Lavoro

“Odissea di uno stabilimento”: a Taranto una due giorni per cercare di capire…il futuro

23 Mag 2023

di Silvano Trevisani

“Odissea di uno stabilimento: la siderurgia Taranto tra storia e futuro” è l’interessante tema di un convegno organizzato dall’associazione “La città che vogliamo” che si terrà a Taranto nei giorni 24 e il 25 maggio nell’aula magna dell’Istituto tecnico “Paciotti”.

L’obbiettivo del convegno – spiega il suo ideatore, il consigliere Gianni Liviano – è provare ad andare oltre gli slogan di parte che spesso caratterizzano l’approccio di tanti verso la siderurgia a Taranto e provare a fare il punto e a comprendere meglio quale sarà il futuro per l’industria siderurgica nella nostra città: dal punto di vista economico e tecnologico, avendo in mente sia la prospettiva ambientale e sanitaria, che quella occupazionale.

Si tratta di un vero e proprio seminario che coinvolgerà studiosi ed esperti di altissimo livello, tra i quali anche Antonio Gozzi, il presidente di Federacciai, che nei giorni scorsi si è reso protagonista di una dura presa di posizione nei confronti dell’Ilva e soprattutto di Mittal, il cui disimpegno non ha certo favorito la situazione industriale, neanche quella ambientale. Un’accusa che ha scatenato poi la reazione un po’ smodata dalla ad di Ilva as, Morselli, che ha definito illazioni i giudizi di Gozzi. Tra gli altri saranno presenti Marco Bentivogli, già segretario nazionale Fim Cisl e attualmente coordinatore di Base Italia, e numerosi docenti universitari di varie discipline, responsabili di associazioni ambientaliste e di istituzioni varie. Insomma: un’occasione per dare uno sguardo ad ampio raggio sulla vicenda siderurgica tarantina, che rischia ora di vivere una nuova fase di contrapposizione tra le istituzioni, dopo che il sindaco Rinaldo Melucci ha emanato la delibera con la quale, ricalcando quanto aveva già fatto tre ani fa, impone ad Acciaierie d’Italia e Ilva in amministrazione controllata di individuare le fonti di emissioni del benzene, i cui valori al limite della norma sono stati segnalati dall’Asl, pena il rischio di chiusura degli impianti incriminati.

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Eventi religiosi cittadini

Ieri i festeggiamenti di Santa Rita nella chiesa a lei dedicata

foto G. Leva
23 Mag 2023

Si concluderanno sabato 27 maggio i festeggiamenti per Santa Rita che ieri, lunedì 22, hanno avuto il loro momento clou nel giorno dedicato alla santa di Cascia.

Il tema della festa è Appartenenza e missione: il carisma nelle sfide di un cammino”, ispirato alle parole pronunciate da papa Francesco in occasione dell’ultima giornata della vita consacrata: “Tutti i carismi sono per la missione, e lo sono proprio con l’incalcolabile ricchezza della loro varietà; così che la Chiesa possa testimoniare e annunciare il Vangelo a tutti e in ogni situazione”.

Il triduo a Santa Rita ha voluto proporre a ciascuno un percorso di preghiera e formazione per approfondire i temi di: “Santa Rita e la Fede” (venerdì 19 maggio); “Santa Rita e il Carisma” (sabato 20 maggio); “Santa Rita e la Missione” (domenica 21 maggio).

Ieri, lunedì 22 maggio, solennità di Santa Rita che documentiamo con le foto qui di seguito:

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Ecclesia

Alluvione in Romagna, mons. Corazza (Forlì): “Nelle strade un impasto di fango e solidarietà”

La testimonianza del vescovo di Forlì, una delle aree più colpite dalle alluvioni. Anche lui è rimasto isolato per un paio di giorni, “ma sapevamo che la solidarietà dei fratelli non sarebbe mancata”

23 Mag 2023

di Daniele Rocchi

“È difficile raccontare il dramma se non ci si va di persona. Ho provato a descrivere la situazione a Papa Francesco che ieri all’Assemblea della Cei ha voluto incontrare i vescovi delle diocesi più colpite della Romagna, Forlì, Faenza, Cesena e Ravenna per manifestarci la sua vicinanza e preghiera”: mons. Livio Corazza è il vescovo di Forlì, una delle zone maggiormente colpite dalle inondazioni. Anche lui è rimasto isolato per un paio di giorni a causa dell’alluvione, nel seminario dove vive, senza energia elettrica. “Isolati, non abbandonati – tiene a precisare -. Sapevamo che la solidarietà dei fratelli non sarebbe mancata”.

Mons. Livio Corazza
foto diocesi Forlì

“Tin Bota”

Fa il punto della situazione nel territorio e ripete un detto romagnolo “Tin Bota” che significa, tenere botta, non mollare, “ed è quello che la popolazione sta facendo. L’acqua ci ha colpito ma non ci ha vinto. Ci ha scossi ma non piegati”. E poi rivela: “Non volevo lasciare la mia diocesi per venire all’assemblea della Cei, ma è stata la mia gente a dirmi di andare. Io provengo dal Friuli, da Pordenone, una terra che ha subìto disastri come il Vajont, i terremoti e sappiamo bene che in questi momenti abbiamo bisogno di tutti. La risposta della gente è incredibile”. Per questo motivo mons. Corazza parla di “un impasto di fango e di speranza. Il fango è tanto, il danno è enorme ma la speranza non viene meno. Dobbiamo puntare su questa resilienza che è motivo di speranza. Siamo consapevoli – sottolinea – che i tempi saranno lunghi e che è necessario che lo Stato e la Comunità, non solo forlivese e romagnola, si impegni in sforzi di tutela e di programmazione. Ora è il momento della solidarietà e della preghiera, poi verrà quello della riflessione per assumere con decisione stili di vita compatibili con il rispetto dell’ambiente. Circa la fragilità del territorio qualche responsabilità c’è. Bisogna fare di più”.

