Eventi in diocesi

Un incontro su Lizzano nella stampa diocesana

Il significativo evento culturale, promosso dalla chiesa matrice del paese

26 Feb 2024

Si è svolta giovedì 22 febbraio sera, nella chiesa matrice San Nicola di Lizzano, la presentazione di una opera letteraria in tre volumi, molto originale, dell’autore lizzanese Giuseppe Marino: “Lizzano nella stampa. Nuovo Dialogo 1964-2020. Storia della parrocchia San Nicola (vol. I), Storia della parrocchia San Pasquale Baylon (vol. II), Tradizioni e cultura (vol. III)”.

Si tratta di una raccolta di tutti gli articoli, dedicati a Lizzano, apparsi sul settimanale diocesano “Dialogo”, ora “Nuovo Dialogo”, dal 1964 fino ai giorni nostri.

L’originalità di queste pubblicazioni sta nella prospettiva: Lizzano è vista nella cronaca degli eventi; letta attraverso gli occhi di chi Lizzano non la viveva quotidianamente ma aveva il compito di narrare un singolo evento, presentata ai lettori quasi con stupore, con meraviglia, come se un piccolo centro rurale a pochi km dal capoluogo non potesse avere la grandezza umana, spirituale e anche terrena, che in realtà Lizzano ha avuto, che ha e che sempre avrà. «La presente pubblicazione – scrive infatti l’autore Giuseppe Marino – raccoglie, attraverso gli articoli redatti da diversi scrittori, giornalisti e inserzionisti, 56 anni di storia […]; trattasi di una storia minore, ma che conserva, oltremodo, tutto il suo fascino».

Mons. Alessandro Greco, vicario generale dell’arcidiocesi di Taranto, con grande passione ed efficacia comunicativa ha dettagliatamente presentato i tre volumi, rilevando «la feconda e positiva incidenza sul territorio della vita pastorale “vivace” delle due parrocchie», illustrando ai numerosi presenti diversi aneddoti, condividendo ricordi e portando anche i saluti affettuosi dell’arcivescovo a tutta la comunità lizzanese.

Il sindaco di Lizzano, dott.ssa Lucia Palombella ha salutato i presenti, ringraziando gli operatori di cultura lizzanesi come Marino, poiché «le loro opere – ha affermato – danno lustro alla comunità tutta».

Poi la parola a don Giuseppe Costantino Zito, parroco dal 2014 della chiesa madre della cittadina, il quale con grande cordialità ha desiderato salutare e ringraziare tutti gli intervenuti all’evento culturale, promosso dalla parrocchia, ribadendo la multiforme vicinanza e il costante apporto dell’istituzione ecclesiastica all’intera comunità civile del paese e raccontando come abbia sostenuto ed incoraggiato lo stesso Marino a scrivere l’opera e poi a presentarla in parrocchia: «una raccolta documentale, significativa ed alquanto preziosa – ha riferito – che narra e tramanda la “memoria” di tutto un popolo!».

Don Pompilio Pati, parroco dal 2016 di San Pasquale Baylon, ha ripercorso i momenti del suo insediamento a Lizzano, raccontando il suo rapporto con i lizzanesi e di come la comunità lo abbia accolto con affetto. «Entro in punta di piedi!» – affermò don Pompilio al suo ingresso. Erano infatti momenti turbolenti, poiché dopo quasi tre secoli i francescani erano andati via da Lizzano e la comunità si trovava spaurita in una immaginaria (più che reale) rivolta spirituale, ma don Pompilio, toccando le giuste corde, ha saputo farsi amare, continuando a far ripercorrere ai parrocchiani di San Pasquale Baylon la scia di Francesco d’Assisi.

Di impronta certamente meno spirituale l’intervento del prof. Oronzo Corigliano, curatore della prefazione del terzo volume, dedicato a “Tradizioni e cultura”: egli ha esposto aneddoti, riguardanti la storia di Lizzano e contenuti nel testo, arricchendoli con memorie personali e con ricordi di eventi, che hanno lasciato il segno in Lizzano, come pure di personaggi, che hanno onorato il paese con la propria presenza.

A moderare la serata l’assessore alla cultura del Comune di Lizzano, Chiara Caniglia, che ha posto l’accento sul valore di queste pubblicazioni: “Ogni libro letto, ogni libro presentato, ogni libro scritto su Lizzano e per Lizzano, rappresenta per me un importante momento, dedicato alle parole e alla possibilità di conoscere, alla grandezza del pensiero umano e alla possibilità di tramandare usanze, tradizioni e conoscenza a coloro che non conoscono. Il mio obiettivo nella serata di giovedì e in tutte quelle che seguiranno – ha sostenuto l’avvocato Caniglia – è solo uno: dare la possibilità a tutti di conoscere la mia Lizzano per come appare a me: meravigliosa!
Ringrazio Giuseppe Marino e don Giuseppe Costantino Zito per avermi voluto regalare questa bella serata e questa straordinaria opportunità di crescita”.

VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO

Tracce

Le ambiguità, prima e più di ogni altra cosa

(Foto AFP/SIR tratta dal sito internet https://www.agensir.it/)
26 Feb 2024

di Emanuele Carrieri

È un filone a volte trasversale e talvolta altalenante, prima di tutto perché nessun raggruppamento, nessun rappresentante politico, trova il coraggio di assumersi la responsabilità di manifestare quel legame in modo autentico, senza inutili espedienti. Spesso, si deve ipotizzare dall’acrobatismo, dall’equilibrismo, dall’equidistanza, dal neutralismo. Le parti in causa, quasi sempre, negano fermamente e decisamente. Salvo poi notare quanto sia lunga, nel quadro della politica europea, la processione di impresentabili – a incominciare dall’ungherese Orban – che ascoltano lo zar di tutte le Russie. Vale sempre e comunque un vecchio ripiego: si dice ma poi non si dice, si accenna, si allude, si lascia intendere, o meglio, si sottintende, si resta in una posizione di ambiguità, e si amplificano le doppiezze, i dubbi, le ipotesi. La forma è tiepida, né calda, né fredda, e si usa un principio dello Stato di diritto per diminuire le responsabilità di chi, quello Stato di diritto, lo calpesta, lo oltraggia, lo stupra, lo violenta. Una dichiarazione sbiadita, quella di Andrea Crippa, vicesegretario della Lega che, nel commentare l’assassinio di Aleksei Navalny, ha invocato il garantismo per lo zar di tutte le Russie, rivista e corretta da una sintetica nota del partito: pochissime righe per esprimere il “profondo cordoglio” da parte di tutto il partito e anche del leader Matteo Salvini, e per chiedere che “venga fatta piena luce” su tutta la vicenda. Da molto tempo, ci si interroga sul potere di attrazione che esercitano gli odierni autocrati, a cominciare dallo zar di tutte le Russie. Chi più, chi meno, ciascuno si armonizza con i despoti di turno per i motivi più svariati, in cui però non è difficile individuare la legge fisica degli estremi che si attraggono e che poi si toccano: l’orma dell’uomo forte, il machismo, lo sciovinismo, il nazionalismo degenerato di uno stato che tutto sorveglia, il disprezzo verso ogni struttura di liberaldemocrazia, un anti-occidentalismo revanscista, l’idea di una efficienza risolutiva. Tutto accettabile, tutto plausibile per una manciata di consensi, ma la politica, da sola, non è capace di spiegare il contesto: in fin dei conti, proprio l’Europa sta vivendo la febbre della democrazia. Solo pochi hanno subodorato l’arrivo di questa deriva, su cui a lungo è stato steso un velo di indulgenza se non di ipocrisia: confinata, derubricata alla voce “cronaca minore”. Non c’è, non c’è stato dittatore che, almeno nel retropensiero, non abbia trovato una piccolissima forma di comprensione: i guai della globalizzazione si sono rivelati un passaggio da goal per il sodalizio anti sistema. Adesso, però, la distrazione è terminata con l’ultimo – in ordine di tempo – atto di un regime totalitario e pure impaurito. La guerra asimmetrica – l’impiego delle armi e la disinformazione, la propaganda, la cortina del silenzio – del regime russo gioca sulle ambiguità della fragilità di pezzi delle opinioni pubbliche europee. Lo zar di tutte le Russie Mosca sa che deve sostenere tutte le forze antisistema nel Parlamento europeo, perché il successo di queste ultime porterà alla caduta del “globalismo liberale”. Considerazioni transitorie e finali, a mo’ di riflessioni. L’omicidio di Aleksei Navalny presenta due questioni inoppugnabili: prima di tutto, non occorre aspettare l’inchiesta di regime per comprendere che si è di fronte a un purtroppo abituale – da quelle parti – assassinio di Stato. E poi il resto del mondo deve ricavare delle conclusioni politiche da una così evidente circostanza. L’uccisione dell’attivista, in aggiunta alla guerra di Mosca scatenata contro l’Ucraina, diventa lo spartiacque fra chi sta con Putin e chi no. Com’è noto, l’Europa ha scelto il no, e anche il governo italiano non ha perplessità al riguardo, e finora la linea atlantista non ha dato luogo a malintesi geo-politici. Dunque, esigere chiarezza dalla Lega e dal suo leader e vicepremier Salvini, non è una polemica da cortile. Anche prescindendo dalle posizioni politiche del più recente passato – le foto di Salvini con la t-shirt di Putin hanno fatto l’intero giro del mondo –, la Lega deve spendere parole esplicite sull’assassinio dell’oppositore russo. Ma non basta: è necessario, è indispensabile specificare che sta dalla parte di chi dice no a Putin, perché c’è una ambiguità di fondo riconosciuta da tutti. La chiarezza è un’esigenza fondamentale per Giorgia Meloni, che ha una vera e propria spina nel fianco. Ma si impone, anzitutto, in vista del voto europeo di fine maggio: gli elettori hanno il diritto di sapere chi sta con chi, perché poi vincitori e vinti si troveranno a contendersi e guidare l’Unione europea per i prossimi cinque anni. Perché, se avere un vicepremier e ministro che non sa o non può o forse non vuole prendere le distanze da Putin è inaccettabile per il nostro Paese, sarebbe del tutto inammissibile, se fosse sconfitta la maggioranza “Ursula”, per l’Unione europea.

VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO

Eventi culturali in città

Vecchi e nuovi media: il ruolo del giornale diocesano

26 Feb 2024

di Maria Silvestrini

Un luogo decisamente molto particolare e suggestivo la sala “della Colonna” all’interno della cripta della cattedrale dove mercoledì 21 febbraio l’associazione Mogli dei medici (presidente Mariangela Tarantino), l’Associazione italiana maestri cattolici (presidente Maria Antonietta Spinelli) e il Serra club (presidente Maria Cristina Scapati) si sono riuniti per ascoltare mons. Emanuele Ferro, direttore del settimanale diocesano di Taranto, Nuovo Dialogo, e parroco della cattedrale intitolata a San Cataldo. Tema della conversazione “Vecchi e nuovi media: il ruolo dei giornali diocesani”.

“Niente di ciò che fa parte dell’umano, deve inquietarci perché a seconda dell’orientamento del cuore, ogni cosa nelle mani dell’uomo diventa opportunità o pericolo” è stato l’incipit di don Emanuele che ha voluto iniziare citando il messaggio di papa Francesco nella giornata delle comunicazioni sociali. Un messaggio centrato sull’evoluzione della comunicazione attraverso l’intelligenza artificiale che costituisce un indiscutibile salto qualitativo all’interno delle profonde modificazioni che l’uso delle tecnologie ha prodotto all’interno della comunicazione interpersonale e di gruppo. È ormai un fatto che il nuovo aeropago in cui si trasmettono idee ed emozioni è costituito dalle piattaforme digitali e in esso dobbiamo operare sapendo che la ricchezza del cristianesimo è nel portare all’interno dei mondi nuovi la forza e la vitalità della Buona Novella. In un mondo sempre più ricco di tecnica e povero di umanità dobbiamo ricordare all’uomo che lo smisurato potere delle macchine di memorizzare e valorizzare i dati deve sempre essere soggetto alla critica responsabile e consapevole di ciascuno di noi. Ogni cultura ha bisogno di essere profondamente incisa di una umanità nuova per portare frutti maturi, anche quella dell’intelligenza artificiale. Occorre un sano potere di critica e la capacità di confrontare le notizie per evitare di essere fagocitati dalle fake news che con l’ia sono diventate ancora più difficili da controllare.

In questo scenario si inserisce il ruolo dei media diocesani, ormai ampiamente utilizzati da diocesi e parrocchie. Oggi il giornale diocesano offre una informazione variegata e accende i riflettori sulla comunità locale, sulle piccole realtà ricche di impegno e capacità spesso non valorizzate. In città come Taranto, priva ormai di quasi tutte le testate locali che raccontavano il territorio, la presenza del giornale diocesano è un elemento fondamentale per tener viva nella comunità la coscienza della propria identità e delle sfaccettature che la compongono. A fronte della sensazionalità e drammaticità con cui si diffondono nel web notizie spesso non verificate, il giornale diocesano racconta con pacatezza i fatti e cerca di valorizzare le buone pratiche che ci sono e sono diffuse, ma non giungono in prima pagina perché il bene e il bello sono spesso troppo silenziosi. La nostra informazione non può essere separata dalla relazione esistenziale: implica il corpo, lo stare nella realtà; chiede di mettere in relazione non solo dati, ma esperienze; esige il volto, lo sguardo, la compassione oltre che la condivisione. Non fermiamoci alla cultura dei like quanto mai effimera.  “Il nostro posto è nel divenire – diceva Romano Guardini oltre un secolo fa -. Noi dobbiamo inserirvici, rimanendo tuttavia sensibili, con un cuore incorruttibile, a tutto ciò che di distruttivo e di non umano è in esso”.

VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO

Sport

Boxe, la Quero-Chiloiro si laurea campione d’Italia per la seconda volta

26 Feb 2024

di Paolo Arrivo

Una notizia che non sorprende più di tanto in riva allo Jonio. Perché la Quero-Chiloiro Taranto è una società storica, nota e solida, fucina di talenti che esporta in giro per la Penisola: l’ultimo in ordine cronologico è “Nino” Rossetti, campione che abbiamo ammirato anche in un incontro andato in scena al PalaMazzola, nel periodo pre-Covid, prima che lo stesso boxeur prendesse il volo combattendo in palcoscenici più prestigiosi. I successi di questa realtà rimandano proprio alla figura di un pugile capace di difendersi per poi mandare l’avversario ko. Infatti, la Quero Chiloiro deve aver trovato difficoltà, non poche, per resistere da cinquantaquattro anni sul territorio; ma grazie alla passione è riuscita ad emergere e non solo a sopravvivere. A eccellere. L’ultimo riconoscimento attribuitogli dalla Federazione Pugilistica Italiana è il titolo di Campione d’Italia della boxe 2023.

