Tracce

Artisti o propagandisti?

foto dal sito www.avvenire.it
25 Lug 2025

di Emanuele Carrieri

La propaganda è una componente importantissima che provoca e alimenta le guerre, forgiando l’opinione pubblica, manipolando la verità. Per spiegare meglio, occorre fare ricorso a degli esempi: i litigi fra i ragazzini. Le frasi tipiche? “Non ho iniziato io!”, “È stato lui a incominciare!”. Peggiori sono le giustificazioni a sostegno di conflitti: “Difendiamo una causa giusta”, “Loro intenzionalmente commettono delle crudeltà, noi solo involontariamente”, “Fanno ricorso ad armi proibite”. Come non richiamare, a questo punto, il famoso intervento dell’allora segretario di Stato americano Colin Powell in cui accusò l’Iraq di uso di armi di distruzione di massa e agitò una fialetta contenente della polvere bianca? Continuando si giunge agli estremi: “La nostra guerra è sacra”, “Chi dubita è un traditore” per poi concludere con “Gli artisti sostengono la nostra causa”. Dopo non deve meravigliare il fatto che è stato annullato il concerto che il direttore di orchestra moscovita Valerij Gergiev avrebbe dovuto dirigere alla Reggia di Caserta, promosso ma poi cancellato dalla stessa istituzione. L’annuncio del concerto aveva provocato le reazioni delle comunità ucraine e dell’ambasciata di Kiev in Italia, dei dissidenti russi che vivono nel nostro Paese, una petizione con sedici mila firme e una lettera sottoscritta da molti premi Nobel per chiedere lo stop all’iniziativa. L’arte, la scultura, il teatro, la televisione, la poesia, la pittura, la musica, la letteratura, il cinema, sono espressioni dell’intelligenza umana, dell’intelletto degli uomini, del loro libero pensiero, sono parte integrante della loro formazione intellettuale, la parte emergente del patrimonio delle loro conoscenze. Tutto ciò non può essere vietato, purgato, censurato, inquisito perché “chi comanda non è disposto a fare distinzioni poetiche” ma non sanno le “menti semplici” di ciascun regime che “il pensiero, come l’oceano, non lo puoi bloccare, non lo puoi recintare” (sono parole tratte dal brano Come è profondo il mare di Lucio Dalla). La libertà è segno vitale, irrinunciabile per le democrazie. Però la libertà ha un baluardo nella responsabilità: non sempre, non tutte le azioni sono consentite e, infatti, le leggi pongono limiti all’agire. Ma non solo all’agire, anche al dire, ossia alle parole, che non devono, non possono e non vanno adoperate come pietre che colpiscono il prossimo. Basti pensare all’impiego dei social, spesso trasformati in una Cloaca Maxima. Il direttore di orchestra Gergiev appartiene, con ostentato orgoglio, al sistema di potere politico, ideologico ed economico del regime di Putin: è una delle sue voci più prestigiose, proprio in virtù delle immense doti artistiche che lo hanno reso famoso nel mondo. È un tenace sostenitore di quella che il Cremlino chiama ancora “operazione militare speciale” in Ucraina, con annessi e connessi vasti, ripetuti e documentati crimini sui civili. Nei giorni della settimana scorsa Gergiev ha diretto la prima, al Teatro Bolshoj della capitale russa, dedicata alla “cacciata dello straniero” dal Donbass, l’annessione militare e illegale della regione, insieme ad altri territori ucraini, e proclamata dallo zar di Mosca nel settembre del 2022. Quella che per il Cremlino è una “liberazione” comprende, fra gli altri crimini, il trasferimento, in Russia, di migliaia di minori dai territori invasi. La solita e “immarcescibile” – se non altro, nell’atteggiamento più che intimidatorio del volto – portavoce del Ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha condannato con fermezza la decisione di annullare il concerto, definendola un tentativo discriminatorio di “cancellazione della cultura”. La Zakharova ha citato il Vangelo di Matteo in lingua italiana: “Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi”. Questa non è la prima volta che l’Italia finisce nel mirino di Mosca e di una agitata e tesa portavoce del Ministero degli Esteri russo. La Zakharova, a marzo, aveva attaccato il presidente della Repubblica Mattarella, che avrebbe diffuso menzogne sulla minaccia nucleare russa. In passato, aveva accusato Mattarella di “invenzioni blasfeme” per il fatto che, in una lectio magistralis del 5 febbraio, aveva accostato l’aggressione all’Ucraina ai progetti di conquista del Terzo Reich. Ma non è finita: tornando all’agosto del 2024, la Zakharova aveva accusato i media italiani di rammentare il Völkischer Beobachter, l’organo ufficiale del Partito Nazionalsocialista della Germania dei tempi di Adolf Hitler. Singolare la posizione di Moni Ovadia, che è noto per essere “fumino”, ma anzitutto perché è un personaggio complesso e poliedrico, famoso per il suo impegno civile e per la sua forte carica ironica. Invitato a un dibattito in un programma radiofonico di una rete privata, l’intellettuale e artista italo-ebreo ha attaccato la decisione della direzione della Reggia di Caserta. È stato un attacco durissimo, una vera e propria valanga di “lodi” contro tutto e contro tutti, ma, fra un attacco d’ira e il successivo, ha spostato la rotta del dibattito sulla disparità di trattamento fra Russia e Israele da parte dell’Occidente, dell’America, della Nato, dell’Europa. A suo giudizio, il silenzio internazionale su ciò che sta accadendo nella Striscia di Gaza rischia di attribuire legittimità a nuovi orrori, a più terribili mostruosità: “Domani qualsiasi tiranno, qualsiasi aspirante dittatore potrà commettere i peggiori crimini, dicendo poi: Ma cosa volete, voi dell’Occidente? Non avete titolo per parlare. Avete fatto del diritto internazionale quel che vi pare. I vostri amici possono sterminare persone e perpetrare genocidi e per voi tutto bene. Per gli altri, invece?”. Il rischio, per Ovadia, è quello di una caduta verso la barbarie: “Il trattamento riservato a Israele di favore, di impunità, verrà richiesto da chiunque. Quindi, si assisterà a nuovi genocidi. I sionisti hanno legittimato la pulizia etnica, il genocidio, il furto di terre, il furto di tutto. Ho paura che ne vedremo cose terrificanti”. I superstiziosi sappiano che siamo tutti colpevoli, tutti responsabili.

