Cei

Terremoto in Turchia e Siria: domenica 26, la colletta nazionale per le popolazioni colpite

Siria, Knaye - foto H.Jallouf/Sir
25 Mar 2023

Facendo proprio l’appello di papa Francesco, al termine dell’udienza generale di mercoledì 8 febbraio, la presidenza della Cei, a nome dei vescovi italiani, oltre a rinnovare profonda partecipazione alle sofferenze e ai problemi delle popolazioni di Turchia e Siria provate dal terremoto, nella consapevolezza della gravità della situazione, ha indetto, per domani, domenica 26 marzo 2023 (V di Quaresima), una colletta nazionale, da tenersi in tutte le chiese italiane. “Sarà un segno concreto di solidarietà e partecipazione di tutti i credenti ai bisogni, materiali e spirituali, delle popolazioni terremotate. Sarà anche un’occasione importante per esprimere nella preghiera unitaria la nostra vicinanza alle persone colpite”, ha scritto, in una nota, la presidenza della Cei. Le offerte dovranno essere integralmente inviate a Caritas Italiana entro il 30 aprile 2023.
Per far fronte alle prime urgenze e ai bisogni essenziali di chi è stato colpito da questa calamità, la Cei ha disposto subito un primo stanziamento di 500.000 euro dai fondi dell’8xmille per iniziative di carità di rilievo nazionale. Tale somma viene erogata tramite Caritas Italiana, già attiva per alleviare i disagi causati dal sisma e a cui è affidato il coordinamento degli interventi locali.

 

 

 

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Diocesi

Padre Jalal Yako a Taranto per la Festa piccola della confraternita Ss Addolorata

Il padre rogazionista ci parla del progetto di “un ponte” di fratellanza con i cristiani che soffrono in Iraq

25 Mar 2023

di Silvano Trevisani

Era un’espressione gergale, ma ora “La festa piccola della confraternita” – dove per confraternita si intende la Ss Addolorata e San Domenico – identifica l’appuntamento quaresimale, nel Venerdì di Passione, “Sette dolori di Maria”.
Quest’anno, venerdì 31 alle ore 18.30, nella chiesa di San Domenico in città vecchia, l’evento vedrà la speciale testimonianza di padre Jalal Yako, rogazionista, originario dell’Iraq, che fa parte di Acs, Aiuto alla Chiesa che soffre, opera di carità e riconciliazione attiva dal 1947.
Abbiamo raggiunto padre Jalal Yako telefonicamente ad Assisi, dove da un anno lavora come parroco e dove ha messo a punto un progetto: “Assisi – Un ponte di fratellanza”.

Quanti sono i cristiani perseguitati nel mondo? Secondo il rapporto Open Doors circa 360 milioni, ovvero: uno ogni sei credenti. Sono molti i paesi i cui professare la fede cristiana è molto pericoloso: dalla Corea de Nord all’Africa subsaharina, ma è nei paesi islamici, soprattutto in Medioriente, che la loro situazione è diventata più drammatica a partire dall’esplosione del fondamentalismo islamico. Come in Iraq.

Padre Jalal, ci vuoi parlare, innanzitutto, delle tue origini e delle tue esperienze?
Sono nato e cresciuto a Qaraqosh nel Nord dell’Iraq da una famiglia cristiana. Dopo aver fatto due anni di leva militare sono entrato nei padri rogazionisti in Iraq e poi ho completato il mio percorso nella Lateranense di Roma. Nel 2005 sono stato ordinato sacerdote e ho conseguito la specializzazione in teologia fondamentale. Sono stato in diversi posti in Italia come vice parroco. Sono tornato in Iraq per quasi nove anni, nella mia comunità di padri rogazionisti dal 2012 al 2020, a Mosul, nei tempi più difficili e movimentati dell’Iraq, per l’arrivo dell’Isis e ciò che ne è scaturito: minacce, attentati, violenze. Siamo stati costretti a rifugiarci per tre anni nel campi profughi della città di Erbil. Dopo la liberazione delle nostre città siamo tornati per ricostruire, trovandoci di fronte a una situazione disastrosa, con le nostre case, le chiese, i simboli religiosi distrutti e bruciati. È stato necessario un lavoro enorme, ma la Provvidenza si è fatta viva. Le cose sono un po’ cambiate, ma è per noi sempre una vita rischiosa.

Poi sei tornato in Italia.
Sì, nel 2020 e poi a più riprese. Ora sono qui ad Assisi da un anno come parroco e ho vissuto la visita del Papa, che è stata provvidenziale. A seguito di quell’esperienza abbiamo messo in piedi un progetto: “Assisi – Ur ponte di fratellanza per il dialogo interreligioso”. Prossimamente tornerò in Iraq per dare inizio a questo ponte di fratellanza, con la collaborazione di Assisi e altre comunità. Quello che ha seminato papa Francesco in Iraq bisogna portarlo avanti.

Ma ancora fino ai tempi di Saddam la convivenza dei cristiani in Iraq era possibile.
La convivenza era pacifica. I cristiani erano benvoluti per il proprio comportamento, per la cultura della pace e della convivenza che hanno sempre esercitato, e lo stesso Saddam ne era consapevole dal momento che il suo vice; Tarek Aziz era cristiano, come tutti i suoi diretti collaboratori di cui aveva fiducia. Ma i suoi gravissimi errori sono stati drammatici per tutto il Paese.

Quanti sono i cristiani in Iraq?
Fino alla caduta di Saddam, nel 2003, erano un milione e mezzo. Ma via via si sono ridotti, per sfuggire a persecuzioni, discriminazioni, sequestri, e oggi sono poco più di 250.000. Tra il 2003 e il 2010 i cristiani, assieme alle altre minoranze, hanno subito la violenza dei fondamentalisti. Il 31 ottobre 2010 nella cattedrale di Nostra Signora a Bagdad avvenne una vera e propria carneficina durante la messa.

E oggi com’è a situazione?
Una certa stabilità è stata raggiunta ma è fragile. Non vi è una vera indipendenza per via della politica filoiraniana. I cristiani che sono voluti restare continuano a testimoniare la propria fede, come pure le altre minoranza, ma vi sono ancora i gruppi filoiraniani che vogliono occupare i loro posti scacciandoli, come avviene nella piana di Ninive. Proprio una settimana fa uno di questi gruppi li ha attaccati e ciò li rende insicuri.

