è, come spiegò Albert Camus, cominciare a essere minati, cioè pronti ad esplodere. Scrivere significa mettere le mani in pasta. Fare un passo in avanti. Esporsi. Uscire dalla zona di sicurezza. Rischiare di sbagliare. Incidere il nome sulla roccia. Prendersi in carico il punto di vista altrui. Accendere le torce per segnalare una presenza. Attraversare i boschi. Nuotare negli acquitrini. Dare via tutto. Una questione di vita e di morte. Pubblica e privata.

Una posizione radicale pre-politica, pre-giuridica, persino pre-morale, io credo, ben sintetizzata dal titolo di questa silloge: la guerra non può essere mai lontana perché la campana suona sempre anche per me, per te, per voi, per tutti, sulla scia di quanto pensava il John Donne richiamato da Ernest Hemingway. Noi che non possiamo essere felici se l’infelicità colpisce chi ci sta accanto. Noi che in quanto individui siamo legati da nessi profondi, invisibili e sottili, che la letteratura è chiamata ogni volta a ricordare, raschiando sulle croste fino a vederle sanguinare”.

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Fede & cultura

Politica e religione: costruire il popolo

“Per avanzare in questa costruzione di un popolo in pace, giustizia e fraternità, vi sono quattro principi relazionati a tensioni bipolari proprie di ogni realtà sociale”.

21 Gen 2023

di Lorenzo Musmeci

Proseguono le attività pastorali avviate dall’ufficio diocesano Cultura per l’anno 2022-2023 e, in particolare, il corso di formazione sul tema: “Popolo di Dio e Fraternità dei Popoli”: dal Concilio Vaticano II a papa Francesco.

Il paragrafo 220 della esortazione apostolica “Evangelii Gaudium” è riproposto, all’inizio di ciascun incontro, come fil rouge di tutto il percorso: In ogni nazione, gli abitanti sviluppano la dimensione sociale della loro vita configurandosi come cittadini responsabili in seno ad un popolo, non come massa trascinata dalle forze dominanti. (…) Ma diventare un popolo è qualcosa di più, e richiede un costante processo nel quale ogni nuova generazione si vede coinvolta.

Il secondo appuntamento sul tema “Politica e Religione – Costruire il popolo” si è svolto lunedì 16 gennaio, alle ore 18, nella parrocchia S. Roberto Bellarmino. Gli incontri sono curati da don Antonio Rubino, vicario episcopale per la Cultura, e sono guidati dal prof. Lino Prenna, docente universitario.

Politica e religione: due sorelle che si tengono per mano

Una citazione di Giuseppe Lazzati, costituente della Repubblica, ha avviato l’incontro: “La politica è l’arte di costruire la città dell’uomo a misura d’uomo” . Come ha ricordato il prof. Prenna: “Per papa Francesco, costruire la città vuol dire costruire il popolo, volto umano della città stessa. Ciò significa che ci sono delle persone, delle vite, delle storie e delle comunità che la edificano. La politica è governo della città, ma anche delle relazioni sociali. Se la politica  sviluppa la dimensione orizzontale della vita della città, la religione è l’esperienza di una relazione verticale, tra il popolo credente e Dio. Politica e religione sono, dunque, due sorelle che tengono per mano l’umanità. Entrambe costruiscono il popolo e si alleano per farlo crescere”.

I quattro principi di papa Francesco

Il prof. Prenna ha, dunque, citato il paragrafo 221 dell’“Evangelii Gaudium”: Per avanzare in questa costruzione di un popolo in pace, giustizia e fraternità, vi sono quattro principi relazionati a tensioni bipolari proprie di ogni realtà sociale. In particolare, ha spiegato che la realtà sociale è complessa e che le opposizioni che la caratterizzano sono fonte dinamica di crescita per la realtà sociale stessa. Ricordando le quattro categorie antinomiche alle quali si riferisce papa Francesco – identità e diversità, convergere e divergere, conformità e difformità, afferenza e differenza-, il relatore ha dunque enunciato i quattro principi proposti dal Papa per costruire un popolo in pace, giustizia e fraternità: il tempo è superiore allo spazio, l’unità è superiore al conflitto, la realtà è superiore all’idea, il tutto è superiore alla parte.

Il tempo è superiore allo spazio

Manuela Dimitri, studentessa dell’istituto di Scienze religiose – Taranto, afferma: “Papa Francesco parla della continua tensione tra la pienezza e il limite. La pienezza è ciò a cui aspiriamo nella vita, ma ci sono sempre i limiti che caratterizzano la nostra esistenza. Il tempo è una visione a lungo termine, spesso associato al verbo iniziare. Lo spazio, invece, è una situazione particolare a breve termine, associato al verbo occupare”.

L’unità è superiore al conflitto

Stefania Labbruzzo, studentessa del liceo classico, prosegue: “Il conflitto esiste, non possiamo negarlo, né ignorarlo, tantomeno dissimularlo. Subire il conflitto implica la perdita del senso di unità. È per questo che bisogna accettarlo, risolverlo e ricondurlo all’unità. Ricondurre il conflitto all’unità non vuol dire puntare a un caos multiforme, a un sincretismo confuso. Tutti gli elementi presi in considerazione devono conservare le potenzialità delle polarità che li caratterizzano  ed essere ricondotti a un piano superiore che comprenda e preservi ciascuna di esse”.