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Festeggiamenti patronali

Scelto il disegno celebrativo per i 100 anni di Sant’Emidio, patrono di Leporano

25 Lug 2025

di Angelo Diofano

Per il disegno celebrativo dei cento anni di Sant’Emidio, patrono di Leporano, a voto unanime la scelta è caduta sull’elaborato di Domenico C. della classe 3ª B del locale istituto comprensivo ‘Gemelli’ che ha ritratto santo mentre sorregge un arco del paese che sta cadendo a causa del sisma, con annessa una breve invocazione.

La commissione era formata dal parroco don Giancarlo Ruggieri, Nico Mola (presidente Anspi Leporano), Danilo Secondo (vice sindaco), Giusy Calviello (assessore alla pubblica istruzione), Anna Strazzullo (preside dell’istituto comprensivo Gemelli) e Andrea Spada (vicepresidente del comitato festeggiamenti).

Il concorso è stata la conclusione di un bellissimo progetto nelle scuole del territorio, partito nel mese di maggio, dal titolo ‘Sant’Emidio patrono di tutte le generazioni’, frutto della collaborazione tra scuola, amministrazione comunale, parrocchia e l’Anspi. Dopo il racconto della storia del santo patrono nelle varie classi a cura del parroco, gli alunni, con il supporto delle insegnanti, hanno realizzato dei disegni che rappresentano Sant’Emidio secondo occhi e cuore di bambini.

“La scelta di un disegno da utilizzare per il manifestino celebrativo del centenario – ha detto don Giancarlo – è stata davvero difficile, data la particolare creatività e la sensibilità con cui ogni bambino ha interpretato la figura del Santo. Tuttavia tutti gli elaborati saranno esposti in piazza Maria Immacolata durante i giorni della festa patronale, affinché l’intera comunità possa condividerne il significato e la bellezza. Un grazie speciale va a tutti i bambini, alle insegnanti e a chi ha reso possibile questa iniziativa che unisce le generazioni nel nome del nostro Santo protettore”.