Invece in Siria, secondo autorevoli testimonianze, Assad è stata una garanzia per la sopravvivenza delle comunità cristiane. É vero?
Devo ammettere che è proprio così. In Siria i cristiani erano molto più numerosi e convivevano da sempre in modo pacifico. È stato l’arrivo dell’Isis, anche dalla Turchia, che ha reso instabile l’area. Ne hanno fatto le spese soprattutto i cristiani: molte comunità di quei territori sono state cancellate. Quando c’era Assad effettivamente c’era stabilità in quei territori che io ho visitato, anche perché ho un mio parente, un francescano, che è in Siria e che vede la presenza dei cristiani costantemente minacciata, e per questo è diminuita di molto.

I cristiani continuano a essere perseguitati in tanti Paesi, forse noi non abbiamo un’idea precisa.
È così, anche nei paesi che sembrano “normali” vi è spesso una persecuzione “invisibile”. In molti paesi, come lo stesso Egitto, i cristiani pagano soprattutto dopo l’arrivo dei fondamentalisti. Molte volte la legge stessa crea problemi: in genere proibisce, ad esempio, la conversione dei musulmani al cattolicesimo, o obbliga il coniuge cristiano che sposa un musulmano a diventare di fatto musulmano comunque a educati i figli all’Islam. Io conosco tanti che, avendo sentito la spinta alla conversione sono dovuti scappare.

Cosa possiamo fare noi cattolici italiani?
La Chiesa ha fatto molto per i cristiani perseguitati e io ho vissuto la sua presenza anche nei campi profughi. Aiuto alla Chiesa che soffre ha fatto tanto anche per la ricostruzione e il ritorno alla normalità, e oggi continua ancora a dare il proprio sostegno. È importante non dimenticare, anche nella preghiera, quei cristiani che in quei paesi parlano da millenni la lingua di Gesù. La loro presenza non si deve spegnere perché l’annuncio del Vangelo deve continuare. Occore lavorare prima di tutti per essere accanto a quella popolazione, riscoprire la Terra santa, dove avuto origine la nostra fede, a partire da Ur dei Caldei, da dove è partito il nostro padre Abramo

Come si svilupperà il progetto “Assisi Ur”?
Il progetto per “un ponte di fratellanza” intende promuovere l’interscambio tra piccoli gruppi per metterli in contatto, per scoprire quella terra, anche attraverso il pellegrinaggio in Iraq anche insieme a gruppi di altre religioni. Riscoprire la fratellanza attraverso il pellegrinaggio, secondo l’insegnamento di papa Francesco: camminare insieme come figli dell’unico Dio. Nell’ottobre scorso c’è stata una prima esperienza, nell’ottobre prossimo vi sarà un nuovo pellegrinaggio proprio per camminare insieme sulle orme di Francesco per la fratellanza dei popoli e delle religioni.

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Fede & cultura

Grande successo per “La cena del Signore” in Cattedrale

Tra i partecipanti anche l’architetto Augusto Ressa che ci ha inviato le sue riflessioni

foto Pasquale Reo
24 Mar 2023

di Augusto Ressa

Don Emanuele Ferro prosegue il suo racconto della storia di Cristo, avviato in occasione del Natale 2022  con  “La città  del Vangelo”. In quell’occasione avevamo percorso, guidati dalla sua voce quieta, fraterna e affettuosa, i vicoli della città vecchia, accompagnati dai suoi abitanti, adulti e bambini (tanti bambini!), nelle vesti dei personaggi di un presepe vivente, orgogliosi di mostrarci la bellezza del cuore antico della nostra città.
Questa volta, giovedì 23 marzo, don Emanuele ha voluto raccontarci, con l’approssimarsi della santa Pasqua, l’episodio centrale del Vangelo di Cristo, dal quale si compie il disegno divino di salvezza dell’umanità attraverso il sacrificio del Figlio.
E lo ha fatto, come sempre, coinvolgendo l’intera comunità della sua parrocchia. Lo scenario della rappresentazione è stata la nostra antica cattedrale, dove, ai piedi dell’altare, era allestita una tavola che donne in costume dell’epoca hanno imbandito con stoviglie e cibi della antica tradizione giudaica. La messa in scena è stata preceduta dalla descrizione dell’episodio, fatta con chiarezza ed efficacia didascalica dallo stesso don Emanuele, in chiave evangelica e simbolica, sulla scorta di un dipinto del Ghirlandaio proiettato su tanti monitor disposti ai lati della navata centrale che hanno consentito a tutti di seguire con attenzione le sue riflessioni.
Sorprende ancora una volta la capacità di don Emanuele di coinvolgere gli abitanti dell’Isola in un’azione corale che difficilmente, a mio parere, è possibile riproporre con analoga intensità in altri contesti della nostra città. Credo a tal proposito si possa affermare che questa iniziativa, come la precedente del Natale, abbia messo in luce una cifra distintiva dell’Isola, che è quella della spiritualità, nella quale è possibile riconoscere l’anima vera della città intera. Prova ne sia la grande partecipazione di pubblico nelle due rappresentazioni, pomeridiana e serale, con il sincero coinvolgimento emotivo di tutti specie nel momento di maggiore intensità, segnato da suoni e danze, in cui Cristo benedice il pane e lo offre ai suoi discepoli in segno di sacrificio. Ed è con la distribuzione del pane azimo a tutti i presenti che la rappresentazione si è chiusa in un clima di commozione e di fraterna comunione.
All’uscita dalla cattedrale potevi scorgere solo volti sereni.
Ora non ci resta che aspettare le prossime “messe in scena” delle catechesi che si terranno il 29 prossimo nel duomo di San Cataldo e il 15 aprile a piazzale Democrate.