La realtà è superiore all’idea

Raffaella Carenza, insegnante di materie giuridiche, sintetizza così questo principio: “Il pontefice vuole metterci in guardia dal rischio di guardare la realtà attraverso le lenti distorte delle nostre categorie concettuali. In ogni comunità ci sono persone che guardano solo alla realtà e altre che vivono con la testa fra le nuvole. Chi deve prevalere? La risposta del papa è chiara: “La realtà semplicemente è, l’idea si elabora.” Tra le due si deve instaurare un dialogo costante, evitando che l’idea finisca per separarsi dalla realtà”.

Il tutto è superiore alla parte

È lo stesso prof. Lino Prenna a presentare questo principio: “Il tutto non è mai la sola somma delle parti. L’orologio è un tutto che mette insieme vari pezzi, ma i pezzi sono tra loro relazionati. Il tutto è relazione delle parti e non mera addizione delle stesse. Questo è un concetto utile per esemplificare l’idea di sistema di totalità rispetto alla parzialità. Il tutto è la capacità di mettere in relazione le parti e non semplicemente di affiancarle”.

Il prossimo appuntamento

Il prof. Prenna ha concluso annunciando che il prossimo incontro del corso di formazione tratterà il tema: “La Cittadinanza: amicizia sociale”. L’appuntamento è per il 6 febbraio, con inizio alle ore 18 e ingresso da via San Roberto Bellarmino. Per qualunque informazione si rimanda al sito dell’ufficio di pastorale della Cultura: http://cultura.diocesi.taranto.it/.

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Diocesi

Le reliquie del Beato Carlo Acutis a Taranto

Siamo tutti invitati a prendere parte a questo evento di grazia. Il Beato Carlo Acutis ci attende per svelarci il segreto della sua felicità piena!

21 Gen 2023

Dal 12 al 19 febbraio, la nostra arcidiocesi vivrà un’intensa settimana di fede, preghiera e gioia in occasione della peregrinatio di una reliquia del Beato Carlo Acutis (1991-2006), il giovane testimone della fede che ha fatto dell’eucarestia la sua “autostrada per il cielo”.

L’evento, organizzato dal Servizio diocesano per la pastorale giovanile, prevedrà una serie di momenti celebrativi rivolti sia ai giovani e giovanissimi delle nostre realtà sia agli adulti.

Accoglieremo la reliquia del beato nel pomeriggio di domenica 12 febbraio nella cappella maggiore del seminario arcivescovile di Poggio Galeso.

Alle ore 17,  mons. Ciro Miniero, arcivescovo coadiutore di Taranto, presiederà la santa messa che darà avvio all’esperienza della peregrinatio diocesano.

Durante i giorni della peregrinatio, sarà presente p. Carlos Acácio Gonçalves Ferreira, rettore del Santuario della Spogliazione di Assisi dove riposano le spoglie del giovane beato.

Al mattino padre Carlos e alcuni membri dell’equipe diocesana di pastorale giovanile incontreranno i giovani nelle scuole del nostro territorio per offrire una testimonianza sulla vita di Carlo, giovane come tanti altri, profondamente innamorato della vita che ha scelto di non rinunciare alla sua “originalità”.

Dalle ore 17.45 si svilupperà invece il programma di animazione vicariale. Ogni giorno il busto del beato contenente la reliquia dei suoi capelli verrà accolto in una parrocchia della vicaria.

Alle ore 18, sarà celebrata la santa messa e alle ore 18.45 tutti i giovani e i giovanissimi della vicaria saranno invitati a vivere un momento di incontro e testimonianza con p. Carlos.

Fulcro di ciascuna serata sarà il momento di Adorazione eucaristica rivolta a giovani e adulti, in cui si potrà essere introdotti ai due pilastri della spiritualità del Beato: l’Eucarestia e il servizio ai più poveri. Durante la preghiera infatti sarà possibile donare dei beni alimentari che verranno raccolti e destinati al centro notturno “San Cataldo vescovo” di Taranto.

Sabato 18 febbraio, nella sede del centro notturno, sarà offerto un pranzo dei poveri organizzato e animato da una rappresentanza di giovani delle varie vicarie.

La peregrinatio si concluderà domenica 19 febbraio alle ore 19 con la veglia di preghiera in Concattedrale presieduta da mons. Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto.

Al termine del momento di preghiera si potrà assistere ad una breve testimonianza della madre del giovane Beato, la sig. Antonia Solzano.

Siamo tutti invitati a prendere parte a questo evento di grazia.

Il Beato Carlo Acutis ci attende per svelarci il segreto della sua felicità piena!

