Udienza generale

Il messaggio di papa Francesco letto nell’udienza generale di mercoledì 26 marzo

foto Marco Calvarese-Sir
26 Mar 2025

Quella di Gesù alla Samaritana “è come una dichiarazione d’amore”: a una donna “alla quale secondo gli schemi culturali non avrebbe dovuto neppure rivolgere la parola, regala la rivelazione più alta: le parla del Padre, che va adorato in spirito e verità”. Lo spiega il Papa, nel testo preparato per la catechesi dell’udienza di oggi, in cui osserva che “è proprio dall’esperienza di sentirsi amati che scaturisce la missione. E quale annuncio potrà mai aver portato se non la sua esperienza di essere capita, accolta, perdonata?”. “È un’immagine che dovrebbe farci riflettere sulla nostra ricerca di nuovi modi per evangelizzare”, l’invito di Francesco: “Proprio come una persona innamorata, la Samaritana dimentica la sua anfora ai piedi di Gesù. Il peso di quell’anfora sulla sua testa, ogni volta che tornava a casa, le ricordava la sua condizione, la sua vita travagliata. Ma adesso l’anfora è deposta ai piedi di Gesù. Il passato non è più un peso; lei è riconciliata”. “Ed è così anche per noi: per andare ad annunciare il Vangelo, abbiamo bisogno prima di deporre il peso della nostra storia ai piedi del Signore, consegnare a lui il peso del nostro passato”, l’indicazione di rotta del Papa: “Solo persone riconciliate possono portare il Vangelo”. “Non perdiamo la speranza! Anche se la nostra storia ci appare pesante, complicata, forse addirittura rovinata, abbiamo sempre la possibilità di consegnarla a Dio e di ricominciare il nostro cammino”, l’esortazione finale: “Dio è misericordia e ci attende sempre!”.

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Appuntamenti di Quaresima

‘Quarantore’ alla San Lorenzo da Brindisi

ph ND
26 Mar 2025

di Angelo Diofano

“L’Eucarestia ci chiama all’amore dei fratelli. Questo Pane è per eccellenza il sacramento dell’amore. È Cristo che si offre e si spezza per noi e ci chiede di fare altrettanto, perché la nostra vita sia frumento macinato e diventi pane che sfama i fratelli”: con queste parole di papa Francesco la parrocchia di San Lorenzo da Brindisi (guidata da padre Pietro Gallone) invita alle ‘Sante Quarantore’ dal titolo ‘Gesù, Pane della Speranza’ che avranno luogo alla parrocchia di San Lorenzo da Brindisi dei padri cappuccini, in viale Magna Grecia.

Questo il programma:

Da giovedì 27 a sabato 29: ore 8.30, santa messa; dalle ore 9 alle 17, adorazione personale; ore 12, ora media; ore 17.30, adorazione comunitaria; ore 18.30 santa messa.

Solo giovedì 27: ore 20, adorazione eucaristica comunitaria.

Venerdì 28: ore 17, momento di preghiera con i ragazzi del catechismo; successivamente dalle ore 20.30 alle ore 7 dell’indomani, adorazione notturna, con i sacerdoti della vicaria che saranno a disposizione per le confessioni.

Sabato 29: ore 17, momento di preghiera con i ragazzi del catechismo, con i sacerdoti della vicaria che saranno a disposizione per le confessioni.

Per assicurare una presenza costante nei momenti di adorazione è consigliabile far segnare il proprio nome in sacrestia.

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Cinema

Al cinema, il live-action Disney ‘Biancaneve’

photo concessa da Disney
25 Mar 2025

“Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?”. La risposta ovviamente è Biancaneve, ma quella del 1937, nel primo film animato Disney “Biancaneve e i sette nani”. Dal 20 marzo arriva in sala l’ultima versione del classico, sul tracciato della favola dei fratelli Grimm, un live-action firmato Marc Webb con Rachel Zegler e Gal Gadot. E se l’occhio è incantato da una magia di effetti speciali e ambientazioni suggestive, a lasciare un po’ perplessi è l’impianto narrativo, tra licenze poetiche e sterzate nel politicamente corretto.

“Biancaneve”
“Per noi era davvero importante onorare il dna di Biancaneve. (…) Ma c’era anche l’opportunità di reinterpretare la mitologia per riflettere i tempi in cui viviamo, e penso che tutte le buone storie si evolvano”. Nelle parole del regista Marc Webb – suo il gioiello “(500) giorni insieme” (2009) – si coglie bene dinamica e senso del nuovo live-action Disney “Biancaneve”, che recupera la favola dei fratelli Grimm, ma soprattutto la trasposizione-capolavoro voluta da Walt Disney, il suo primo lungometraggio animato “Biancaneve e i sette nani” del 1937. I produttori Marc Platt e Jered LeBoff, reduci dall’adattamento cinematografico di “Wicked” (2025), hanno realizzato una versione live-action che si gioca tra omaggio alla tradizione Disney e nuovi orizzonti visivo-narrativi, prendendosi non poche licenze. Il copione è firmato da Erin Cressida Wilson (“La ragazza del treno”, 2016). Protagoniste Rachel Zegler (“West Side Story”, 2021), Gal Gadot (“Wonder Woman 1984”, 2020) e Andrew Burnap (“WeCrashed”, Apple Tv+, 2022).

La storia. In un regno felice, vicino alla foresta magica, vive la principessa Biancaneve insieme ai suoi genitori. Alla scomparsa prematura della madre e alla partenza del padre per i doveri del regno, la giovane finisce nelle grinfie della perfida matrigna, la Regina Cattiva. Quando Biancaneve cresce e la sua bellezza diventa evidente a tutti, la Regina Cattiva prova a ordire un piano per sbarazzarsi di lei. La giovane fugge nella foresta dove trova riparo presso la casa dei sette nani, aiutata anche dal ladro gentiluomo Jonathan, ribelle che vuole rovesciare la reggenza dittatoriale della Regina Cattiva…

(L-R) Jonathan (Andrew Burnap) and Snow White (Rachel Zegler) in Disney’s live-action SNOW WHITE. Photo by Giles Keyte. © 2024 Disney Enterprises, Inc. All Rights Reserved.

Di certo si coglie l’impegno della Disney nel voler rendere sempre attuali i suoi racconti, le sue opere tra film, live-action e animazioni. Nel desiderio però di abbracciare un ampio pubblico, spesso si registra l’inciampo nell’eccesso, tra un esasperante politicamente corretto (multiculturalismo in testa) e una mielosità fuori controllo. È quello che accade a questa versione di “Biancaneve”, che perde nel titolo anche i sette nani.