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Società

Antonio Russo eletto nuovo portavoce di Alleanza contro la povertà

foto: Alleanza contro la povertà in Italia
24 Mar 2023

di Mimmo Laghezza

Antonio Russo, vicepresidente delle Acli e membro del Comitato esecutivo, è il nuovo portavoce nazionale dell’Alleanza contro la povertà in Italia, l’iniziativa che riunisce oltre cinquanta soggetti sociali – sindacati, ong e organizzazioni di rappresentanza dei Comuni e del Terzo settore – che, da 10 anni promuovono politiche pubbliche contro la povertà assoluta nel nostro Paese. È stato eletto venerdì 24 mattina nel corso dell’assemblea annuale svolta nella sede dell’Associazione delle autonomie locali italiane a Roma, l’assemblea annuale dell’Alleanza contro la povertà in Italia.
Oltre al rinnovo degli organismi interni, nell’occasione dell’assemblea si è sviluppato il confronto sulle misure di contrasto alla povertà che si sono succedute nell’ultimo decennio, dalla nascita del Reddito di inclusione, al Sia (il Sostegno di inclusione attiva) sino al reddito di cittadinanza.
Durante i lavori, è stato spiegato in una nota, più volte è stato ribadito il ruolo di promozione dell’Alleanza sulle riforme strutturali del sistema di politiche di welfare. In un Paese in cui il numero delle persone a rischio di esclusione sociale, in un decennio, si è pressoché triplicato, è urgente rimettere al centro del dibattito politico il tema della povertà. Ora che il governo si prepara ad approvare la nuova riforma del reddito di cittadinanza, che dovrebbe essere sostituito dalla Mis (Misura di inclusione attiva), l’Alleanza, in continuità col passato, ha ribadito la necessità di aprire un confronto con il governo e il parlamento perché l’Italia si doti di misure strutturali di lotta alla povertà. In particolare, ha sottolineato il neo portavoce Russo, è fondamentale far precedere la nuova riforma da un dibattito pubblico capace di coinvolgere tutte le forze politiche e sociali.
“Si apre per noi una nuova fase, non meno importante di quella delle origini – ha dichiarato Russo – che presuppone un rinnovato impegno nel Paese e sui territori. Nelle nostre organizzazioni di appartenenza e tra i cittadini, dovremo farci interpreti di ansie e speranze di chi attende risposte chiare in tempi molto stretti”.
Di assoluta urgenza per l’Alleanza è un incontro con il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Marina Calderone, per un confronto sulla riforma che, qualora venissero confermate le prospettive della bozza di provvedimento circolata due settimane fa, restringerebbe la platea dei potenziali aventi diritto alla nuova misura con una minore spesa per il bilancio pubblico dello Stato di circa 2 miliardi e mezzo di euro all’anno.
“Non azzardiamo oggi un giudizio compiuto sul nuovo approdo legislativo ma, di fronte ad una Paese in cui crescono le fratture sociali e la povertà, agire sulla sola leva della riduzione dei costi, potrebbe presto dimostrarsi un errore strategico”, ha commentato Russo, secondo cui “distogliere risorse dalle politiche di inclusione sociale e di lotta alla povertà potrebbe allargare i divari già esistenti”.

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Beni culturali

Le Giornate Fai: visite al Carmine di Grottaglie, all’Ospedale Testa e alla Via dell’Angelo a Crispiano

24 Mar 2023

di Silvano Trevisani

Il complesso del Carmine di Grottaglie, l’Ospedale Testa di Taranto e il cammino dell’Angelo di Crispiano sono i tre luoghi ricadenti nella diocesi di Taranto che quest’anno il Fai ha inserito nell’elenco dei siti da riscoprire nelle Giornate Fai di Primavera, sabato 25 e domenica 26 marzo. Inoltre, la provincia di Taranto comprende anche “Arte simboli e tradizioni di Manduria antica” e la Chiesa rupestre di San Lorenzo Vecchio Laterza.

Nella zona Nord del centro storico di Grottaglie, lungo la via G. Pignatelli, compreso tra la via Ennio (l’antica via Appia) e la porta d’Oriente, è ubicato il monumentale complesso architettonico della Chiesa Maria Santissima del Monte Carmelo. Per la comunità religiosa di Grottaglie il XVI secolo è stato un periodo importante, in quanto vide la fondazione di conventi e monasteri. Tra i primi ad insediarsi nel territorio furono i carmelitani, nel 1505, seguiti dai padri minimi (1536) e dai cappuccini (1546). Dopo la fondazione del convento dei carmelitani, nella cittadina di Grottaglie si contava una numerosa presenza di ecclesiastici (134 religiosi), questo perché il territorio era una baronia arcivescovile.

La facciata della chiesa, che richiama lo stile barocco, risale ai primi anni del ‘700 ed è suddivisa in tre ordini architettonici. L’interno della chiesa è a tre navate con cappelle laterali con altari. Dalla navata sinistra si può accedere alla Cripta o, viste le dimensioni, chiesa rupestre, di cui si era persa traccia e ritrovata casualmente durante i lavori di restauro del 1998. Il chiostro del convento risale al XVI secolo ed è decorato con affreschi raffiguranti la vita di Sant’Elia. Il convento carmelitano di Grottaglie è stato tra i pochi ad aver formato e dato alla collettività religiosa figure importanti per la chiesa, come: due vescovi, un teologo che partecipò al Concilio di Trento e un generale dell’Ordine carmelitano. In seguito alle soppressioni religiose dell’800, prima con quella napoleonica e poi con quella piemontese dell’Unità d’Italia, i padri carmelitani andarono via da Grottaglie senza più fare ritorno. Il culto mariano carmelitano è tuttavia rimasto fino ad oggi grazie alla Confraternita che porta avanti quella spiritualità tipica dell’ordine dei carmelitani.

Le visite saranno curate dal Liceo artistico V. Calò; IIS Don Milani – Pertini che, con l’ex docente Chiara Loscialpo ha anche curato il testo illustrativo. (Nella foto la volta restaurata della Cappella della Madonna)

L’ex Ospedale Giuseppe Testa, un tempo sanatorio antitubercolare, è ubicato nella zona occidentale di Taranto, in contrada Rondinella.

