Lotta all'emarginazione

Riprendono gli incontri del giovedì per gli anziani all’istituto Maria Immacolata

28 Feb 2024

di Angelo Diofano

All’istituto Maria Immacolata (ingresso da via Mignogna 7) sono ripresi gli incontri settimanali per gli anziani di tutti i quartieri finalizzati a creare momenti di amicizia, ascolto e condivisione. L’appuntamento è per ogni giovedì alle ore 17 a cura della Famiglia vincenziana (Figlie della Carità, Volontariato vincenziano, Caritas parrocchiale e associazione Medaglia miracolosa) i cui aderenti cureranno l’accoglienza all’ingresso e l’animazione a base di giochi, conversazioni, balli e, perché no, con la degustazione di un buon dolce fatto in casa. Tutto questo, prendendo spunto e realizzando le parole di papa Francesco: “L’amicizia di una persona anziana aiuta il giovane a non appiattire la vita sul presente e a ricordarsi che non tutto dipende dalle sue capacità…  Per i più anziani, invece, la presenza di un giovane apre alla speranza che quanto hanno vissuto non vada perduto e che i loro sogni si realizzano… Lasciamoci plasmare dalla grazia di Dio che, di generazione in generazione, ci libera dall’immobilismo nell’agire e dai rimpianti del passati”.

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Eventi culturali in provincia

Ponte Italia-Albania: all’iniziativa della comunità L’incontro presenti i vescovi Massafra e Fragnelli

28 Feb 2024

di Franco Gigante

Un ponte di solidarietà tra Italia e Albania per celebrare l’amicizia e la speranza, un’iniziativa per unire culture, arte e professioni verso un futuro di pace e collaborazione.

Giovedì 29 febbraio a Castellaneta si terrà nell’aula sala convegni dell’istituto ‘Mauro Perrone’, alle ore 10, un evento destinato a segnare un momento significativo nella storia delle relazioni tra i due popoli dell’Italia e dell’Albania, organizzato dalla comunità L’incontro di Castellaneta che, con i suoi 55 anni di impegno e dedizione, di cui 33 al servizio del popolo albanese, celebra un momento di profonda riflessione e di speranza per il futuro.

In questa occasione verrà svelato il busto di Giorgio Castriota Scanderbeg, eroe albanese che ha giocato un ruolo cruciale nella difesa dell’Europa dagli ottomani, nella piazza a lui dedicata. All’evento partecipano mons. Angelo Massafra (originario di San Marzano, presidente della Conferenza episcopale albanese e arcivescovo di Scutari in Albania), mons. Pierino Fragnelli (originario di Crispiano, vescovo di Trapani e già vescovo di Castellaneta), Damiano Ottomanelli (presidente della comunità L’incontro), Gianbattista Di Pippa (sindaco di Castellaneta), Vita Surico (dirigente scolastico del ‘Mauro Perrone’), Anita Briti (ambasciatrice albanese a Roma), Lulieta Serbo (direttrice di Pneumologia infantile all’Università di Tirana), Deshnor Dervishi (già ambasciatore albanese a Roma e a Tel Aviv), Tritan Shehu (membro del Parlamento albanese, già ministro della salute e degli esteri in Albania), Paola Dessì (prefetto di Taranto), Gabriele Gravina (presidente Federazione italiana gioco calcio); moderatore è Giuseppe Romano (presidente Proloco ‘Domenica Terrusi’ di Castellaneta). Le autorità presenti si concentreranno sull’importanza degli aiuti materiali forniti nel corso degli anni, ma soprattutto quelli immateriali: empatìa e sostegno che hanno alimentato l’autostima e la fiducia nel futuro del popolo albanese. E ora, con la stessa determinazione e passione, si guarda avanti verso una nuova era di collaborazione e solidarietà.

«Se una famiglia di una piccola comunità è riuscita a costruire un legame così forte nella diversità, perché non possiamo estenderlo a due popoli interi? – ha dichiarato Ottomanelli – Possiamo creare un ponte empatico che unisca Italia e Albania attraverso la cultura, l’arte, le professioni, per costruire un futuro di pace e prosperità; i governi possono cambiare, ma il legame tra i popoli rimane».

Questo evento non è solo un momento di celebrazione, ma anche di riflessione e azione: è un’opportunità per seminare il seme dell’empatia tra i giovani studenti, affinché possano coltivare la cultura della pace e della collaborazione, come ha sottolineato il fondatore: «La guerra non si discute, si costruisce».