Tutto è incentrato su di lei, come eroina che si muove tra la tradizione classica e la contemporaneità. Le è stato tolto il regno dalla Regina Cattiva e lei fa di tutto per riconquistare il favore del suo popolo e tornare a sedere sul trono che le spetta. Una donna artefice del proprio destino, che non ha bisogno di alcun principe. E proprio il principe azzurro è la figura che latita, estromessa dal racconto. Nel nuovo film, infatti, Biancaneve si innamora del ladro gentiluomo Jonathan, che guida un gruppo di ribelli che difendono la memoria dello scomparso re. Questa variazione della storia sembra quasi un cross-over tra “Biancaneve” e “Robin Hood”.

Detto questo, il film è seducente dal punto di vista visivo, con una cura degli effetti speciali splendida, con animazioni riuscite, soprattutto per gli animali. Anche i sette nani sono realizzati in computer grafica, ricalcando i bozzetti della versione animata. Nell’insieme “Biancaneve” si farà apprezzare dai più piccoli per le ambientazioni iper-colorate, per le scene di ballo in chiave musical e per il giro di canzoni originali firmate Pasek & Paul (“La La Land”, “The Greatest Showman”). Va detto, però, che quando si ritrovano le note di “Ehi-Ho!” e “Impara a fischiettar” del classico del 1937, gli altri brani scompaiono del tutto.

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A Taranto

Dissalatore sul Tara, un’opera inutile

foto G. Leva
25 Mar 2025

Le motivazioni poste a base del progetto del dissalatore sul Tara, riportate nelle premesse della documentazione ufficiale, collegano la sua costruzione alla necessità di ridurre l’emungimento dei pozzi che forniscono acqua potabile al Salento, causato dalle insufficienti risorse idriche rivenienti dagli invasi di cui si avvale il sistema idrico pugliese. Si tratta degli invasi di Monte Cotugno e del Pertusillo, in Basilicata, di Conza, in Irpinia, di Occhito, a metà tra il Molise e la Puglia, e del Locone, in Puglia. Da questi invasi, che servono anche il settore agricolo, proviene il 55% delle risorse idriche utilizzate da Acquedotto pugliese. Il loro attuale ridotto apporto, di cui una causa è la consueta alternanza tra annate siccitose come l’attuale ed altre in cui le precipitazioni sono più abbondanti, non è frutto della crisi climatica, cui sono invece dovuti il moltiplicarsi dei fenomeni intensi, dalle bombe d’acqua alle alluvioni, con cui facciamo periodicamente i conti, ed il riscaldamento globale con il conseguente innalzamento delle temperature, che provoca la progressiva desertificazione di alcuni territori.

L’ultimo Rapporto Snpa (Sistema nazionale protezione ambiente), costituito dalle 21 Arpa regionali e da Ispra, “Il clima in Italia”, pubblicato a luglio 2024, certifica infatti che i trend della precipitazione cumulata nel periodo 1961-2023, non registrano variazioni statisticamente significative, né a livello nazionale, né per la macroarea che comprende Sud e Isole, attestandosi per l’Italia intera al -0,4% e, per Sud e Isole, al -0,1%. Risultano quindi evidentemente determinanti altre cause, identificabili nella ridotta capacità di invaso dei principali bacini tributari di risorse idriche alla Puglia, in conseguenza delle limitazioni di carattere tecnico e strutturale che costringono, nelle annate non siccitose, a gettare in mare miliardi di litri di acqua. Bacini che necessitano di lavori non ancora effettuati, ma per fortuna già finanziati.

Ecco il dettaglio per le principali dighe, che comprende la quantità di massimo invaso, la quantità di raccolta attualmente autorizzata e quella che si potrebbe ricavare a seguito dei lavori da effettuare con i relativi finanziamenti: in totale 250 miliardi di litri potenziali in più.
– Diga di Conza: massimo invaso 63 milioni di metri cubi, invaso autorizzato 46 milioni, risorsa potenziale 17 milioni, finanziamento di 2 milioni di euro.
– Diga del Pertusillo: massimo invaso 155 milioni di metri cubi, invaso autorizzato 113 milioni, risorsa potenziale 32 milioni, finanziamento di 1,5 milioni di euro.
– Diga del Locone: massimo invaso 108 milioni di metri cubi, invaso autorizzato 57 milioni, risorsa potenziale 51 milioni, finanziamento di 2 milioni euro
– Diga Monte Cotugno: massimo invaso 480 milioni di metri cubi, invaso autorizzato 250 milioni, risorsa potenziale totale 230 milioni, finanziamento di 8 milioni di euro per raggiungere una capacità di invaso di 400 milioni.

La Valutazione Ambientale Strategica relativa al Piano d’Ambito 2020-2045, che prevede la costruzione del dissalatore sul Tara, calcola le disponibilità idriche basandosi su valori che non considerano tali ingenti risorse aggiuntive, disponibili nei prossimi anni in seguito alla esecuzione dei lavori già finanziati, e perviene quindi a conclusioni di cui è a nostro avviso indispensabile ed urgente una rivisitazione, prima di concludere l’iter amministrativo relativo al dissalatore. Nei calcoli, infatti, per gli invasi è stata considerata la media della quantità d’acqua presente al 1 Gennaio degli ultimi 10 anni e cioè, in milioni di metri cubi:
– Conza 27,9
– Locone 27,9
– Monte Cotugno 224,3
– Occhito 121,6
– Pertusillo 78,1

Tali valori non sono solo frutto di quanta acqua sia effettivamente caduta sui bacini idrologici dei corsi d’acqua che alimentano gli invasi, ma anche di quanto poi tali invasi riuscivano a trattenere, ossia della loro capacità effettivamente utilizzata, e tutti sappiamo che in diversi anni l’acqua è stata scaricata in mare perché il limite di capacità impostato non permetteva di accumularla tutta. Una situazione che cambierà radicalmente dopo l’esecuzione dei lavori previsti che permetteranno un consistente aumento della capacità effettiva di invaso, eliminando il fenomeno dello scarico per troppo pieno, e consentiranno anche il pieno sfruttamento di risorse in passato non utilizzate: i corsi d’acqua lucani Sarmento e Sauro. In dettaglio gli incrementi potenziali:
– Conza, 17 milioni di metri cubi
– Pertusillo, 32 milioni
– Locone, 51 milioni
– Monte Cotugno, 150 milioni

Inoltre: l’attivazione della traversa Sarmento, che dopo oltre 40 anni di attesa è finalmente avvenuta a dicembre 2024, porterà nella diga di Monte Cotugno circa 80 milioni di metri cubi di acqua in più all’anno, mentre la ricanalizzazione delle acque del Sauro, già finanziata con circa 9 milioni di euro, a fine lavori contribuirà con ulteriori 30 milioni di metri cubi.