foto Ansa/Sir

Tragedia e consolazione

“Sono giorni in cui il sapore della tragedia si mischia a quello della consolazione, due sapori molto forti, due sentimenti contrastanti – continua il presule -. La tragedia: domenica ho celebrato ai Romiti, nel teatro parrocchiale di via Firenze, per manifestare vicinanza alla popolazione del quartiere forlivese più colpito dall’alluvione. Abbiamo pregato per le vittime, una di loro, Vittorio, è morto sopraffatto dall’acqua mentre cercava di mettere in salvo alcuni animaletti domestici. Ci sono migliaia di sfollati, le strade sono piene di mobili e arredi oramai marci. Le case sono state svuotate. Nelle vallate ci sono zone isolate da frane, intere strade sono collassate e scivolate a valle. Queste andranno rifatte prima possibile”. Poi la consolazione: “Accanto alle macerie si muove una folla di giovani e meno giovani sporchi di fango, armati di badili e di stivali, che da giorni lavorano senza sosta. Ognuno sentiva la casa degli altri come la propria e questo è consolante”. Mons. Corazza racconto un episodio: “ieri, in Seminario, completamente allagato nelle cucine, nelle celle frigorifere e nella biblioteca sono arrivati circa 200 volontari, reclutati attraverso i social, per recuperare un migliaio di cinquecentine, libri antichi, vera memoria storica della nostra città, Forlì. Libri da trattare con cura e per questo ai volontari è stato fatto un piccolo corso ad hoc”. Anche la Chiesa, nel suo specifico, sta facendo la sua parte. “Scout, Azione cattolica, Comunione e liberazione, coordinati dalla Caritas diocesana, sono al lavoro per venire incontro ai bisogni delle famiglie più vulnerabili, una cinquantina quelle seguite da Cl. L’Azione cattolica in particolare è venuta all’Emporio della solidarietà allagato per spalare acqua e fango, gli scout, a nome del Comune e in sinergia con la Protezione civile, hanno organizzato la raccolta dei beni di prima necessità. Sono tutti segni di consolazione” ribadisce l’arcivescovo. “Solo la fraternità ci può salvare, come stiamo dimostrando. E come hanno dimostrato dieci giovani islamici che, guidati dal presidente delle comunità islamiche di Forlì, sono venuti a spalare la melma in seminario e nella sede del Comitato per la lotta contro la fame nel mondo”.

foto Ansa/Sir

“Dov’è il Signore?”

“È tutta qui, in questi gesti, la risposta alla domanda che ci assale davanti tragedie come questa: dov’è il Signore? Il Signore c’è nei volontari che camminano nel fango con le pale in mano per aiutare gli altri. Non si sono abbattuti. Il Signore, come ricorda la Bibbia, non è nel terremoto, nel vento forte ma nella brezza leggera. Il Signore non è nel male, nella tragedia, ma nella speranza, nella fiducia, nel bene e nell’amore di tanta gente. Dio c’è nei volontari, nella solidarietà, nella voglia di ricostruire e di guardare al futuro con speranza. Dio c’è in coloro che amano.

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Eventi di sensibilizzazione

A San Giorgio Jonico inaugurata la panchina bianca per i caduti sul lavoro

23 Mag 2023

Anche San Giorgio Jonico ha la sua panchina bianca “in memoria dei caduti sul lavoro” su cui campeggiano le parole ”Prevenzione – Sicurezza”: il monumento dall’alto valore simbolico è stato inaugurato, in via Diaz, nell’ambito di una giornata dedicata alla tutela dei lavoratori agricoli.
Oltre all’inaugurazione della panchina bianca, infatti, Anmil nazionale e Comune di San Giorgio Jonico hanno organizzato, con il patrocinio della direzione regionale Inail Puglia e dell’Ispettorato del lavoro territoriale di Taranto, il convegno “Il lavoro in agricoltura: tra prevenzione e tutela Inail contro il rischio professionale”.
I lavori del convegno, introdotti dalla consigliera comunale Angela Roberti e moderati da Maria Luigia Tritto, avvocata della Consulta legale nazionale Anmil, sono stati aperti dai saluti di Mino Fabbiano, sindaco di San Giorgio Jonico, Giorgio Grimaldi, assessore comunale Agricoltura di San Giorgio Jonico, Giovanni De Stratis, presidente territoriale Anmil Taranto, e Maria Luisa Beverelli dell’Inail.
Quello dell’agricoltura è un comparto in cui la sicurezza è importantissima: delle 74 denunce di infortunio sul lavoro mortale presentate all’Inail in Puglia l’anno scorso, il settore più colpito è stato proprio l’agricoltura con 15 lavoratori deceduti, lo stesso triste primato detenuto peraltro a livello nazionale.
Nel convegno di San Giorgio Jonico i riflettori sono stati puntati sulla problematica delle malattie professionali in agricoltura, le cui denunce all’Inail anche nel nostro territorio sono in costante aumento.
L’argomento è stato affrontato dai relatori del convegno sia sotto il profilo sanitario-legale, sia sotto quello della normativa e dell’azione dell’Inail: Michele Campanelli, direttore ispettorato territoriale del Lavoro di Taranto, Chiara de Giampaulis, responsabile area medica Inail Taranto, Alessandro Maggi, direttore FF.SC Ematologia ospedale “Giuseppe Moscati”, Annunziata Amati, dirigente medico S.S. Medicina fisica e Riabilitazione POL “SS Annunziata”, Cosima Farilla.
Nei lavori, in particolare, è stato evidenziato come in agricoltura, rispetto ad altri settori, come quello edile, molti operatori da un lato non sono a conoscenza delle forme di tutela e prevenzione esistenti a loro favore, da un altro ignorano la relazione esistente tra alcune patologie e la loro attività lavorativa, relazione che può portare al riconoscimento ex lege della malattia professionale.
Per questo concludendo i lavori Emidio Deandri, vice presidente nazionale Anmil, ha evidenziato la necessità di sviluppare ulteriormente la già significativa azione di informazione e sensibilizzazione a favore degli imprenditori e dei lavoratori agricoli sulle opportunità che la normativa e le misure dell’Inail offrono loro per migliorare la prevenzione e la tutela contro il rischio nelle loro attività, nonché il riconoscimento di una eventuale malattia professionale.