Il sanatorio fu costruito dalla Cassa nazionale per le assicurazioni sociali, in ottemperanza alle leggi emanate nel 1927 per la lotta alla tubercolosi che in quegli anni rappresentava un problema socio-sanitario molto grave, per combattere il quale, il ricovero sanatoriale era ancora l’unica cura. A Taranto la Cassa Nazionale si occupò di realizzare la struttura in contrada Rondinella, allora località salubre, su di un suolo che fu espropriato ai legittimi proprietari nel 1930 e che fu inaugurato il 10 novembre 1935. Il fabbricato, costituito da tre piani, da una sopraelevazione e da spaziose verande per una ricettività di 220 malati, presenta le caratteristiche comuni agli altri edifici della stessa tipologia, costruiti nello stesso periodo e dislocati su tutto il territorio nazionale: andamento rettilineo e sviluppo planimetrico a “T” con due ali laterali corrispondenti ai reparti di degenza maschile e femminile; testate aggettanti per proteggere il fronte dal vento e camere con affaccio su un’unica loggia continua esposta sul lato sud. La costruzione dell’Ospedale, considerata «grandiosa opera del regime», fu diretta dall’ing. Accolti per un costo di due milioni di lire. L’ex Ospedale Testa, di recente sottoposto a lavori di restauro, attualmente è sede dell’Arpa Puglia (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente) e del servizio di Veterinaria della ASL di Taranto. Il percorso di visita per le giornate FAI inizierà dalla chiesetta, sita all’esterno della struttura, costruita dagli inglesi di stanza a Taranto all’incirca nel 1943. Di seguito i visitatori, percorrendo il giardino caratterizzato dalla presenza di olivi secolari, saranno guidati all’interno dell’edificio di cui si descriveranno gli aspetti ancora evidenti della sua primaria destinazione ad ospedale antitubercolare. In particolare dalle ampie terrazze, addette un tempo alle cure elioterapiche, i visitatori potranno godere della vista sulla rada di Mar Grande. Il percorso continuerà nei laboratori chimici e microbiologici, normalmente non accessibili, dove il personale tecnico descriverà le attività attualmente svolte per il controllo dell’inquinamento e la tutela dell’ambiente.

Le visite saranno a cura dell’Istituto comprensivo Carrieri – Colombo; Liceo artistico V. Calò; Liceo Ferraris; Ipseoa Mediterraneo; Liceo scientifico Battaglini. (Nella foto la Chiesetta)

La Via dell’Angelo, infine, è un itinerario che unisce il centro abitato di Crispiano con la località chiamata Triglie, un crocevia al confine tra i territori di Crispiano e Statte. Sui fianchi della gravina omonima sorge un villaggio rupestre, articolato in numerosissime grotte scavate su entrambi i fianchi della gravina e accoglie al suo interno la chiesa di San Michele. Numerose, inoltre, sono le aree di necropoli di età longobarda rinvenute all’interno del villaggio. Una passeggiata di circa un chilometro nella Valle di San Michele costituirà l’occasione per approfondire la storia di questo luogo, attraverso la visita della chiesa, delle case grotta e della via cava, antica arteria di collegamento fra Crispiano e Statte. Partendo dal piazzale antistante la chiesa, si esplorerà la grotta sottostante, si osserverà una delle sorgenti dell’acquedotto romano con la sua valenza ingegneristica e saranno visitati luoghi normalmente non accessibili.

Le visite saranno curate dall’Ipsoa Elsa Morante.

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Cei

Migrazioni, mons. Baturi: “Allargare gli spazi dei canali legali”

No a “politica fatta solo di controllo, ordine pubblico, restrizioni e respingimenti” ha ribadito il segretario generale della Cei

foto Ansa/Sir
24 Mar 2023

“Siamo disponibili a collaborare, forti della nostra esperienza decennale, per allargare gli spazi dei canali legali che permettono di salvaguardare le vite e di togliere ossigeno malato ad organizzazioni malavitose”: così mons. Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari e segretario generale della Cei, riferendosi ai corridoi umanitari ha risposto alle domande dei giornalisti sulle migrazioni, durante la conferenza stampa di chiusura del Consiglio episcopale permanente (Cep), svoltosi a Roma in questi giorni.
Nel comunicato finale del Cep, i vescovi hanno evidenziato la “debolezza delle risposte messe in atto” in tale ambito, facendo riferimento alla tragedia di Cutro e definendola “una ferita aperta”. “Ci sono due procedimenti in corso presso due procure, non possiamo entrare su questo”, ha precisato il segretario generale della Cei: “Naturalmente è una ferita aperta, si tratta di persone morte sulle nostre coste”.
“Auspichiamo una vera concertazione tra gli Stati europei nella gestione di un fenomeno che è globale e non può essere affrontato se non in modo concertato”, l’appello a nome dei vescovi italiani: “Una politica fatta solo di controllo, di ordine pubblico, di restrizioni e di respingimenti non coglie il problema vero, che è la tutela delle vite delle persone. Bisogna soccorrerle e verificare un’integrazione che è possibile e importante per tutti, perché tutti abbiamo bisogno di una società nuova, a cominciare dall’inserimento nel mondo del lavoro”. A questo proposito, per Baturi, serve “uno sguardo lungimirante che sappia guardare anche ai Paesi di origine, che abbia la capacità di vedere non solo lungo il tempo ma anche nello spazio il punto originante, la povertà, le ragioni economiche e politiche, di persecuzione di guerre che spingono queste persone a partire”. “Una politica globale e lungimirante – ha proseguito il segretario generale della Cei – non può non farsi carico del fatto che la libertà di andare deve essere connessa alla libertà di restare, e ciò è possibile solo se ci sono condizioni di vita dignitose”.

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Teatro

Per il cartellone “Periferie”, sabato 25, “Stoc ddò – Io sto qua” all’auditorium TaTÀ

24 Mar 2023

Quel dialogo mai interrotto. Per il cartellone “Periferie”, rassegna di teatro, sabato 25 marzo, alle ore 21 all’auditorium TaTÀ di Taranto, in via Deledda ai Tamburi, in scena “Stoc ddò – Io sto qua” di e con Sara Bevilacqua, drammaturgia Osvaldo Capraro, disegno Luci Paolo Mongelli, foto di scena Domenico Summa, produzione Meridiani Perduti Teatro, vincitore festival Le Voci dell’Anima 2022. Durata 55’. Biglietto 12 euro, ridotto 10 euro (under 30 e over 65).  Info e prenotazioni al numero 366.3473430 attivo anche WhatsApp.