“Cifre superiori di oltre 10 volte all’eventuale apporto del dissalatore sul Tara, quantificato in 20 milioni di metri cubi annui, sicuramente sufficienti a ridurre l’emungimento dei pozzi a rischio di salinizzazione. Cifre che non si possono ignorare e devono essere poste a base di una riconsiderazione dei calcoli che hanno portato a preferire il dissalatore ad altre soluzioni, a partire dalla messa in funzione dell’invaso del Pappadai, previa realizzazione del potabilizzatore “San Paolo” e ripristino della funzionalità della condotta di adduzione dal Sinni” secondoLegambiente Taranto.
“Peraltro, i lavori relativi al principale invaso, quello di Monte Cotugno, secondo quanto recentemente reso noto, dovrebbero concludersi entro il 2025, rendendo disponibile già a fine anno una ulteriore capacità di invaso di 150 milioni di metri cubi – cui andranno aggiunti i 20 milioni dell’invaso del Pappadai, una volta che saranno ultimati i lavori, anch’essi a lungo attesi, che lo riguardano – mentre l’entrata in esercizio dell’impianto di dissalazione del Tara è prevista per la fine del 2026, un anno più tardi. Anche i lavori nella altre dighe non tarderanno ad essere realizzati. Siamo di fronte a numeri che chiedono di agire per evitare che opere come il dissalatore sul Tara possano essere portate avanti per partito preso, a prescindere dalla realtà dei fatti” conclude Legambiente Taranto.

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L'argomento

Proteste in Turchia Cenap Aydin (Istituto Tevere): “L’Unione europea dica ai giovani che non sono soli”

ph Afp-Sir
25 Mar 2025

“In primis va detto che arrestare il sindaco di una città di 16 milioni di persone che democraticamente lo hanno eletto e arrestarlo subito dopo aver espressamente dichiarato la sua volontà di candidarsi alle prossime elezioni presidenziali nel 2028 è assolutamente un attacco diretto alla democrazia”. L’analisi di Cenap Aydin, cittadino turco e direttore a Roma dell’Istituto Tevere, su quanto sta accedendo in questi giorni nelle piazze turche, parte da qui. Il 19 marzo scorso, il sindaco di Istanbul, Ekrem Imamoglu, è stato arrestato nell’ambito di un’indagine avviata nei confronti della Municipalità metropolitana della megalopoli turca. L’ordine di arresto è stato emesso sulla base di accuse di “estorsione, corruzione, frode e turbativa d’asta da parte di un’organizzazione criminale” e per “favoreggiamento nei confronti dell’organizzazione terroristica Pkk”, riferiscono vari media turchi. Ma poco prima di essere prelevato dalla sua abitazione, il sindaco ha registrato un messaggio video su X che ha fatto il giro del mondo: “Ci troviamo di fronte a una grande tirannia, ma voglio che sappiate che non mi arrenderò”.

Con l’arresto, sono scoppiate in tutto il paese le proteste dei giovani e gli scontri in piazza. Sono le più estese da quelle del parco Gezi e di piazza Taksim, nel 2013. “La differenza da allora – osserva Aydin -è che oggi la Turchia subisce tutto quell’accumulo di eventi che si sono susseguiti negli ultimi 10 anni ed un’economia che è sempre andata male ma oggi si trova in una situazione ancora peggiore”. Le proteste si sono svolte in 55 delle 81 province che compongono la Turchia, quindi in oltre due terzi del paese. A Istanbul i manifestanti si sono riuniti di fronte al municipio, con striscioni e bandiere e urlando slogan, circondati da decine di agenti in tenuta antisommossa.
“Le manifestazioni attorno al Comune di Istanbul sono il segno della volontà dei giovani di custodire un pezzo di democrazia turca”.

Fin dai primi momenti, subito dopo l’arresto del sindaco, il governo ha messo un bando alle dirette tv e social minacciando i canali nazionali di togliere il riconoscimento delle licenze se avessero filmato. “E’ un segno di autoritarismo molto chiaro”, sentenzia Aydin. “E i giovani non parlano più di un partito e neanche fanno più riferimento al sindaco di Istanbul. Vogliono giustizia. Chiedono che la Turchia torni ad essere un paese democratico”. Oltre all’arresto del sindaco, il giovane turco ritiene “gravissimo” il fatto che un giorno prima, l’Università di Istanbul ha annunciato che avrebbe revocato la sua laurea rilasciata 35 anni prima, poiché il riconoscimento del passaggio dall’università iniziata nel Cipro del Nord a quella di Istanbul, non avrebbe rispettato le regole amministrative. “C’è una professoressa che pur avendo un dottorato preso alla Sorbona, si è ritrovata nella stessa situazione ed ha perso tutti i suoi titoli, pur essendo oggi decano di una facoltà. Molti giovani sono fuori sede, studiano pur trovandosi in situazioni economiche pensatissime e con l’aiuto dei familiari per costruire un futuro. Ora vedono questo clima di minaccia e temono che in assenza di uno Stato del diritto, anche i loro titoli di laurea possono essere cancellati in un attimo”.

Sono queste le ragioni che hanno spinto la gioventù a scendere in piazza. Ciò che preoccupa di più ora sono le condizioni di detenzione delle centinaia di giovani manifestanti arrestati in questi giorni. “Vedendo quello che è successo negli ultimi 10 anni, il destino che attende le vittime finite in carcere, è veramente terribile”.
“Ci sono a questo proposito tanti rapporti anche a livello internazionale che lo attestano. E i Rapporti parlano di maltrattamenti, torture, di giovani studentesse che vengono violentate, di malati cronici lasciati senza medicine, di persone con diabete e problemi cardiologici, morti a causa di assenza di cura”.

Sulla situazione turca è intervenuta anche l’Unione europea. Un portavoce della Commissione europea ha detto che “gli arresti del sindaco Imamoglu e di oltre 300 manifestanti sollevano seri interrogativi sul rispetto, da parte della Turchia, della sua consolidata tradizione democratica. In quanto membro del Consiglio d’Europa e Paese candidato all’adesione all’Ue, la Turchia ha il dovere di rispettare i valori democratici”. Cenap Aydin commenta: “l’Unione europea ha un sempre avuto un ruolo generativo per la Turchia”. Da una parte, la Turchia da anni sta bussando alle porte dell’Europa e dall’altra, la Turchia è sempre stata un paese importante per l’Ue perché ponte fra Oriente e Occidente. “La capacità generativa dell’Unione europea è chiamata oggi ad incoraggiare i giovani a difendere la democrazia e i diritti umani e dare voce a chi è stato arrestato, a chi è sceso in piazza ed ha subito violenza. Soprattutto per questi giovani, l’Unione europea è un punto di riferimento, se non addirittura un faro di speranza. Ci aspettiamo che dica: in tutto quello che state facendo, non siete da soli. Possiamo uscire insieme da questo incubo, ispirandoci alle idee dei padri fondatori dell’Unione da Spinelli a De Gasperi”.
“Insomma, una voce di incoraggiamento ai giovani a rimanere fermi nella difesa dei diritti umani e della democrazia”.