Con questo spirito si apre una nuova era di collaborazione tra Italia e Albania: un progetto ambizioso che mira a svilupparsi attraverso una collaborazione permanente, coinvolgendo le comunità, le istituzioni e gli individui di entrambi i Paesi; è un invito a tutti coloro che credono nel potere della solidarietà e della pace a unirsi a questa missione per un futuro migliore.

Questo convegno non è solo una celebrazione momentanea, ma il primo passo verso un cammino lungo e significativo: è un invito a tutti a guardare oltre le frontiere e a costruire ponti di solidarietà e speranza, perché insieme si può creare un mondo in cui la pace e la collaborazione sono la norma, non l’eccezione.

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Settimana della fede

Oggi, mercoledì 28, per la Settimana della Fede, incontro con il prof. Ignazio Punzi

28 Feb 2024

di Angelo Diofano

Continuano in concattedrale gli incontri della 52.ma Settimana della Fede dal titolo “Per una Chiesa sinodale”.

Oggi, mercoledì 28, sempre alle ore 19, sarà la volta del prof. Ignazio Punzi, originario di Montemesola formatore, psicologo e psicoterapeuta familiare, che parlerà di “Comunione”.

 Particolarmente ricco il curriculum del relatore,che molti conoscono per essere stato ospite mensile della trasmissione “Siamo Noi” di Tv2000, in qualità di esperto del rapporto genitori-figli.

 Il prof. Punzi è socio fondatore e presidente dell’associazione culturale L’Aratro e la Stella, per la quale è stato ideatore, coordinatore e co-conduttore del ‘Viaggio verso l’isola sconosciuta’, percorso formativo in quattro weekend di crescita personale; egli ha inoltre sviluppato un approccio originale ed efficace ai processi educativi all’educazione al centro del percorso formativo dal titolo: “Educare e Crescere il sentiero del Ben-Divenire – 4 tappe verso una comunità educante”.

Supervisore di diverse équipe psico-educative, il prof. Ignazio Punzi è consulente per le politiche familiari nel Distretto Famiglia della Val Rendena (Trento) e co-coordinatore nazionale del progetto sperimentale “Rifugiato a casa mia”, promosso dalla Caritas italiana.

Nel corso della serata eseguirà alcuni canti il coro polifonico della parrocchia San Pasquale Baylon di Taranto, diretto da fra Gabriele Graniello, accompagnato dall’organista Giusi Tagarelli e dal chitarrista Marco Carbotti.

 

L’idea della Settimana della Fede fu dell’allora arcivescovo mons. Guglielmo Motolese che nel ’71  volle dar vita in Quaresima a una sorta di sosta dello spirito ai fini di una riflessione comunitaria sui tanti spunti di rinnovamento scaturiti dal Concilio. Questo, per meglio incidere sulla trasformazione in corso della società tarantina soprattutto per l’espansione del centro siderurgico. La prima edizione si svolse con relatori di alto livello come l’allora arcivescovo di Genova Giuseppe Siri, il cardinale statunitense Joseph John Wright (prefetto della Congregazione del clero), il biblista mons. Salvatore Garofalo, quasi presenza fissa negli anni successivi, e padre Mariano, il frate cappuccino, famoso conduttore televisivo, il cui saluto ai telespettatori (“Pace e bene a tutti”) entrò nell’immaginario collettivo.

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Settimana della fede

Le parole di mons. Ciro Miniero sulla ‘Partecipazione’, tema della seconda serata della Settimana della fede

28 Feb 2024

di Silvano Trevisani

Martedì 27 febbraio si è svolta la seconda serata della 52° Settimana della fede (in corso sino a venerdì 1 marzo) dedicata alla “Partecipazione” e che ha per tema generale “Per una Chiesa sinodale”.
La relazione è stata portata da don Giuseppe Bonfrate.