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Sport

I Boys volano in serie A. Coach L’Ingesso: “Grazie ai miei ragazzi spettacolari”

23 Mag 2023

di Paolo Arrivo

Il tecnico di Taranto loda il gruppo che ha allenato. E promette l’impegno per riportare il grande basket in carrozzina in riva allo Jonio

 

Di sicuro non c’è niente nei playoff. Che sono un campionato a se stante, al punto che anche la squadra che aveva dominato la stagione regolare può andare incontro a qualche sorpresa, ed essere eliminata (si veda Perugia nella Superlega Credem Banca). Ma l’impresa della Cisa Boys Taranto era nell’aria. E non poteva non arrivare: gli Uomini allenati da Egidio L’Ingesso hanno conquistato la serie A, grazie alla seconda vittoria ottenuta in finale sulla Polisportiva Nord Castelvecchio Gradisca, al PalaZimolo di Gradisca d’Isonzo, con il risultato di 64-57.

A caldo, lo stesso tecnico di Taranto tornato ad alzare una coppa dopo quasi quindici anni, aveva parlato di un’emozione incredibile, pazzesca. Quella rimane. Ripercorrendo il cammino del campionato, è la riconoscenza il sentimento dominante, di chi di meriti deve averni tanti: dagli atleti scesi in campo all’ambiente venutosi a creare, l’armonia si è ben amalgamata alla qualità del roster della Cisa Boys Taranto. La serie A è un traguardo condiviso da festeggiare.

Eppure, mister, vero che non era scontato?

“Non affatto. Per esperienza passata, io che ho perso lo scudetto dopo 4 tempi supplementari, dico che l’imprevisto è sempre dietro l’angolo. Ad eccezione della partita col Vicenza all’andata in semifinale, che davvero ci aveva messo con le carrozzine per terra, la squadra ha reagito benissimo raggiungendo la finale. Poi i due match col Gradisca ci hanno premiato”.

Un peccato però non aver potuto veder giocare la Cisa Boys a Taranto…

“Stiamo valutando la possibilità di portare la squadra in riva allo Jonio, dove merita di giocare. Quest’anno, insieme al presidente, abbiamo gettato le basi per il programma futuro: ci siamo detti, basta fare la serie B, vogliamo disputare un grande campionato, per andare in A. Domenico (Latagliata, ndr) ha fatto dei grossi investimenti prendendo tre giocatori stranieri. E alla fine il risultato ci ha dato ragione”.

Ad ogni modo, avete sentito il sostegno della città?

“Assolutamente. Io vengo dal basket giocato: ho tanti amici con cui ci sentiamo, da Roberto Conversano e Sergio Cosenza del Cus Jonico, al gruppo Virtus, con cui ho collaborato per parecchi anni. Non tanto nella prima fase quanto nella seconda, quando abbiamo superato il turno per andare in semifinale, c’è stato un attaccamento, direi, importante. L’attenzione dei media è stata alta. Merito anche del nostro addetto stampa Matteo Schinaia, un ragazzo eccezionale, che ha la passione del tifoso, e riesce a far arrivare l’entusiasmo alla gente parlando bene di noi”.

A chi va il pensiero speciale?

“Ai 12 elementi spettacolari che quest’anno ho avuto la fortuna di allenare. Bravi ragazzi, fin dall’inizio ci siamo prefissati un obiettivo: siamo andati avanti all’unisono, e quando si lavora in questo modo è tutto più facile, sia per l’allenatore che per i giocatori”.