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Presentazione libro

Venerdì 28, Mario Desiati alla biblioteca Acclavio a Taranto

25 Mar 2025

Il premio Strega Mario Desiati sarà a Taranto, venerdì 28 marzo, alle ore 18, nella biblioteca civica ‘Pietro Acclavio’, per presentare il suo ultimo romanzo «Malbianco» (Einaudi). L’autore dialogherà con Giulia Galli e Miriam Putignano, rispettivamente referenti dei Presìdi del libro di Taranto «Dickens» e «Rosa Pristina» cui si deve l’organizzazione dell’iniziativa.
Si tratta di un appuntamento davvero speciale perché «Malbianco» è ambientato proprio nel capoluogo ionico con una storia che muove dai boschi di Taranto per approdare al gelo dei campi di prigionia tedeschi. Una storia con la quale Mario Desiati è tornato con un grande romanzo che indaga il rapporto tra l’individuo e le sue radici, il trauma e la vergogna, interrogando con coraggio il rimosso collettivo del nostro Paese attraverso i segreti e i silenzi che avvolgono i protagonisti della vicenda, come il malbianco infesta il tronco degli alberi.
I protagonisti sono i componenti della famiglia Petrovici, tra i quali ci sono da sempre più fili nascosti che verità condivise. Ma le domande del figlio che si è smarrito, e per questo si volta a guardare le proprie orme, diradano via via le nebbie di una memoria famigliare lacunosa e riluttante. Ma se «di certi fantasmi ci si libera soltanto raccontandoli», prima di tutto bisogna conoscere il passato da cui proveniamo. Per questo, Marco Petrovici, che ha quarant’anni e vive a Berlino, decide di tornare in Puglia dai genitori ormai anziani, i quali vivono immersi in un bosco di querce e lecci nella campagna tarantina. Marco vuole scoprire l’origine dei disturbi dai quali è affetto e ritrovare un po’ di pace. E schiacciato dai sensi di colpa per non essere il figlio che Use e Tonia speravano, si ferma nella casa di famiglia per occuparsi di loro, ma allo stesso tempo si convince che le cause del suo malessere vadano cercate nella memoria sepolta di quel loro cognome così strano.
A partire da un ricordo d’infanzia dai contorni fumosi – un balordo un po’ troppo famigliare che suona il violino sotto la neve di Taranto – con l’aiuto di zia Ada, della letteratura e della storiografia, della psicoterapia e di un diario ritrovato non per caso, Marco cura il «malbianco» che opprime la sua famiglia. Facendosi largo tra reticenza e continue omissioni, scopre la vita segreta della bisnonna Addolorata, trovatella e asinaia, e ricostruisce le vicende di nonno Demetrio e di suo fratello Vladimiro, entrambi reduci di guerra, una guerra combattuta e patita in modi molto diversi. Chi sono davvero i Petrovici? Da dove arrivano? E cosa c’entra con loro un’antica ninna nanna yiddish che inconsapevolmente si tramandano da quasi cent’anni? Questa è la parabola di chi rivolge lo sguardo dietro di sé, alle proprie origini più profonde, per vivere il presente e immaginare un futuro libero da quel malbianco che nasconde la vera essenza delle persone. Raccontando la frenesia e i turbamenti di un protagonista consumato dalla storia che si porta addosso, Mario Desiati ci consegna il suo romanzo più lirico, inquieto, ambizioso e maturo.

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Pasqua in diocesi

In distribuzione a Lizzano il ‘Calendario della Passione’

25 Mar 2025

di Angelo Diofano

In occasione della ‘Passione di Gesù Cristo 2025’, 53ª edizione, che sarà rappresentata a Lizzano la Domenica delle Palme (13 aprile), l’associazione organizzatrice ‘Pietre vive’ ha dato alle stampe il ‘Calendario della Passione 2025/2026′. Quest’ultimo, come consuetudine, non segue la successione classica dei mesi, cioè da gennaio a dicembre, ma va da un’edizione della Passione alla successiva, cioè da aprile 2025 a marzo 2026.

Quest’anno l’argomento trattato nelle varie pagine richiama il tema che papa Francesco ha voluto dare al Giubileo 2025: “La Speranza”.

Le immagini sono tratte dalla 52ª edizione della ‘Passione di Gesù Cristo’ rappresentata a Lizzano il 24 marzo 2024, tranne la prima (aprile 2025) che è stata  dedicata a Melina Giuffrida, l’associata di ‘Pietre Vive’ scomparsa l’8 marzo dello scorso anno.

Il calendario è in distribuzione gratuita e tutte le sere dalle ore 17 alle 21 nella sede dell’associazione, sul piazzale del convento/parrocchia San Pasquale Baylon.

 

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Diocesi

Evangelizzazione oggi: limiti e nuove vie

È stato il tema della seconda giornata comunitaria, vissuta domenica 2 marzo, dalla comunità del Sacro Cuore di Statte

25 Mar 2025

di Ada Semeraro

Riflettere sul tema dell’evangelizzazione nel contesto attuale è l’obiettivo della seconda giornata comunitaria, vissuta domenica 2 marzo, dalla comunità del Sacro Cuore di Statte, con gioiosa e attiva partecipazione. Il percorso, suddiviso in tre incontri, è occasione propizia per intensificare e riscoprire la bellezza dei legami fraterni ed essere volto di una Chiesa sinodale che cammina con fede, accompagna e compie passi più consapevoli per fronteggiare le crisi personali e comunitarie nel nostro tempo.
Il punto di riferimento è l’esortazione apostolica ‘Evangelii Gaudium’ sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale, che offre dei veri e propri criteri di evangelizzazione (forme e vie), in cui è possibile rintracciare percorsi verso una nuova azione evangelizzatrice.
Nella precedente esperienza si è considerata la visione della Chiesa di papa Francesco casa aperta del Padre, in uscita, non chiusa e ripiegata su sé stessa ma coraggiosa di fronte alle sfide attuali.

Questo secondo appuntamento è stato un tempo favorevole per approfondire, nei laboratori, i seguenti aspetti con franchezza e responsabilità: le tentazioni dell’operatore pastorale come limiti e motivo di rallentamento del cammino cristiano; i possibili rimedi per superarle e stabilire nuove relazioni, fondate su Cristo e il Vangelo; le vie e le forme di evangelizzazione più consone alle esigenze odierne, considerando la nostra vocazione battesimale e le esperienze di annuncio personale e comunitario vissute.

La parabola dei talenti (Mt 25, 14-30), l’esortazione del papa e il commento di padre Saverio Zampa hanno offerto momenti significativi di riflessione, sia personale e silenziosa sia comunitaria attraverso il confronto nei gruppi di lavoro, orientati da domande guida. La scelta delle tematiche porta in sé lo scopo di arginare le possibili tentazioni di sotterrare i talenti personali.

