Stagione teatrale del Crest

«A colpi d’ascia» ritratto al vetriolo di una cena tra intellettuali

Sabato 1° marzo, all’auditorium TaTÀ di Taranto, per la stagione «Periferie» del Crest

foto Luca Bolognese
27 Feb 2025

È un omaggio allo scrittore, drammaturgo, poeta e giornalista austriaco Thomas Bernhard, tra i massimi autori della letteratura del Novecento, lo spettacolo «A colpi d’ascia» che va in scena sabato 1° marzo, all’auditorium TaTÀ di Taranto, per la stagione «Periferie» del Crest sostenuta dalla Regione Puglia. Protagonista Marco Sgrosso, allievo di Leo De Berardinis e fondatore con Elena Bucci della celebrata compagnia Le Belle Bandiere cui si deve la produzione dell’allestimento.
Dell’omonimo romanzo di Bernhard, Sgrosso ha curato la riduzione e la regia, oltre a farsene straordinario interprete con l’accompagnamento musicale del polistrumentista Cristiano Arcelli e della voce registrata di Elena Bucci. «Incantato dallo stile fulmineo e ridondante di Bernhard, dall’intreccio di reiterazioni, assonanze e dissonanze che rendono i suoi testi simili a partiture musicali – racconta Sgrosso – sono rimasto affascinato dalla figura del narratore, un uomo tormentato, aggressivo ma vulnerabile, simile ad un animale braccato. Mi ha profondamente coinvolto l’analisi della figura dell’artista in conflitto, con se stesso prima ancora che con gli altri, e tanto più incatenato al suo universo quanto più fortemente vorrebbe fuggirlo».
Nel suo percorso in solo, Sgrosso si collega ad altri due ritratti affrontati in passato e accomunati all’autore austriaco dall’urgenza di raccontarsi con impietosa sincerità attraverso un flusso inarrestabile di parole, che battono sulla carta e sulla lingua come una pioggia di pietre. Dopo la straziata madre/figlio di «Ella» di Herbert Achternbusch e il tormentato «io» delle «Memorie del sottosuolo» di Fedor Dostoevskij, l’approdo al drammaturgo/alter ego di «A colpi d’ascia» segna, infatti, la chiusura ideale di una trilogia dedicata al tema della confessione e dell’identità frantumata, che in Bernhard si realizza con ironia caustica e spietata. Lo scrittore austriaco scandaglia miserie, perfidie e ipocrisie dell’ambiente artistico della sua amata e odiata Vienna, ma il livido quadro finale che emerge da questo vorticoso pamphlet non ha confini geografici.
Senza sconti per nessuno, letteralmente a colpi d’ascia, la penna implacabile di Bernhard traccia ritratti al vetriolo di artisti e intellettuali riuniti nell’atroce mondanità di una cena artistica come ad un festino di maschere grottesche, in cui falsità, invidie, cinismo e arroganza affiorano senza pudore e il tragico suicidio di una sfortunata amica comune diventa palcoscenico di orrende bassezze e ridicole vanità.
«Le proporzioni del romanzo – spiega ancora Sgrosso – mi hanno costretto ad una riduzione drammaturgica, ma ho cercato di conservare il senso più intimo dell’opera e di preservare lo smalto acido delle ‘cartoline’ più incisive, dalla volgare arroganza dei coniugi Auersberger alla memoria straziante di Joana, dall’esilarante tracotanza dell’attore del Burgtheater al livore inesausto della scrittrice Jeannie Billroth».
Tre luoghi della memoria disegnano spazialmente la condizione di solitaria impotenza del narratore, prigioniero della sua claustrofobica ossessione. Da un lato la bergère rossa, in posizione strategica, obliqua come i pensieri del protagonista, tana in cui sprofonda e fossa da cui risorge per dare sfogo alla sua tormentata invettiva. Dall’altro, una svettante colonnina liberty richiama come uno schizzo la tavola elegantemente apparecchiata, gelido frammento simbolico della grande cena popolata di presenze spettrali che fanno da corona muta all’ego iperbolico dell’attore del Burg. Tra queste due schegge solitarie, disegnate e attraversate da tagli di luce, un lampadario di cristallo che, sospeso nel vuoto, sovrasta lo spazio della coscienza del protagonista, in cui affiorano il ricordo doloroso di Joana e la gioia ebbra delle registrazioni giovanili di un tempo lontano, ricco di speranze irrimediabilmente perdute.
Alla passione disperata che trapela a dispetto dell’asprezza amara delle parole, s’intrecciano le melodie di Mahler, Purcell, Beethoven, le voci struggenti di Marlene e Dalida e i fiati morbidi o stridenti dei preziosi strumenti del musico, testimone misterioso e distaccato di una confessione priva di catarsi.
Dopo lo spettacolo Marco Sgrosso incontrerà il pubblico nel consueto spazio-intervista condotto nel foyer dalla giornalista Marina Luzzi.
Info e prenotazioni 333.2694897. Biglietti acquistabili anche online su Vivaticket attraverso il sito www.teatrocrest.it.

