Si conclude venerdì il corso di formazione politica e cittadinanza attiva organizzato dal circolo Mcl di Torricella

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“Non distogliere lo sguardo dal povero” (Tb 4,7). Questa Parola ha spinto un nutrito gruppo di giovani della nostra diocesi a partecipare, domenica 3 dicembre, all’esperienza di servizio promossa dalla pastorale giovanile e vocazionale a Palazzo Santacroce.
Circa una trentina di ragazzi ed educatori di diverse parrocchie ed associazioni hanno accolto questo invito per vivere attivamente il cuore del Vangelo: accogliere e servire i poveri della nostra città donando loro aiuto, solidarietà e tanti sorrisi.
Il pomeriggio ha avuto inizio con la santa messa, presieduta da don Francesco Maranò, che ha ricordato come il punto di partenza per servire i nostri fratelli in Cristo sia proprio l’Eucarestia. proprio come ha fatto Gesù nell’Ultima Cena, che, dopo aver consacrato il pane e il vino, ha lavato i piedi ai suoi discepoli. Alla celebrazione hanno partecipato i volontari, i ragazzi, gli educatori e gli ospiti della struttura: l’amore e la condivisione hanno caratterizzato questo momento.
Quindi sono stati formati diversi gruppi: alcuni hanno fatto il servizio mensa, altri si sono occupati di sistemare le camere e il vestiario degli ospiti. È stato bello rendere le loro stanze profumate e confortevoli, scegliere i vestiti più adatti e caldi per loro e soprattutto donare un pasto caldo e genuino. Bastava guardare il loro volto sorridente e sereno per comprendere quanto basti un piccolo gesto per far felice una persona! I ragazzi sono stati molto cordiali e disponibili nell’ascoltare e dialogare con gli ospiti del centro di accoglienza: tutti a proprio agio. È stata arricchente anche la collaborazione tra i giovani delle diverse parrocchie e questo ha facilitato la nascita di nuove amicizie, forando quasi un’unica grande famiglia!
Abbiamo compreso che la vera condivisione deve rispondere alle necessità concrete dell’altro. Quelli che definiamo “poveri” hanno bisogno della nostra umanità e del nostro cuore aperto all’amore.
L’arcivescovo mons. Ciro Miniero ci ha calorosamente salutato e ci ha augurato Buon Avvento. Con la sua affabilità e presenza, ha riscaldato i nostri cuori che l’hanno ringraziato!
La sorpresa finale per tutti è stata una grande tombolata con tanti premi utili e belli. Tutti ci siamo tanto divertiti, abbiamo scherzato e abbiamo sentito il cuore colmo di gioia!
La carità non deve restare chiusa in fondo al cuore, diceva santa Teresa di Lisieux, ma deve rallegrare tutti coloro che sono nel mondo.
Mi sento di dire che, recandoci al centro notturno con l’intenzione di dare, abbiamo fatto la scoperta di aver ricevuto più di quando siamo stati capaci di donare, in termini di affetto, gratitudine e gioia. Il proposito che ognuno ha portato con sé è stato quello di non distogliere mai più lo sguardo dal volto di Gesù che si presenta a noi in tutti i poveri del mondo.
* parrocchia San Nunzio Sulprizio
Martedì 12 alle ore 19 nella chiesa del Santissimo Crocifisso si terrà la presentazione del libro di Ida Russo dal titolo ‘Dulcamara’.
Dopo il saluto del parroco, don Andrea Mortato, dialogherà con l’autrice la presidente della Società “Dante Alighieri”, prof.ssa Josè Minervini.
Le letture saranno a cura dell’attrice Lucia Palmisano.
Il ricavato della vendita del libro sarà devoluto alla Caritas parrocchiale.
Dopo il successo della prima edizione dello scorso anno, l’associazione Apulia International Taranto Turismo Sociale, in collaborazione e con annessa la conformità da parte della Regione Puglia, ha organizzato per questo Natale “Vivi l’Avvento 2023”, una serie di iniziative, tra cui una kermesse dedicata esclusivamente al Natale di Taranto, il più lungo d’Europa.
L’obiettivo è quello di rafforzare l’idea e la messa in opera di attività per far crescere Taranto e la Puglia destinazione emergente anche per le vacanze natalizie. Questa volta la manifestazione gode del patrocinio di Epli nazionale e del Ministero del Turismo.