Papa Francesco identifica tre mali: l’individualismo, la crisi identitaria e il calo del fervore (EG 78) in cui è possibile incorrere.
Come affrontare il senso di sconfitta e le paure di un annuncio che sembra essere soffocato dalle sfide contemporanee? È la vita nello Spirito che ci dà la motivazione giusta e profonda per affrontarle, che permea e rende desiderabile l’azione, che combatte l’accidia egoistica che ci tenta a vivere un’ansia pastorale, a prenderci cura più delle cose che delle persone, a farci esitare nel dedicare il tempo a servizio della comunità (EG 81-83). ‘Tutti siamo chiamati ad offrire una testimonianza esplicita dell’amore salvifico del Signore, che al di là delle nostre imperfezioni ci offre la sua vicinanza, la sua Parola, la sua forza, e dà senso alla nostra vita. La missione è uno stimolo costante per non adagiarsi nella mediocrità e per continuare a crescere’ (EG 121). 

Il pessimismo sterile rischia di soffocare il fervore e l’audacia e ‘ci trasforma in pessimisti scontenti e disincantati dalla faccia scura. Nessuno può intraprendere una battaglia se in anticipo non confida pienamente nel trionfo’ (EG 85). Il Papa ci esorta a non pronunciare giudizi che sanno di sconfitta e inducono alla rinuncia di far fruttificare i nostri talenti, o di sfiducia considerando esclusivamente il proprio punto di vista, sfavorevole all’azione altrui, fermi nella certezza che lo Spirito Santo dona alla Chiesa, con il suo soffio possente, il coraggio di perseverare.

La mondanità spirituale ‘si nasconde dietro apparenze di religiosità e persino di amore alla Chiesa, consiste nel cercare, al posto della gloria del Signore, la gloria umana ed il benessere personale’ (EG 93). Per contrastare questa tentazione è fondamentale generare una spiritualità centrata su Cristo e sul Vangelo e lavorare per la maggior gloria del Signore.

Infine, l’unica via che pone rimedio a forme di antagonismo interno consiste ‘nell’imparare a incontrarsi con gli altri con l’atteggiamento giusto, apprezzandoli e accettandoli come compagni, di strada, senza resistenze interiori. Meglio ancora, si tratta di imparare a scoprire Gesù nel volto degli altri, nella loro voce, nelle loro richieste. È anche imparare a soffrire in un abbraccio con Gesù crocifisso quando subiamo aggressioni ingiuste o ingratitudini, senza stancarci mai di scegliere la fraternità’ (EG 91).

Nei sette laboratori sono emersi sentimenti comuni di sfiducia, pessimismo e ansia pastorale, spesso riconducibili: a un’inadeguata formazione che non risponde ai bisogni attuali di evangelizzazione, che richiede una maggiore attenzione ai poveri e stili comunicativi adeguati; alla preoccupazione di sottrarre tempo personale a favore della comunità; al calo di partecipazione a iniziative pastorali e al loro abbandono; alla mancanza di corresponsabilità, di dialogo e confronto tra i gruppi parrocchiali; a incomprensioni che ci tentano a demordere; a sentimenti di sfiducia che ci fanno sentire inadeguati o sopraffatti.

I diversi gruppi hanno espresso, con libertà interiore, le criticità su cui lavorare e le possibili ‘conversioni da operare’ comunicando, allo stesso tempo, il bello e il buono che la vita comunitaria ci chiama a vivere.

Queste giornate sono un’occasione di crescita, di confronto costruttivo nell’ascolto reciproco e di convivialità, che accrescono il nostro senso di appartenenza. La nostra storia ci ha condotti nel ‘qui e ora’ del nostro cammino di fede, nella consapevolezza di essere discepoli-missionari che, pur  incontrando difficoltà, decidono di camminare da adulti nella fede.

Desiderosi di mettere in circolo i nostri talenti e vivere un’autentica esperienza di fede, riconosciamo la celebrazione eucaristica come centro e vertice della nostra vita cristiana, l’importanza del sacramento della Riconciliazione, dell’adorazione eucaristica, delle guide spirituali, della recita del santo rosario comunitario e nelle famiglie, della catechesi come cammino missionario condiviso e delle esperienze di volontariato.

Dopo un momento conviviale di condivisione e festeggiamento, la comunità ha vissuto un tempo di ascolto reciproco tra i vari gruppi di lavoro.

Frasi slogan hanno segnato il nostro pomeriggio insieme: ‘Se non ci doniamo reciprocamente la comunità muore’; ‘Apriamoci al dialogo per non essere rinchiusi in sarcofaghi’; ‘Lasciamoci rinvigorire dallo Spirito Santo’; ‘Ripartiamo dalla semplicità dei bambini’.

La serata si è conclusa proprio con la semplicità e la gioia dei più piccoli che, prendendo spunto dalla parabola dei talenti, hanno rappresentato ed espresso come le tentazioni possono essere di ostacolo al far fruttificare i talenti, in contrapposizione al desiderio di voler essere servi buoni e fedeli scelti da Dio per portare molto frutto. Le note del canto ‘Libera il tuo sì’ ci hanno esortato a prendere in mano il proprio coraggio per seguire Cristo nel mondo, gettando le reti e chiedendo insieme, al Signore, acqua viva che fa nascere sorgenti, per offrire a ogni fratello la propria vita come dono d’amore.

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Sport

Fondazione per lo Sport, la vera sfida è il post Giochi

foto G. Leva
25 Mar 2025

di Paolo Arrivo

La parola crisi sta per cambiamento. E mai come in questo passaggio storico la stessa può tradursi in una opportunità di crescita per la città di Taranto. La rinascita passa anche attraverso lo sport, da risanare per mezzo di un’azione sinergica, programmatica e concreta. In quest’ottica va collocata l’iniziativa presentata nella mattinata di ieri alla Cittadella delle Imprese. Ovvero la Fondazione per lo Sport (sviluppo sportivo), funzionale alla creazione e gestione di nuove società, in diverse discipline, dal calcio al basket. A condurre l’incontro è stato il commissario del Governo per i Giochi del Mediterraneo 2026 Massimo Ferrarese.

L’UNITA’ COME IMPERATIVO CATEGORICO- “Le critiche sterili non servono. È il momento di unire le forze, non solo economicamente, ma anche con partecipazione e attenzione”. Così Massimo Ferrarese, affiancato dal presidente della Camera di Commercio Brindisi e Taranto Vincenzo Cesareo, dai consiglieri regionali e parlamentari ionici, ha voluto zittire le polemiche che puntualmente sorgono. Quelle nocive della salute del territorio, nella città delle divisioni e delle contraddizioni. C’è da lavorare tutti insieme per garantire un futuro sportivo al capoluogo ionico. Con una certa urgenza: “Se non partiamo ora, rischiamo di perdere tutto”. C’è da mettere da parte gli interessi locali per remare tutti nella stessa direzione.