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Diocesi

Santa Maria di Costantinopoli, celebrazioni a Porta Napoli

27 Feb 2025

di Angelo Diofano

Le celebrazioni in onore di Santa Maria di Costantinopoli, si svolgono nella rettoria a lei dedicata, a Porta Napoli, nei pressi del capolinea dei bus extraurbani e di quelli di Kyma Mobilità.
I festeggiamenti prevedono per domenica 2 alle ore 17.30 la recita del santo rosario e alle ore 18 la messa presieduta da don Mimmo Bucci.

Lunedì 3, santa messa alle ore 17.30 cui seguirà alle ore 18 l’adorazione eucaristica.

Martedì 4, festa della titolare, alle ore 17.30 recita del santo rosario e alle ore 18 santa messa solenne presieduta dall’arcivescovo mons. Ciro Miniero. I canti durante le celebrazioni saranno guidati dal coro ‘Santa Maria di Costantinopoli’.

Durante la settimana sante messe si celebrano alle ore 18, nei giorni feriali e festivi. Ogni 13 del mese dalle ore 17 ha luogo l’adorazione eucaristica con cenacolo mariano su tema scelto dal rettore, durante il quale si recita il rosario meditato, seguito alle ore 18 dalla santa messa con omelia sull’argomento precedentemente trattato.

La chiesetta di Santa Maria di Costantinopoli fu costruita nel 1568 e nel 1867, a causa dei lavori per la costruzione della ferrovia – passando il tronco proprio dove era ubicata  – fu ‘smontata’ e poi riedificata sull’area attuale. Abbandonata all’incuria per lungo tempo, nel 2008 il tempio fu restaurato a cura dell’Autorità portuale e affidato alla diocesi. Primo rettore fu don Massimo Caramia. Dal settembre 2012, con l’arrivo di don Mimmo Bucci, alla rettoria fu restituita nuova dignità con piccoli lavori di restauro, abbellimenti e segni della fede e da allora è caratterizzata dalla maggiore frequentazione di giovani e famiglie che sostengono il sacerdote nel suo impegno per l’evangelizzazione del territorio. Notevole è l’impegno del rettore nella solidarietà e nell’attenzione verso l’altro, in una zona di periferia caratterizzata da gravi problemi sociali. Ultimamente è in primo piano la lotta verso l’evasione scolastica, fronteggiata con la sensibilizzazione delle famiglie e la fornitura gratuita di materiale scolastico. 

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Diocesi

Le ‘Quarantore’ al Carmine

foto G. Leva
27 Feb 2025

di Angelo Diofano

L’arciconfraternita del Carmine di Taranto si prepara alla Quaresima con la funzione delle ‘Quarantore’, cioè l’adorazione eucaristica continuata del Santissimo Sacramento che per l’occasione verrà solennemente esposto su di un artistico trono al centro dell’altare.

Indicanti il periodo di tempo trascorso da Gesù fra la sua morte (venerdì pomeriggio) e la resurrezione (domenica mattina), le ‘Quarantore’ si svolgeranno da domenica 2 a martedì 4 marzo, alla presenza – per tutta la sua durata, con apposita turnazione – dei confratelli in abito di rito. Nell’occasione il padre spirituale del sodalizio, mons. Marco Gerardo, guiderà gli esercizi spirituali sul tema ‘Gesù modello di preghiera’.

S’inizierà domenica 2 marzo alle ore 18.30 con la santa messa presieduta da mons. Marco Gerardo, con la cerimonia di affratellamento con la confraternita della Beata Vergine del Carmine di Trani e il saluto del suo commissario arcivescovile Giacomo Caio. Seguirà la processione eucaristica che partirà dalla sacrestia per percorrere un breve tratto di via D’Aquino fino all’ingresso in chiesa per poi procedere all’esposizione del Santissimo Sacramento. Quindi, alle ore 21, preghiera della sera e introduzione agli esercizi spirituali, con turni di adorazione eucaristica dei confratelli in abito di rito fino alla mezzanotte.

L’indomani, lunedì 3, alle ore 7 inizieranno i turni di adorazione dei confratelli, con la celebrazione delle lodi mattutine (ore 8), la prima meditazione (ore 8.15), l’ora media (ore 16), la seconda meditazione (ore 16.15), i vespri (ore 18.30) e la preghiera della sera (ore 20). I turni di adorazione eucaristica proseguiranno per tutta la notte con la chiesa che resterà aperta ininterrottamente.

Martedì 4, infine, celebrazione delle lodi mattutine (ore 8), la terza meditazione (ore 8.15), l’ora media (ore 16), la quarta meditazione (ore 16.15), la santa messa (ore 18.30) con la benedizione eucaristica conclusiva.