Intanto continua la distribuzione delle monete celebrative per il centenario di Sant’Emidio, da ritirare nell’ufficio parrocchiale dalle ore 18 di ogni giorno e, se ancora disponibili, sabato 26 e domenica 27, sul sagrato della Chiesa madre.

 

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Città

Liviano eletto presidente del Consiglio comunale, Bitetti espone il programma

24 Lug 2025

di Silvano Trevisani

Gianni Liviano è il nuovo presidente del Consiglio comunale di Taranto. Il primo atto formale della seduta d’insediamento del Consiglio è stato, dunque, la sua elezione, avvenuta con voto unanime, a testimonianza del consenso trasfersale alla sua candidatura da parte di tutti i gruppi presenti in Consiglio. Liviano era stato eletto nella lista di Democrazia solidale – Demos, che sosteneva il sindaco Bitetti. Vicepresidente del Consiglio, sempre all’unanimità, è stata eletta Tiziana Toscano di Fratelli d’Italia.

Liviano ha ringraziato per la fiducia accordatagli con questo voto sia dagli esponenti della maggioranza che da quelli dell’opposizione. “Vorrei che questo voto – ha detto – fosse un presidio di democrazia, una testimonianza autentica di rispetto della diversità, di capacità di sintesi, di impegno di mediazione. Ma vorrei che fosse chiaro a tutti che la democrazia non si esaurisce nelle sue regole di funzionamento ma trova il suo valore autentico nel rispetto delle persone”.

Nel primo discorso tenuto al Consiglio, il sindaco Piero Bitetti ha tracciato le linee programmatiche, alla presenza di tutti e 32 i consiglieri comunali eletti a giugno. Ribadendo l’intento che ha espresso durante tuta la campagna elettorale, di restituire “orgoglio” ai cittadini di Taranto per la propria città, Bitetti ha elencato i settori sui quali si concentrerà l’attenzione della sua giunta. A partire dai problemi ambientali. “Non arretreremo di un millimetro sulla difesa del diritto alla salute. – ha dichiarato – Vogliamo una Taranto libera dalle fonti inquinanti, con una transizione industriale reale, accompagnata da un accordo di programma vincolante, un tavolo permanente di vigilanza ambientale, e il pieno coinvolgimento di cittadini e istituzioni. Lavoreremo per la chiusura dell’area a caldo dell’ex Ilva, senza lasciare indietro nessun lavoratore”.

Progetti trasportistici, rigenerazione urbana e decoro, sviluppo economico e lavoro; cultura, università, sport; welfare e inclusione, sono stati gli altri punti toccati, in una visione che si fonda su un Comune “trasparente, unito e partecipato”.

Quello che Bitetti vede è un Comune impegnato a creare anche opportunità per favorire l’occupazione, rendendosi protagonista nei processi di investimento pubblico e attrazione di capitali, anche grazie al Fondo Sviluppo e coesione. Ma anche impegnato a favorire il polo universitario jonico, i giovani talenti locali, l’imprenditoria culturale, la memoria storica e i valori mediterranei.

“Questa è la visione che abbiamo condiviso con le cittadine e i cittadini e che ora ci impegniamo a realizzare.
Un programma ambizioso ma possibile – ha concluso – perché poggia su radici profonde: l’ascolto, la competenza, la passione per questa città. Taranto sarà ciò che merita di essere: una città europea, dinamica, inclusiva e accogliente. Il nostro compito è costruire questo futuro. Insieme”.

Rispondendo poi agli interventi dei consiglieri, Lazzaro, Angolano, Di Bello, Contrario e Vinci, Bitetti ha ribadito ancora una volta che ambiente e salute sono gli obiettivi in cima alla lista dell’amministrazione.

Da segnalare, inoltre, che la consigliera Bianca Boshniaku, eletta tra le file del Pd ha dichiarato la propria uscita dal partito, per divergenze politiche, e il passaggio al gruppo misto.