La rassegna consterà di 5 eventi ed escursioni con itinerari natalizi:
1) 3 dicembre: Paisiello, note di conoscenza (già svoltosi)
2) 13 dicembre: Tour a piedi nel centro storico alla scoperta di esclusività fra chiese e presepi
3) 14 dicembre: Una tipica festa natalizia; poesia in musica
4) 15 dicembre: Tour a piedi nel centro storico: un cammino con Maria, ricordando le radici e i dolci natalizi
5) 22 dicembre: Alla casa di Babbo Natale, escursione con accompagnamento
Per contatti, informazioni e collaborazioni, assieme a diverse associazioni in rete, gli organizzatori hanno allestito un punto di contatto in città vecchia con la possibilità di organizzare eventi su tutto il territorio pugliese. Tel. 3792559474.
Ha studiato, osservato, atteso la sua preda nelle varie fasi della gara, e l’ha colpita ai punti vitali venendo fuori sulla distanza. Così la Nuovi Orizzonti Dinamo Taranto è riuscita ad espugnare il nuovo palazzetto dello sport di Fasano imponendosi sulla formazione locale con il punteggio finale di 69-55 (16-16, 29-33, 43-45). Dopo il ko inflitto dalla corazzata Virtus Ariano Irpino nella sesta giornata, un’impresa sfiorata in casa, le ragazze allenate da William Orlando hanno trovato il pronto riscatto sullo stesso palazzetto dove si erano imposte a inizio stagione, nella semifinale del girone A della Coppa Campania. Il successo sulla temibile Eco Ambiente Sud Fasano è stato figlio della reazione corale. E dei canestri di Claudia Tagliamento, in particolare – con 26 punti realizzati la brindisina è stata la top scorer della serata.
“Nei primi due quarti abbiamo giocato alla pari contro un buon Fasano. Nel terzo periodo abbiamo aumentato l’intensità difensiva e la fisicità messa in campo; il break lo abbiamo costruito da una serie di palle recuperate, che ci hanno permesso di scappare via”. Così coach Orlando nella disamina della gara. “Possiamo considerarla una vittoria di maturità costruita con pazienza – continua – facciamo i complimenti al Basket Fasano per la bella prestazione realizzata”.
Con la vittoria a Fasano, la matricola Nuovi Orizzonti ha chiuso nel migliore dei modi il girone d’andata del raggruppamento A della serie B nazionale: ai quartieri alti, secondo posto in graduatoria, in coabitazione con La Molisana Campobasso, a ridosso della capolista Ariano Irpino. Che ha una gara da recuperare. I campani tenteranno l’allungo martedì 12 dicembre, in casa, proprio contro Fasano. Il campionato osserverà una pausa in occasione delle festività per riprendere nel 2024. Taranto ritroverà le mura amiche del PalaMazzola il 6 gennaio, quando ospiterà la Virtus Benevento, fanalino di coda che non ha ancora vinto una gara.
Ha preso il via dall’Umbria francescana, quella di Gubbio e Todi, il nuovo spettacolo teatrale “Fra’ – San Francesco, la superstar del medioevo”, scritto e interpretato dall’attore Giovanni Scifoni, con la regia di Francesco Ferdinando Brandi e orchestrato con le laudi medievali e gli strumenti antichi di Luciano di Giandomenico, Maurizio Picchiò e Stefano Carloncelli.
Un soprannome, Fra’, che lascia quasi presagire una dimensione familiare e amicale con il santo più conosciuto e apprezzato della storia, non solo dal pubblico cattolico, e che, in sole tre lettere, sa farlo scendere dal cielo e riportarlo a terra, rendendolo prossimo a ciascuno di noi. Eppure, Giovanni Scifoni riesce a fare qualcosa di più, perché restituisce a san Francesco d’Assisi i tratti del suo volto di uomo, ossessionato dal desiderio di “raccontare Dio in ogni sua forma”, e riporta al centro la sua dimensione d’artista: infatti, ogni situazione vissuta era trasformata dal santo in predicazione, e nulla di ciò che gli attraversava cuore e pelle veniva buttato via, ma riutilizzato come solida base per nuove creazioni. Come il Cantico delle Creature, primo componimento lirico in volgare italiano della storia, o il presepe di Greccio, “la più geniale (e copiata) opera di Francesco” che il prossimo 24 dicembre compirà 800 anni, o ancora l’incontro con il sultano e le stimmate de La Verna. Gli snodi più importanti della vita e della storia del giovane assisano ci sono tutti, anche con tratti poetici meravigliosi, che strappano applausi convinti a ogni cambio scena.
