Angelus

La domenica del Papa – La tentazione della doppiezza

foto Vatican media/Sir
06 Nov 2023

di Fabio Zavattaro

“Vi prego di fermarvi in nome di Dio: cessate il fuoco”. È “grave” la situazione in Palestina, in Israele e papa Francesco, all’angelus, chiede che “si liberino subito gli ostaggi. Tra di loro ci sono tanti bambini, che tornino alle loro famiglie”. Bambini vittime della guerra in quella terra come in Ucraina e in altri conflitti: “così si sta uccidendo il loro futuro. Preghiamo perché si abbia la forza di dire basta”. Bambini come quelli che sabato hanno pregato a Gerusalemme per la pace; bambini israeliani e palestinesi, cristiani e musulmani racconta a Vatican News padre Francesco Patton, Custode di Terra Santa: la paura della guerra “segnerà non solo la loro infanzia, ma probabilmente l’intera vita […] I bambini sono riusciti a riconoscere che la sofferenza è di tutti”.

Dal papa l’appello affinché “si percorrano tutte le vie perché si eviti un allargamento del conflitto, si possano soccorrere i feriti e gli aiuti arrivino alla popolazione di Gaza dove la situazione umanitaria è gravissima”. E non è mancata nemmeno la preghiera per le vittime delle alluvioni in Italia, per le popolazioni del Nepal che soffrono a causa di un terremoto, e per i profughi afghani, rifugiati in Pakistan e che ora non sanno più dove andare.

Domenica in cui il Vangelo di Matteo ci propone l’ultimo discorso di Gesù prima di quello apologetico. Sono i suoi ultimi giorni di vita e ancora una volta pronuncia parole contro gli scribi e i farisei, una dura condanna verso quanti hanno in mano le leve del potere. Costoro davano più importanza a regolamenti cavillosi e tradizioni che a misericordia, giustizia e fedeltà. Di più, il loro insegnamento non incontrava il favore del popolo perché essi avevano un atteggiamento di superiorità nei confronti della gente comune e, soprattutto, non davano essi per primi l’esempio. Ecco perché Gesù, che si trova a Gerusalemme, dice alla folla e ai suoi discepoli di “praticare e osservare” tutto quanto scribi e farisei dicono ma di non agire secondo le loro opere “perché essi dicono e non fanno”. Di qui il rimprovero che Gesù rivolge a scribi e farisei che, ricordiamo, avevano un ruolo di maestri e di interpreti della legge mosaica; li rimprovera perché la loro condotta è in contrasto “con l’insegnamento che proponevano agli altri con rigore”. Diceva Benedetto XVI che costoro “dicono e non fanno; anzi, legano fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito”.

È la distanza tra il dire e il fare, è la “doppiezza della loro vita: predicano una cosa ma poi ne vivono un’altra”, ricorda Francesco. Proprio la “doppiezza del cuore” è il pericolo su cui vigilare per il vescovo di Roma, che “mette a rischio l’autenticità della nostra testimonianza e anche la nostra credibilità come persone e come cristiani”.

Già Paolo VI nella sua esortazione Evangelii nuntiandi, diffusa dopo il Sinodo del 1974 sull’evangelizzazione, scriveva che la prima via della comunicazione del Vangelo è la testimonianza della vita: l’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni.

Francesco, nel suo discorso all’angelus, sottolinea che tutti “sperimentiamo, per la nostra fragilità, una certa distanza tra il dire e il fare; ma un’altra cosa, invece, è avere il cuore doppio, vivere con ‘un piede in due scarpe’ senza farcene un problema”. E questo è ancora più importante per chi riveste, nella vita, nella società o nella chiesa un ruolo di responsabilità: “per un prete, un operatore pastorale, un politico, un insegnante o un genitore, vale sempre questa regola: ciò che dici, ciò che predichi agli altri, impegnati tu a viverlo per primo. Per essere maestri autorevoli bisogna prima essere testimoni credibili”.

Francesco si sofferma su un altro aspetto delle parole pronunciate da Gesù: il “primato dell’esteriore sull’interiore”. Scribi e farisei vivendo nella doppiezza “sono preoccupati di dover nascondere la loro incoerenza per salvare la loro reputazione esteriore”; compiono opere “per salvare la faccia”. Il trucco, dice il Papa, “è molto comune: truccano la faccia, truccano la vita, truccano il cuore. Questa gente ‘truccata’ non sa vivere la verità. E tante volte anche noi abbiamo questa tentazione della doppiezza”.

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