LA FONDAZIONE PER LO SPORT- L’idea è stata accolta con entusiasmo da diversi imprenditori: il primo fondo di partenza vale 500mila euro. “Questa cifra è solo l’inizio”, ha detto il commissario Ferrarese invitando altri soggetti ad unirsi al progetto. La Fondazione per lo Sport, infatti, sarà aperta a tutti. A chiunque avrà bisogno di strutture o di supporto per favorire la crescita degli atleti più giovani. La priorità adesso è assicurare l’iscrizione ai campionati per le squadre di calcio e basket; successivamente si potranno aiutare le diverse discipline sportive cittadine, senza distinzioni. Per far sì che il progetto vada in porto è necessario rivolgersi non soltanto alle piccole e medie imprese ma anche alle grandi aziende presenti sul territorio.

LA MISSION- Oltre al sostegno a chi ha bisogno, c’è da pensare alla gestione delle strutture, per evitare che i nuovi impianti funzionali ai Giochi del Mediterraneo diventino cattedrali nel deserto – il valore complessivo delle opere è di 220 milioni di euro. È questa probabilmente la sfida più importante e più complessa. Non vincerla significherebbe invalidare lo stesso evento che andrà in scena l’anno prossimo nel capoluogo ionico, le cui ricadute non possono esaurirsi nel breve termine. Nei soli quattordici giorni in cui si tengono i Giochi. Ebbene, scongiurare il rischio cattedrali nel deserto significa considerare, ad esempio, che solo la piscina costerà 1,2 milioni di euro l’anno in gestione. Altrettanto complessa è la gestione del nuovo stadio Iacovone. I riflettori sono sempre puntati sul pallone: per la ripartenza del Taranto calcio, precipitato dal sogno serie B al fallimento completo, la Fondazione per lo Sport potrebbe garantire eventuali investitori.

 

Cittadella delle Imprese, alcuni momenti dell’incontro negli scatti fotografici di Giuseppe Leva 

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Salute

Donne con disabilità: al Gemelli un ambulatorio ginecologico dedicato

foto policlinico Gemelli
25 Mar 2025

di Giovanna Pasqualin Traversa

Un ambiente sicuro, accessibile e accogliente nel quale ricevere un’assistenza ginecologica completa e personalizzata, garantendo elevati standard di qualità. Lo scorso 3 marzo, in occasione dei 16 anni dalla ratifica della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità in Italia (3 marzo 2009), è stato inaugurato nel policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs di Roma un ambulatorio ginecologico per le donne con disabilità, guidato dalla professoressa Antonia Carla Testa, direttore Unità operativa complessa di ginecologia ambulatoriale e preventiva del Gemelli. “Il nostro obiettivo – ci spiega – è garantire a tutte le donne il diritto alla prevenzione e alla salute eliminando qualsiasi forma di ostacolo o discriminazione”.

Antonia Carla Testa (foto personale)

Professoressa, come è nata l’idea di un ambulatorio ginecologico dedicato? A quali esigenze intende rispondere?
L’ambulatorio nasce dalla richiesta e dall’esperienza maturata in questi anni nei quali ci siamo trovati ad interagire con donne con paraplegia, con disagio psichico, con sindrome di Down, rendendoci sempre più conto della necessità di una maggiore preparazione e di un’attenzione, sia logistica, sia culturale, nei confronti di queste pazienti. A questo ai aggiunge l’esperienza dei colleghi del Centro clinico Nemo pediatrico che da anni segue le ragazze con Sma, patologia che un tempo non consentiva loro di diventare adulte. Ora, grazie al progresso nelle terapie, diventando giovani donne si pongono domande in merito alla loro sessualità e fertilità, e coltivano il desiderio di diventare madri. Oltre a questo, i colleghi del Centro Nemo hanno rilevato che i genitori dei bambini con distrofia muscolare, dopo la diagnosi, spesso si trascurano completamente. Molte mamme non hanno più fatto un pap test o un controllo ginecologico. Così abbiano deciso di unire le forze per venire incontro sia alle ragazze sia alle loro mamme, pensando di realizzare questo ambulatorio per accoglierle entrambe.

L’ambulatorio è quindi frutto del lavoro congiunto di un team multidisciplinare di specialisti?
Sì. Nei mesi scorsi abbiano organizzato diverse riunioni multidisciplinari. Anzitutto con due giovani ginecologhe strutturate che ho selezionato, già formate ma che continuano a formarsi su questo tema e alle quali ho affidato in prima persona l’ambulatorio, e poi con ostetriche, infermieri, neurologi del Centro Nemo, assistenti sociali, psicologhe, dirigenti medici della Direzione sanitaria, specialisti in comunicazione, una rappresentante del mondo delle donne con disabilità: Silvia Cutrera, coordinatrice gruppo Donne Fish. Abbiano coinvolto anche le figure che in ospedale si occupano di architettura e logistica.

Le disabilità possono essere motorie, sensoriali, cognitive. Barriere architettoniche e barriere comunicative e relazionali sono i principali ostacoli. Come li avete superati?
Dal punto di vista strutturale abbiamo creato uno spazio accessibile a tutte, realizzando, rispetto alle due stanze originarie, un ambiente ampio, accogliente e funzionale, idoneo alla persona con disabilità e al suo accompagnatore, e rispettoso della sua privacy, ma abbiamo anche abbassato lo sportello per rendere il locale accessibile anche alla paziente in carrozzina che si presenti da sola, portandolo al suo livello. L’ambulatorio è dotato di lettini da visita elettrici regolabili in altezza che consentono il trasferimento elettrico dalla carrozzina.

Per quanto riguarda le barriere comunicative e relazionali, ad esempio con le donne straniere, sorde o con disabilità cognitiva?
Se richiesto al momento della prenotazione della visita, le prime troveranno un traduttore nella loro lingua, le seconde un interprete lis (lingua dei segni). Per le altre verrà curata in modo particolare la dimensione relazionale nel rapporto con le ginecologhe e le infermiere e, se necessario, avremo il supporto di una psicologa.

Quali figure professionali incontra nel vostro ambulatorio la paziente?
Una delle due ginecologhe dedicate, me come referente che interverrò in tutti i casi sia necessario, un’infermiera specificamente formata, e, su richiesta della paziente dopo un’accurata anamnesi e valutazione clinica, verranno chiamate in causa l’assistente sociale e/o la psicologa.

Quali servizi vengono offerti?
Prima visita ginecologica, esame completo e discussione delle esigenze specifiche; ecografia, Pap test, colposcopia laddove necessaria, biopsie laddove necessario. E poi, come dicevo, eventuale assistenza e sostegno psicologico nel gestire difficoltà emotive legate alla sessualità e/o alla maternità.