Vi aspettiamo!

don Francesco Maranò, 
direttore della Pastorale giovanile

 

 

Programma settimanale

Domenica 12 febbraio
Ore 17.00: accoglienza reliquia in seminario
Ore 17.30: s. messa presieduta dall’arcivescovo coadiutore mons. Ciro Miniero
(partecipazione delle aggregazioni laicali coordinate da don Paolo Oliva e di una rappresentanza delle realtà associative)

Lunedì 13 febbraio
Vicarie Taranto Sud / Ta Or.1 / Ta Or. 2

Parrocchia Spirito Santo
Ore 17.45: accoglienza della reliquia nella parrocchia, a cura della comunità parrocchiale

Ore 18: santa messa presieduta dall’amministratore parrocchiale don Francesco Tenna

Ore 18.45: incontro per giovani e giovanissimi della vicaria a cura di P. Carlos
Ore 19.45: adorazione eucaristica presieduta dal vicario della Vicaria Taranto Orientale 1
– animazione musicale a cura del coro giovanile della parrocchia S. Lorenzo da Brindisi
– 4 giovani lettori della vicaria di Taranto Orientale 2 (scelta a cura del rispettivo vicario)
– Durante l’adorazione eucaristica ciascun presente potrà offrire alcuni viveri per i poveri

Martedì 14 febbraio
Vicaria Pulsano / Talsano

Parrocchia San Pasquale Baylon (Lizzano)
In mattinata: incontro all’istituto alberghiero “Mediterraneo” di Pulsano (prof. Patrizia Mariangiolo)
Ore 17.45: accoglienza della reliquia nella parrocchia, a cura della comunità parrocchiale

Ore 18.00: santa messa presieduta dal parroco don Pompilio Pati
Ore 18.45: incontro per giovani e giovanissimi della vicaria a cura di P. Carlos
Ore 19.45: adorazione eucaristica presieduta dal vicario della vicaria di Pulsano
– animazione musicale a cura del coro giovanile della parrocchia S. Egidio di Taranto
– 2 giovani lettori della vicaria di Pulsano (scelta a cura del rispettivo vicario)
– 2 giovani lettori della vicaria di Talsano (scelta a cura del rispettivo vicario)
– Durante l’adorazione eucaristica ciascun presente potrà offrire alcuni viveri per i poveri

Mercoledì 15 febbraio
Vicaria Taranto Borgo / Ta Nord / Paolo VI / Crispiano / Statte

Parrocchia S. Maria del Galeso (Paolo VI)
In mattinata: incontro nelle scuole, Istituto Alberghiero “Elsa Morante” – Crispiano
(prof. Michele Speziale)
Ore 17.45: accoglienza della reliquia nella parrocchia, a cura della comunità parrocchiale

Ore 18.00: santa messa presieduta dal parroco don Salvatore Magazzino
Ore 18.45: incontro per giovani e giovanissimi della vicaria a cura di p. Carlos
Ore 19.45: adorazione eucaristica presieduta dal vicario della Vicaria di Crispiano-Statte
– Animazione musicale a cura del coro giovanile della parrocchia Ss. Crocifisso
– 2 giovani lettori della vicaria di Taranto Nord (scelta a cura del rispettivo vicario)
– 2 giovani lettori della vicaria di Paolo VI (scelta a cura del rispettivo vicario)
– Durante l’adorazione eucaristica ciascun presente potrà offrire alcuni viveri per i poveri

Giovedì 16 febbraio
Vicaria Grottaglie / Montemesola / San Giorgio J.

In mattinata: incontro nelle scuole, liceo artistico di Grottaglie (sr. Domenica Pinca) parrocchia: Maria Ss. del Rosario (Grottaglie)
Ore 17.45: accoglienza della reliquia nella parrocchia, a cura della comunità parrocchiale

Ore 18.00: santa messa presieduta dall’amministratore parrocchiale don Luca Lorusso
Ore 18.45: Incontro per giovani e giovanissimi della vicaria a cura di P. Carlos
Ore 19.45: adorazione eucaristica presieduta dal vicario della vicaria di Grottaglie-Montemesola
– Animazione musicale a cura del coro giovanile della parrocchia del Carmine di Grottaglie
– 4 giovani lettori della vicaria San Giorgio (scelta a cura del rispettivo vicario)
– Durante l’adorazione eucaristica ciascun presente potrà offrire alcuni viveri per i poveri

Venerdì 17 febbraio
Vicaria Martina Franca

In mattinata: incontro nelle scuole, liceo T. Livio (prof. Tonia Cicala)

Basilica San Martino
Ore 17.45: Accoglienza della reliquia nella parrocchia, a cura della comunità parrocchiale

Ore 18.00: santa messa presieduta dal parroco don Peppino Montanaro
Ore 18.45: Incontro per giovani e giovanissimi della vicaria a cura di p. Carlos
Ore 19.45: Adorazione eucaristica presieduta dal vicario della vicaria di Martina
– Animazione musicale a cura del coro giovanile della parrocchia Cristo Re
– 4 giovani lettori della vicaria di Martina (scelta a cura del rispettivo vicario)
– Durante l’adorazione eucaristica ciascun presente potrà offrire alcuni viveri per i poveri

Sabato 18 febbraio
In mattinata: incontro all’I.I.S.S. “Pacinotti” di Taranto (prof. Luisantonio Antonazzo)
Pranzo dei poveri (al centro San Cataldo)

Parteciperà al servizio un rappresentante di ogni vicaria (a scelta del rispettivo vicario): servizio e animazione del pranzo.