 

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Francesco

Francesco ricoverato al Gemelli: il popolo di Dio in preghiera per lui

foto Marco Calvarese-Sir
27 Feb 2025

di Vincenzo Tosello

Siamo tutti in apprensione e in preghiera per papa Francesco. Egli stesso sente profondamente il clima di grande affetto che lo attornia spiritualmente, e il coro di invocazioni che si eleva da tutto il mondo perché il Signore, per intercessione di Maria, lo conservi ancora alla guida della Chiesa che lo Spirito Santo gli ha affidato dodici anni fa: era esattamente il 13 marzo 2013, quando, al quinto scrutinio del Conclave, venne eletto e prese il nome profetico di Francesco. E per restare alle date, solo qualche giorno fa, sabato 22 febbraio, abbiamo celebrato la festa della cattedra di San Pietro, pregando, come facciamo sempre, del resto, durante ogni messa, ma con particolare intensità questa volta, per il successore dell’apostolo sul soglio romano.
Papa Francesco, diventato subito una figura amica e familiare per moltissimi, se non per tutti, nella Chiesa e nel mondo, è una guida straordinaria in questi tempi straordinari, a cui si ispirano credenti e non credenti, tanto forte, incisivo e persuasivo è il suo messaggio radicato profondamente nel Vangelo di Gesù e così vicino al cuore di ogni uomo, specie degli ultimi e dei lontani, o degli affaticati e degli oppressi, con l’enfasi genuina da lui data al ruolo delle ‘periferie’ di ogni tipo. La preghiera che si eleva a Dio, Padre buono, perché gli doni ancora salute, certo è consapevole dei limiti imposti dalla natura ad ogni creatura; ma si affida alla speranza che Francesco possa continuare nel suo ministero petrino per il bene della Chiesa e dell’umanità. Fino a quando il Signore vorrà, come diciamo anche per i nostri cari dai quali fatichiamo a distaccarci nell’ora più cruciale, pensando sì anche al valore infinito della vita eterna, ma confidando di poter restare con loro – e loro con noi – per qualche tempo ancora nel cammino della vita terrena. Sì, perché papa Francesco è ormai nostro compagno di strada e nostro familiare: che ci sta davanti guidandoci e spronandoci con la sua visione e la sua dinamicità, che ci sta accanto sostenendoci e quasi accarezzandoci con la sua proverbiale “tenerezza”, che ci segue vigile e premuroso consolandoci con le sue parole e i suoi gesti sempre così eloquenti, mai scontati.

Del resto, dobbiamo a lui alcune grandi aperture della Chiesa del nostro tempo, come dei capisaldi ormai per la vita interna delle comunità e per il ruolo della Chiesa nel mondo. A cominciare dalla rinnovata e approfondita sensibilità verso la cura del Creato, in una prospettiva ecologica globale, a salvaguardia della natura e dell’umanità. Una mentalità ‘ecumenica’ in senso pieno che non perde occasione per ribadire l’impegno a riconoscersi fratelli con tutti gli altri credenti in Cristo, compiendo passi decisivi e condivisi in questa direzione, come pure nel dialogo interreligioso, in cui ha saputo porre delle pietre miliari, ad esempio, con l’ebraismo da una parte e con l’islam dall’altra. La tenacia nel difendere e promuovere i diritti di ogni uomo e di ogni donna, con speciale attenzione ai migranti, purtroppo sempre più incompresi e bistrattati da gran parte dei “capi” in una colpevole e troppo facile complicità con la gente. E poi il chiaro orientamento, non solo verbale, per un crescente ruolo della donna nella Chiesa, anche in posti di governo a livello universale, non come benevola concessione ma come riconoscimento delle sue peculiarità e della sua missione autentica. La ‘sinodalità’, così cara alle Chiese orientali, sta diventando sempre più, proprio con papa Bergoglio, “venuto dalla fine del mondo…”, una connotazione e un atteggiamento interiore ed esteriore, per quanto impegnativo e ancora in fieri, anche delle nostre Chiese. Infine, ma solo per citare alcuni dei grandi temi fatti propri da Francesco, l’insistente “no” alla guerra, nella quale “tutti siamo sconfitti” e l’esortazione incessante al dialogo sincero e alla pace “giusta e duratura”, come per la “martoriata” Ucraina per tutti gli altri popoli, vittime dell’oppressione e dell’avidità di altri.

Quanto abbiamo imparato e stiamo imparando da questo pontificato che ci ha accompagnato in tutte le parti del mondo e che continua indefesso anche dal letto di ospedale (ne sono prova singolare le nomine di vescovi e i decreti di beatificazione e canonizzazione varati anche in questi giorni…)! Sì, c’è anche qualcuno che lo ama meno (e ne è ben consapevole anche lui, tanto da accennarvi bonariamente qualche volta…), ma la cifra generale, percepita dai molti, è quella di un pastore grande e buono, proprio secondo il cuore di Cristo Pastore. Per questo desideriamo tutti – e per questo preghiamo – che resti ancora a lungo tra noi.