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L'argomento

Anci e Fondazione Con il Sud, un protocollo d’intesa per contrastare lo spopolamento nel Meridione

ph Fondazione con il Sud-Anci
24 Lug 2025

Collaborare alla realizzazione di un programma di sviluppo locale per innescare processi di rigenerazione demografica e di rivitalizzazione sociale dei territori, nell’ambito del bando “Riabitare il Sud” promosso dalla Fondazione Con il Sud a favore di piccoli Comuni e organizzazioni di Terzo settore meridionali. Questo l’obiettivo del protocollo di intesa firmato dai presidenti Gaetano Manfredi (Anci) e Stefano Consiglio (Fondazione con il Sud).
La Fondazione Con il Sud ha individuato come obiettivo strategico per il triennio 2025-2027 quello di affrontare e contrastare lo spopolamento del Mezzogiorno e, con il bando “Riabitare il Sud”, intende sostenere piccoli comuni e organizzazioni di Terzo settore di Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia nella realizzazione di interventi di sviluppo locale che contribuiscano a rallentare il processo di abbandono, coinvolgendo attivamente le comunità locali e ponendo le basi per la loro rivitalizzazione. La Fondazione con il Sud mette a disposizione 8 milioni di euro di risorse private con l’obiettivo di selezionare quattro progetti di sviluppo locale per la rigenerazione demografica e sociale dei territori. Un tema questo dello spopolamento che vede Anci da tempo coinvolta anche favorendo la diffusione di buone pratiche e di esperienze. Nello specifico Anci contribuisce all’iniziativa diffondendo la conoscenza dell’iniziativa tra i Comuni, contribuendo alla valorizzazione e diffusione delle azioni condotte dai Comuni nell’ambito del Bando.
Manfredi ha affermato: “Lo spopolamento dei nostri piccoli Comuni, soprattutto nel Mezzogiorno, rappresenta una sfida cruciale che richiede risposte concrete e sinergie tra istituzioni e territori. L’Anci è da tempo in prima linea su questo fronte, promuovendo il confronto e la diffusione di pratiche virtuose tra gli enti locali. La collaborazione con Fondazione Con il Sud è un ulteriore e fondamentale passo in questa direzione. Mettiamo a disposizione la nostra esperienza e il nostro capillare contatto con i Comuni per amplificare la portata di questa iniziativa e supportare le amministrazioni locali nel creare le condizioni necessarie affinché le comunità possano attrarre nuove energie e invertire la rotta dell’abbandono. Unendo le forze tra pubblico e privato sociale, possiamo dare un futuro ai territori e ai cittadini che scelgono di viverli”.
Consiglio (Fondazione Con il Sud) ha ringraziato l’Anci per la collaborazione: “Per affrontare sfide impegnative come quella del contrasto allo spopolamento è necessario creare alleanze di senso pubblico-privato a tutti i livelli, con l’obiettivo condiviso di rigenerare le comunità, dal punto di vista demografico e sociale, facendo in modo che chi vuole restare nel proprio territorio, chi vuole tornare e chi intende giungere o fermarsi possa farlo. Al bando Riabitare al Sud hanno partecipato 265 Comuni insieme a 204 enti di Terzo settore meridionali. Questo primo risultato dimostra che vi sono già tante comunità al Sud che non intendono subire passivamente lo spopolamento e che vogliono affrontarlo creando delle sinergie e le condizioni necessarie per dare una svolta concreta. La collaborazione tra terzo settore e Comuni del Sud non si limita solo a questo bando ma è trasversale a tutte le iniziative messe in campo dalla Fondazione, come ad esempio quelle in corso per la valorizzazione dei beni confiscati alle mafie e il bando Sport e inclusione”.

 

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Giubileo dei giovani

Don Pincerato (Cei): “Ai giovani dico nello zaino mettete docibilità e stupore”

ph Siciliani Gennari-Sir
24 Lug 2025

Saranno circa 70mila i giovani italiani che parteciperanno al Giubileo dei giovani che si aprirà il 28 luglio (fino al 3 agosto) a Roma. Li accompagneranno oltre 100 vescovi e centinaia di sacerdoti. Per dare loro accoglienza e supporto logistico il Servizio nazionale per la pastorale giovanile (Snpg) ha previsto anche ‘Casa Italia’ ospitata alla Lumsa, Libera Università Maria SS. Assunta in Via di Porta Castello. Qui i gruppi italiani in arrivo troveranno 100 volontari, provenienti da varie regioni e da diverse realtà ecclesiali, pronti a dare aiuto e assistenza. Di questo importante evento, che si accredita ad essere il più ricco di partecipanti – sono attesi circa un milione di giovani da tutto il mondo –, ne abbiamo parlato con don Riccardo Pincerato, responsabile del Snpg.