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Eventi nazionali

Marcia della pace: in 10mila da Perugia ad Assisi per un “mondo più umano”

Edizione speciale dal tema “Per la pace, con la cura – Trasformiamo il futuro! – Costruiamo assieme un mondo più umano”

foto Sir
23 Mag 2023

di Daniele Morini

Sono stati circa diecimila, secondo gli organizzatori, i partecipanti all’edizione speciale di ieri della Marcia della pace e della fraternità da Perugia ad Assisi. “Per la pace, con la cura – Trasformiamo il futuro! – Costruiamo assieme un mondo più umano”: sono stati questi gli slogan gridati e portati con gli striscioni lungo i circa 25 chilometri del percorso fra le due città umbre. Un corteo che quest’anno ha puntato tutto sulle giovani generazioni: la “marcia dei giovani” – appunto – come l’ha definita Flavio Lotti, coordinatore del Comitato promotore della PerugiAssisi.

“Un giorno straordinario – ha commentato Lotti – quello della terza marcia PerugiAssisi dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, eppure una giornata nuova, speciale, dedicata al protagonismo delle giovani generazioni, di tantissimi bambini e bambine, ragazzi e ragazze, giovani che dall’infanzia all’università si sono ritrovati lungo la strada che da Perugia porta ad Assisi per dare voce alla pace e al proprio desiderio di cambiare il futuro. Insieme con papa Francesco da Assisi rilanciamo l’impegno per realizzare un grande patto educativo che ci possa davvero aiutare a far crescere una nuova generazione di architetti, di artigiani, di costruttrici e costruttori di pace. Il mondo e tutti quanti noi ne abbiamo davvero bisogno”.
Una manifestazione supportata da 119 scuole e 71 università italiane che hanno aderito alla rete per la pace. Al corteo hanno preso parte anche 280 realtà associative e 150 gli enti locali da tutta Italia.
Arrivando nella piazza delle basiliche francescane del Sacro Convento ad Assisi, il corteo è stato accolto dal saluto inviato da papa Francesco, introdotto dal vescovo della diocesi assisana, mons. Domenico Sorrentino.
Il Santo padre ha rinnovato il suo “vivo apprezzamento per quanti desiderano costruire ponti di speranza, di dialogo e di riconciliazione, garantendo alle generazioni future un mondo più umano e fraterno” e poi, “in questo particolare tempo segnato da dolorosi conflitti”, c’è il richiamo del papa all’“esemplare testimonianza di Francesco d’Assisi”, perché sia per tutti “un impellente invito a non esitare e farsi ovunque strumenti di pace”.

Nella città francescana è stato anche siglato il “Patto di Assisi”, sottoscritto dai rettori della Rete delle università italiane per la pace, dei dirigenti scolastici della Rete nazionale delle scuole di pace e dei sindaci del Coordinamento nazionale degli enti locali per la pace e i diritti umani. Dal palco della Rocca di Assisi, dove la manifestazione si è chiusa, tra le voci intervenute c’è stata anche quella del presidente dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia, Gianfranco Pagliarulo, che ha attualizzato per i più giovani i valori della Costituzione, che proprio quest’anno compie 75 anni. “Il sogno – ha detto -, questo vogliamo essere oggi nel momento più grave che attraversa l’Italia, l’Europa e il mondo dal dopoguerra. Perché mai come oggi spira il vento bruciante delle armi, delle bombe, delle distruzioni, degli eccidi. Ha proprio ragione papa Francesco quando parla di terza guerra mondiale a pezzi. Proprio oggi assistiamo a un colossale riarmo, attenzione: come avvenne in preparazione di entrambe le guerre mondiali. Non c’è solo
l’Ucraina: c’è guerra a Gaza e nei territori occupati, c’è il Sudan, ci sono la Siria, la Libia, il Myanmar, le terre dei curdi e tanti altri luoghi vicini e lontani. Ha scritto il cardinale Zuppi: occorrono artigiani e architetti di pace e di fraternità. Qui ed ora noi siamo questo, perché la Costituzione sia pienamente attuata”.

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Eventi a Taranto e provincia

Orecchiette nelle ‘nchiosce 2023 declinata al femminile

L’8 e 9 agosto a Grottaglie, la settima edizione nel centro storico e nel Quartiere delle Ceramiche: 26 cuoche per ricette in tutte le salse. Percorsi enologici, musica e artisti di strada

23 Mag 2023

Orecchiette per tutti i gusti e in tutte le salse. Torna a gran richiesta “Orecchiette nelle ‘nchiosce – on the road”: la grande manifestazione enogastronomica si svolgerà a Grottaglie (Ta), nei prossimi 8 e il 9 agosto.

Quest’anno, l’evento sarà in rosa e dedicato al gruppo “Lady Chef” della Federazione italiana cuochi.

Ventisei cuoche in nove postazioni proporranno prelibate ricette interpretando la regina delle tavole pugliesi, l’orecchietta. In due serate, sarà possibile degustare le orecchiette in svariate ricette, anche gluten free, in un percorso di gusto che, partendo dalla tradizione approderà alle più recenti rivisitazioni.

Il famoso Quartiere delle Ceramiche – con le sue numerose botteghe artigiane – e la parte antica di Grottaglie, entrambi nel centro storico, si trasformeranno in un percorso di gusto, tra sapori antichi e novità contemporanee. Tante saranno le ricette invitanti create per l’evento che si potranno assaporare. Saranno poi le cantine e i birrifici artigianali pugliesi ad esaltare la maestria degli chef e, quindi, con mappa in una mano e calice nell’altra, si andrà alla scoperta dei vari stand. Saranno presenti cinque cantine vinicole e quattro birrifici di produzione artigiana.