Il racconto

Non ha ancora compiuto sedici anni Michele quando, il 12 luglio 2001 a Bari vecchia, viene colpito per errore, da un colpo di pistola alla nuca, durante un regolamento di conti tra i clan mafiosi rivali Capriati e Striscuglio. Da quel giovedì sera, la vita di Lella muta radicalmente direzione. Giorno dopo giorno, con la sola presenza di madre ferita, impone le esigenze della giustizia ai clan, denunciando, testimoniando, puntando gli occhi negli occhi di chi vuole imporle il silenzio: io non fuggo, e nemmeno chiudo la porta di casa: “Stoc ddò”. Da dove, Lella, ha tratto la forza per combattere una guerra che non l’ha mai vista abbassare lo sguardo? Dall’esempio di sua mamma, cummà Nenette, donna determinata nell’educare i figli alla sostanza delle cose. Dal sostegno del marito Pinuccio, della famiglia e della gente del quartiere. Ma, soprattutto, dal dialogo mai interrotto con Michele, il garzone allegro, l’angelo di Bari vecchia. Un dialogo, quello con suo figlio, che nessun ostacolo riuscirà mai a impedire, nemmeno la morte.

Premi

Vincitore del festival Le Voci dell’Anima 2022. La motivazione: “Potente, drammatico ma mai pesante, lo spettacolo riesce e smuovere le coscienze grazie a una grande storia, un grande professionista che la fa vivere e un’atmosfera che incornicia alla perfezione un capolavoro”). Nella stessa ventesima edizione del concorso riminese, lo spettacolo della compagnia Meridiani Perduti si è aggiudicato anche il premio sezione Teatro (“Per la capacità di rendere, attraverso la voce, le immagini di un lutto doloroso e vivo che nasce da un fatto di cronaca e che sul palco del teatro viene inciso nella memoria e nella mente del pubblico”) e il premio della critica (“È un lavoro sincero, che ti arriva dentro e che ti fa riflettere su quanta verità possa raccontare, oggi, il teatro. Un lavoro che una sola voce, femminile, bella, profonda e reale”).

«Siamo estremamente felici. Sono dei riconoscimenti bellissimi e importanti. Dedichiamo questa vittoria alla famiglia Fazio che ci ha affidato il testimone della propria storia, a Lella e Pinuccio che sono, per noi, un modello ed un esempio», le parole di Sara Bevilacqua, attrice e regista brindisina, alla cerimonia di premiazione del festival Le Voci dell’Anima, lo scorso 2 ottobre al Teatro degli Atti.

nota biografica

Sara Bevilacqua. Attrice e regista. Diplomata all’Accademia di Arte Drammatica della Calabria, prosegue il percorso formativo partecipando a numerosi stage di teatro, danza, poesia e canto, di cui tre di rilievo internazionale all’Accademia di Arte Drammatica di Varsavia. Collabora come attrice con diverse compagnie, tra cui Factory, Fibre Parallele, Teatri di Bari. Fonda nel 2009 a Brindisi, con Daniele Guarini, la compagnia Meridiani Perduti Teatro, che trova nel teatro di narrazione e nel teatro canzone la sua dimensione artistica. In collaborazione con l’autore Emiliano Poddi, finalista premio Strega nel 2010 e docente della Scuola Holden di Torino, porta avanti un progetto di recupero della memoria storica attraverso un percorso di teatro narrazione che nasce da una approfondita ricerca condotta sul territorio.

servizio di biglietteria

prenotazioni fino al giorno antecedente lo spettacolo esclusivamente al numero 366.3473430 attivo anche WhatsApp e acquisto ticket direttamente alla biglietteria nei giorni di lunedì, mercoledì e venerdì (ore 10-13 e 15-18).

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Consiglio permanente Cei

Sinodo, mons. Baturi: “Vogliamo dialogare ed essere aperti al mondo”

ph Siciliani Gennari-Sir
24 Mar 2023

di Maria Michela Nicolais

Nonostante “alcune resistenze interne”, nel cammino sinodale della Chiesa in Italia predomina la volontà di “entrare in dialogo con l’umanità nel suo complesso”. È il bilancio del cammino sinodale delle Chiese in Italia, nelle parole di mons. Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari e segretario generale della Cei, durante la conferenza stampa di chiusura del Consiglio permanente dei vescovi italiani.

Le resistenze interne

“È vero, ci sono alcune resistente interne”, ha ammesso il presule, “e c’è la necessità di proseguire nel lavoro con un metodo capace di unire l’ascolto, il dialogo e la capacità di essere aperti al mondo in cui si vive”. “La Chiesa non deve limitarsi a parlare di mondo, ma deve ascoltarli e farli parlare”, ha detto Baturi tracciando un bilancio positivo della fase di ascolto del Sinodo, che ad esempio nel mondo delle carceri ha visto “cantieri” di dialogo e di “iniziative da parte di persone che hanno qualcosa da dire e da fare sulla Chiesa”.
Ad una domanda sugli echi del Sinodo tedesco, che avanza proposte in tema di benedizione delle coppie gay e dell’abolizione del celibato sacerdotale, Baturi ha risposto: “Nell’esperienza italiana non sono temi dominanti”. “Esplicitare vie percorribili per un cambiamento”, la direzione di marcia per il proseguimento del cammino sinodale, che ha concluso la prima fase dedicata all’ascolto e ha coinvolto, finora, in Italia circa mezzo milione di persone. Tra i temi della conferenza stampa, le migrazioni, a cominciare dalla tragedia di Cutro, e il dibattito su maternità surrogata e registrazione all’anagrafe dei figli delle coppie omosessuali.