“Il Fra’ di Giovanni Scifoni è un giullare, che saltella da una parte all’altra del palco, facendo divertire il pubblico, muovendosi tra storia, cultura e spiritualità con umorismo sapiente, regalando originalità e bellezza vera, nel senso più alto del termine”, afferma Alberto Di Giglio, direttore del Festival Cinema dell’anima, seduto nella platea del Teatro comunale di Todi. E Giovanni Scifoni non porta sulla scena soltanto umorismo e cultura, ma riesce a comunicare anche la fede, dando vita a “uno spettacolo che fa bene al teatro e che fa bene al pubblico”.
Quel Fra’ – fratello minore di tutti e per tutti, che a distanza di secoli non smette di far parlare di sé e che era stato già interpretato, tra gli altri, da Mickey Rourke, Nazario Gerardi e Ettore Bassi – diventa una nuova pennellata di colore tra le mani di Giovanni Scifoni che, racconto dopo racconto, applauso dopo applauso, dà vita a un’opera creativamente nuova, ma con la stessa fisionomia delle precedenti: il volto di san Francesco d’Assisi. Un volto nel quale si possono scorgere ancora gli incontri, le vicende e le scoperte personali, con lo sguardo rivolto alla creazione del mondo, specchio del Padre Celeste, e in cui ciascuno, a distanza di 800 anni, può vedere riflesso il suo viso, le sue paure, la sua storia. Nessuno, in fondo, è così distante dal Fra’ di Scifoni.
Dopo Gubbio e Assisi, il san Francesco di Giovanni Scifoni fa tappa alla Sala Umberto di Roma (dal 5 al 23 dicembre), per poi tornare il 28 dicembre nella città natale del Poverello, al Teatro Lyrick di Assisi, ripartire il 3-4 gennaio 2024 da Bologna e calcare nei prossimi mesi molti palcoscenici in giro per l’Italia.
In Italia si sta verificando una sorta di apartheid sanitario, di discriminazione legata alla possibilità o meno di accedere alle cure mediche. Se ne è parlato in un webinar promosso il 6 dicembre dall’associazione Scienza&Vita. Focus sulla medicina solidale, che con i suoi ambulatori di strada e per strada si prende cura delle persone più fragili o segnate da profonde ferite sociali ed economiche
“Oggi sta emergendo un tema di cittadinanza minoritaria, ossia di cittadini che non hanno possibilità di trovare nei servizi sanitari quell’eccellenza che dovrebbe essere garantita costituzionalmente a tutti. Si stanno creando nuove forme discriminatorie legate alla possibilità di curarsi”. A lanciare l’allarme è stato la sera del 6 dicembre Alberto Gambino, presidente di Scienza&Vita e prorettore Università europea di Roma, inaugurando il primo dei due webinar promossi dall’associazione sul tema della “medicina solidale” (il secondo si svolgerà mercoledì prossimo, 13 dicembre). Per Maurizio Calipari, bioeticista e portavoce dell’associazione, che ha moderato l’incontro, “ci sono esigenze nuove cui bisogna dare risposta, situazioni emergenziali e nuovi bisogni. Come assicurare una cura per tutti?”. La medicina odierna – e i sistemi sanitari che erogano i servizi – “devono affrontare questa crescente sfida”, un vero “apartheid sanitario”.
Ma qual è oggi il rapporto medico-paziente?
“Forse dovremmo recuperare la dimensione dell’essere medici, non del fare i medici”, ha risposto Dario Sacchini, docente di bioetica all’Università Cattolica di Roma, sottolineando il “capovolgimento” di questa relazione. “Dal modello quasi paternalistico del passato si è passati ad un modello contrattualistico” nel quale “si fa sempre più strada il cosiddetto principio di rispetto dell’autodeterminazione del soggetto, positivo in linea di principio ma pericoloso quando questo prende la via del braccio di ferro tra paziente e medico”. Per Sacchini, anche il modello contrattualistico si è tuttavia rivelato insufficiente: “Ora si sta navigando verso un tipo di relazione nella quale medico e paziente sono compagni di viaggio, ovviamente con competenze e ambiti diversi, insieme analizzano il problema di salute, lo interpretano e insieme decidono il percorso da intraprendere in una pianificazione condivisa delle cure”.