I valori della boxe

“Un risultato immenso, perché racchiude il nostro infaticabile lavoro per cementare il movimento nazionale del ring, scoprendo ed allevando talenti che fanno di questa disciplina, nella nostra storica palestra di via Emilia a Taranto, un motore di aggregazione socio-educativa, prima del sostegno allo spirito puramente sportivo”. Così Cataldo Quero commenta la conquista e il senso del titolo. Lo stesso responsabile tecnico della società ionica, figlio del grande maestro Vincenzo, aggiunge che questo importante risultato “è balsamo a tutti i nostri sacrifici, ci spinge a lavorare ancora con maggiore entusiasmo per il bene del pugilato e della nostra città di Taranto”. La prossima sede dei Giochi del Mediterraneo, potremmo aggiungere noi, deve spingere su tutte le discipline incluse nella grande manifestazione, vetrina internazionale per gli sport che non utilizzano un pallone.

La Quero-Chiloiro sul gradino più alto del podio

In classifica la società ionica si è messa alle spalle ben 3221 società. Ha fatto meglio della Reggiana Gino Bondavalli, seconda, e della Boxe Latina, al terzo gradino del podio. Ed è l’unica del Meridione a rientrare nella Top 10. Il secondo titolo di campione d’Italia arriva a cinque anni dalla prima conquista nel 2018. Per quanto attiene all’attività giovanile, si tratta invece del quinto titolo tricolore vinto per i risultati della scorsa stagione – la Quero-Chiloiro aveva già trionfato nelle stagioni 2013, 2014, 2017 e 2018. I numeri dicono che la società migliore ha collezionato un totale di 1485,10 punti. Che comprendono: le attribuzioni valoriali della partecipazione alle attività agonistiche-dilettantistiche ed al settore professionistico per il 35%; il 35% della somma dei punteggi di organizzazione dell’attività dilettantistica più professionistica; il 20% della somma dei punteggi dell’attività giovanile (Criterium regionali e Sparring-Io); il 10% del punteggio derivato dal tesseramento dei propri atleti alla Federazione Pugilistica Italiana come amatori. La Quero-Chiloiro, insomma, si conferma team vincente ed inclusivo, impegnato tutto l’anno nella promozione dell’arte nobile.

VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO

Ricorrenze

A un anno dal naufragio di Cutro: “Dobbiamo creare percorsi di speranza”

foto Ansa/Sir
26 Feb 2024

di Fabio Mandato

Crotone fa memoria dei momenti più brutti della sua storia recente. Giorni di eventi e manifestazioni a un anno dalla tragedia consumatasi a Steccato di Cutro, dove nella notte tra il 25 e il 26 febbraio 2023 persero la vita 94 migranti partiti dalla Turchia. Questa mattina, alle ore 4, proprio l’ora del naufragio, associazioni e cittadini hanno vissuto una fiaccolata proprio sulla spiaggia. Domenica, sotto la pioggia battente e il vento forte che ha sferzato sulla città ionica, si è svolto un corteo, al quale hanno partecipato anche alcuni familiari delle vittime e sopravvissuti. Luogo di ritrovo piazzale Nettuno, quasi un simbolo in negativo, perché sotto la tettoia precaria lo spettacolo è quello di materassi e coperte e vestiti ammassati buttati lì. Inequivocabile segno di un rifugio di fortuna per i più poveri della società.

Le voci dei familiari. “Oggi sono qui per rendere omaggio alle persone che sono morte o disperse nel Mediterraneo, ricordando mia moglie e mia figlia che hanno perso la vita sulle coste tunisine in un altro naufragio”. Ouafu regge uno striscione fatto di volti di persone che hanno perso la vita in mare. Indica costantemente le foto dei suoi cari e, quando ci dà il suo messaggio, lo fa con grande forza. “Oggi voglio rivendicare i diritti delle persone che emigrano, soprattutto quelli con la pelle nera che non sono accettate. L’Europa dovrebbe soccorrere le vite in pericolo e iniziare ad accogliere quanti lasciano il proprio Paese. Non partono per fare la bella vita ma perché cercano di salvarsi”. “Giustizia e verità”, “basta morti in mare”, “più corridoi umanitari”. Questi gli slogan durante la manifestazione. Ahmed, che il 26 febbraio dell’anno scorso ha perso sua suocera e suo cognato, è in testa allo striscione della rete associativa “26 febbraio”. “Oggi chiediamo giustizia e verità per i tanti bambini e donne che hanno perso la loro vita. Come familiari, vogliamo la giustizia per l’essere umano”.
Parla in francese, invece, un altro dei partecipanti. “Sono un afgano che l’anno scorso ha perso la propria figlia. Il dolore è grande, e oggi siamo qui per chiedere la giustizia giusta”. Significativo l’impegno di Ramzi Labidi, responsabile dell’associazione Sabir e mediatore culturale. Tra i temi all’ordine del giorno, quello del ricongiungimento familiare. “I familiari attendevano almeno una risposta. Hanno chiesto il ricongiungimento familiare, ci vuole tempo, ma bisognerà pure dare loro una soluzione”. 