Domenica 19 febbraio
Ore 18.30: accoglienza in Concattedrale
Ore 19.00: veglia presieduta dall’arcivescovo (animazione Akusimba)
Ore 20: breve collegamento con la mamma del Beato Carlo Acutis, la sig. Antonia Solzano.

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Politica italiana

Riforma per anziani e non autosufficienti: varato il disegno di legge dal Consiglio dei ministri

Una riforma attesa ormai da almeno vent’anni. E per passare alla fase operativa si dovrà aspettare ancora, ma in virtù del pnrr ci sono delle scadenze precise

20 Gen 2023

di Stefano De Martis

Il Consiglio dei ministri ha varato il disegno di legge delega che riforma profondamente le politiche per gli anziani, in particolare per quelli non autosufficienti, introducendo finalmente un sistema nazionale organico che prevede – tra l’altro – una “prestazione universale”  graduata che dovrebbe unificare e assorbire i vari interventi oggi previsti. Viene spontanea l’analogia con quanto è stato fatto con l’assegno unico per i figli.

In Italia gli ultrasessantacinquenni sono circa 14 milioni, 3,8 milioni i non autosufficienti, 10 milioni se si calcolano anche tutti coloro che sono impegnati nella cura di queste persone. In un Paese “vecchio” come il nostro è agevole immaginare la rilevanza di una riforma come questa, atteso ormai da almeno vent’anni. E per passare alla fase operativa si dovrà aspettare ancora, ma in virtù del Pnrr (nella cui cornice il provvedimento si inserisce come uno degli obiettivi da raggiungere per ottenere i finanziamenti) ci sono delle scadenze precise: entro marzo il Parlamento dovrà approvare il disegno di legge in cui sono fissati i criteri a cui il governo dovrà attenersi nell’emanare i decreti legislativi di attuazione; l’esecutivo avrà poi un anno di tempo per provvedere, quindi fino al marzo 2024. Solo allora si potrà dare una valutazione dettagliata che tenga conto anche delle risorse da investire (stimate in 7 miliardi), punto dolente di tutte le riforme sociali. Ma si è partiti con il piede giusto e con un percorso che lascia sperare una convergenza parlamentare ampia.

Va ricordato, infatti, che il ddl era stato licenziato in via preliminare già dal governo Draghi, il 10 ottobre scorso, nell’ultimo Consiglio dei ministri di quel gabinetto. Un risultato a cui si era arrivati coinvolgendo nell’elaborazione le 52 associazioni del Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza. Il nuovo esecutivo ha ripreso l’impianto fondamentale di quel provvedimento, integrandolo e potenziandolo.

Il ddl – spiega Palazzo Chigi – “muove dal riconoscimento del diritto delle persone anziane alla continuità di vita e di cure presso il proprio domicilio e dal principio di semplificazione e integrazione delle procedure di valutazione della persona anziana non autosufficiente”. Grazie a tale semplificazione e all’istituzione dei “punti unici di accesso” (Pua) diffusi sul territorio, si potrà effettuare, in una sede unica, una valutazione multidimensionale finalizzata a definire un “progetto assistenziale individualizzato” (Pai) che indicherà tutte le prestazioni sanitarie, sociali e assistenziali necessarie per la persona anziana.
Il compito di coordinare gli interventi sarà affidato a un comitato interministeriale presieduto dal premier o sua delega dal ministro competente, ma i piani triennali (uno per tutti gli anziani, l’altro specifico per i più fragili) dovranno puntare al coinvolgimento di tutti i livelli territoriali. Tra gli elementi qualificanti della riforma la nota della presidenza del Consiglio indica “la promozione di misure a favore dell’invecchiamento attivo e dell’inclusione sociale, anche sostenendo il cosiddetto ‘turismo lento’; la promozione di nuove forme di coabitazione solidale per le persone anziane e di coabitazione intergenerazionale, anche nell’ambito di case-famiglia e condomini solidali, aperti ai familiari, ai volontari e ai prestatori di servizi sanitari, sociali e sociosanitari integrativi; la promozione d’interventi per la prevenzione della fragilità delle persone anziane; l’integrazione degli istituti dell’assistenza domiciliare integrata (Adi) e del servizio di assistenza domiciliare (Sad); il riconoscimento del diritto delle persone anziane alla somministrazione di cure palliative domiciliari e presso hospice; la previsione d’interventi a favore dei caregiver familiari”.