Migrazioni

“Siamo disponibili a collaborare, forti della nostra esperienza decennale, per allargare gli spazi dei canali legali che permettono di salvaguardare le vite e di togliere ossigeno malato ad organizzazioni malavitose”. Lo ha assicurato mons. Baturi, rispondendo alle domande dei giornalisti sulle migrazioni e citando i corridoi umanitari. Nel comunicato finale del Cep, i vescovi hanno evidenziato la “debolezza delle risposte messe in atto” in tale ambito, facendo riferimento alla tragedia di Cutro e definendola “una ferita aperta”. “Ci sono due procedimenti in corso presso due procure, non possiamo entrare su questo”, ha precisato il segretario generale della Cei: “Naturalmente è una ferita aperta, si tratta di persone morte sulle nostre coste”. “Auspichiamo una vera concertazione tra gli Stati europei nella gestione di un fenomeno che è globale e non può essere affrontato se non in modo concertato”, l’appello a nome dei vescovi italiani: “Una politica fatta solo di controllo, di ordine pubblico, di restrizioni e di respingimenti non coglie il problema vero, che è la tutela delle vite delle persone. Bisogna soccorrerle e verificare un’integrazione che è possibile e importante per tutti, perché tutti abbiamo bisogno di una società nuova, a cominciare dall’inserimento nel mondo del lavoro”.
“Una politica globale e lungimirante – ha proseguito il segretario generale della Cei – non può non farsi carico del fatto che la libertà di andare deve essere connessa alla libertà di restare, e ciò è possibile solo se ci sono condizioni di vita dignitose”.

Maternità surrogata e figli di coppie gay

Interpellato dai giornalisti sulla registrazione all’anagrafe dei figli delle coppie omosessuali, Baturi ha risposto: “Preoccupa fare di cose così delicate, che riguardano la vita delle persone, un motivo di propaganda o di slogan. Devono esserci discussioni per strumenti giuridici più adeguati, ma ciò che preoccupa è fare di cose così delicate, che riguardano la vita delle persone, motivo di propaganda o di slogan”.
“Occorre adottare strumenti più prudenti per dare dignità alle persone”, l’invito del segretario generale della Cei: “Se invece si usano strappi per imporre una visione, si rischia di dimenticare la concretezza che riguarda le vite umane”. “Il tema del riconoscimento dei figli di coppie omosessuali non è sovrapponibile alla pratica della maternità surrogata”, ha precisato inoltre Baturi, facendo notare che “gran parte di tali pratiche riguardano coppie eterosessuali”. Interpellato sull’utero in affitto, il segretario generale della Cei ha definito tale pratica “inaccettabile, perché con essa, come ha detto il Papa, si rischia la mercificazione della donna, soprattutto delle donne più povere, e di trasformare il figlio in un oggetto di un contratto”.

Abusi

“A novembre – ha annunciato mons. Baturi – presenteremo il secondo Report nazionale sugli abusi, con i dati sulla totalità delle diocesi italiani”. L’obiettivo del Rapporto, così come di quelli che seguiranno a cadenza annuale, ha spiegato il segretario generale della Cei, è quello di “avere un’evoluzione diacronica del fenomeno e della nostra capacità di affrontarlo. Da novembre ad oggi sono aumentati i Centri di ascolto, mentre già quasi la totalità delle diocesi ha attivato i Centri di tutela per i minori. Siamo ormai vicini a coprire tutto il territorio”.

Messe in tv

Durante la pandemia le messe in tv sono state “una grande risorsa”, ma ora è bene “recuperare il più in fretta possibile la normalità della vita ecclesiale”. E’ la risposta di Baturi all’invito del card. Matteo Zuppi, presidente della Cei, a porre fine alle trasmissioni liturgiche via internet, che hanno proliferato durante il Covid. “Le messe in tv sono nate per consentire la preghiera a chi non è in condizioni di andare in chiesa”, ha ricordato il segretario generale della Cei: “È stata una grande risorsa durante il Covid, perché ha permesso di rompere la solitudine e di creare comunità, non solo nelle celebrazioni liturgiche, ma anche nella catechesi”. “Il problema – ha detto Baturi – è ora recuperare il più in fretta possibile la normalità della vita ecclesiale che non può fare a meno di quella categoria evangelica che si chiama incontro. Verificheremo come ricalibrare le indicazioni nel momento della fine ufficiale della pandemia. È il momento di tornare a pregare insieme”.

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Comece

Mons. Crociata: “Il nostro impegno per l’unità e la pace, le grandi sfide dell’Europa oggi”

“L’Europa è un progetto di pace nelle sue origini e nelle sue radici”, ci dice il neopresidente della Commissione degli episcopati dell’Unione europea

foto Vatican media/Sir
24 Mar 2023

di Maria Chiara Biagioni

“I temi dell’unità e della pace sono le grandi sfide che l’Europa sta affrontando, che il papa interpreta in maniera puntuale e che noi sentiamo molto vive nella nostra missione”. In un’intervista che ci ha rilasciato, è mons. Mariano Crociata, vescovo di Latina-Terracina-Sezze-Priverno e neo presidente della Commissione degli episcopati dell’Unione europea (Comece), a fare il punto dell’incontro che i vescovi delegati delle Conferenze episcopali dell’Ue hanno avuto con papa Francesco nell’ambito dell’Assemblea plenaria di primavera della Comece. Un’Assemblea importante che ha visto l’elezione del nuovo presidente, mons. Crociata, e dei 4 vicepresidenti, scelti per le diverse aree geografiche del continente. “La guerra – ha detto Francesco – non può e non deve più essere considerata come una soluzione dei conflitti. Se i Paesi dell’Europa di oggi non condividono questo principio etico-politico, allora vuol dire che si sono allontanati dal sogno originario”.

Come avete accolto queste parole di papa Francesco?
L’Unione europea nasce all’indomani di una guerra che ha provocato morte e distruzione. Si sentiva il desiderio, anzi il bisogno, di non dover tornare più a vivere esperienze del genere. L’Europa è dunque un progetto di pace nelle sue origini e nelle sue radici. L’esperienza di oggi e in particolare di questo anno ci dice che purtroppo la storia ritorna e ritorna simile a come è stata vissuta nel passato, come se questi 70 anni di pace siano trascorsi invano.Si tratta allora di riscoprire questo desiderio, vincendo ogni deriva di predominio, prevaricazione e affermazione sugli altri e mettendosi tutti alla ricerca di un dialogo e di un incontro che facciano capire che, nel rispetto di ciascuno, è possibile vivere in pace e progredire insieme. Adesso il momento è enormemente difficile. Non si sa quali strade potranno aprirsi. L’invito del papa ci dice che dobbiamo adoperarci in tutti i modi per inseguire anche oggi il sogno originario della pace in Europa. I nostri mezzi sono semplici. Sono il dialogo, la riflessione, gli incontri, i contatti, le idee. Questo noi possiamo e dobbiamo fare.