Chi non si accontenta solo di mangiare, ma vuole anche mettere “le mani in pasta”, troverà un laboratorio per imparare a preparare manualmente le orecchiette. Immancabili saranno gli artisti di strada, dj set e gruppi musicali che intratterranno con allegria il grande pubblico. Tornerà inoltre “Radio orecchiette”, con la filodiffusione e voci di esperienza in ambito nazionale. Le serate si chiuderanno con un grande concerto,

Saranno due serate all’insegna del gusto e del divertimento in uno dei centri storici più belli del Tarantino, tra l’entroterra e il mare.

Il percorso si snoderà su via Crispi, via La Pesa, via San Francesco, via San Nicola, via D’Alessandro e via Umberto I.

Orecchiette nelle ‘nchiosce – on the road è organizzato dall’Associazione Le idee non mancano Aps, guidata da Cosimo Sanarica, con il patrocinio del Comune di Grottaglie e la collaborazione di Slow Food Grottaglie Vigne e Ceramiche. Saranno due giorni di festa, gusto e spettacolo, ma non mancherà un messaggio di riflessione a carattere sociale. Aderisce all’iniziativa, infatti, anche l’associazione Alzaia onlus, che promuove anche a Grottaglie iniziative contro la violenza sulle donne e supporto al centro antiviolenza, in collaborazione con l’assessorato alle Politiche sociali del Comune.

 

Per informazioni: www.orecchiettenellenchiosce.com;

Facebook: www.facebook.com/orecchiettenellenchiosce/

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Emergenze ambientali

Melucci ad Adi e Ilva sul benzene: 30 giorni per abbattere le emissioni o si fermano gli impianti

22 Mag 2023

di Silvano Trevisani

Il sindaco Rinaldo Melucci torna alle “maniere forti”. Con una nuova ordinanza emessa in queste ore, dopo aver ricevuto notizie dalla Asl sulle massicce e nocive emissioni di benzene, ordina ad Acciaierie d’Italia e Ilva in amministrazione straordinaria, ognuna per le proprie competenze e responsabilità, di individuare entro 30 giorni gli impianti responsabili dell’aumento della concentrazione di benzene registrata dalle centraline atmosferiche.

Con un lungo e dettagliato provvedimento che ricostruisce l’interlocuzione con Asl e Ispra in merito alle emissioni e ricorda la legislazione vigente e la pericolosità delle emissioni, il sindaco dà notizia della recente trasmissione di una relazione di approfondimento tecnico-scientifico, datata 18 maggio che evidenzia l’analisi dei valori e la pericolosità nei confronti della cittadinanza.

“Abbiamo ricevuto da Asl evidenze chiare rispetto al rischio per la popolazione – le parole del primo cittadino – in particolare riguardo al danno provocato dall’aumento della media annuale della concentrazione di benzene, anche se al di sotto dei limiti di legge. Un’ulteriore relazione di Arpa ci ha consentito di correlare i picchi registrati all’attività dell’acciaieria, per questo l’ordinanza è mirata ad AdI e Ilva in amministrazione straordinaria. Abbiamo applicato quella precauzione che ci assegnano le norme, rispetto a un problema che era stato già sollevato e affrontato anche all’interno dell’osservatorio ispirato all’articolo 41 della Costituzione, che abbiamo insediato a gennaio. I nuovi elementi ci hanno messo nelle condizioni di procedere e ora attendiamo le necessarie risposte”.
È la prima prescrizione dell’ordinanza contingibile e urgente firmata dal sindaco Rinaldo Melucci che, ricalcando l’analogo provvedimento del 2020, ha inoltre intimato ai due soggetti di individuare una soluzione tempestiva al problema. Senza la quale, entro 60 giorni dall’ordinanza bisognerà procedere allo spegnimento degli impianti dell’area a caldo.

Tre anni fa, l’analogo provvedimento innescò, come si ricorderà, un contenzioso che ebbe poi appendici giudiziarie e atti amministrativi e governativi,

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Politica internazionale

G7 in Puglia, Melucci: «Grazie al buon governo di Emiliano, Regione più autorevole»

22 Mag 2023

L’indicazione della Puglia come sede del G7 nel 2024 – ha affermato il sindaco e presidente delle Provincia di Taranto, Rinaldo Melucci – conferma l’autorevolezza che la nostra terra ha conquistato negli ultimi anni, grazie anche al buon governo messo in atto dal presidente Emiliano in questi anni.
Se i potenti guardano al Mediterraneo, verso il quale la nostra regione è ponte per l’intero continente europeo, aumenta il senso degli sforzi che stiamo compiendo verso l’internazionalizzazione. Soprattutto quelli che sta compiendo la comunità ionica, che si candida a essere ritrovata capitale del “mare nostrum”, riappropriandosi di un ruolo che non è solo estetico, ma sostanziale.
Come classe dirigente – ha concluso il sindaco – lavoreremo affinché la prospettiva tracciata si realizzi nel migliore dei modi e Taranto, città che è tornata ad aprirsi al mondo, saprà dare il suo contributo.

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L'argomento

Emilia Romagna: ancora allerta rossa ma la solidarietà non si ferma

La comunione tra gli alluvionati - foto Sabrina Lucchi
22 Mag 2023

Quindici morti, oltre 36mila sfollati e più di 500 strade chiuse dalle esondazioni: continua la conta dei danni in tutta l’Emilia Romagna dove ieri è arrivata, direttamente dal G7 di Hiroshima, la premier Giorgia Meloni.
L’acqua lentamente si ritira dai centri più colpiti come Faenza, Forlì, Cesena mentre resta a Ravenna e dintorni. Per il momento pare scongiurato il pericolo di allagamento dei tesori dell’arte bizantina patrimonio Unesco. Ma l’attenzione resta alta.