Sul tema dell’incontro, abbiamo ascoltato il nostro arcivescovo, mons. Ciro Miniero

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Emergenze sociali

Manganellate a Pisa, il sociologo Fiasco: “È stata la sconfitta della Repubblica, delle istituzioni”

foto agenzia Dire.it
28 Feb 2024

Un’intera squadra del Reparto mobile di Pisa potrebbe finire sotto inchiesta per le manganellate sferrate agli studenti durante l’ultima manifestazione pro-Palestina. In una nota del Quirinale del 24 febbraio sull’accaduto si legge: “Il presidente della Repubblica ha fatto presente al ministro dell’Interno, trovandone condivisione, che l’autorevolezza delle forze dell’ordine non si misura sui manganelli ma sulla capacità di assicurare sicurezza tutelando, al contempo, la libertà di manifestare pubblicamente opinioni. Con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento”. Di tutto questo ne abbiamo parlato con il sociologo Maurizio Fiasco, specializzato, tra le altre cose, in ricerca e formazione in tema di sicurezza pubblica.

foto Siciliani-Gennari/Sir

Le parole di Mattarella sono state molto chiare dopo quanto è accaduto a Pisa…

Quello che è avvenuto a Pisa desta amarezza. Un’amarezza che nasce davanti al fatto che, dopo le parole definitive del capo dello Stato Sergio Mattarella, invece di ritrovarsi tutte le parti a condividere e a tradurre nella pratica politica, professionale, organizzativa il significato di quelle parole, si continua a far girare il volano della polemica politica. E questo provoca amarezza perché così viene indebolito il messaggio profondamente educativo che il presidente Mattarella ha dato e che vale a fermare le spirali delle tensioni e delle violenze. Ogni strappo dà luogo a uno strappo simmetrico o a una giustificazione di forme che si propongono simmetricamente. Sintetizzando: il fatto che invece di declinare ciascuno nel proprio ambito di responsabilità istituzionali, politiche, organizzative il messaggio chiarissimo del capo dello Stato si sono avvitati in polemiche genera un duplice rischio. Il rischio di una legittimazione di forme di violenza e di forme di proteste che vanno ai limiti o al superamento dei limiti della legalità. Il rischio di legittimare comportamenti violenti e devianti all’interno del sistema delle forze di polizia che sono molto al di là di quello che la legge consente. La funzione di richiamo educativo, etico del capo dello Stato è stata indebolita da questa sconclusionata polemica. E questo amareggia moltissimo chi opera all’interno delle forze di polizia e che si è battuto negli ultimi 40 anni, a partire dalla riforma, per dotare i corpi di polizia di ordinamenti democratici e di una etica del servizio che nel complesso è assolutamente rispettata.

foto Ansa/Sir

Come si può arrivare alle manganellate?

Il sistema delle forze di polizia organizza centinaia di migliaia di persone, stiamo parlando di un mondo di circa 350mila persone. Anche solo per una probabilità statistica è evidente che in una popolazione così numerosa potrebbero esserci casi di devianza, come ci sono nella sanità, nella pubblica amministrazione, con una differenza: si tratta di 350mila persone in armi, che dispongono di un potere discrezionale, che a certe condizioni sono legittimate a un uso della forza, che svolgono un lavoro delicatissimo, dove un errore non è facilmente correggibile e può avere degli esiti tragici. Quello che sta venendo fuori da parecchio tempo è un deficit preoccupante di direzione e controllo del personale in diversi reparti delle forze di polizia che si è espresso in episodi di natura diversa ma tutti molto preoccupanti: le ronde a caccia di senza casa bastonati e torturati a Verona, i casi di Piacenza, gli episodi che continuano a verificarsi nelle carceri, gli episodi nei Centri di permanenza per rimpatri, gli scontri nelle strade, episodi non ortodossi che si verificano in normali controlli quando una pattuglia si imbatte in sofferenti di mente, in tossicodipendenti. Tutto questo deve preoccupare.

Come si risolvono queste devianze?

Certamente, non con una polemica politica, ma restituendo le responsabilità a chi le ha: non solo chi conduce, dirige, organizza i servizi di polizia, ma anche le istituzioni rappresentative, cioè il Parlamento e il Governo. Sono molti anni ormai che non si danno indirizzi politici chiari, con raccomandazioni di etica professionale, con scelte di promozione delle attività formative, di riorganizzazione dei reparti. I fatti del G8 Genova sono ancora lì come un’onta non perché sia mancata la chiarezza processuale, ma perché la lezione di come sia potuto accadere non è stata tratta completamente per fare delle correzioni, anche perché ci sono stati all’Interno molti ministri tecnici che la funzione di indirizzo politico non l’hanno esercitata. C’è un crollo di competenze e di visione nelle sfere apicali della politica sul tema. Questo, a mio avviso, è l’elemento più preoccupante.

Quali rischi si corrono?