In queste ore è in corso il Consiglio europeo che sta riunendo a Bruxelles i 27 capi di Stato e di governo. Tra i temi, spicca la questione ucraina. Spesso il dibattito sembra essere centrato solo sull’invio di armi. Qual è la vostra opinione?
Ci sono dinamiche molto complesse, certamente, finché la guerra si alimenta, rischiano di continuare inesorabilmente la distruzione, la lotta, la sofferenza immane dei popoli. E di un popolo in particolare.È una situazione unica per la gravità e la drammaticità. È difficile. Non possiamo ignorare che siamo in presenza di un aggressore e di un aggredito. Per cui bisogna auspicare che i protagonisti accettino di fermarsi e di dialogare alle condizioni giuste, secondo quello che il diritto internazionale – unanimemente riconosciuto – indica. Vogliamo chiedere davvero che a tutti coloro, che hanno la capacità e la possibilità di farlo, di lavorare in questo senso. Noi non ci stancheremo di ripeterlo, insieme al papa che è il primo  a rinnovare costantemente l’appello perché la guerra finisca e si cerchino vie di pace.

Il papa ha toccato anche il tema dell’unità.
Proprio perché l’Unione europea nasce da un bisogno di pace, si tratta di capire come articolare unità e diversità, come ha detto giustamente il papa. Il progetto europeo è un progetto originale tra le formule politiche di collaborazione e aggregazione di Stati e popoli. Nasce dalla volontà dei popoli e delle nazioni di mettersi insieme. È chiaro che questa volontà va sempre riscoperta e abbracciata. In questo senso l’invito del papa coglie ancora una volta un punto nevralgico che è un nostro impegno. Noi oltretutto siamo i rappresentanti di popoli e di comunità, siamo vescovi diocesani che conoscono le gioie e le fatiche che la gente oggi vive nei vari territori e nei diversi contesti sociali e politici.Dobbiamo diventare come Chiese fermento di questa unità e fermento di una rinnovata e sempre nuova volontà di pace.

Altro grande tema di attualità sono i migranti. Le persone continuano a partire. La situazione disperata. Non ci sono canali di ingresso legali per arrivare in Europa. Da questo punto di vita, quale riflessione?
L’immagine che purtroppo nelle nostre società si ha dell’immigrazione, a volte, è forzata, alterata, distorta. È un movimento complesso. Lo dicono gli studi: non è una minaccia. Non siamo minacciati da un’invasione. Far passare questo messaggio non è corretto perché non rispetta la realtà. Il problema vero è che siamo di fronte ad un’immigrazione disordinata, oserei dire, non governata. È governata secondo intenti strumentali ma non alla ricerca di un rapporto equilibrato tra coloro che vogliono venire e coloro che effettivamente entrano, tra i Paesi da cui partono e i Paesi che accolgono. Rapporto equilibrato che l’Europa dovrebbe cercare. Dobbiamo poi constatare che c’è una disparità tra Paesi esposti alla presenza confusa e disordinata di immigrati. Tuttavia, la situazione è complessa perché spesso gli immigrati non si fermano nei Paesi di primo approdo ma vanno in altri. È pertanto auspicabile cercare –  al di là degli schemi, dei pregiudizi e dei luoghi comuni – una visione oggettiva e un governo ordinato di questo movimento. L’auspicio è che questo fenomeno possa diventare un punto di forza per le nostre società occidentali che già hanno sperimentato in larga misura negli anni passati quanto la presenza di immigrati abbia arricchito e consentito alle nostre società di crescere. Da questo punto di vista, credo che abbiamo molto da lavorare per superare le spinte a semplificare i problemi e a cercare i consensi facili.

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Sport

Senza parole, intervista al Campione Marco D’Aniello

foto G. Leva
24 Mar 2023

di Paolo Arrivo

Taranto, 22 marzo 2023. Una piscina, una seduta di allenamento, un ambiente accogliente e caldo. Tre medaglie che brillano attorno a un viso altrettanto luccicante: 2 ori nei 100 m farfalla e nei 100 stile libero, un bronzo nei 200 s. Quanto conquistato alle “Para Swimming World” a Lignano Sabbiadoro. Medaglie che vanno ad arricchire il palmarès di un atleta straordinario. Coccolato dal gruppo Mediterraneo Village al suo rientro a Taranto, il pupillo degli allenatori Domenico Tagliente e Claudia Corrente, Marco D’Aniello, merita un’intervista che come lui sia speciale. Ovvero diversa da tutte le altre. Perché non c’è niente di ordinario nella sua vita e nella sua testimonianza.

L’intervista

Cosa chiedere a un campione con la C maiuscola? Niente, magari. Si rischierebbe di essere indelicati inopportuni inadeguati. La parola, alle volte, non serve. “Sono senza parole”: quante volte lo sentiamo dire da un atleta che sorprende se stesso dopo aver realizzato un record personale o mondiale? Ebbene, il sentimento dominante in chi assiste alle gesta di Marco D’Aniello è lo stordimento. Lo stesso provato verso i diversamente abili che sanno nuotare senza gli arti!

Il mio tuffo nei sogni – la storia di Marco D’Aniello

Tarantino, classe 1998, a raccontarlo al meglio c’è il libro della giornalista e scrittrice Rossella Montemurro, nato da un’idea di Lorenzo Laporta. Quella raccolta è una storia di fragilità. E la fragilità ai giorni nostri spaventa, dichiara la stessa autrice materana che ha pubblicato “Il mio tuffo nei sogni” per Altrimedia. Marco D’Aniello non si è lasciato spaventare dalla condizione che gli ha riservato l’esistenza: il ragazzo autistico è riuscito a incanalare nello sport la sua energia ridondante. Ai Campionati nazionali della Fisdir (Federazione italiana sport paralimpici degli intellettivo relazionali), nel 2019, ha realizzato il record italiano assoluto nella categoria Juniores 50 metri stile libero. Tanti successi, da allora, per chi si è laureato campione italiano di nuoto paralimpico. Ed ha migliorato i propri tempi, di circa 4 secondi in vasca lunga nei 100 m farfalla – alle Para Swimming World li ha fatti in 1’08” – e di 2 secondi nei 100 m stile libero (0’59”).