Nelle zone colpite “Romagna mia” risuona negli altoparlanti dei ragazzi arrivati per spalare il fango. “Il governo c’è. È stata una tragedia ma può essere un’occasione per rinascere più forti, difficile fare stime ma andranno mobilitate molte risorse”, ha affermato la premier da Ravenna. “Il lavoro nostro è garantire risposte immediate – ha aggiunto -. C’è un Consiglio di ministri convocato per martedì per ottimizzare i provvedimenti. Ho incontrato tanti giovani, molti giovanissimi, venuti qui per dare una mano. l’Italia tira fuori il suo meglio in queste situazioni”, ha detto il presidente del Consiglio dei Ministri.

Allerta rossa

La gente non si è arresa e continua a spalare nonostante, anche oggi, 22 maggio, l’allerta rossa sia stata diramata dalla Protezione Civile (Dpc) nella Regione per frane e piene dei fiumi e corsi minori. “Il codice colore rosso sul bolognese e sulla Romagna – spiegano dal Dpc – è connesso alle gravi criticità idrogeologiche e idrauliche già presenti sul territorio e originate dagli eventi dei giorni scorsi”. Per oggi sono previste deboli piogge sparse localmente anche a carattere di rovescio sulle aree appenniniche durante le ore centrali della giornata. “Non si prevedono – aggiunge la Protezione civile – significativi incrementi dei livelli idrometrici, tuttavia le residue piogge osservate e previste determineranno un rallentamento dell’esaurimento delle piene su tutti corsi d’acqua della regione. Nelle zone montane-collinari centro-orientali della regione permangono condizioni di vulnerabilità con possibilità di frane nei versanti idrogeologicamente più fragili. In particolare nelle aree collinari della Romagna e dell’Appennino bolognese, persistono condizioni favorevoli allo sviluppo e all’evoluzione di frane già attivatesi nei giorni scorsi”.

Sfollati in calo

Cala di 10mila unità il numero delle persone che, in Emilia-Romagna, hanno dovuto lasciare la propria casa a causa dell’alluvione: ieri erano 26.324, la maggior parte, 19.500, nel ravennate, poi 4.918 in provincia di Forlì-Cesena e 1.906 nel bolognese. Lo rende noto la Regione. Gli interventi di assistenza alla popolazione proseguono 24 ore su 24, grazie a tutte le forze in campo; 5.370 (di cui circa 4mila nel ravennate, 734 nel bolognese, 632 nel forlivese-cesenate e 4 nel riminese) sono accolti in albergo e nelle strutture allestite dai Comuni: scuole, palazzetti e palestre; le altre hanno trovato sistemazioni alternative (seconde case, amici e parenti). Restano 43 i Comuni coinvolti dagli allagamenti e, sul versante del dissesto idrogeologico, risultano attive circa 305 le frane concentrate in 54 comuni. Tutte le squadre di rilevatori (soprattutto nel ravennate e in provincia di Forlì-Cesena) sono in campo per ulteriori aggiornamenti, anche con i droni laddove le strade non sono più percorribili. Sono 622 le strade chiuse, di cui 225 chiuse parzialmente e 397 totalmente in Emilia-Romagna a causa delle frane e delle inondazioni. Sono 236 a Bologna, 201 in provincia di Forlì-Cesena, 139 nella provincia di Ravenna e 46 nel Riminese. In provincia di Forlì-Cesena si contano attualmente 127 frane attive, molte delle quali isolano completamente frazioni ed abitazioni dei comuni collinari e montani e che hanno interrotto l’erogazione di acqua ed energia elettrica. È quanto segnalano i Vigili del fuoco di Forlì che hanno messo in campo 7 squadre del Gruppo operativo speciale, con specialisti di macchine movimento terra provenienti da tutta Italia, che stanno lavorando per aprire le strade e creare passaggi dove non esistono più a causa del maltempo.

Basilica di San Vitale,
tra i più famosi luoghi di culto di Ravenna
foto D. Verlicchi

Vertice al ministero Cultura

Domenica 21 maggio, al Ministero della cultura si è tenuto un vertice operativo dei direttori generali del dicastero, dedicato all’emergenza maltempo in Emilia Romagna, promosso dal ministro Gennaro Sangiuliano, alla presenza del Sottosegretario Lucia Borgonzoni e del Generale di Brigata Vincenzo Molinese, comandante dei Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale. In collegamento da remoto, tra gli altri, sono intervenuti i soprintendenti dell’Emilia Romagna e l’Assessore regionale alla cultura, Mauro Felicori. “Ora è il momento di occuparsi delle persone, di esprimere cordoglio per le vittime e assistere fattivamente chi ha perso la casa. Tuttavia, i funzionari del Ministero sul territorio ci segnalano danni ingenti al patrimonio artistico e culturale. In alcuni casi estremamente gravi come al teatro di Lugo, a Faenza e Forlì. Ci sono, poi, gli archivi e le biblioteche dove l’acqua minaccia l’integrità delle raccolte. Inoltre, tramite la Direzione generale Spettacolo stiamo verificando le esigenze e le problematicità delle realtà del settore. Fatta una prima generica stima dei danni, concerteremo un piano di interventi”, ha dichiarato Sangiuliano. Domani sono programmati i primi interventi. A Ravenna la basilica di san Vitale è stata protetta con sacchi di sabbia per evitare danni ai mosaici.