La voce dell’amministrazione comunale. “Abbiamo vissuto un anno difficile, in cui però abbiamo solo visto inasprite le pene nei riguardi degli scafisti”. Lo ha detto Vincenzo Voce, sindaco di Crotone. “Oggi è il giorno del dolore e resta la rabbia e l’amarezza per quanto è avvenuto, insieme ai dubbi su eventuali responsabilità, che spetta comunque ai tribunali accettare. Riguardo ai sopravvissuti della tragedia, “qualcuno è rimasto sul territorio, un paio si sono integrati benissimo e ora aspettano il ricongiungimento ai familiari che è stato loro promesso”.

La denuncia di Save The Children. “Dal 2014 nel Mediterraneo sono morte almeno 29mila persone”. È la triste constatazione di Giovanna Di Benedetto, portavoce di Save The Children. “Ogni bambino, ogni uomo, ogni donna morti rappresenta un fallimento dell’Unione europea e degli Stati membri che hanno investito in politiche di deterrenze alle frontiere chiudendo le rotte in difesa dei confini e della sicurezza in Europa”. Per Di Benedetto “ora è importante ricordare che le persone e i loro diritti devono ritornare al centro delle decisioni politiche”.

Diocesi in formazione. Caritas e Migrantes dell’arcidiocesi di Crotone-Santa Severina, dal giorno della tragedia, sono stati in prima linea per l’accoglienza e la collaborazione con le istituzioni. “Non dobbiamo perdere la memoria di eventi che in qualche modo hanno cambiato la storia locale, ma anche quella di ciascuno di noi”, ha detto suor Loredana Pisani, direttrice Migrantes. Una memoria che la comunità diocesana ha alimentato già lo scorso 18 febbraio con una via Crucis caratterizzata da testimonianze di quanto accaduto a Steccato e del dopo tragedia. “Questo è un dramma che non ha fine. Tutto quello che si è fatto da un punto di vista socio politico non chiude l’emorragia di situazioni di questo tipo. Tutto è ancora abbastanza insufficiente”, la constatazione della religiosa. Non solo memoria, però, nella diocesi crotonese. Perché Migrantes e Consulta delle aggregazioni laicali stanno portando avanti un percorso formativo che ha visto a Crotone tra i maggiori esperti dell’immigrazione (il 29 febbraio all’interno del progetto verrà presentato il report sul diritto d’asilo). “Queste persone ci hanno presentato tante facce del dramma dell’immigrazione, non solo come emergenza ma anche come un fenomeno che non finirà mai finché l’uomo starà sulla terra”.
Suor Pisani fa un paragone: “Se magari io stessa per una questione di salute vado via dalla Calabria in cerca di uno specialista che posso trovare in altre Regioni, allora anche io sto vivendo il fenomeno migratorio”. “Ci auguriamo – ha proseguito – che questo percorso studi sia realmente formativo per le nostre comunità parrocchiali, le quali in questo anno si sono sempre impegnate in un processo di accoglienza e di integrazione, come lo hanno manifestato nei giorni della strage. Un crocifisso dalle gambe mozzate fatto coi resti di un barcone è all’interno del Museo pitagorico, dove si tiene il convegno. È lì, solo. Quasi trascurato, mentre i familiari rendono le loro testimonianze. Ma è un segno silenzioso. Anche quello dice l’impegno della Chiesa locale: “Creare percorsi di speranza”.

VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO

Angelus

La domenica del Papa – La luce di Gesù

foto Vatican media-Sir
26 Feb 2024

di Fabio Zavattaro

Sono passati due anni dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina; 171 sono i giorni trascorsi dal 7 ottobre, da quelle violenze indicibili compiute da Hamas e dalla risposta militare di Israele: e la pace sembra essere solo un miraggio, mentre al mondo non rimane altro che il conto dei morti, dei feriti, e delle distruzioni. Una “guerra su vasta scala”, ricorda “con dolore” Papa Francesco nelle parole che pronuncia dopo la preghiera dell’Angelus: “quante vittime, feriti, distruzioni, angustie, lacrime in un periodo che sta diventando terribilmente lungo e di cui non si intravvede ancora la fine”. Una guerra, la prima, che “sta devastando quella regione d’Europa”, e “scatena un’ondata globale di paura e odio”. La preghiera del Papa è per il “martoriato popolo ucraino”, e per le “numerosissime vittime innocenti”; così supplica “che si ritrovi quel po’ di umanità che permetta di creare le condizioni di una soluzione diplomatica alla ricerca di una pace giusta e duratura”. Preghiere ancora per la Palestina, per Israele, e per i tanti popoli “dilaniati dalla guerra”; e non manca nemmeno l’invito a aiutare concretamente chi soffre: “pensiamo a tanta sofferenza, pensiamo ai bambini feriti, innocenti”.