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Ricorrenze

A due anni dalla tragedia di Cutro

ph Ansa-Sir
27 Feb 2025

di Raffaele Iaria

Due anni fa, nella notte tra il 25 e il 26 febbraio, a pochi metri dalla spiaggia di Steccato di Cutro (Kr), un’imbarcazione di legno si spezzava, causando la morte di almeno 94 persone: 34 uomini, 26 donne e 34 minori che trovarono la morte nelle acque di quel mare che rappresentava ‘la loro unica speranza’. Lo ricordano i vescovi calabresi evidenziando che dal 2014 ad oggi sono circa 23.000 le persone che hanno perso la vita nel mar Mediterraneo: “Il rischio – sottolineano i presuli – è che perdano anche la voce: quella voce che siamo chiamati ascoltare, non solo per non dimenticarli, ma anche per non rendere vana la loro vita e la loro morte”. Nella loro nota rivolgono a tutti “un accorato appello affinché non scenda l’ombra dell’oblio su queste vite spente né sulle tante altre che necessitano ancora di essere ascoltate. Non possiamo dimenticare – scrivono – come molte di queste persone provengano da campi profughi di cui nessuno parla e da città ghetto di cui nessuno si occupa volentieri”. La Conferenza episcopale calabra chiede che “tutti facciano la loro parte: Stato, Regioni, Province e Comuni, Chiesa, mondo dell’informazione e altre realtà associative. Tutti, ognuno per ciò che gli è proprio, si impegnino con maggior coraggio e forza per promuovere non la cultura della chiusura, della persecuzione, della violenza, della deprivazione della dignità umana, ma quella della accoglienza e della familiarità. Costruiamo insieme una storia che non sia la fine, ma un nuovo inizio per quei tanti che in noi vedono una speranza di vita nuova!”.

A due anni da quella tragedia abbiamo raccolto la testimonianza di suor Loredana Pisani, direttrice dell’Ufficio Migrantes di Crotone-Santa Severina, una delle prime ad essere vicina ai sopravvissuti che arrivavano in ospedale. “Il ricordo di quei momenti è sempre vivo – ricorda suor Loredana -: momenti concitati, grida e lunghi e penosi silenzi. Lo smarrimento generale, l’incredulità e poi la presa di coscienza di ciò che era accaduto”. In particolare suor Pisani rammenta la storia di Leila e dei suoi figli: “Il dolore disumano di questa madre che in un primo momento era certa di aver perso tutti e tre i figli. Ricordo le sue grida, il suo corpo oleoso a cui non si riuscivano ad applicare gli elettrodi, i medici, gli infermieri e i volontari, tra cui io, che tentavamo di soccorrerla”. I sopravvissuti a quella tragedia sono quasi tutti all’estero nei Paesi che “inizialmente volevano raggiungere e con i parenti a cui volevano ricongiungersi. Anche Leila, con il solo figlio superstite, è in Germania con la sorella”.

Quale messaggio lascia quella tragedia e le tragedie che continuano a verificarsi? “Che è inammissibile! Quando si parla di immigrazione – commenta suor Loredana –, si fa riferimento solo a migrazioni forzate, oppure si sottolinea il calo dei migranti che partono dai loro Paesi così come delle espulsioni degli irregolari costretti a tornare nei luoghi di partenza, luoghi dei quali conosciamo l’orrore. Non si parla, invece, né si conteggiano, dei morti in mare e sono tanti, tantissimi. Sono persone anche loro? Nella realtà, non sono più! Questo è inammissibile”.

Oggi essere migrante è una condizione che pone di fronte a numerose difficoltà, a pericoli e fragilità. Come rispondere? “Il paradosso – riprende la direttrice di Migrantes – è che per per alcuni migranti non è così. C’è un grande movimento di persone che decidono di muoversi e di andare in altri Paesi per lavorare, studiare e lo possono fare. Ce ne sono altri invece che, provenendo da condizioni di povertà, guerra, di pericoli climatici, non hanno la possibilità di godere degli stessi diritti di poter cercare la realizzazione della loro vita al di fuori dei loro paesi. Sono persone disperate a cui, sembra, non sia concesso il diritto di sperare in una vita diversa. Leila e i suoi figli, afghani, già profughi in Turchia (il marito che lavorava con gli americani era stato ucciso), hanno dovuto pagare migliaia di euro ai trafficanti turchi per il loro viaggio della speranza. Oggi è sola con l’unico figlio che le è rimasto, le altre due sono morte nel naufragio e la più piccola non è stata mai più ritrovata. Ecco, tutto ciò che è accaduto a loro, così come a tanti altri, non è giusto”.

Suor Loredana però non ha dubbi riguardo ala fatto che quella tragedia ha “sicuramente cambiato la sensibilità dinanzi al fenomeno delle migrazioni forzate”. E non solo nella diocesi di Crotone, in Calabria. “Quella tragedia – dice la religiosa – ha insegnato tanto. Come Migrantes diocesana abbiamo intanto realizzato una prima annata di studio e formazione. È stato davvero un percorso molto positivo. Certamente abbiamo ancora bisogno di lavorare per supportare i migranti in tutta una serie di situazioni, ma ci stiamo impegnando per generare risorse e percorsi affinché la nostra amata terra crotonese possa essere sempre una terra accogliente e generosa, dal momento che è una terra particolarmente interessata e toccata dalla migrazione in uscita. Questo doppio fenomeno – conclude – ci impegna costantemente e ci rende certamente particolarmente solidali in umanità e in speranza, per un avvenire che sia migliore, per tutti, senza alcuna distinzione”.