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Salute

Infortuni sul lavoro: “Serve supporto psicologico per vittime e familiari”

Con quest’obiettivo, l’Anmil (Associazione lavoratori mutilati e invalidi del lavoro) e il Cnop (Consiglio nazionale Ordine psicologi) si sono uniti per sensibilizzare le istituzioni e dare vita a un protocollo d’intesa per l’accesso agevolato al sostegno psicologico per chi abbia subìto tragici eventi sul lavoro

20 Gen 2023

di Gigliola Alfaro

All’indomani di un infortunio sul lavoro o una malattia professionale che generano invalidità permanenti o lasciano familiari superstiti, i danni e le ripercussioni sono anche quelli che non si vedono e di cui nessuno parla, che ricadono allo stesso tempo sui familiari: sono i problemi psicologici che diventano macigni, di cui il Testo unico infortuni del 1965 non tiene conto. Per questo l’Anmil (Associazione fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro), la Fondazione Anmil “Sosteniamoli subito” e il Cnop (Consiglio nazionale Ordine psicologi) si sono uniti per sensibilizzare le Istituzioni e dare vita a un protocollo d’intesa per l’accesso agevolato al sostegno psicologico per chi abbia subìto tragici eventi sul lavoro. L’iniziativa è stata presentata, giovedì 19 gennaio, a Roma, nella Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani del Senato.

L’accordo, hanno spiegato i promotori, “nasce con l’intento di fornire le cure psicologiche necessarie, troppo spesso inadeguate, a chi abbia patito traumi psicologici a seguito di shock lavorativi e ha l’obiettivo di cercare di trattare in modo adeguato i disturbi emotivi e relazionali che ne conseguono per la ripresa di una vita dignitosa ‘normale ‘e felice”.Si tratta di un servizio che, secondo gli ultimi dati Inail disponibili, al 1° gennaio 2021, “si rivolge ai circa 570.000 disabili con inabilità permanente da lavoro, di cui 490.000 uomini e 80.000 donne, circa 300.000 con disabilità motoria, circa 120.000 disabili psico-sensoriali, circa 30.000 con disabilità cardiocircolatoria e i restanti 120.000 con altre disabilità”.

foto: Anmil

I numeri degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, ha ricordato Zoello Forni, presidente nazionale dell’Anmil, “riguardano purtroppo migliaia di persone che si aggiungono di anno in anno: un quadro drammatico come confermano i dati Inail pubblicati mensilmente dall’Istituto secondo i quali, nei primi undici mesi del 2022, le denunce di infortunio sul lavoro sono ulteriormente aumentate di quasi il 30% rispetto allo stesso periodo del 2021. Oltre mille sono stati gli incidenti con esito mortale”. Forni, partendo dalla sua esperienza personale – a soli 13 anni si è ritrovato senza una gamba per un incidente in una vetreria –, ha precisato: “Tutti questi lavoratori e le loro famiglie vivono eventi profondamente traumatici, che ne sconvolgono le vite e hanno risvolti psicologici spesso devastanti, seppur poco considerati. Come Anmil da sempre abbiamo voluto dedicare grande attenzione al supporto psicologico delle vittime, nella convinzione che un valido sostegno in tal senso sia fondamentale al pari delle cure sul piano fisico”. Infatti, “per andare avanti, all’indomani di simili tragedie, è indispensabile elaborare quanto è accaduto, come pure affrontare le difficoltà legate ad una disabilità acquisita, sia sul piano relazionale sia su quello lavorativo, per riprendere in mano la propria vita. Inoltre, il recupero psicologico è cruciale per dare alla persona migliori opportunità di reinserimento nella vita sociale e lavorativa”.

Per questo, ha raccontato il presidente, “l’Anmil negli anni ha promosso numerose iniziative sul tema, a livello nazionale e territoriale, cominciando oltre 25 anni fa con un servizio di assistenza psicologica attraverso un numero verde dedicato cui rispondevano degli psicoterapeuti che abbiamo portato avanti per oltre dieci anni. È infatti risaputo che il poter disporre di un’adeguata rete socio-familiare, unitamente a un intervento di supporto psicologico strutturato, può favorire la ripresa, potenziando la resilienza, nonché favorendo lo sviluppo delle risorse personali e il ristabilimento di un equilibrio emotivo utile a elaborare l’esperienza e a riprendere il proprio cammino di vita”.Nel 2016, ha aggiunto, “abbiamo raccolto 50.000 firme per una proposta di legge di iniziativa popolare che restituisse dignità alle vittime del lavoro e una migliore tutela prevedendo anche un sostegno psicologico per cui oggi, invece, la nostra categoria è costretta ad affrontare le spese in prima persona. Per questo siamo qui a fare la nostra parte grazie alla disponibilità dell’Ordine degli psicologi”.