Neo sposi a spalare il fango – foto S. Lucchi

Solidarietà continua

Non si ferma nemmeno la macchina della solidarietà. Si sono sposati sabato a Bertinoro e già ieri spalavano fango: sono Laura e Marco che hanno voluto iniziare il loro viaggio di nozze all’insegna della solidarietà. Intanto nelle zone di Cesena più colpite dalle inondazioni sono arrivati i ministri straordinari per l’Eucaristia, come riporta il Corriere Cesenate, il settimanale della diocesi di Cesena-Sarsina. Accompagnati da giovani con l’ombrello come segno visivo, i ministri dell’Eucarestia girano per le strade e propongono ad abitanti e a volontari di fare la Comunione. Sono stati accolti, si legge nel report pubblicato sulla edizione on line (www.corrierecesenate.it) “con cordialità. Alcuni un poco stupiti, i più hanno cortesemente rifiutato. Una persona sola si è innervosita, invitandoci a prendere in mano il badile…”. Le pissidi ritornano più piene che vuote, ma non sono i numeri a dare significato al gesto. “Come in ospedale, i ministri sono andati anziché in ogni corsia, in ogni via. Una distribuzione capillare – dice il parroco di San Rocco don Paolo Pasolini -. Non l’hanno fatta in tanti, ma non c’è problema: Gesù ci ha mandato a tutto il mondo ad annunciare il Vangelo. Interessa a tutti? No, ma è quello che dobbiamo fare: portare il Pane, Gesù. Anche questo, forse più di quello che stiamo offrendo in parrocchia con i pasti, è urgente”.

Alluvione Budrio

Nella parrocchia di Budrio di Longiano, guidata dal parroco don Filippo Cappelli, tantissime famiglie si sono organizzate per preparare centinaia di pasti da donare a Cesena. Nelle zone interne della provincia di Forlì-Cesena si amplia la mappa delle frane: a Mercato Saraceno, si legge sul Corriere Cesenate, nessuno ricorda, “a memoria d’uomo”, un evento paragonabile, per vastità e per numero degli smottamenti. Il report parla di paesaggio lunare e di melma. Voragini causate da costoni che si sono rovesciati verso valle. L’ampiezza delle singole frane e la loro frequenza offrono lo spettacolo tipico del bombardamento o quello del terremoto. Non sembra possa essere dovuto alle piogge battenti. In una azienda agricola vengono accudite 35 mucche, la stalla è “a non più di due-tre metri” da uno smottamento che ha portato con sé del materiale, ma non ha creato altri danni. Dall’azienda viene allestito un banco per la distruzione dei viveri che i volontari portano fin quassù a chi è isolato da mercoledì mattina.

foto Corriere Cesenate

Nella scuola “Don Milani”, a Cesena, sono disponibili diversi beni necessari a chi ha subito danni e a chi vive in difficoltà a seguito degli ultimi eventi. Medicine, cibo per animali, passeggini, seggiolini per bambini, generi alimentari, detergenti e attrezzature da lavoro. Anche la Chiesa di Ravenna-Cervia, riferisce il settimanale diocesano Risveglio2000 (https://risveglioduemila.it/), scende in campo per aiutare le persone evacuate a causa dell’emergenza maltempo. Mentre prosegue la raccolta vestiti, la Caritas diocesana ha promosso una colletta per aiutare le persone evacuate a causa dell’emergenza maltempo. Prosegue la raccolta vestiti della Caritas per le persone accolte nell’hub di protezione civile della scuola di san Pietro in Campiano, è stata avviata anche una raccolta fondi straordinaria per l’emergenza alluvione dalla Caritas diocesana.

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Regina caeli

Papa Francesco al regina caeli: “Non abituiamoci alla guerra”. Appello per il Sudan

foto Vatican media/Sir
22 Mag 2023

“Non abituiamoci alla guerra! E continuiamo a stare vicino al martoriato popolo ucraino”. Lo ha esclamato il papa, al termine del Regina caeli di ieri, in cui ha lanciato un “accorato appello” affinché “vengano deposte le armi” in Sudan, ad mese dallo scoppio delle violenze, che hanno determinato una situazione che “continua ad essere grave”. “Chiedo alla comunità internazionale di non risparmiare alcuno sforzo per far prevalere il dialogo e alleviare la sofferenza della popolazione”, le parole di Francesco, che ha fatto riferimento anche alla Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, ringraziando i giornalisti e auspicando che il loro lavoro “sia sempre al servizio della verità e del bene comune”. Il papa, infine, ha ribadito la sua “vicinanza” alle popolazione dell’Emilia Romagna, colpita dalle inondazioni di questi giorni.

