Calcio e contaminazioni: nella nazionale il contributo degli oriundi è prezioso
Tra i calciatori che si sono “salvati” nelle ultime due partite dell’Italia c’è Mateo Retegui. Qualcuno storcerà il naso, soprattutto sentendolo parlare: dopo il match con l’Inghilterra, primo incontro delle qualificazioni ai prossimi campionati europei nel gruppo C, nel quale è andato pure in rete, l’attaccante ha rilasciato l’intervista in spagnolo – aveva l’interprete al suo fianco. Ma lo stesso Retegui rappresenta un’istanza da soddisfare in qualche modo. La nazionale italiana, infatti, ha bisogno degli oriundi, quasi come il pane. Necessita di un bomber, nello specifico. E non c’è tempo da perdere per centrare gli obiettivi più vicini.
Non solo Retegui
Sulla questione è intervenuto lo stesso tecnico nella nazionale italiana. “Chiamare altri oriundi? Sì, è una possibilità – ha dichiarato Roberto Mancini – Nella Svizzera 15 su 10 sono oriundi, il Belgio uguale, Francia, Germania e Inghilterra pescano tra gli oriundi”. Il Mancio ha aggiunto che “noi fino a un tot di anni fa avevamo giocatori forti e non ne avevamo bisogno”. La situazione adesso è cambiata. L’allenatore ricorda che spesso le altre nazionali ci hanno tolto giocatori cresciuti in Italia. Potremmo comportarci allo stesso modo anche noi. Tra gli altri oriundi da guardare con attenzione ci sono Nicolas Capaldo, Gianluca Prestianni, Giuliano Galoppo e Marco Di Cesare.
Una scelta di necessità, gli oriundi
La serie A pullula di stranieri. Lo sappiamo bene. Per chi guida la nazionale azzurra, allora, diventa sempre più complicato trovare calciatori nati in Italia, che siano bravi inoltre. La questione oriundi è un falso problema. Conta, piuttosto, che gli stessi calciatori si sentano italiani, e lo dimostrino. Non può essere la terra natia o il colore della pelle (si veda Balotelli) a stabilire chi è meritevole della chiamata azzurra. Si pensi inoltre ai tanti migranti che raggiungono le nostre coste, il cui numero si è quintuplicato in un anno solo: augurare ai regolari, ai più volenterosi e talentuosi un futuro di successo e di riscatto, attraverso un campo di gioco, è quanto di meglio si possa credere per loro.
VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO




L’assessore alla Cultura del Comune di Taranto, Fabiano Marti, ha evidenziato la “forte identità tra Taranto ed i Riti della Settimana Santa, volàno per una crescita culturale ed economica della città, grazie alla passione delle confraternite per le loro tradizioni”, senza dimenticare “l’importante testimonianza di fede viva e concreta che trasuda dai nostri Riti”.
Il secondo appuntamento,


Una volta entrati nel dramma della morte violenta di Cristo, i giovani hanno introdotto i presenti alla “fondazione” della speranza, come ha spiegato don Emanuele, fino ad ostendere il velo sacro, traccia dell’assente ma non scomparso Cristo, il Risorto, che gli spettatoti, in silenzio, così come aveva chiesto don Ferro, chiedendo anche che la narrazione non fosse interrotta dagli applausi per mantenere il raccoglimento, hanno potuto accarezzare.