Ma i conflitti non sono solo in Europa e Medio Oriente. Un pensiero Francesco lo rivolge alle violenze che si consumano nella Repubblica Democratica dal Congo – auspica la fine degli scontri “e la ricerca di un dialogo sincero e costruttivo – e ai frequenti rapimenti in Nigeria. Infine, la Mongolia colpita da un’ondata di freddo intenso con “gravi conseguenze umanitarie”; un “fenomeno estremo, segno del cambiamento climatico e dei suoi effetti” che incide sulla vita di donne e uomini, soprattutto quella delle persone più vulnerabili, per questo chiede “scelte sagge e coraggiose per contribuire alla cura del creato”.

Angelus nella domenica in cui le letture ci propongono due monti: Moira e Tabor, Antico e Nuovo testamento, storie fatte di ascolto e obbedienza. Il primo – che in ebraico significa “ordine di Dio” – è il luogo indicato a Abramo per offrire in olocausto, per fedeltà al Signore, il figlio unigenito Isacco, ma sarà fermato dall’angelo del Signore, come leggiamo nella Genesi. Il secondo, il Tabor, è il monte della trasfigurazione di Gesù; anche qui si manifesta il Signore che mostra a Pietro, Giovanni e Giacomo il figlio amato, l’agnello da sacrificare, il Salvatore.

È interessante notare che nella Sacra Scrittura è sui monti che sempre accade qualcosa che li lega al sacro: sul monte Oreb Mosè riceve la rivelazione del Nome e sul Sinai le tavole della legge; il monte Moira – più correttamente Moirah – secondo la tradizione ebraica è l’altura di Gerusalemme, il luogo dove venne edificato il tempio di Salomone, mentre per i padri della chiesa è la collina fuori dalle mura di Gerusalemme, chiamato il Cranio, là dove Gesù si consegna al Padre per la nostra salvezza.

È, dunque, sul monte Tabor che Gesù viene visto trasfigurato, “le sue vesti divennero splendenti, bianchissime” leggiamo in Marco, e apparve ai tre discepoli “Elia con Mosè e conversavano con Gesù”. Aveva annunciato ai discepoli la sua Passione, dice Papa Francesco all’Angelus, sul monte Tabor Gesù “svela loro il senso di ciò che avevano vissuto insieme fino a quel momento. La predicazione del Regno, il perdono dei peccati, le guarigioni e i segni compiuti erano infatti scintille di una luce più grande: la luce di Gesù, la luce che è Gesù”. La risposta di Pietro – “Rabbi è bello per noi essere qui, facciamo tre capanne…” – in qualche modo manifesta un legame con il passato, con la tradizione antica, Gesù, Elia e Mosè insieme, e non coglie ancora la novità del Nuovo Testamento.

Il messaggio del Tabor, afferma il Papa, è proprio “non staccare mai gli occhi dalla luce di Gesù” specialmente “nei momenti di prova”. Come cristiani, dice ancora Francesco, nel cammino della vita siamo chiamati a “tenere sempre davanti agli occhi il volto luminoso di Gesù, non staccare mai gli occhi da Gesù … Lungo i sentieri dell’esistenza, a volte tortuosi, cerchiamo il suo volto, pieno di misericordia, di fedeltà, di speranza. Ci aiutano a farlo la preghiera, l’ascolto della Parola, i Sacramenti”.

VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO

Appuntamenti di Quaresima

Da oggi, lunedì 26, gli appuntamenti della Settimana della Fede

26 Feb 2024

di Angelo Diofano

Iniziano oggi, lunedì 26 in concattedrale (ore 19), gli appuntamenti della 52.ma edizione della Settimana della Fede, consueto appuntamento quaresimale, che avrà per tema “Per una Chiesa sinodale”.

Il primo incontro verterà sulla “Speranza” e sarà tenuto da don Eugenio Nembrini, sacerdote di Bergamo impegnato nell’accompagnamento spirituale dell’associazione dei ”Quadratini & Carità” una fraternità che è arrivata a contare circa 1.200 malati che si radunano ogni giorno per seguire la celebrazione della messa online, per raccontarsi a cuore aperto e pregare per i casi più gravi.
Nel corso della serata eseguirà alcuni canti la corale del Sacro Cuore, diretta da Mariassunta Senapo con Nicola Cardellicchio quale organista.