Dobbiamo considerare che possono essere tanti i motivi di crisi dell’ordine pubblico: proteste degli agricoltori, degli operai licenziati, di senzatetto, di immigrati sfruttati da caporali, proteste per gli sbarchi degli immigrati, per le condizioni dei Centri di detenzione temporanea, per i sovraffollamenti delle carceri e fin qui siamo all’interno di proteste che hanno un innesco su crisi reali che determinano problemi di ordine pubblico. Poi ci sono problemi di ordine pubblico legati a fatti assurdi provocati da tifoserie violente o da gruppi gregari che si abbandonano a vandalismo il sabato sera nei luoghi della movida. L’ordine pubblico è la materia più delicata, più complessa del lavoro di polizia per la quale occorre una grande professionalità, una saggezza, quella autorevolezza a cui ha fatto appello il capo dello Stato. Mattarella, infatti, in una riga, ha riassunto tutta la questione: l’autorevolezza, il discernimento, la negoziazione, l’appropriatezza dell’intervento, la responsabilità del decidere.L’ordine pubblico è per tre quarti negoziazione, per il restante quarto dispositivo tecnico, all’interno del quale c’è una frazione dell’uso della forza razionalmente graduata, quando serve, senza andare oltre i confini della legalità. Da noi esiste l’accezione di ordine pubblico materiale: significa che al funzionario di pubblica sicurezza la legge impone la discrezionalità di valutare, in ragione dell’opportunità di limitare i danni, le scelte tecniche che devono essere fatte. Ad esempio, se davanti una manifestazione durante la quale sono vandalizzate le vetrine il funzionario di polizia, responsabile dell’ordine pubblico, ritiene che un intervento con la forza provochi più danni e più lesioni alle persone del procedere successivamente non in flagranza contro i facinorosi autori degli atti vandalici contro le vetrine e i negozi deve assumersi la responsabilità di deciderlo.

Quali caratteristiche deve avere l’ordine pubblico?

L’ordine pubblico in Italia richiede saggezza, discrezionalità e discernimento da parte del funzionario ed è una vera e propria arte. Perciò, è importante la questione di come si gestisce, si dirige il personale e si organizzano i servizi in modo da prevenire comportamenti di devianza che per una probabilità statistica e per una subcultura sempre in agguato nelle organizzazioni di caserma possono avvenire. Negli Stati Uniti c’è una letteratura in proposito, in Italia tiriamo avanti con la solita storia delle mele marce. Il sistema di sicurezza pubblica così importante per la nostra vita quotidiana richiede veramente un’altissima competenza, una chiarezza di indirizzi e chiede di non essere strumentalizzata.

foto Ansa/Sir

Torniamo a quanto diceva prima…

Sì, a monte c’è il disinvestimento della politica dalla cultura della funzione di sicurezza pubblica, della dignità della funzione di polizia, dall’indicare valori alti, una missione alta, davanti a tante matrici di crisi dell’ordine pubblico. Sono anni che non vengono indicate delle missioni di alto profilo e non viene richiamato l’assoluto rispetto dei principi e dell’etica della nostra Costituzione. Questo è trasversale a tutti i partiti e man mano si è fatta strada un’accezione che svilisce una funzione essenziale che deve essere svolta con umanità, con senso di responsabilità, con professionalità e con un totale ossequio alle regole fondamentali della nostra Repubblica.
A Pisa c’è stata la sconfitta della Repubblica, delle istituzioni.

Sulla vicenda è intervenuta anche la diocesi di Pisa…

Anche il giusto richiamo della diocesi di Pisa, attraverso una nota del vescovo, s’inserisce perfettamente in questo ragionamento, manifestando “profonda preoccupazione e sconcerto per gli scontri avvenuti” nel centro della città, ritenendo che “la violenza non sia mai giustificata” e, “in attesa che si faccia luce sull’accaduto e sull’operato delle forze dell’ordine”, auspicando che “tutte le autorità competenti intervengano per garantire il corretto e pacifico confronto democratico, tutelando la sicurezza di tutti, dei giovani in particolare”. Giustamente la diocesi non ha fatto sconti, ribadendo che “il dialogo pacifico e il ripudio della violenza in tutte le sue forme sia l’unico percorso capace di edificare la nostra casa comune su solide basi”.

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Settimana della fede

Don Giuseppe Bonfrate: l’intervista rilasciata a ND

28 Feb 2024

di Silvano Trevisani

Nella seconda serata della 52° Settimana della fede (in corso sino a venerdì 1 marzo) dedicata alla “Partecipazione” e che ha per tema generale “Per una Chiesa sinodale”, ha portato la sua relazione don Giuseppe Bonfrate, originario di Grottaglie.