“Il supporto psicologico è necessario per affrontare le conseguenze degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali che generano invalidità o lasciano familiari superstiti. Si tratta infatti di un fenomeno di grande rilevanza sociale, ma soprattutto di un dramma profondo per le vittime e per le loro famiglie che vengono travolte da eventi che troppo spesso devono fronteggiare in solitudine. Aver subito un infortunio rende le vittime più vulnerabili a livello psicologico e aumenta il rischio di sviluppare una sintomatologia clinicamente rilevante che avrà un riflesso individuale, familiare e sul sistema sociale”,ha osservato il presidente del Cnop, David Lazzari. “Non si tratta – ha continuato – solamente di dare una risposta dal grande valore morale all’esigenza di chi sta soffrendo, le evidenze scientifiche e i dati di letteratura ci confermano, infatti, l’importanza di attività di supporto psicologico. Gli effetti positivi si riconoscono nel potenziare sensibilmente l’efficacia degli interventi di cura e riabilitazione; è altresì vitale sostenere i familiari di chi è deceduto”. Per questo il progetto di Anmil e della Fondazione Anmil “Una rete per noi”, progetto per un servizio di supporto psicologico a costi sostenibili dedicato a chi ha avuto un infortunio o ai familiari di persone decedute per cause lavorative, rappresenta, secondo Lazzari, “un’opportunità di sostegno a chi si trova in una condizione di grande dolore e difficoltà, ma anche di promozione e di ammodernamento del sistema, inserendosi nella più generale prospettiva di tutela che riconosce il diritto alla salute mentale a fianco di una rinnovata consapevolezza sul ruolo strategico della psicologia”.

Le conseguenze tipiche degli infortuni sul lavoro sul piano psicologico “vanno dagli alti livelli di ansia, depressione, al senso di colpa per l’infortunio subìto anche quando non si ha alcuna responsabilità, vergogna per la propria condizione di disabilità, senso di frustrazione nei confronti della famiglia, disturbi del sonno e altre manifestazioni del disturbo post-traumatico che peggiorano nel tempo – ha chiarito Francesco Costantino, presidente della Fondazione Anmil –. Tali sintomatologie spesso si associano alla difficoltà a ritornare nel posto di lavoro in cui è avvenuto l’incidente o a ricoprire le stesse mansioni, ostacolando il pieno rientro nella vita sociale e lavorativa ma anche alla difficoltà nel riconoscere il proprio ruolo all’interno della famiglia”.E “se il problema degli esiti psicologici di un infortunio sul lavoro è, di fatto, molto sottovalutato, ancor più lo sono i risvolti nei superstiti, con pesanti ripercussioni sulla vita quotidiana, per i figli che perdono un genitore ma ancor peggio quando sono i genitori a perdere un figlio che era andato ‘solo’ a lavorare”.

Con il nuovo “Regolamento per l’erogazione degli interventi per il recupero funzionale della persona, per l’autonomia e per il reinserimento nella vita di relazione”, l’Inail “ha ampliato e diversificato la tipologia di azioni in favore delle lavoratrici e dei lavoratori infortunati e tecnopatici: oltre alla previsione di interventi di carattere economico e sanitario, ha voluto considerare anche le conseguenze psicologiche, emotive, relazionali e sociali legate all’esperienza dell’infortunio, in quanto parte integrante del processo di recupero dell’integrità psico-fisica della persona”, ha detto Franco Bettoni, presidente dell’Inail. Manifestando apprezzamento per l’iniziativa parallelamente attivata dall’Anmil a favore delle vittime di infortunio, Bettoni ha ribadito la necessità “di rafforzare la rete di condivisione di obiettivi comuni per il miglioramento delle prestazioni a favore dei nostri assistiti e dei loro familiari”. All’incontro ha portato la sua testimonianza anche Martina D’Andrea, oggi 28 anni, moglie di Alexandru Bogdan Amarghioalei, 33 anni, che nel 2018 ha avuto un grave infortunio sul lavoro: mentre manovrava una gru posto, il braccio si è spezzato facendolo precipitare da circa 4 metri. Da allora è tetraplegico.

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Diocesi

Allenati alla pace: domenica 29 gennaio, la Festa della pace 2023 dell’Acr

20 Gen 2023

L’Azione cattolica, insieme ad altre associazioni, dedica nel mese di gennaio attenzione a questo tema su diversi fronti e lo declina in un sussidio per gli educatori.

C’è in gioco la pace: lo sport è generatore di comunità, accoglie e sostiene, fa rete e diventa laboratorio di integrazione. Attraverso lo sport, dunque, si realizzano quelli che nella Fratelli tutti papa Francesco chiama processi di incontro, processi che possano costruire un popolo capace di raccogliere le differenze. Armiamo i nostri figli con le armi del dialogo! Insegniamo loro la buona battaglia dell’incontro! La spinta di un mondo sempre più globalizzato ma paradossalmente più diviso e diseguale, obbliga a immaginare percorsi di pace che conducano a rimarginare le ferite, c’è bisogno di artigiani di pace disposti ad avviare processi di guarigione e di rinnovato incontro con ingegno e audacia. (FT, 225)”

“Nessuno puo salvarsi da solo” perciò vi aspettiamo in tanti domenica 29, sul piazzale della parrocchia Santa Famiglia di Taranto (a partire dalle ore 9), per ricordarlo alla città.

 

Il messaggio di papa Francesco

Nessuno può salvarsi da solo. Ripartire dal Covid-19 per tracciare insieme sentieri di pace

«Riguardo poi ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; infatti sapete bene che il giorno del Signore verrà come un ladro di notte» (Prima Lettera di San Paolo ai Tessalonicesi 5,1-2).