“Oggi abbiamo in carico 347 persone senza fissa dimora. Dal 2016 abbiamo erogato 3.462 prestazioni ambulatoriali al cui interno sono compresi esami strumentali che altrimenti avrebbero avuto difficoltà a fare”. Giovanni Addolorato, direttore Uoc Medicina Interna 2 e patologie alcol-correlate del Policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs di Roma, da diversi anni opera concretamente nel campo della medicina solidale. “Lavorando in ospedale abbiamo constatato che una fetta di popolazione non ha accesso alle cure primarie,”, ha raccontato. Così, “all’interno della mia Unità di Medicina interna abbiano deciso di dedicare un numero di letti a chi viene normalmente escluso da queste cure (persone senza documenti e/o senza fissa dimora)”. Addolorato opera in sinergia con una rete territoriale costituita da Elemosineria vaticana, Caritas e Comunità di Sant’Egidio. E i risultati non mancano: “I nostri pazienti hanno una degenza media di 7 giorni, una buona percentuale riesce a riguadagnare salute e alcuni anche a reinserirsi socialmente”.
Ma la medicina solidale richiede una preparazione specifica: occorre fare anche medicina di strada nelle strutture di prima accoglienza. Per questo, ha spiegato, “abbiamo attivato una scuola di specialità” che si chiama Medicina di comunità e delle cure primarie all’interno della quale, oltre all’attività in reparto e ambulatorio, la maggior parte dei quattro anni di percorso formativo è concentrata sulla medicina di strada: gli specializzandi dovranno andare ad esempio al quartiere Tufello dove è attivo un servizio di “portierato sociale” con volontari che segnalano i casi di fragilità, o sotto il porticato di san Pietro per “intercettare quella quota di persone che nei PS o in ospedale non si è sentita accolta”. Apprezzamento da parte del ministero dell’Università che ha attribuito alla scuola, appena avviata, addirittura cinque posti. “La principale difficoltà incontrata e condivisa da tutti i medici del mio team – rivela Addolorato – è il carico emotivo davvero importante. Uno dei miei primi pazienti, un ragazzo romeno senza fissa dimora di nome Tudor, è rimasto incredulo di fronte alla mia richiesta di visitarlo: nei suoi precedenti accessi al ps non era stato mai toccato da nessuno perché, dicevano tra loro i medici, puzzava”.
Un impegno ormai ventennale di ambulatori di strada e per strada nelle periferie romane è il servizio di medicina solidale nato a Tor Bella Monaca per iniziativa di un gruppo di medici guidati da Lucia Ercoli, docente di Malattie infettive all’Università di Roma Tor Vergata e direttore scientifico dell’Istituto di medicina solidale (Imes), associazione di volontariato sorta nel 2003 per prendersi cura di persone socialmente svantaggiate ed escluse dall’assistenza sanitaria.
“Ognuno dei nostri pazienti potrebbe essere considerato l’eroe di un’epica della sopravvivenza”, ha premesso la Ercoli raccontando la nascita della medicina solidale e il supporto ricevuto fin dall’inizio dal Policlinico di Tor Vergata. “Il bisogno di salute sommerso lo devi andare a cercare, ma riguarda migliaia di persone”, ha spiegato la dottoressa parlando di “aree di apartheid sanitario” e di medicina di strada nelle periferie della capitale. Un pilastro fondamentale è la salute materno-infantile.
“Siamo presenti in tre municipi come ambulatori di strada – ha detto ancora -, mentre le unità di strada si muovono in diversi municipi ed anche in altri Comuni che raggiungiamo attraverso il passaparola. L’esclusione dal diritto alla cura è cartina al tornasole della negazione di altri diritti: centinaia di bambini non accedono neppure ad un pasto sicuro al giorno e non hanno una casa decente”.
“Noi lavoriamo molto sulla prevenzione: forniamo viveri a 970 famiglie. Grazie alla distribuzione di pasti abbiamo aiutato molte donne a non ricorre all’interruzione volontaria di gravidanza”. L’intervento, ha ribadito Ercoli, deve essere sociosanitario, integrato: non basta curare i bambini sottopeso, occorre una strategia di contrasto alla malnutrizione infantile. Di qui la distribuzione di omogeneizzati per i più piccoli. “Quando proponiamo un percorso diagnostico e/o terapeutico occorre capire se la persona è in grado di seguirlo; altrimenti interveniamo. Tramite mediatori sociali facciamo anche orientamento e accompagnamento ai servizi”. I bimbi seguiti in ambulatorio sono circa 900: quest’anno ognuno di loro è stato visitato almeno tre volte. E c’è una nuova emergenza, la patologia psichiatrica tra i bambini: “Per 120 di loro abbiamo avviato un percorso diagnostico e terapeutico gratuito”.
