Disarmo

Vignarca (Rete pace e disarmo): “Il ruolo delle armi è cruciale se vogliamo dire di no alla guerra”

foto Ansa-Sir
16 Gen 2025

di Maria Chiara Biagioni

“Il ruolo delle armi è cruciale. Se vogliamo dire di no alla guerra, non basta solo appellarsi a questioni di coscienza o a cambiamento di pensiero, seppur rilevanti, ma occorre anche aggredire quelli che sono i sistemi e i meccanismi che alimentano il sistema di guerra”: è Francesco Vignarca, coordinatore delle campagne della rete italiana Pace e Disarmo, a commentare l’ultimo appello di papa Francesco per il disarmo. Al termine dell’udienza di mercoledì 15 gennaio, durante i saluti ai fedeli di lingua italiana, il papa ha detto: “Preghiamo per la pace, la guerra è una sconfitta”. Ed ha poi aggiunto: “E anche, per favore, preghiamo per la conversione dei cuori dei fabbricanti di armi, perché con il loro prodotto aiutano la guerra”. “Da sempre il Papa ha individuato il fatto che quello della guerra è un sistema”, spiega Vignarca. “Ovviamente i conflitti nascono per le volontà politiche, per le decisioni di invadere paesi o regioni, per problematiche di natura storica, economica, etnica, religiosa. Rimane però il fatto che la guerra è un sistema al cui centro c’è sicuramente la produzione degli armamenti. Se vogliamo fare un paragone, le armi sono un po’ come la benzina delle guerre che hanno un proprio motore, ma senza la benzina, il motore non si muoverebbe”.

Di che giro d’affari si parla?

I dati ci dicono che le spese militari stanno ormai viaggiando verso i 2.500 miliardi di dollari all’anno. Di sicuro, il fatturato delle principali industrie militari supera i 620/630 miliardi di dollari. Il che vuol dire che il costo per le armi si avvicina sempre più al 30% di tutta la spesa militare. Qualche anno fa questa percentuale era del 21/23%. Vuol dire che negli ultimi anni le spese militari globali sono cresciute in maniera robusta, ma stanno crescendo soprattutto le quote destinate a comprare armi. L’annotazione continua del Papa pertanto è fondamentale perché è corroborata dai dati. Ricordo sempre che dall’inizio di questo secolo, le spese militari mondiali sono raddoppiate. In un mondo dove però c’è sempre meno sicurezza, i conflitti aumentano come pure aumenta purtroppo il numero delle vittime civili.

Ma le industrie belliche non sono troppo potenti per combatterle?

Sì, è vero, il mondo degli interessi armati sembrerebbe troppo potente anche perché è riuscito a pervadere la politica (che è molto fragile) con l’idea di risolvere tutto con il ricorso alle armi.Ricordo che lo stesso Eisenhower che non era un pacifista, chiamava il complesso militare industriale primo pericolo per la democrazia. Si tratta di un complesso di tanti gruppi finanziari che controllano l’industria delle armi e che è riuscito, proprio come prefigurava Eisenhower, a introdursi nelle stanze di chi comanda, a portare l’idea che il futuro e la difesa delle nostre vite, dipendono dalle armi. Niente di più falso. Niente di più lontano dalla volontà della maggioranza della popolazione.

Perché secondo lei, in questo ultimo appello, il Papa ha invocato la “conversione dei cuori”?

In queste parole di papa Francesco a me riecheggia la lettera di don Tonino Bello al fratello che lavorava in una fabbrica d’armi. “Non ti esorto – scriveva -, almeno per ora, a quella forte testimonianza profetica di pagare, con la perdita del posto di lavoro, il rifiuto di collaborare alla costruzione di strumenti di morte. Ma ti incoraggio a batterti perchè si attui al più presto, e in termini perentori, la conversione dell’industria bellica in impianti civili, produttori di beni, atti a migliorare la qualità della vita”. E’ dalla conversione dei cuori – ci dice oggi Francesco – che possiamo paradossalmente lavorare per un cambiamento verso una scelta politica per la pace.

Quanto pesano il silenzio e la complicità dei governi e delle istituzioni internazionali?

Pesano tantissimo perché è un silenzio che va a discapito dei popoli e più che un silenzio è un vero e proprio tradimento.
Purtroppo, negli ultimi anni, la presenza di conflitti ha esacerbato questa situazione. C’è un martellamento retorico dell’uso delle armi della guerra che però va a vantaggio solo di chi riproduce armi. La popolazione non vuole aumentare la spesa in armi. Chiede soldi per la sanità, la scuola e l’ambiente. Anche a livello internazionale, occorre sempre ribadire che la pace si può fare solo con la diplomazia, il negoziato e l’incontro. Non è a caso da anni chiediamo una nuova conferenza internazionale sul disarmo. Sono quasi 35 anni che è stata celebrata l’ultima. Come è possibile pensare di costruire la pace se non si dialoga sul disarmo?

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