In quali giorni e in quali orari è aperto l’ambulatorio?
L’ambulatorio, che opera in regime pubblico (ssn), è aperto una volta a settimana, il martedì dalle 8:30 alle 13:30.

Come si può prenotare la visita?
Al momento scrivendo a ginecologiaambulatoriale@policlinicogemelli.it e indicando nell’e-mail situazione personale ed esigenze specifiche della paziente. L’ambulatorio non ha ancora un nome dedicato; vorremmo provare a trovarlo insieme alle pazienti. Per questo abbiamo mandato una richiesta di proposte e poi faremo loro votare il nome più appropriato.

Come si colloca il neonato centro ginecologico sul territorio?
Mi sono già trovata in questi anni ad interagire con famiglie e istituzioni del territorio. Ho invitato all’inaugurazione suor Michela Carrozzino del Don Guanella, che mi ha già inviato delle pazienti. Siamo in stretto contatto con la ginecologa che va regolarmente da loro per risolvere alcune situazioni in loco senza muovere le pazienti; tuttavia, laddove si rendano necessari attrezzature diverse o trattamenti che richiedono un ambiente ospedaliero, noi siamo pronti ad accoglierle. Mi sono inoltre confrontata con il professor Felice Petraglia (direttore del dipartimento materno infantile dell’Azienda ospedaliero universitaria Careggi di Firenze, ndr) che al Careggi ha realizzato un ambulatorio simile. Qui a Roma la diocesi ha avviato al Quadraro un consultorio familiare con una particolare attenzione alle donne con disabilità, quindi è stato importante costruire relazioni con loro.
Credo moltissimo nel lavoro in rete. Per questo incoraggio le giovani colleghe ad avere un’attenzione speciale alla rete con i colleghi, le istituzioni e le associazioni quali, ad esempio, Spes contra spem che ha svolto un grande lavoro per le persone con disabilità in ospedale, fino alla stesura di una Carta dei loro diritti nel 2016. E poi ho ‘guardato’ all’estero: si tratta di una realtà presente in molti Paesi del Nord Europa.

Questo ambulatorio è un’esperienza virtuosa da replicare anche in altri contesti ma anche il segno di una sensibilità e un’attenzione da promuovere a tutti i livelli della società?
Sì, vorrei non rimanesse un centro unico ma venisse replicato. Sto pensando a momenti di incontro sul territorio per condividere questa ‘buona pratica’ con colleghi ginecologi. Ma vorrei anche che costituisse, più in generale, un modello per altre applicazioni in ambiti diversi. In un contesto in cui si parla molto di sostenibilità economica, realizzare un ambulatorio come questo non è certamente remunerativo dal punto di vista economico ma è un grande investimento dal punto di vista umano, sociale e culturale.

È certamente un seme di bene e un segno di civiltà…
Sì, anche perché avvia un circuito virtuoso e tanti cerchi d’onda; non possiamo sapere dove alla fine arriverà questo bene e quale ritorno potrà avere in termini di benessere e uguali diritti per tutti.

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Confraternite

‘Elegia dei martiri’ del martinese Palmisano il brano vincitore del concorso di marce funebri

25 Mar 2025

di Angelo Diofano

È di Martina Franca, il giovane compositore Angelo Palmisano  che con la sua marcia funebre ‘Elegia dei martiri’ ha vinto il primo premio del concorso internazionale di composizione di marce per la Settimana Santa – Città di Taranto organizzato dalla confraternita SS.Addolorata e San Domenico la cui serata finale, presentata da Rosalba De Giorgi,  si è svolta sabato sera nella chiesa di San Domenico.
Il verdetto è scaturito da una giuria di tecnici composta dai maestri Ermir Krantja, Vincenzo Anselmi, Michele Pezzuto, Donato Semeraro e Nicola Cotugno, tutti musicisti di chiara fama, riunitasi alla presenza del segretario del concorso Donato Luccarelli.
Il brano è stato il primo a essere eseguito in forma anonima (come tutti gli altri, contrassegnati da un codice) nel concerto tenuto dalla Grande Orchestra di fiati ‘Santa Cecilia-Città di Taranto’, diretta dal maestro Giuseppe Gregucci, che è stato anche il direttore artistico del concorso.

 

Al vincitore è andato un premio in denaro di 1.500 euro, il trofeo ‘Città di Taranto’ e il diploma di partecipazione. Visibilmente emozionato e sorpreso piacevolmente dall’affermazione, Angelo Palmisano, il cui nonno è stato capobanda del complesso bandistico martinese, ha scritto altre musiche originali per tale organico strumentale.

L’iniziativa, hanno ribadito il priore della confraternita Giancarlo Roberti e il padre spirituale mons. Emanuele Ferro, è stata voluta per incrementare e rinverdire il già cospicuo patrimonio di marce funebri tarantine, aggiungendo una nota di originalità compositiva senza però rinunciare allo stile tradizionali adatto alle ‘nazzecate’. Questo, a 48 anni dall’ultimo concorso del genere, organizzato dalla confraternita dell’Addolorata e San Domenico, da quella del Carmine e dell’Ente provinciale per il turismo, di cui fu dichiarata vincitrice la marcia ‘Grido di dolore’ del maestro Amleto Cardone, ornai entrata nel cuore dei tarantini.
Quattro sono state le marce finaliste eseguite nel concerto in San Domenico sulle 29 partecipanti; la quinta in programma è stata squalificata per non aver rispettato una parte dell’articolo 8 del regolamento del concorso relativo alla riconoscibilità
Il secondo premio  è andato invece a ‘Consolazione’ (secondo brano nell’ordine di esecuzione), di Aldo Paternò da Pietralia Sottana (Palermo), risultato  vincitore anche della menzione speciale da parte dei musicisti della banda ‘Santa Cecilia-Città di Taranto’.
Il terzo premio è stato appannaggio di, “Ricordando Antonio Arcuri” (quarta marcia nell’ordine di esecuzione) di Rosario Durante da Santa Maria del Cedro (Cosenza); la marcia è stata vincitrice anche del premio speciale della tradizione tarantina “Mons. Cosimo Quaranta” da parte della giuria popolare composta da rappresentanti delle confraternite del Carmine, di Santa Maria di Costantinopoli, dell’Immacolata e dell’Addolorata e San Domenico. Il riconoscimento è stato consegnato al compositore cosentino  dal fratello dell’indimenticato padre spirituale della confraternita organizzatrice, Francesco.
Infine il quarto premio è andato a “Pater, transeat a me calix iste” (terza marcia nell’ordine di esecuzione), di Charalampos Makris da Corfù (Grecia).
Anche a questi compositori, oltre al caloroso applauso del foltissimo pubblico, sono andati premi in denaro e il diploma di partecipazione.
Per la cronaca, dall’estero sono giunte al concorso due marce da Malta, non entrate in finale.
Fra le autorità presenti, il prefetto di Taranto, dott.ssa Paola Dessí che ha consegnato il premio alla carriera da parte della confraternita al m° col. Vincenzo Borgia, tarantino di nascita, già direttore della Banda dei carabinieri (l’arma è stata rappresentata durante la serata dal comandante della stazione ‘San Cataldo’ di città vecchia, Rodolfo Gentile). Nonostante l’età avanzata (ben 92 anni) il musicista continua nella sua attività compositiva, partecipando alle manifestazioni dove le sue musiche sono eseguite. Durante la serata, Borgia ha raccontato alcuni ricordi legati alla gloriosa Banda dei carabinieri da lui diretta, specialmente nei concerti all’estero, occasione di raduno dei tanti emigrati che a lui erano soliti stringersi commossi.