L’idea della Settimana della Fede fu dell’allora arcivescovo mons. Guglielmo Motolese che nel ’71  volle dar vita in Quaresima a una sorta di sosta dello spirito ai fini di una riflessione comunitaria sui tanti spunti di rinnovamento scaturiti dal Concilio. Questo, per meglio incidere sulla trasformazione in corso della società tarantina soprattutto per l’espansione del centro siderurgico. La prima edizione si svolse con relatori di alto livello come l’allora arcivescovo di Genova Giuseppe Siri, il cardinale statunitense Joseph John Wright (prefetto della Congregazione del clero), il biblista mons. Salvatore Garofalo, quasi presenza fissa negli anni successivi, e padre Mariano, il frate cappuccino, famoso conduttore televisivo, il cui saluto ai telespettatori (“Pace e bene a tutti”) entrò nell’immaginario collettivo.

VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO

Diocesi

La scomparsa di fra Virgilio Forcillo, già vice parroco alla San Lorenzo da Brindisi

24 Feb 2024

di Angelo Diofano

È venuto a mancare nella mattinata di sabato, 24 febbraio, fra Virgilio Forcillo, dell’ordine dei frati minori cappuccini, per diversi anni superiore e vicario parrocchiale alla San Lorenzo da Brindisi (viale Magna Grecia). Il decesso è avvenuto nell’infermeria provinciale dell’ordine, dove il frate si trovava da qualche tempo, dopo l’ultima permanenza di tre anni a Taranto.

Fra Virgilio era nato a Bernalda (Matera) il 7 settembre del 1940, ha emesso la professione solenne l’8 ottobre del 1961 ed è stato ordinato sacerdote il26 marzo del 1966.

Il rito funebre, presieduto dal provinciale dell’ordine, fra Giampaolo Lacerenza, sarà celebrato lunedì 26 nella chiesa parrocchiale di Santa Lucia, a Montescaglioso; dal capoluogo jonico giungerà una folta delegazione di frati e di parrocchiani.

Così riferisce il parroco della San Lorenzo da Brindisi, fra Pietro Gallone: “Con fra Virgilio, la nostra parrocchia perde una presenza molto importante, punto di riferimento imprescindibile per molti, sempre disponibile per confessioni e colloqui spirituali”.

Alla sorella Maria, al fratello Leonardo Antonio e alla comunità tarantina dei frati cappuccini, la vicinanza di noi tutti di “Nuovo Dialogo”.

VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO

Diocesi

A Statte presentazione libro mons. Alessandro Greco

Domenica 25, alle ore 19, nel salone parrocchiale della Sacro cuore

foto G. Leva
23 Feb 2024

Don Giovanni Agrusta, parroco del Sacro cuore, a Statte, informa che domenica 25, alle ore 19, nel salone parrocchiale, avrà luogo la presentazione del libro “Catena dolce che ci rannodi a Dio-Meditazione bibliche-teologiche sui Misteri del Rosario” di cui è autore mons. Alessandro Greco, vicario generale della diocesi. Interverrà padre Saverio Zampa (omi) che dialogherà con l’autore.
Al termine seguirà un momento conviviale.

VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO

Diocesi

A Statte presentazione libro mons. Alessandro Greco

Domenica 25, alle ore 19, nel salone parrocchiale della Sacro cuore

foto G. Leva
23 Feb 2024

Don Giovanni Agrusta, parroco del Sacro cuore, a Statte, informa che domenica 25, alle ore 19, nel salone parrocchiale, avrà luogo la presentazione del libro “Catena dolce che ci rannodi a Dio-Meditazione bibliche-teologiche sui Misteri del Rosario” di cui è autore mons. Alessandro Greco, vicario generale della diocesi. Interverrà padre Saverio Zampa (omi) che dialogherà con l’autore.
Al termine seguirà un momento conviviale.

VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO

Confraternite

Arciconfraternita del Carmine: continua il coinvolgimento dei più piccoli

23 Feb 2024

di Angelo Diofano

“Il nostro sodalizio sottolinea il valore e il significato della quaresima come cammino di conversione e di preparazione verso il Triduo pasquale che avviene attraverso le nostre funzioni religiose e una serie di appuntamenti di vario genere, non trascurando le catechesi tenute dal nostro padre spirituale, mons. Marco Gerardo”: così esordisce il priore dell’arciconfraternita del Carmine di Taranto, Antonello Papalia, il quale anticipa che quest’anno, per la prima volta, la rassegna d’arte sacra “Facies Passionis” si svolgerà eccezionalmente (in data da stabilire) dopo Pasqua, per consentire i lavori di risistemazione del presbiterio.