Lo abbiamo avvicinato al termine dell’incontro

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Hic et Nunc

Don Giuseppe Bonfrate: Partecipazione è corresponsabilità alla vita della Chiesa

27 Feb 2024

di Silvano Trevisani

“Partecipazione” è stato il tema della seconda giornata della Settimana della fede in corso di svolgimento in Concattedrale, a iniziativa della diocesi di Taranto, che ha come tema generale “Per una Chiesa sinodale”. Oratore d’eccezione è stato don Giuseppe Bonfrate, 58 anni, originario di Grottaglie. Ordinato sacerdote il 17 dicembre 1995, ha frequentato la parrocchia del Carmine di Taranto, dov’è stato scout. Ha conseguito la maturità al liceo classico Archita, la laurea in lettere e filosofia e il dottorato in teologia alla Pontificia Università Gregoriana, dove attualmente insegna teologia dogmatica. È stato uno degli esperti teologi a partecipare al Sinodo dei vescovi sulla famiglia nel 2015, unico italiano tra i presidenti delegati del Sinodo, è anche membro di commissione per la relazione di sintesi.

Partiamo dal Sinodo. La chiesa ha raccolto l’appello del santo padre o è rimasta un po’ fredda, in posizione di attesa?

Bisogna distinguere. Bisogna pensare alla Chiesa universale quindi alla Chiesa in tutti i continenti. Probabilmente lo scetticismo può nascere osservando l’Europa e l’Italia, ma se ci affacciamo al continente asiatico, all’Africa, all’America Latina, forse anche all’America del Nord, le cose cambiano. Questa chiamata ha suscitato una risposta di consapevolezza, che poi ha a che fare con la chiamata che ciascuno di noi ha ricevuto dl battesimo, cioè sentirsi partecipi. Questa è la partecipazione dell’unica missione della Chiesa

Sembra quasi che dopo il Covid la partecipazione dei fedeli si sia un po’ affievolita e che le chiese si siano un po’ svuotate.

Anche qui bisogna un po’ distinguere. Intanto, lo svuotamento delle chiese intanto non deve diventare un criterio di valutazione, perché non dobbiamo pensare soltanto all’affluenza, alla messa domenicale. Anche qui, osservando anche gli altri continenti, ci accorgiamo che c’è una risorgenza partecipativa, che non è legata soltanto alla frequenza liturgica. Invece noi in Europa probabilmente patiamo tutto questo. Per molto tempo ci siamo consolati vedendo che le persone occupavano i banchi della chiesa, ma non dev’essere solo quello a interessarci. Non per niente Francesco ha chiesto alla Chiesa di essere, per dire che lo sguardo deve andare oltre i luoghi in cui le persone convergono, e che è appunto la missione di Cristo. Cristo andava a cercare chi? Chi non era vicino, perché potesse sentire lo sguardo di Dio, che si interessava anche a loro, che magari pensavano di non meritarlo.

Si ha però la sensazione che la partecipazione dei fedeli sia vissuta come un’occasione rituale: l’ammissione ai sacramenti, il coinvolgimento in associazioni e movimenti, le festività.

Forse dobbiamo precisare cosa intendiamo per partecipazione, che non si identifica con la frequenza. La partecipazione è qualcosa di più profondo, che riguarda la corresponsabilità, l’intima connessione che ciascun membro del popolo di Dio ha con quella missione che Cristo ha affidato alla Chiesa. Certo il vedere che le partecipazioni o le frequenze si frammentano è un epifenomeno, è qualcosa che ci raggiunge con evidenza, ma questa è soltanto la parte più visibile di un fenomeno. Ciò che è più interessante ora valutare è di identificare le persone alla corresponsabilità ecclesiale, che vuol dire sentirsi parte della missione della Chiesa.

La Chiesa locale, le associazioni, le istituzioni ecclesiali dovrebbero, quindi, maturare il loro concetto di partecipazione, poiché siamo un po’ tutti fermi al criterio di frequenza.