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Francesco

Tredicesima notte di papa Francesco al Gemelli: “Ha dormito bene”

foto Marco Calvarese/Sir
27 Feb 2025

“Papa Francesco nella notte ha dormito bene e sta riposando”: questa la nota della sala stampa della Santa sede, riguardo alla tredicesima notte trascorsa al decimo piano del policlinico Gemelli per una polmonite bilaterale.
Il bollettino medico di ieri sera registrava “un ulteriore, lieve miglioramento”, con la scomparsa dell’insufficienza renale e la Tac al torace in “normale evoluzione”. Anche i valori del sangue, e in particolare la piastrinopenia e l’anemia, si confermano in miglioramento. Continua l’ossigenoterapia ad alti flussi e la fisioterapia respiratoria, che appare per la prima volta in un bollettino medico. La prognosi rimane riservata.

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Salute

Sanità: venerdì 28 sit-it di protesta e per i neonati la situazione resta grave

26 Feb 2025

di Silvano Trevisani

La sanità a Taranto vive una situazione particolarmente difficile, che la pone in coda alle altre città pugliesi, per via di ritardi, scelte sbagliate e tagli imposti. Mentre si lamenta quotidianamente l’insufficienza di personale e strutture (lamentata nei giorni scorsi l’insufficienza dei mezzi per i neonati prematuri) si nutrono dubbi sul nuovo ospedale.

Partiamo proprio dall’Ospedale San Cataldo, che rischia di essere un bel contenitore vuoto, poiché nessuna certezza vi è sul fronte dei posti letto e sul piano assunzionale degli operatori sanitari del nostro territorio.

Le carenze

È quello che denunciano la Cgil di Taranto e la categoria della Funzione Pubblica che lanciano una campagna di presidio e preannunciano un sit in peer venerdì 28 febbraio alle ore 15.30 davanti all’ingresso del “SS. Annunziata”. Vi parteciperà anche il segretario nazionale della Fp Cgil che si occupa proprio di sanità, Michele Vannini. “A Taranto oggi si discute di sussistenza del diritto alla salute, ma anche della difesa di lavoratrici e lavoratori della sanità schiacciati da una mole di lavoro immensa e da scarsi investimenti”, dichiara Mimmo Sardelli, segretario generale della Fp.

A Taranto, secondo la stessa relazione sul Piano dei fabbisogni del personale dell’Asl di Taranto (2023-2025) – sottolinea Cristina Fama, segretaria territoriale della Fp Cgil – mancherebbero circa 60 milioni di euro, a fronte di un investimento che dovrebbe portare il Poc tarantino ad un volume ancora sottodimensionato, rispetto all’emergenza epidemiologica del territorio, sia di posti letto (circa 700), sia di personale (mancherebbero all’appello medici, infermieri ed oss)”.

“Più che una Legge ad hoc su Taranto, sarebbe opportuna una riforma strutturale che ad esempio spenda maggiori risorse per la sanità pubblica, piuttosto che per quella privata”, dichiara il segretario generale della Cgil, Giovanni D’Arcangelo.

Neonati prematuri

Nei giorni scorsi era stata invece la Cisl a lamentare l‘insufficiente dei mezzi per garantire la vita dei neonati prematuri. Unambulanza è stata messa a completa disposizione dei neonati prematuri, la direzione medica del POC “SS. Annunziata” pronta a trasferirli in strutture più adeguate. Ma non basta: il rischio che i neonati arrivino troppo tardi nelle strutture di destinazione è troppo alto e inaccettabile.

A lanciare lallarme è stato Giuseppe Lacorte, segretario generale della Cisl Fp Taranto Brindisi, che già in precedenza aveva denunciato il grave pericolo rappresentato dalla carenza di personale e dalla precarietà dellUnità operativa di terapia intensiva neonatale (Utin). “La situazione è ora ancor più critica, e il solo trasferimento via ambulanza non può garantire la sicurezza dei piccoli pazienti”. Lacorte segnala che a partire dall8 febbraio, tre medici hanno lasciato il reparto, riducendo il numero dei professionisti in servizio a soli due, compreso il direttore. Questo vuoto di personale si somma alla già precaria condizione, considerando che sono presenti solo specializzandi, che per ovvie ragioni non possono garantire la copertura adeguata e la continuità necessaria.

Utin

Nonostante gli sforzi della Asl Taranto, che ha siglato una convenzione con il Policlinico di Bari per la copertura di alcuni turni di servizio con i professionisti baresi, la soluzione non si stia rivelando adeguata alla gravità della situazione. E potrà peggiorare.