1. Con queste parole, l’apostolo Paolo invitava la comunità di Tessalonica perché, nell’attesa dell’incontro con il Signore, restasse salda, con i piedi e il cuore ben piantati sulla terra, capace di uno sguardo attento sulla realtà e sulle vicende della storia. Perciò, anche se gli eventi della nostra esistenza appaiono così tragici e ci sentiamo spinti nel tunnel oscuro e difficile dell’ingiustizia e della sofferenza, siamo chiamati a tenere il cuore aperto alla speranza, fiduciosi in Dio che si fa presente, ci accompagna con tenerezza, ci sostiene nella fatica e, soprattutto, orienta il nostro cammino. Per questo San Paolo esorta costantemente la Comunità a vigilare, cercando il bene, la giustizia e la verità: «Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri» (5,6). È un invito a restare svegli, a non rinchiuderci nella paura, nel dolore o nella rassegnazione, a non cedere alla distrazione, a non scoraggiarci ma ad essere invece come sentinelle capaci di vegliare e di cogliere le prime luci dell’alba, soprattutto nelle ore più buie.

2. Il Covid-19 ci ha fatto piombare nel cuore della notte, destabilizzando la nostra vita ordinaria, mettendo a soqquadro i nostri piani e le nostre abitudini, ribaltando l’apparente tranquillità anche delle società più privilegiate, generando disorientamento e sofferenza, causando la morte di tanti nostri fratelli e sorelle.

Spinti nel vortice di sfide improvvise e in una situazione che non era del tutto chiara neanche dal punto di vista scientifico, il mondo della sanità si è mobilitato per lenire il dolore di tanti e per cercare di porvi rimedio; così come le Autorità politiche, che hanno dovuto adottare notevoli misure in termini di organizzazione e gestione dell’emergenza.

Assieme alle manifestazioni fisiche, il Covid-19 ha provocato, anche con effetti a lungo termine, un malessere generale che si è concentrato nel cuore di tante persone e famiglie, con risvolti non trascurabili, alimentati dai lunghi periodi di isolamento e da diverse limitazioni di libertà.

Inoltre, non possiamo dimenticare come la pandemia abbia toccato alcuni nervi scoperti dell’assetto sociale ed economico, facendo emergere contraddizioni e disuguaglianze. Ha minacciato la sicurezza lavorativa di tanti e aggravato la solitudine sempre più diffusa nelle nostre società, in particolare quella dei più deboli e dei poveri. Pensiamo, ad esempio, ai milioni di lavoratori informali in molte parti del mondo, rimasti senza impiego e senza alcun supporto durante tutto il periodo di confinamento.

Raramente gli individui e la società progrediscono in situazioni che generano un tale senso di sconfitta e amarezza: esso infatti indebolisce gli sforzi spesi per la pace e provoca conflitti sociali, frustrazioni e violenze di vario genere. In questo senso, la pandemia sembra aver sconvolto anche le zone più pacifiche del nostro mondo, facendo emergere innumerevoli fragilità.

3. Dopo tre anni, è ora di prendere un tempo per interrogarci, imparare, crescere e lasciarci trasformare, come singoli e come comunità; un tempo privilegiato per prepararsi al “giorno del Signore”. Ho già avuto modo di ripetere più volte che dai momenti di crisi non si esce mai uguali: se ne esce o migliori o peggiori. Oggi siamo chiamati a chiederci: che cosa abbiamo imparato da questa situazione di pandemia? Quali nuovi cammini dovremo intraprendere per abbandonare le catene delle nostre vecchie abitudini, per essere meglio preparati, per osare la novità? Quali segni di vita e di speranza possiamo cogliere per andare avanti e cercare di rendere migliore il nostro mondo?

Di certo, avendo toccato con mano la fragilità che contraddistingue la realtà umana e la nostra esistenza personale, possiamo dire che la più grande lezione che il Covid-19 ci lascia in eredità è la consapevolezza che abbiamo tutti bisogno gli uni degli altri, che il nostro tesoro più grande, seppure anche più fragile, è la fratellanza umana, fondata sulla comune figliolanza divina, e che nessuno può salvarsi da solo. È urgente dunque ricercare e promuovere insieme i valori universali che tracciano il cammino di questa fratellanza umana. Abbiamo anche imparato che la fiducia riposta nel progresso, nella tecnologia e negli effetti della globalizzazione non solo è stata eccessiva, ma si è trasformata in una intossicazione individualistica e idolatrica, compromettendo la garanzia auspicata di giustizia, di concordia e di pace. Nel nostro mondo che corre a grande velocità, molto spesso i diffusi problemi di squilibri, ingiustizie, povertà ed emarginazioni alimentano malesseri e conflitti, e generano violenze e anche guerre.