Oltre la medaglia

Come fai? Cosa provi quando sei in vasca? Com’è cambiata la tua vita da quando sei diventato famoso, grazie allo sport che pratichi? I più chiederebbero questo a Marco D’Aniello. E ancora: quali sono le persone che fanno parte della tua vita, che ti senti di ringraziare, che ti hanno sempre amato e supportato? Quali sono le difficoltà che hai dovuto incontrare? Domande sacrosante ma banali. Lui risponderebbe, con la generosità della sua persona. E si renderebbe compartecipe della banalizzazione di ciò che va relegato alla dimensione del mistero e del sacro. Qualsiasi avvenimento, e il nostro giornale lo fa tutti i giorni, va riletto sotto la luce della fede che scalda, che dona forza e speranza. Ognuno di noi ha almeno un talento ricevuto in dono sin dalla nascita. Il suo, Marco D’Aniello lo sa usare in modo commovente. E noi lo possiamo solamente ringraziare. Non per i suoi successi, che sono effimeri, ma per la gioia di vita che sa esprimere, e pure donare.

Il dialogo con l’Alto

Nella vita del 24enne, che ha avuto bisogno di una figura di riferimento (Raul Bova), prima di farsi lui stesso un esempio trascinante, sono accaduti diversi miracoli: uno in particolare, gli ha ridotto fortemente il livello di autismo, in modo istantaneo, accrescendo l’autostima e la serenità. Merito di un viaggio e della fede che tiene viva lo stesso Marco. Un episodio straordinario, confermato dal signor Roberto, il papà, che al sottoscritto non impressiona più di tanto: sono tanti i miracoli, piccoli o eclatanti, che si rinnovano ogni giorno, senza nemmeno che ce ne accorgiamo.

Un altro miracolo è l’ambiente accogliente nel quale è immerso Marco: è tesserato per la Mediterraneo sport Taranto, dove può crescere agonisticamente, dopo gli anni più complicati, quando veniva messo all’angolo dai suoi coetanei. Finanche negli ambienti nei quali si sarebbe dovuto sentire più a suo agio. Ne ha sofferto al punto da comunicare alla mamma il desiderio di raggiungere Gesù in cielo. Se gli avessimo chiesto cosa prova verso chi non lo ha accettato, lui avrebbe risposto che non serba rancore, magari. Semplicemente perché oggi può ritenersi una persona fortunata. È felice, avendo conquistato il meglio, con la determinazione, la disciplina e la forza di volontà. Anche la compagnia della sua dolce metà.

Photogallery by Giuseppe Leva

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Libri

In cammino, in compagnia della complessità

23 Mar 2023

Venerdì 24 marzo, alle ore 17.15, nell’ex convento di Sant’Antonio, in via Viola 12 a Taranto, organizzato dal Centro di Cultura Giuseppe Lazzati, con la collaborazione della Soprintendenza nazionale per il Patrimonio culturale subacqueo e con il patrocinio della Libreria Paoline, si terrà un incontro con il professor Mario Castellana, già docente di Filosofia della scienza all’Università del Salento e di Introduzione generale alla filosofia presso la Facoltà Teologica Pugliese di Bari, in occasione dell’uscita del suo libro “Briciole di complessità tra la rugosità del reale”. Molto più che briciole, anzi, un invito epistemico alla auspicata e necessaria visione nuova che, con gli occhi riaccesi dalla luce del “pensiero complesso”, ci immette in un intenso excursus fra scienziati, filosofi, pensatori. Un percorso che diventa “cammino agapico”, senso di una speranza concreta e affidabile che ci sta traghettando, nonostante le pieghe e le dolorose faglie dell’Antropocene, all’alba di una nuova umanità.

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Fede & cultura

“Per amore di Gesù abbandonato”: prima rassegna corale della parrocchia Sant’Antonio di Taranto

23 Mar 2023

In piena Quaresima e a pochissimi giorni dalla Pasqua, si terrà nella parrocchia Sant’Antonio di Taranto una rassegna corale intitolata “Per amore di Gesù abbandonato”.
L’iniziativa, nata da un’idea del direttore del coro m° Giuliana Carenza ed accolta con gioia ed entusiasmo dal parroco don Carmine Agresta, è alla sua prima edizione e avrà il suo battesimo sabato 25 marzo alle ore 19; figura come evento conclusivo della Settimana di spiritualità che, annualmente, la parrocchia Sant’Antonio organizza come preparazione alla Santa Pasqua.
“L’evento, già programmato nel 2020 e rinviato a causa della pandemia, ha la finalità di riscoprire e riassaporare la bellezza del canto, intonato insieme nel nome del Signore, ma anche quella di riconquistare spazi di preghiera e meditazione di cui siamo stati privati a causa dell’emergenza sanitaria  per  ben due anni , e infine perché i fedeli possano prepararsi a vivere appieno la Settimana Santa e le celebrazioni del Triduo che abbraccia passione, morte e risurrezione del Signore, come unica celebrazione in tre diverse giornate. La comunità è parte integrante del Mistero celebrato: con il Signore, risorge anche la sua Chiesa, che raccoglie il Triduo tra l’Ultima Cena con Gesù e la prima Eucaristia con il Signore”.
La rassegna vedrà le esibizioni delcoro polifonico della Concattedrale Gran Madre di Dio, del coro polifonico “Chiara di Dio” della parrocchia San Pio X, del coro polifonico San Pasquale Baylon, del coro polifonico della Cattedrale di Oria Maria SS Assunta, del coro polifonico “Alleluja” San Domenico Maggiore, del coro polifonico “Madonna di Loreto” di Monteiasi e del coro polifonico Sant’Antonio.
Le corali eseguiranno due canti ciascuno, per  concludere poi  tutte insieme con il canto “Amore abbandonato”.
L’ingresso è libero.

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