foto Siciliani Gennari-Sir

Che Giubileo sarà questo per i giovani pellegrini italiani?
Dopo quello del 2000, questo è il primo Giubileo ordinario, il primo del nuovo millennio. Il primo Giubileo per i nostri giovani in un tempo di chiesa diverso e di cultura e di società diverse rispetto a quello degli anni 2000. L’impressione è che sarà un Giubileo ‘ricercato’ al quale i giovani hanno scelto di partecipare, di esserci.
Ci sono alcune caratteristiche che lo rendono particolare. Innanzitutto, il tema della mobilità che rispetto al 2000 è molto diversa. Oggi la possibilità di viaggiare per i giovani è notevolmente aumentata rispetto al 2000. La possibilità di venire a Roma, di conoscerla, oggi è maggiore rispetto al passato.
La decisione di esserci nasce da una consapevolezza del contesto in cui il Giubileo si svolge: si tratta di un’esperienza proposta dalla Chiesa, un’esperienza di fede, di relazione e di incontro. C’è poi un altro aspetto da tenere in considerazione…

Quale sarebbe?
Partecipare al Giubileo per molti giovani è anche un modo per conoscere una Chiesa nuova. Non c’è più Papa Francesco, c’è Papa Leone, c’è una Chiesa nuova rispetto al 2000 e di questa Chiesa i giovani stanno facendo esperienza nei loro territori. Ciò che mi preme sottolineare è che, se nel 2000 la Chiesa con la parrocchia, la comunità, era ancora ‘il centro del villaggio’, oggi non è più così. Non è scontato che un giovane senta forte l’appartenenza alla Chiesa, alla comunità cristiana. Molti giovani oggi non arrivano alla Chiesa attraverso cammini ‘ordinari’ come possono essere oratori, movimenti, aggregazioni di vario tipo. Per loro vivere il Giubileo ha anche il sapore della sfida, quella di scoprire o riscoprire la Chiesa e la comunità ecclesiale.
Per molti giovani potrebbe rappresentare una prima volta di un’esperienza ecclesiale e di fede.
Non mancheranno, poi, quei giovani che hanno scelto di partecipare perché spinti dai genitori che si ricordano del grande Giubileo del 2000, dell’oceanico raduno a Tor Vergata con Giovanni Paolo II. Il Giubileo diventa così un’eredità lasciata loro dalla famiglia e un invito ad avventurarsi in questa grande esperienza.

foto Marco Calvarese-Sir

Cosa avete pensato, come Servizio per la pastorale giovanile, per aiutare i giovani a vivere al meglio questo evento giubilare?
Innanzitutto, abbiamo preparato un Sussidio, cartaceo e on line, che contiene riti e celebrazioni per vivere i momenti forti del Giubileo che sono il pellegrinaggio, l’attraversamento della Porta Santa, la riconciliazione, la professione di fede. Al suo interno anche le preghiere quotidiane, i canti liturgici, spunti spirituali per approfondire il significato del Giubileo anche uno spazio personale digitale, un diario dove poter annotare emozioni, riflessioni, preghiere, incontri. Questo diario è stato redatto in collaborazione l’Osservatorio giovani dell’Istituto Giuseppe Toniolo e tutto ciò che vi verrà scritto dai pellegrini sarà la base di una ricerca anonima sui giovani italiani.

