Diocesi

Fidarsi del Signore per volare alto nella propria vita

La veglia vocazionale svoltasi venerdì 19 sera al seminario arcivescovile

22 Apr 2024

di Angelo Diofano

Venerdì 19 aprile nella cappella del seminario arcivescovile ha avuto luogo la veglia vocazionale dal titolo “Creare casa”, che prende spunto dall’esortazione post-sinodale di papa Francesco, “Christus vivit”, dedicata ai giovani. Erano rappresentate numerose comunità parrocchiali,con i sacerdoti, i religiosi e le religiose e in modo particolare i ragazzi e i giovani della Chiesa diocesana. All’iniziativa, organizzata dal centro diocesano per le vocazioni, invece non ha potuto partecipare l’arcivescovo mons. Ciro Miniero a causa di ritardi nel suo ritorno da Roma, dove ha preso parte con gli altri vescovi pugliesi alla “Visita ad limina”.

Momento significativo della veglia è stato l’ascolto delle testimonianze vocazionali dei coniugi Michele e Lucia Spezziale, che operano nella parrocchia san Francesco di Assisi di Crispiano; di suor Domenica Pinto, dell’istituto del Divino Amore, impegnata pastoralmente a Monteiasi; di Giuseppe Basile, giovane accolito della parrocchia san Francesco di Assisi di Martina Franca, prossimo all’ordinazione diaconale.

Dopo la lettura di alcuni stralci dell’esortazione apostolica “Christus vivit” di papa Francesco e la proclamazione del Vangelo secondo Matteo sulla casa costruita sulla roccia, don Francesco Maranò, direttore dell’ufficio diocesano per le vocazioni, nell’omelia ha ricordato la necessità di costruire la nostra esistenza sulla roccia dell’amore di Cristo, che garantisce autentica stabilità alle nostre storie. “Penso che sia proprio questo il segreto di ogni vocazione: fidarsi di un volto, scommettere tutto su uno sguardo, aggrapparsi ad un paio di mani: il volto, lo sguardo, le mani di Gesù Risorto – ha detto –  Desideriamo vivere in modo piena la nostra vita? Stiamo osando la felicità? O magari ci capita di volare a ribasso e di accontentarci di vivacchiare più che vivere veramente?”.

“È molto facile – ha continuato – costruire la propria casa sulla sabbia dell’individualismo, dell’autoreferenzialità, del bastare a sé stessi. Molto più difficile, invece, è riuscire a scavare in profondità nelle ragioni del nostro esistere per provare a costruire sulla roccia del dono di sé, di un amore che abbia il sapore della gratuità, di un servizio che non cerchi l’esaltazione dell’ego, l’apparire, il potere. Nulla può far crollare ciò che è fondato su un tale amore perché non ci sono tempeste abbastanza forti da poter smuovere la vita di chi sceglie questa roccia”.

Prendendo spunto dal messaggio del Papa per la 61a Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, don Francesco ha ricordato che lo scopo di ogni vocazione è diventare uomini e donne di speranza, fondando cioè la propria esistenza sulla roccia della risurrezione di Cristo. Questo, nella consapevolezza che ogni nostro impegno nella vocazione abbracciata non cade nel vuoto e che, nonostante i possibili fallimenti o le battute d’arresto, il bene seminato cresce in modo silenzioso ed è destinato a costruire il Regno di Dio.

“Desideriamo ringraziare il Signore – ha continuato – per il dono di tutte le vocazioni: al sacerdozio ordinato, alla vita religiosa e contemplativa, alla vita familiare, al ministero laicale e missionario. Abbiamo ascoltato con gioia le testimonianze di Michele, Lucia, suor Domenica e Giuseppe in cui abbiamo gustato la bellezza di cuori che hanno scelto di “creare casa” sulla roccia eterna dell’amore di Cristo”.

Così don Francesco ha concluso: “Apriamoci alla gioia del credere che la vocazione è una chiamata alla felicità piena che il Signore rivolge a ogni uomo indipendentemente dall’età, la cultura, il passato, la fragilità: il Signore ti sta chiamando oggi a compiere qualcosa di grande per il suo regno”.

Successivamente è stata introdotta l’icona del “Cristo che viene” davanti alla quale alla quale ognuno è stato invitato a deporre un lumino, segno dell’affidamento al Signore della propria vocazione, al fine di diventare luce per il mondo.

Quindi, dopo la recita del Padre nostro, la benedizione finale.

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