È via maestra la Dichiarazione universale dei Diritti umani, firmata, 75 anni fa il 10 dicembre, dall’Assemblea generale delle Nazioni unite a Parigi. Testo quanto mai importante, oggi, alla luce dei conflitti che insanguinano il nostro mondo, e delle “repressioni a più livelli degli stessi diritti”. Papa Francesco, tornato ad affacciarsi dal Palazzo Apostolico per il consueto appuntamento dell’angelus, ricorda questa dichiarazione e dice: “molti passi avanti sono stati fatti, ma tanti ancora ne mancano e a volte purtroppo si torna indietro. L’impegno per i diritti umani non è mai finito”. Per questo il vescovo di Roma si dice vicino “a tutti coloro che, senza proclami, nella vita concreta di ogni giorno, lottano e parlano di persona per difendere i diritti di chi non conta”.
Partendo da questo testo “estremamente attuale”, Francesco ha rinnovato il suo appello per la pace, chiedendo di continuare “a pregare per le popolazioni che soffrono a causa della guerra. Andiamo verso il Natale: saremo capaci, con l’aiuto di Dio, di fare passi concreti di pace?”. Domanda che ha come conseguenza l’attenzione a situazioni di conflitto nel mondo, e, in modo particolare, la “martoriata Ucraina, la Palestina, Israele”.
Torna quindi sul tema dei diritti umani chiedendo che “si proteggano i civili, gli ospedali, i luoghi di culto, siano liberati degli ostaggi e garantiti gli aiuti umanitari”.
Certo, lo dice anche il papa, “non è facile” fare quei passi concreti, perché “certi conflitti hanno radici storiche profonde ma abbiamo anche la testimonianza di uomini e donne che hanno lavorato con saggezza e pazienza per la convivenza pacifica. Si segua il loro esempio si metta ogni impegno per affrontare e rimuovere le cause dei conflitti”. Uomini e donne che hanno speso la loro esistenza per le popolazioni sfinite dalla miseria e dalla fame, per i profughi spesso rifiutati, per coloro che subiscono violazioni dei loro diritti.
Angelus nella seconda domenica di Avvento in cui le letture – Isaia, il Vangelo di Marco – propongono un messaggio di speranza, annuncio di salvezza profetico perché in Cristo si sono compiute la “antiche promesse”. Ecco allora l’immagine di Giovanni Battista che fa il suo ingresso nella narrazione vestito di pelli di cammello; ecco il deserto, in cui si scontrano assenza e presenza, aridità e fecondità. In questo luogo, essenziale per definizione, ecco che risuona la “voce di uno che grida nel deserto: preparate la strada del Signore, raddrizzate i suoi sentieri”
Il deserto, afferma Francesco, “è il luogo del silenzio e dell’essenzialità, dove non ci si può permettere di indugiare in cose inutili, ma occorre concentrarsi su quanto è indispensabile per vivere”. Richiamo quanto mai attuale ricorda, perché per procedere “nel cammino della vita è necessario spogliarsi del di più”. Vivere bene “non vuol dire riempirsi di cose inutili, ma liberarsi del superfluo” e cogliere “ciò che è veramente importante davanti a Dio”. Silenzio e preghiera, dice il Papa, per fare spazio a Gesù, e per “liberarci dall’inquinamento delle parole vane e delle chiacchiere”. Il silenzio e la sobrietà, “nelle parole, nell’uso delle cose, dei media e dei social – ricorda ancora – non sono solo fioretti o virtù, sono elementi essenziali della vita cristiana”.
Dopo il deserto ecco la voce, “strumento con cui manifestiamo ciò che pensiamo e portiamo nel cuore”. Per Francesco è molto collegata al silenzio: “se non si sa tacere, è difficile che si abbia qualcosa di buono da dire; mentre, più attento è il silenzio, più forte è la parola”.