A complicare ulteriormente la situazione, la vicina Asl Brindisi ha sospeso dal mese di luglio scorso i ricoveri dei neonati con età gestazionale al di sotto delle 34 settimane, indirizzandoli al Centro Hub del Fazzi di Lecce. Una decisione che evidenzia come Taranto e Brindisi stiano vivendo difficoltà simili, aggravate da gravi carenze di personale e da una programmazione sanitaria regionale che non risponde alle necessità urgenti dei territori.

Lacorte chiede un intervento immediato, poiché il rischio di trasferire neonati in strutture distanti senza una rete adeguata di supporto è troppo elevato. Le istituzioni locali e regionali devono intervenire con urgenza per garantire una soluzione definitiva. Ogni minuto conta, e non possiamo permettere che i nostri bambini vengano lasciati soli di fronte a una situazione che va ben oltre le risorse a disposizione”.

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Diocesi

San Marzano, traslazione della statua di San Giuseppe

foto ND-G. Leva
26 Feb 2025

In preparazione alla festa patronale, a San Marzano venerdì 28 alle ore 17, a cura della parrocchia di San Carlo Borromeo e del comitato feste patronali, l’antica statua di San Giuseppe sarà traslata dall’istituto delle suore del Sacro Costato alla chiesa madre con la partecipazione delle confraternite del Santo Rosario e del Santissimo Sacramento e l’accompagnamento della banda musicale cittadina. Questo l’itinerario: via De Gasperi, corso Umberto, via Pio XI, via 28 ottobre, via 2 aprile, via Vittorio Emanuele e via Addolorata.

 

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Salute

Malattie rare, Dallapiccola (Bambin Gesù): “Una rete nazionale per far uscire dal limbo e accompagnare i pazienti senza diagnosi”

foto ospedale pediatrico Bambin Gesù-Sir
26 Feb 2025

di Giovanna Pasqualin Traversa

In Italia il 6% dei 2 milioni di persone affette da una malattia rara è privo di diagnosi: oltre 100mila pazienti la cui patologia non è ancora stata inquadrata dal punto di vista nosologico, perché ad oggi ignota. Tra difficoltà del percorso diagnostico, necessità clinico-assistenziali, bisogno di ascolto e supporto psicologico-sociale, a questi malati e alle loro famiglie, spesso invisibili, anche dal punto di vista dei diritti, si rivolge la nascente ‘Rete italiana delle malattie rare non diagnosticate’, network di ambulatori dedicati, che, in vista della Giornata mondiale delle malattie rare (28 febbraio), è stato il 25 febbraio al centro del convegno online ‘I malati rari senza diagnosi, una rete di ascolto e di presa in carico’. Promotori dell’evento l’ospedale pediatrico Bambino Gesù Irccs di Roma, Orphanet-Italia, Fondazione Hopen Onlus, Comitato Imi – I malati invisibili Onlus, Omar – Osservatorio malattie rare. A presentare la rete è Bruno Dallapiccola, responsabile della funzione ‘Ricerca sulle malattie rare’ del Bambin Gesù e coordinatore di Orphanet-Italia.

 

foto osp. Bambin Gesù-Sir

“Già di per sé – esordisce il professore – i malati rari si trovano in una condizione di solitudine e difficoltà a trovare centri di riferimento; ancor più quelli privi di diagnosi. Negli ultimi anni, considerando che circa l’80% delle malattie rare è su base genetica e che la ricerca genomica ha conosciuto significativi progressi, le tecniche di sequenziamento del genoma hanno consentito di avere una diagnosi nel 50-60% di questi casi, ma quasi una metà rimane ancora ‘scoperta’”. Un ritardo diagnostico con gravi conseguenze, spiega Dallapiccola: “ritardi nella presa in carico e nelle cure con effetti potenzialmente irreversibili; peggioramento del quadro clinico – molti pazienti presentano un’encefalopatia o un disturbo gastrico e del sangue – e stress psicologico del malato e dei familiari”.

L’idea di creare un network dedicato, racconta il professore, è nata da uno scambio di idee con alcune associazioni di malati rari, “in particolare la Fondazione Hopen Onlus di Roma diretta dal collega e amico Federico Maspes, e il Comitato Imi – I malati invisibili Onlus di Genova”, concordi nel sottolineare l’importanza di “interlocutori con i quali confrontarsi e scambiare idee e suggerimenti”.

foto osp. Bambin Gesù-Sir

L’ospedale Bambino Gesù, che dal 2016 ha attivato il primo ambulatorio in Italia per pazienti rari senza diagnosi, rappresenta un punto di riferimento nazionale e internazionale per le malattie rare partecipando alla Rete regionale delle malattie rare del Lazio e alle Reti di riferimento europee (Ern – European Reference Networks). Nel 2024, l’unità operativa di Malattie rare e genetica medica del Bambino Gesù diretta da Andrea Bartuli ha seguito 18.326 pazienti iscritti alla Rete regionale. Tra il 2014 e il 2024, le unità di ricerca di Citogenomica traslazionale guidata da Antonio Novelli, e di Genetica molecolare e genomica funzionale diretta da Marco Tartaglia hanno identificato circa100 nuovi geni di malattia.