Nel percorso quaresimale confraternale quest’anno si evidenzia il coinvolgimento per la prima volta del gruppo di bimbi, circa 35, che hanno partecipato al progetto “Lasciate che i bambini vengano a me (Mc 10, 13-16)” avviato durante i festeggiamenti della Titolare del luglio scorso. “Appositamente per loro, giovedì 14 marzo, terremo una via crucis che prevede anche l’adorazione alla Croce, riservata solo ai maschietti  – spiega –. Le bambine, invece, prenderanno parte venerdì 15 marzo alla venerazione alla Beata Vergine Addolorata, assieme alle consorelle e alle novizie. Sarà un modo per avvicinare ulteriormente i bambini alle nostre tradizioni, che spesso già vivono con i loro genitori, in vista dell’aggregazione”.

Momento importante e tradizionale di preparazione al Triduo pasquale è la via crucis domenicale, che si conclude con l’adorazione alla croce, riservata agli iscritti. Come avviene da qualche anno, nella quinta Domenica di Quaresima la funzione avrà luogo in piazza Carmine, per consentire una maggiore partecipazione popolare. “Lo scorso anno furono occupate tutte le 500 sedie da noi predisposte  tanta gente rimasta i piedi – dice il priore – In tale occasione l’adorazione alla croce si svolgerà pubblicamente e, così come voluto dall’indimenticato priore Cosimo Solito, in forma solenne, cioè con la partecipazione di numerose coppie di confratelli in abito di rito. In tale circostanza faremo eseguire le marce funebri da un complesso bandistico”.

Va segnalata anche la via crucis alla casa circondariale, che sarà vissuta anche quest’anno con la confraternita dell’Addolorata (l’11 marzo, alle ore 14.30).

E poi, la Settimana Santa, con le tradizionali processioni, “che sono potenti momenti di evangelizzazione popolare, per avvicinare anche i più distratti ai misteri della Morte e Passione di Nostro Signore per la salvezza di ciascuno di noi”  – evidenzia Antonello Papalia.

Quest’anno è prevista una novità per il Giovedì Santo: la tradizionale esecuzione delle marce funebri per strada, con concerto finale in piazza Carmine, non sarà più appannaggio delle quattro bande musicali ingaggiate per la processione dei Misteri ma del solo complesso bandistico “Michele Lufrano” di Triggiano diretto dal maestro Davide Abbinante, già ospite di “Facies Passionis”, che presterà servizio dalle ore 18 alle 23.

VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO

Drammi umanitari

Padre Patton (custode Terra Santa): “Dilatate il vostro cuore e aiutateci secondo le vostre possibilità” nella Colletta del Venerdì santo

foto Sir/Marco Calvarese
23 Feb 2024

“Dilatate il vostro cuore e aiutateci secondo le vostre possibilità, così anche noi potremo continuare a prenderci cura di questa Terra Santa e dei suoi figli”: è l’appello che il custode di Terra Santa, padre Francesco Pattonlancia oggi, in vista della Colletta del Venerdì santo, tradizionalmente dedicata al sostegno dei luoghi santi.

foto Sir/Marco Calvarese

Scrive, infatti, il custode nel suo messaggio per la Colletta: “Dopo aver sperimentato più di due anni di incertezza a causa del Covid ed esserci illusi che fosse tornata la normalità, improvvisamente il 7 ottobre scorso siamo stati colti di sorpresa dallo scoppio di una nuova guerra in Terra santa, che, oltre a fare migliaia di morti, ha nuovamente bloccato il flusso dei pellegrini, costretto per lunghi periodi i nostri ragazzi a non andare a scuola e lasciato senza lavoro molti nostri cristiani della Terra santa, specialmente a Betlemme e in Palestina, ma anche nella città vecchia di Gerusalemme e in Israele”. Da qui “il bisogno della vicinanza e della solidarietà dei cristiani di tutto il mondo. Anzitutto attraverso la preghiera, perché siamo convinti che solo l’azione della grazia di Dio può cambiare i cuori e volgerli al dialogo, alla riconciliazione e alla pace. Poi una solidarietà e vicinanza attraverso il pellegrinaggio. Infine, una vicinanza e una solidarietà anche attraverso la condivisione di risorse economiche”. “Come frati della Custodia di Terra Santa – ricorda padre Patton – è nostro compito, secondo il mandato della Santa Sede, prenderci cura dei luoghi santi, dimorarvi e farne luoghi di preghiera, essere accoglienti verso i fedeli locali e verso i pellegrini, e anche mettere in campo opere educative come le scuole, opere sociali come case per anziani e per le giovani famiglie, ambulatori e dispensari, opere di promozione umana attraverso la creazione di posti di lavoro. La Colletta del Venerdì santo serve a coprire una parte di questi costi, grazie alla generosità dei fedeli di tutto il mondo, grazie alla vostra generosità”. In questa occasione, conclude Patton, “noi frati della Custodia di Terra Santa ci facciamo mendicanti e ci rivolgiamo a voi perché il Venerdì santo possa essere un giorno di solidarietà universale, un giorno in cui i cristiani di tutto il mondo si prendono concretamente cura della Chiesa madre di Gerusalemme, che in questo momento ne ha estremo bisogno”.

 

VISITA IL MENÙ DEL GIUBILEO