Nelle parole del vescovo di Roma, dopo la preghiera mariana, non poteva mancare un riferimento alla “liberazione di un numero significativo di prigionieri armeni e azeri”: l’Azerbaigian ha accettato di rilasciare 32 prigionieri di guerra armeni, e l’Armenia libera 2 militari azeri. Francesco afferma di guardare con speranza questo segno positivo e incoraggia le parti a concludere il trattato di pace.
Infine, la Cop28 in corso a Dubai: chiede preghiere perché “si arrivi a buoni risultati per la cura della nostra casa comune e la tutela delle popolazioni”.
Continuano alla parrocchia di Santa Lucia (via Millo, a Taranto) le iniziative per i festeggiamenti in onore di Santa Lucia.
Lunedì 11, dopo la santa messa delle ore 18 celebrata dal parroco mons. Luca Lorusso, si terrà una pettolata nel cortile della chiesa.
Martedì 12, sempre dopo la santa messa delle ore 18, la dott.ssa Iole Monacelli terrà un incontro relativo alla prevenzione sulle dipendenze causate dall’utilizzo di videogiochi.
Sono in corso a Talsano i festeggiamenti in onore di Santa Lucia, organizzati dalla parrocchia del SS.Rosario e dalla confraternita del Carmine, nella cui rettoria si terrà il triduo (ore 18, santo rosario; ore 18.30 santa messa celebrata dal padre spirituale della confraternita, don Armando Imperato).
Martedì 12, in via Garibaldi, mercatini di Natale, pettolata, degustazione e vendita di specialità gastronomiche, stand pro Terra Santa e l’immancabile Babbo Natale con la sua casetta.
Giorno 13, alle ore 10, giro della banda di Talsano per le vie del quartiere; ore 11.15, santo rosario e solenne supplica a Santa Lucia nella chiesa del Carmine; ore 17.15, santo rosario e alle ore 18 santa messa con il rito della benedizione degli occhi; alle ore 19, accompagnata dalla banda di Talsano, processione per via Garibaldi, via Adua, via Bainsizza, corso Vittorio Emanuele con rientro in chiesa.
Giovedì 14, alle ore 19 concerto nella chiesa del Rosario del “Falanto Chorus”
Nella serata di sabato 9 dicembre, presieduta dall’arcivescovo mons. Ciro Miniero, si è svolta la santa messa per l’insediamento dell’amministratore parrocchiale della Gesù Divin Lavoratore. Padre Eugenio Beni (nella foto, a sinistra dell’arcivescovo), dei Giuseppini del Murialdo. Succede a padre Nicola Preziuso.
Sono intervenuti i sacerdoti della vicaria, l’assessore Mattia Giorno in rappresentanza del sindaco Rinaldo Melucci, Francesco Basi in rappresentanza del Corpo forestale volontario Taranto Esaf – ets.
Hanno collaborato alla buona riuscita della celebrazione gli scout del Taranto 14 e tutti i gruppi della parrocchia.
Al termine, Milena Cinto e Donato Vaccaro hanno donato a mons. Ciro Miniero una copia del fotolibro “Arrendersi? Mai!”, il motto del figlioletto Francesco, molto popolare in città, deceduto nel 2019 a causa dell’anemia emolitica autoimmune.
“Attendere e accogliere, insieme, la novità di Dio” è il tema della serie di incontri d’Avvento per le famiglie, in una proposta spirituale e formativa per vivere bene il nuovo anno liturgico e in preparazione al Natale, a cura dell’ufficio di pastorale della famiglia dell’arcidiocesi diretto da don Mimmo Sergio.
S’inizierà martedì 12 dicembre (ore 19.30) alla parrocchia della Santa Famiglia (quartiere Salinella), per le famiglie delle vicarie di Taranto, Talsano e Paolo VI, con una riflessione a cura di don Paolo Martucci e condivisione guidata da Francesca e Guglielmo Labalestra.
Giovedì 14, alle ore 19.30, alla parrocchia del SS. Rosario di Grottaglie, per le famiglie delle vicarie di Grottaglie, San Giorgio Jonico e Pulsano, con una riflessione a cura di don Vito Fasano e condivisione guidata Valeria e Ignazio Di Napoli.
Lunedì 18, sempre alle ore 19.30, alla parrocchia Sant’Antonio di Martina Franca, per le famiglie delle vicarie di Martina Franca e Crispiano-Statte, con riflessione a cura di don Giuseppe D’Alessandro e condivisione guidata da Simona e Donatello Sanzone.
Per i bambini delle famiglie partecipanti è previsto il servizio di baby sitter.