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Editoriale

Non sono eventi estremi, sono eventi possibili

(Foto ANSA/SIR)
22 Mag 2023

di Emanuele Carrieri

Al cospetto di una calamità dell’ambiente, di un disastro della Terra o di una catastrofe della natura, è banale fare spallucce oppure dire che “così è la natura!”, come è altrettanto semplice lamentarsi delle autorità o, ancora peggio, gioire per l’insuccesso degli avversari sul campo politico. Dinanzi agli avvenimenti tragici, dinanzi ai morti, si dice sempre in queste circostanze “non è il caso di fare polemiche!”. Le alluvioni e le inondazioni che hanno colpito e stanno flagellando ancora adesso l’Emilia Romagna, però, non sono solo responsabilità delle piogge, dei rovesci, dei nubifragi o dei temporali. Una pioggia intensa, in brevissimo tempo, può anche verificarsi. Ma, ed è questa la prima domanda, si era pronti, si era preparati, si era organizzati? È sicuro: non si può prevenire tutto, le calamità sono così. Ma non lo sapevano i pubblici amministratori che gli alvei dei corsi d’acqua, di qualunque tipo, di qualsiasi lunghezza o portata o regime, devono essere sistematicamente ripuliti? E che gli scoli non funzionano se vengono tombati? Che l’acqua piovana filtra attraverso il terreno se le pendici dei monti sono state erose? Quanti, e quali, investimenti strutturali non sono stati fatti per tenere in ordine ruscelli, torrenti, fiumi e canali, per circoscrivere i danni causati da eventi eccezionali, in realtà, a questo punto, sempre più abituali e consueti? Anche se l’acqua si ritira rapidamente, le ferite determinate da una alluvione a un territorio richiedono molto tempo per rimarginarsi, anzitutto quelle subite dalle persone, sia nelle sue componenti materiali ed economiche, sia nell’anima e nel cuore della gente. L’alluvione del Polesine, del 1951, e quella di Salerno, del 1954, sono ancora presenti, non soltanto nella mente di chi le ha vissute, ma anche nel comune sentire di quelle popolazioni. Si potrebbe dire che sono i governi, di qualsiasi epoca e di qualsiasi colorazione politica, che dimenticano in fretta; ma se si continuano a costruire case negli alvei fluviali o in zone depresse nelle pianure alluvionali e i cittadini le acquistano, è segno che la cultura generale, in materia ambientale, non ha fatto tesoro delle esperienze passate. Sembra, in ogni caso, che il tempo per dimenticare sia terminato ed eventi chiamati estremi, in futuro, si ripresenteranno con sempre maggiore frequenza e con sempre più grande intensità. Chiamarli estremi non è altro che un rimedio per giustificare il fatto che non si è fatto niente, o troppo poco, per prevenirli o, quantomeno, per temperarne gli effetti: quegli eventi devono essere definiti possibili, anche se con piccole probabilità di manifestazione. E se un avvenimento può arrecare un grave danno, anche se è poco probabile che si verifichi proprio domani, non deve essere sottovalutato: chi prenderebbe un aereo già sapendo che vi è soltanto una eventualità su cento che possa cadere? Ma si finisce con il basare le scelte sugli scenari più probabili e non su quelli più catastrofici. Le pianure alluvionali costituiscono territori ottimali per gli insediamenti, le facilità di trasporto, le possibilità di coltivare e le disponibilità di acqua. Ci sarà una ragione per la quale si chiamano alluvionali? Per impedire l’esondazione dei fiumi, che depositando i sedimenti sul proprio letto, lo si innalza in continuazione, sono stati fabbricati degli argini che hanno portato il corso d’acqua a scorrere più in alto della propria pianura, mettendo, così, in estremo pericolo tutti quelli che vivono a un livello sottostante. La rottura degli argini del Po, nel 1951, non è stata sufficiente a far intuire che la sicurezza non si ottiene incanalando l’acqua verso il mare, che fra l’altro si sta innalzando, ma portando le popolazioni a vivere in zone rialzate. Se ciò non è possibile per le aree urbane, si dovranno prevedere estese superfici, più grandi delle odierne casse di espansione, da mandare sott’acqua per salvare le città, come è stato fatto in Olanda. Per chi ci viveva si fanno nuove case in aree protette, mentre per chi deve restare, queste si pongono su collinette artificiali che, all’occasione, diventano isolette. Si dice che il territorio italiano sia estremamente fragile, e anche questo termine andrebbe riguardato: è un territorio in una naturale evoluzione morfologica, forse più incalzante di altri. Siamo noi, esseri umani, che siamo fragili e deboli, perché spesso ci siamo insediati in quelle aree dove più rapida è questa evoluzione, come i versanti di rilievi costituiti da suolo predisposto alle erosioni, lungo i fiumi che cercano di cambiare il proprio corso e sulle coste, da sempre l’elemento più in movimento del territorio e ora colpite pure dall’innalzamento del livello del mare. Abbiamo disboscato le montagne, tagliato i versanti con vie di comunicazione senza tener conto dell’assetto geologico, strizzato i fiumi con argini, case, ponti e fabbriche, demolito le dune costiere per costruire villaggi turistici e passeggiate a mare. E anche nelle zone agricole, che ci illudiamo mantengano un minimo di naturalità, abbiamo fatto il possibile per aumentare il rischio idraulico. E quando, da lontano, si vedono quei paesaggi con chilometri e chilometri di serre con teli di plastica che impermeabilizzano il suolo, non pensiamo che fine farà l’acqua del prossimo temporale? Questi eventi possibili, con i cambiamenti del clima e il surriscaldamento globale, stanno diventando sempre più intensi e ricorrenti, e la nuova normalità a cui non vogliamo e a cui dobbiamo abituarci – siamo recidivi: abbiamo combattuto la nuova normalità post pandemia – è quella che, volenti o no, ci attende nel futuro.

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