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Presentazione libro

‘Liturgia & Sinodalità’, presentazione del libro di mons. Marco Gerardo

24 Mar 2025

di Angelo Diofano

Mercoledì 26 marzo alle ore 18.45 nel salone di rappresentanza dell’amministrazione provinciale, in via Anfiteatro, mons. Marco Gerardo, direttore dell’ufficio diocesano per la liturgia e parroco al Carmine di Taranto, presenterà il suo ultimo libro intitolato ‘Liturgia & Sinodalità’, pubblicato dalla casa editrice Clv (Centro liturgico vincenziano).
Interverranno l’arcivescovo mons. Ciro Miniero, il vescovo di Cerignola nonché delegato della Conferenza episcopale pugliese per la liturgia, mons. Fabio Ciollaro, e don Mauro Dibenedetto, segretario della commissione liturgica regionale.

La serata sarà aperta con un ricordo del compianto arcivescovo mons. Benigno Luigi Papa nel 64.mo anniversario di sacerdozio.

 

Alcune informazioni sul libro

Nel testo vengono valorizzati, come luoghi propri di formazione di uno stile sinodale:

  • la ministerialità liturgica: nessun ministero – neppure quello dei presbiteri – può bastare a sé stesso né tantomeno assorbire gli altri. Solo il convergere di tutti i ministeri verso l’unico centro della celebrazione, che è Cristo, fa “funzionare” il rito liturgico. Così nella Chiesa: solo il convergere della partecipazione di tutti i battezzati nell’unica missione ecclesiale fa “funzionare” la stessa vita della Chiesa;
  • l’architettura liturgica: è forse il segmento più innovativo del testo. Finora l’architettura liturgica è stata studiata nei suoi elementi simbolici a sé stanti, ricavando il loro ruolo semantico. In questo studio l’autore evidenzia che i differenti elementi strutturali dell’edificio ecclesiale vivono in una continua tensione relazionale, arricchendosi reciprocamente di significato. Così, nella vita della Chiesa tutte le realtà (singoli e comunità, gerarchia e popolo di Dio, servizi e ministeri…) vivendo in una costante tensione relazionale si arricchiscono reciprocamente;
  • la pietà popolare: si tratta della rielaborazione di un contributo che l’autore aveva preparato per il Catalogo di una mostra, legata alla pietà popolare dell’Italia meridionale in merito alla Passione di Cristo. Il catalogo fu inviato al Papa che lo apprezzò così tanto da inviare uno scritto autografo di ringraziamento e di apprezzamento. In questo segmento del testo si dimostra come la pietà popolare e le sue ricche e tradizionali espressioni permettano alla celebrazione ed alla vita ecclesiale di mantenere il loro radicamento “popolare”, senza pervertirsi in espressioni o forme clericali o elitarie.

Temi fondamentali

  1. La liturgia come scuola di sinodalità
    • La celebrazione liturgica non è solo espressione della Chiesa, ma ne è anche un luogo formativo, un’esperienza che plasma la comunità secondo uno stile sinodale.
    • La liturgia, se vissuta con autenticità, è la prima e fondamentale scuola di discepolato e fraternità.
  2. Rivalutazione del rito e superamento del sospetto anti-rituale
    • L’autore critica il persistente pregiudizio nei confronti del rito liturgico, spesso visto come secondario rispetto alla catechesi e alla pastorale.
    • Sottolinea che la liturgia è teologia “dal rito”, ossia non solo oggetto di riflessione, ma una realtà che educa in modo performativo.
  3. Il ruolo mistagogico della liturgia
    • Viene recuperato il metodo mistagogico, proprio della tradizione patristica, che collega Scrittura, liturgia e vita, mostrando come la celebrazione liturgica sia un’esperienza che forma alla comunione.
    • Si evidenzia il valore della “performatività” della liturgia: non solo insegna la fede, ma trasforma la vita dei credenti.
  1. L’assemblea celebrante come modello di Chiesa sinodale
    • Viene ribadita la centralità dell’assemblea liturgica come soggetto ministeriale, superando la contrapposizione tra clero e laici.
    • La partecipazione attiva non è solo questione di ruoli visibili, ma coinvolge tutto il popolo di Dio nella comprensione e nell’esperienza del mistero celebrato.
  2. L’osmosi tra liturgia ed ecclesiologia
    • La forma della Chiesa sinodale non può prescindere dalla liturgia: la celebrazione è l’espressione visibile della comunione ecclesiale e il luogo in cui la comunità cristiana fa esperienza della sua identità.

Intuizioni teologiche innovative

  • Riformulare la sinodalità a partire dalla liturgia: l’autore suggerisce che la sinodalità non si costruisce solo attraverso dibattiti e assemblee, ma si apprende primariamente nella celebrazione, che è già esperienza vissuta di cammino comune.
  • La liturgia come atto teandrico (divino-umano): non è solo un’azione comunitaria, ma un evento in cui Cristo stesso è il celebrante, rendendo presente il mistero pasquale. La celebrazione permette di recuperare il cristocentrismo liturgico ed ecclesiologico. Nessuna sinodalità sarà possibile se Gesù non è esplicitamente il centro unico della Chiesa, della sua vita e di tutte le sue dimensioni.
  • Superare l’opposizione tra rito e vita: la celebrazione liturgica non è un momento separato dalla vita cristiana, ma ne è il cuore pulsante, il luogo in cui il credente è educato alla comunione con Dio e con gli altri.
  • Prospettiva mistagogica contemporanea: viene proposta una rinnovata mistagogia che non si limiti alla spiegazione dei riti, ma che mostri come la liturgia trasforma la vita e il modo di pensare dei credenti, preparando la Chiesa a essere realmente sinodale.

In sintesi, il testo propone una visione ecclesiologica fortemente radicata nella liturgia, dove la sinodalità non è un concetto astratto, ma una forma di vita che si apprende nella celebrazione stessa. La liturgia è il luogo in cui la Chiesa si forma, si riconosce e si proietta nel futuro, diventando segno e strumento del Regno di Dio.

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