Certo. Non si tratta di moltiplicare le forme di associazionismo ma di mettere le persone nella condizione di scoprire questa chiamata a essere parte attiva della Chiesa. Spesso si confonde la partecipazione con la condivisione del potere… che comunque è una questione reale, perché non si può far finta che tutto il popolo di Dio possa essere suddito di un eventuale distacco della gerarchia. Perché anche la gerarchia fa parte dell’intero popolo di Dio. Quindi bisogna anche immaginare che la corresponsabilità preveda anche forme di partecipazione anche al governo. Ma prima di arrivare a questo bisogna riqualificare quella che è l’evidenza che ciascuno dovrebbe avere: la salvezza che è stata affidata alla mediazione della Chiesa è nelle mani di tutti, a qualsiasi livello.

L’evento sinodale che indicazioni ha fornito da questo punto di vista?

È una chiamata a questa evidenza, a questa corresponsabilità, soprattutto è una chiamata a prendere sul serio il proprio battesimo.

 

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Settimana della fede

Domani, mercoledì 28, per la Settimana della Fede, incontro con il prof. Ignazio Punzi

27 Feb 2024

di Angelo Diofano

Continuano in concattedrale gli incontri della 52.ma Settimana della Fede dal titolo “Per una Chiesa sinodale”.

Mercoledì 28, sempre alle ore 19, sarà la volta del prof. Ignazio Punzi, originario di Montemesola formatore, psicologo e psicoterapeuta familiare, che parlerà di “Comunione”.

 Particolarmente ricco il curriculum del relatore,che molti conoscono per essere stato ospite mensile della trasmissione “Siamo Noi” di Tv2000, in qualità di esperto del rapporto genitori-figli.

 Il prof. Punzi è socio fondatore e presidente dell’associazione culturale L’Aratro e la Stella, per la quale è stato ideatore, coordinatore e co-conduttore del ‘Viaggio verso l’isola sconosciuta’, percorso formativo in quattro weekend di crescita personale; egli ha inoltre sviluppato un approccio originale ed efficace ai processi educativi all’educazione al centro del percorso formativo dal titolo: “Educare e Crescere il sentiero del Ben-Divenire – 4 tappe verso una comunità educante”.

Supervisore di diverse équipe psico-educative, il prof. Ignazio Punzi è consulente per le politiche familiari nel Distretto Famiglia della Val Rendena (Trento) e co-coordinatore nazionale del progetto sperimentale “Rifugiato a casa mia”, promosso dalla Caritas italiana.

Nel corso della serata eseguirà alcuni canti il coro polifonico della parrocchia San Pasquale Baylon di Taranto, diretto da fra Gabriele Graniello, accompagnato dall’organista Giusi Tagarelli e dal chitarrista Marco Carbotti.

 

L’idea della Settimana della Fede fu dell’allora arcivescovo mons. Guglielmo Motolese che nel ’71  volle dar vita in Quaresima a una sorta di sosta dello spirito ai fini di una riflessione comunitaria sui tanti spunti di rinnovamento scaturiti dal Concilio. Questo, per meglio incidere sulla trasformazione in corso della società tarantina soprattutto per l’espansione del centro siderurgico. La prima edizione si svolse con relatori di alto livello come l’allora arcivescovo di Genova Giuseppe Siri, il cardinale statunitense Joseph John Wright (prefetto della Congregazione del clero), il biblista mons. Salvatore Garofalo, quasi presenza fissa negli anni successivi, e padre Mariano, il frate cappuccino, famoso conduttore televisivo, il cui saluto ai telespettatori (“Pace e bene a tutti”) entrò nell’immaginario collettivo.

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Lavoro

Urso a Taranto: “Rilanceremo l’ex Ilva in assoluta sicurezza ambientale”

27 Feb 2024

di Silvano Trevisani

Il governo mira al “rilancio produttivo” di quello che “è stato a lungo il più grande e attivo impianto siderurgico d’Europa. Non abbiamo alcuna intenzione di rinunciare a questo sito, ma c’è l’assoluta volontà di rilanciarlo in sicurezza ambientale”. Questo l’assunto programmatico espresso dal ministro del Mimit, Adolfo Urso nella sua visita a Taranto.

Il ministro alle Imprese e Made in Italy, ha visitato gli impianti e incontrato gli operai, prima di un vertice in prefettura, accompagnato dal commissario straordinario Quaranta.

“Non è una sfida solo vostra – ha detto – in palio è il lavoro italiano. Se vinciamo la sfida di Taranto che era l’emblema della decadenza ambientale e industriale del Paese, significa che ci riusciamo in Italia”.