Mentre, da una parte, la pandemia ha fatto emergere tutto questo, abbiamo potuto, dall’altra, fare scoperte positive: un benefico ritorno all’umiltà; un ridimensionamento di certe pretese consumistiche; un senso rinnovato di solidarietà che ci incoraggia a uscire dal nostro egoismo per aprirci alla sofferenza degli altri e ai loro bisogni; nonché un impegno, in certi casi veramente eroico, di tante persone che si sono spese perché tutti potessero superare al meglio il dramma dell’emergenza.

Da tale esperienza è derivata più forte la consapevolezza che invita tutti, popoli e nazioni, a rimettere al centro la parola “insieme”. Infatti, è insieme, nella fraternità e nella solidarietà, che costruiamo la pace, garantiamo la giustizia, superiamo gli eventi più dolorosi. Le risposte più efficaci alla pandemia sono state, in effetti, quelle che hanno visto gruppi sociali, istituzioni pubbliche e private, organizzazioni internazionali uniti per rispondere alla sfida, lasciando da parte interessi particolari. Solo la pace che nasce dall’amore fraterno e disinteressato può aiutarci a superare le crisi personali, sociali e mondiali.

4. Al tempo stesso, nel momento in cui abbiamo osato sperare che il peggio della notte della pandemia da Covid-19 fosse stato superato, una nuova terribile sciagura si è abbattuta sull’umanità. Abbiamo assistito all’insorgere di un altro flagello: un’ulteriore guerra, in parte paragonabile al Covid-19, ma tuttavia guidata da scelte umane colpevoli. La guerra in Ucraina miete vittime innocenti e diffonde incertezza, non solo per chi ne viene direttamente colpito, ma in modo diffuso e indiscriminato per tutti, anche per quanti, a migliaia di chilometri di distanza, ne soffrono gli effetti collaterali – basti solo pensare ai problemi del grano e ai prezzi del carburante.

Di certo, non è questa l’era post-Covid che speravamo o ci aspettavamo. Infatti, questa guerra, insieme a tutti gli altri conflitti sparsi per il globo, rappresenta una sconfitta per l’umanità intera e non solo per le parti direttamente coinvolte. Mentre per il Covid-19 si è trovato un vaccino, per la guerra ancora non si sono trovate soluzioni adeguate. Certamente il virus della guerra è più difficile da sconfiggere di quelli che colpiscono l’organismo umano, perché esso non proviene dall’esterno, ma dall’interno del cuore umano, corrotto dal peccato (cfr Vangelo di Marco 7,17-23).

5. Cosa, dunque, ci è chiesto di fare? Anzitutto, di lasciarci cambiare il cuore dall’emergenza che abbiamo vissuto, di permettere cioè che, attraverso questo momento storico, Dio trasformi i nostri criteri abituali di interpretazione del mondo e della realtà. Non possiamo più pensare solo a preservare lo spazio dei nostri interessi personali o nazionali, ma dobbiamo pensarci alla luce del bene comune, con un senso comunitario, ovvero come un “noi” aperto alla fraternità universale. Non possiamo perseguire solo la protezione di noi stessi, ma è l’ora di impegnarci tutti per la guarigione della nostra società e del nostro pianeta, creando le basi per un mondo più giusto e pacifico, seriamente impegnato alla ricerca di un bene che sia davvero comune.

Per fare questo e vivere in modo migliore dopo l’emergenza del Covid-19, non si può ignorare un dato fondamentale: le tante crisi morali, sociali, politiche ed economiche che stiamo vivendo sono tutte interconnesse, e quelli che guardiamo come singoli problemi sono in realtà uno la causa o la conseguenza dell’altro. E allora, siamo chiamati a far fronte alle sfide del nostro mondo con responsabilità e compassione. Dobbiamo rivisitare il tema della garanzia della salute pubblica per tutti; promuovere azioni di pace per mettere fine ai conflitti e alle guerre che continuano a generare vittime e povertà; prenderci cura in maniera concertata della nostra casa comune e attuare chiare ed efficaci misure per far fronte al cambiamento climatico; combattere il virus delle disuguaglianze e garantire il cibo e un lavoro dignitoso per tutti, sostenendo quanti non hanno neppure un salario minimo e sono in grande difficoltà. Lo scandalo dei popoli affamati ci ferisce. Abbiamo bisogno di sviluppare, con politiche adeguate, l’accoglienza e l’integrazione, in particolare nei confronti dei migranti e di coloro che vivono come scartati nelle nostre società. Solo spendendoci in queste situazioni, con un desiderio altruista ispirato all’amore infinito e misericordioso di Dio, potremo costruire un mondo nuovo e contribuire a edificare il Regno di Dio, che è Regno di amore, di giustizia e di pace.

Nel condividere queste riflessioni, auspico che nel nuovo anno possiamo camminare insieme facendo tesoro di quanto la storia ci può insegnare. Formulo i migliori voti ai Capi di Stato e di Governo, ai Responsabili delle Organizzazioni internazionali, ai Leaders delle diverse religioni. A tutti gli uomini e le donne di buona volontà auguro di costruire giorno per giorno, come artigiani di pace, un buon anno! Maria Immacolata, Madre di Gesù e Regina della Pace, interceda per noi e per il mondo intero.

Francesco

 

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