“Grazie a questa esperienza – prosegue Dallapiccola che è anche direttore scientifico emerito del Bambino Gesù – abbiamo deciso di promuovere e coordinare la nascente rete italiana delle malattie rare non diagnosticate”. Già 24 gli ospedali che vi hanno aderito, tra cui 11 Irccs, attivi in 14 regioni: “un vero e proprio network nazionale di ambulatori dedicati all’ascolto e alla presa in carico dei malati rari senza diagnosi”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Perché lavorare in rete? “Perché consente di condividere metodologie e armonizzare interventi e protocolli – replica l’esperto -; creare percorsi sociali e sanitari, offrendo valutazioni cliniche multidisciplinari e indagini avanzate strumentali e di laboratorio; proporre diagnosi cliniche funzionali, definendo le aree di maggiore fragilità e di massima attenzione, per offrire interventi clinici e terapeutici grado di garantire la migliore qualità di vita”. “Anche dove non si può guarire, è sempre possibile curare”, assicura; inoltre “desideriamo far uscire dal ‘limbo’ questi malati rari senza diagnosi, spesso ‘invisibili’, impegnandoci per una loro migliore inclusione nella vita sociale e lavorativa e per il godimento dei benefici previsti dalle leggi in materia”.

Al convegno online del 25 febbraio che era aperto a tutti – spiega Dallapiccola – hanno partecipato i centri che hanno già aderito alla rete. Nelle settimane successive seguirà un secondo appuntamento, questa volta riservato ai responsabili dei centri, “per ragionare sulle modalità idonee e garantire gli stessi benefici a chi è in Piemonte o in Sicilia, in Lombardia o in Calabria”. “Questa rete – rivendica con orgoglio il professore – è un inedito assoluto: a livello europeo o internazionale esistono reti di ricerca, ma non reti per l’assistenza. Dopo essermi dedicato per la maggior parte della mia vita alla ricerca, oggi desidero concentrarmi anche sulla qualità dell’assistenza sanitaria, l’aspetto rimasto più indietro, tentando di colmarne le lacune affinché avere una malattia rara non sia più un calvario per il malato e per la sua famiglia intorno ai quali – conclude – vogliamo costruire una rete ‘clinico-centrica’ che li accompagni lungo l’intero percorso diagnostico, clinico e assistenziale”.

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Canonizzazioni

Bartolo Longo sarà santo, Latiano e Pompei in festa. E anche Grottaglie

26 Feb 2025

di Silvano Trevisani

Quella di ieri può essere considerata una giornata storica. Soprattutto per i pugliesi e in particolare per Latiano. Ma anche a Grottaglie propagò la pratica del Rosario e a lui si deve l’erezione della chiesa della Madonna di Pompei. L’annuncio tanto atteso in tutto il mondo dai devoti della Madonna di Pompei è arrivato: Bartolo Longo, che fu il fondatore del Santuario, sarà canonizzato. La notizia è stata ufficializzata ieri, 25 febbraio, nel consueto bollettino della sala stampa vaticana: “Papa Francesco – si legge tra l’altro nella nota – ha approvato i voti favorevoli della sessione ordinaria dei padri cardinali e vescovi per la canonizzazione del beato Bartolo Longo”.

Il beato

Bartolo Longo nacque il 10 febbraio 1841 a Latiano e nel 1863 giunse a Napoli per completare gli studi di giurisprudenza. Dopo un periodo di “buio”, nel quale si avvicinò al mondo dello spiritismo, che anche nella capitale del Regno delle Due Sicilie aveva una certa espansione, ritrovò la strada della conversione e si dedicò totalmente alla religione e alla carità. Grazie alla nobildonna Caterina Volpicelli, oggi santa, conobbe la contessa pugliese Marianna Farnararo De Fusco, rimasta vedova in giovane età, con cinque figli piccoli. Il 1° aprile 1885 sposò Bartolo Longo a Napoli, e divenne una figura decisiva nella realizzazione di tutta l’opera pompeiana.

Nel 1872 Longo giunse a Valle di Pompei e, mentre si aggirava tra le campagne, fu preso da profondo pentimento per la vita passata, tanto da temere per la sua anima, quando una voce gli sussurrò: “Se propaghi il Rosario, sarai salvo!”. Cominciò così a catechizzare i contadini; ristrutturò, poi, la piccola chiesa parrocchiale del Santissimo Salvatore, e decise, su consiglio del Vescovo di Nola, di erigere una nuova chiesa, dedicata alla Madonna del Rosario.

Il santuario

Il 13 novembre 1875, arrivò a Pompei la prodigiosa immagine della Vergine del Rosario. Pian piano arrivarono le offerte per la costruzione della nuova chiesa, la cui prima pietra fu posta l’8 maggio 1876. Il santuario è poi divenuto meta di costante pellegrinaggio e punto di riferimento per opere di carità e propagazione della fede. La memoria della Madonna di Pompei si celebra l’8 maggio e la prima domenica di ottobre, quando in tutte le chiese si recita la “supplica” che lo stesso Bartolo Longo compose. Il beato, invece, si spense all’età di 85 anni, il 5 ottobre 1926. L’opera dell’avvocato Longo ha avuto il suo primo, solenne riconoscimento con la beatificazione da parte di Giovanni Paolo II, il 26 ottobre 1980.