Quanto al nuovo commissario ha detto: Una persona che voi conoscete bene da qualche decennio, che conosce perfettamente tutta la vita straordinaria di questo che è stato a lungo, il più importante impianto siderurgico d’Europa.

Non è stato ancora stabilito un cronoprogramma di interventi, ma è certa la volontà di accelerare. Urso ha spiegato che occorre rilanciare da subito la produzione per poi “come abbiamo detto e faremo, realizzare delle procedure pubbliche per consentire ad altri investitori di poter scommettere davvero su questo impianto”. Per la prossima settimana annuncia una visita anche negli altri stabilimenti AdI e ha assicurato che saranno reperite le risorse necessarie per il rilancio produttivo del sito e di quelli ad esso collegati.

Quanto alla sicurezza sul lavoro ha affermato: “Dobbiamo invertire la rotta a rilanciare e mettere in sicurezza il sito siderurgico più importante d’Italia che può tornare a essere nella fase di ambientalizzazione il sito più sostenibile d’Europa. Dobbiamo dimostrare che questo è il sito della città e della nostra nazione”. Intanto, servono risorse per le manutenzioni degli impianti, che arriveranno da subito. “Con il decreto legge che abbiamo realizzato, non si possono mandare in cassa integrazione i manutentori che devono garantire la sicurezza. Sono i primi lavoratori a dover essere in fabbrica”.

Ma, secondo Urso, occorre anche cambiare la politica siderurgica, per scongiurare il dumping, ovvero la produzione in concorrenza sleale. Un appello rivolto all’Ue intera, per evitare il rischio di “essere schiacciati da chi produce fuori dall’Europa senza rispettare le condizioni ambientali e sociali che noi giustamente vogliamo rispettare”.

Era presente anche una nutrita delegazione di operai dell’indotto che ha mostrato tutta la preoccupazione per la mancanza di stipendi, in arretrato ormai dal novembre scorso.

In prefettura

Poi il ministro si è spostato in prefettura, dove ha incontrato tra gli altri il governatore Michele Emiliano, il sindaco Rinaldo Melucci, e il prefetto, Paola Dessì. Un incontro che i hanno commentato positivi. Per Rocco Palombella, segretario generale Uilm, è “una giornata importante con l’avvio di un nuovo percorso che guarda al futuro con speranza, se pur nella consapevolezza che i problemi non sono stati ancora risolti”. Per Valerio D’Alò, segretario nazionale Fim Cisl, occorre “risolvere quelle condizioni che abbiamo sempre denunciato e cioè impiantistiche, di salute, di sicurezza e garantire il rientro dalla cassa integrazione. Questo è il punto di partenza, ora dobbiamo capire come sanare le lacerazioni lasciate dalla gestione precedente. Dobbiamo capire adesso come sanare le lacerazioni lasciate dalla gestione precedente, anche con la comunità, non solo coi lavoratori”.

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Intimidazione mafiosa

Nuova intimidazione al parroco di Pannaconi, don Felice Palamara
Il vescovo Nostro: “Non dobbiamo cedere a questa logica”

foto Ansa-Sir
27 Feb 2024

“Mi appello nuovamente alle comunità cristiane perché non si lascino scoraggiare da questo linguaggio di violenza. Non dobbiamo cedere a questa logica, facendoci tentare dallo sconforto e dalla rabbia”. Lo ha scritto mons. Attilio Nostro, vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea, a seguito dell’ennesimo atto intimidatorio subito da don Felice Palamara, parroco di Pannaconi di Cessaniti (Vv). Nelle ampolline per la celebrazione della messa, infatti, è stata trovata candeggina.
“La diocesi sta vivendo un momento di sofferenza a causa di atti intimidatori che nulla hanno a che fare con la normale vita cristiana delle parrocchie – ha constatato mons. Nostro -. Non possiamo accettare questo linguaggio, non dobbiamo rispondere all’odio con odio, sapendo che non è possibile dialogare davvero con chi si rifiuta di farlo”. Il presule miletese ha ringraziato “di cuore le forze dell’ordine per la professionalità con la quale ci stanno aiutando e sostenendo in questo momento umanamente difficile”, e “anch’io continuerò a garantire ai miei sacerdoti la mia costante presenza perché possano svolgere il proprio prezioso servizio in favore del Popolo di Dio”. Lo scorso mese l’automobile di don Palamara era stata oggetto di danneggiamenti, e lo stesso sacerdote aveva ricevuto lettere anonime contenenti minacce di morte.

 

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