La Chiesa di Grottaglie

Ma in questa occasione vogliamo ricordare anche la presenza costante di Bartolo Longo a Grottaglie. Qui mantenne un legame profondo con i padri gesuiti e fu il fautore della costruzione della Chiesa della Madonna di Pompei. La chiesa venne eretta agli inizi del Novecento. su un terreno donato da una famiglia devota alla Vergine, proprio per le sollecitazioni di Bartolo Longo, la cui presenza in città era ricordata dagli anziani e dai sacerdoti, con i quali teneva una rapporto consuetudinario. E a lui faceva riferimento anche il giovane Michele Ignazio D’Amuri, nato a Grottaglie nel 1910, che si formava tra i gesuiti e che gesuita sarebbe diventato egli stesso, poi distintosi anche come poeta. Tale chiesa, che è stata riaperta al culto regolare una decina d’anni fa, oggi è rettoria e si trova sulla via intitolata alla Madonna di Pompei che si innesta alla superstrada per Francavilla Fontana.

Sull’altare maggiore campeggia un venerato altorilievo della Madonna di Pompei opera del noto cartapestaio leccese Raffaele Caretta (1871-1950), del tutto simile a quello da lui stesso realizzato per la Chiesa dell’Immacolata di Latiano negli ultimi anni dell’800, mentre la volta del presbiterio è affrescata dal pittore e decoratore grottagliese Arcangelo Spagnulo (1913-1968).

Per i campani doppi festeggiamenti: con contestuale decisione papa Francesco ha annunciato la beatificazione di Salvo D’Acquisto.

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Settimana della fede

La cultura dell’incontro alla 53° Settimana della fede

26 Feb 2025

di Angelo Diofano

“Carissimi, l’evento della 53° Settimana della fede è una grande opportunità di ascolto, dialogo, condivisione e preghiera per l’intera comunità diocesana. Disponiamoci a dare e a ricevere dagli altri per sperimentare la cultura dell’incontro. Abbiamo bisogno di formarci e camminare insieme come pellegrini di speranza. Vi attendo numerosi e vi benedico”: così l’arcivescovo mons. Ciro Miniero invita a partecipare alla 53.ma edizione della Settimana della fede, appuntamento consueto di Quaresima, incentrata su ‘La cultura dell’incontro’ prendendo spunto dalla Lettera agli Efesini 2,14: “Egli infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne”.

Gli incontri, come di consueto, si terranno in concattedrale, con inizio alle ore 19.

Il primo appuntamento è fissato per lunedì 17 marzo, serata dedicata all’incontro tra le persone e nella società alla luce della Parola di Dio, con il prof. don Filippo Belli, docente di Sacra Scrittura alla Facoltà teologica dell’Italia centrale di Firenze, che parlerà su ‘Cos’è l’incontro. Società e comunità: l’incontro ne determina la differenza’.

Martedì 18, serata dedicata alla fecondità dell’incontro, il prof. Francesco Bonini, rettore della Libera Università Maria Santissima Assunta (Lumsa), che parlerà su ‘L’incontro nella cultura, nell’economia, nella politica’.

Mercoledì 19, il prof. Cesare Zucconi, vice presidente della Comunità di Sant’Egidio, tratterà il tema ‘La Chiesa promotrice dell’incontro’.

Giovedì 20, ci sarà la testimonianza di persone segnate dall’incontro. Interverranno: Cristina Castronovi (volontaria di ‘Operazione Colomba’, corpo nonviolento di pace della Comunità papa Giovanni XXIII), Gennaro Giudetti (volontario internazionale) e Stefano Capogna (Luogotenente della Guardia Costiera); modererà Marina Luzzi, giornalista di Avvenire.

Infine venerdì 21, concelebrazione eucaristica di chiusura presieduta dall’arcivescovo mons. Ciro Miniero.

 

 

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Francesco

Dodicesima notte di papa Francesco al Gemelli: “Notte trascorsa tranquillamente; ora sta riposando”

foto Marco Calvarese-Sir
26 Feb 2025

“Il Papa ha trascorso una notte tranquilla e sta riposando”: è quanto fa filtrare la sala stampa della Santa sede a proposito della dodicesima notte del pontefice al Gemelli per una polmonite bilaterale.
Nell’ultimo bollettino medico di ieri sera le condizioni di salute del Santo padre erano definite “critiche ma stazionarie”, sostanzialmente identiche a quelle del giorno precedente. Papa Francesco, inoltre, è stato sottoposto ieri ad una tac programmata di controllo, la terza dall’inizio della degenza, di cui si attendono i risultati. La prognosi resta riservata.

Oggi, mercoledì 26, alle 13 il card. Baldassarre Reina, vicario generale per la diocesi di Roma, celebrerà una messa al Gemelli.

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