Sempre come pastorale giovanile italiana proponete anche un intenso programma di eventi. Come è strutturato?
È un programma che ruota intorno a tre proposte: “Le 12 parole per dire speranza” (mercoledì 30 e giovedì 31 luglio), un percorso di ascolto e confronto articolato in incontri tematici distribuiti in dodici chiese giubilari della città. Le parole sono ‘coraggio, soglia, riscatto, abito, responsabilità, coscienza, senso, scoperta, promessa, popolo, gioia piena, abbraccio’. Attorno ad esse si raccoglieranno le voci di chi, nella vita personale o professionale, testimonia una speranza incarnata, le voci dei giovani presenti e la voce dei vescovi. Ci sono poi le esperienze di ‘prossimità’ che sono un’opportunità per vivere la speranza come gesto concreto di servizio. E poi “Tu sei Pietro, confessio fidei con i giovani italiani” il 31 luglio in piazza san Pietro, ispirato alla figura dell’apostolo Pietro. Altro evento è quello che si svolgerà il 30 e il 31 luglio, pensato con il Servizio per la pastorale delle persone con disabilità, “Giubileo for all” in cui i giovani potranno partecipare a momenti di riflessione, preghiera e spettacolo.

foto Sir

Mancano pochi giorni alla partenza, cosa consiglierebbe ai giovani di mettere nello zaino? Qualcosa che sia davvero utile a vivere questo pellegrinaggio a Roma. E non mi riferisco al sacco a pelo…
Nello zaino devono trovare posto due parole, non oggetti, ma parole. La prima è ‘docibilità’: un termine che indica la disposizione che uno ha ‘ad essere insegnato’, che indica una persona che ‘ha imparato a imparare’. A Roma i giovani faranno esperienza di fatica, di stanchezza, di testimonianza, vivranno esperienze comunitarie. Faranno esperienza di Dio. Se non si renderanno docibili e docili all’incontro, alla sfida, all’imprevisto, alla fatica, alla Parola, alla Chiesa, saranno sassi impermeabili e non avranno il gusto del pellegrinaggio. La seconda parola è ‘stupore’: essere docili alla vita e allo spirito apre allo stupore e alla meraviglia. Docilità al soffio dello spirito e stupore. In un tempo in cui tutti urlano, l’invito è fidarsi di chi bisbiglia al tuo cuore parole di salvezza e di gioia.

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Pace

La Carovana della pace delle Acli sarà a Taranto il 13 settembre

ph Acli
24 Lug 2025

“Questa carovana è come una valanga, che sta coinvolgendo sempre di più i nostri territori, è una valanga di pace. Non la facciamo solo per gli altri, ma anche per noi stessi, per rimettere in moto una coscienza collettiva”: così il presidente nazionale delle Acli, Emiliano Manfredonia, durante la presentazione, nella sede nazionale delle Acli a Roma, della Carovana della pace ‘Peace at work – l’Italia del lavoro costruisce la pace’, la grande iniziativa itinerante delle Acli che da settembre a dicembre attraverserà tutto il paese dal sud a nord per portare nei luoghi della quotidianità – scuole, fabbriche, cooperative, cantieri, università, ospedali, teatri e campi agricoli – un messaggio concreto di disarmo, giustizia sociale e nonviolenza attiva.
Un cammino collettivo che parte dal mondo del lavoro, per denunciare con forza la logica tossica secondo cui “la guerra fa bene all’economia” e per riaffermare l’idea che pace e lavoro sono parte di un’unica visione di società. La campagna ha ricevuto il Patrocinio dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e del lavoro della Cei, della Rete Pace e disarmo, della Fondazione PerugiAssisi e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
“Con “Peace at Work” vogliamo rimettere in circolo una parola chiara e radicale: la pace si costruisce con il lavoro, non con le armi né con i dazi – ha detto il vicepresidente nazionale con delega alla pace, Pierangelo Milesi -. In un tempo in cui si moltiplicano guerre armate e guerre commerciali, la Carovana della pace delle Acli attraverserà i luoghi della fatica quotidiana – fabbriche, scuole, cooperative, cantieri, ospedali – per ascoltare, condividere e generare speranza. La pace non è un’utopia disincarnata: è giustizia, è dignità, è disarmo, è futuro per le nuove generazioni. È un processo che ha bisogno di mani, di intelligenze e di comunità. Noi crediamo che l’Italia del lavoro possa e debba essere protagonista di una nuova stagione di dialogo e cooperazione, a partire dal basso. Per questo lanceremo anche un appello europeo, – ha concluso Milesi – perché l’Europa torni a essere un progetto di pace vera, non solo nei proclami ma nelle scelte concrete”.
La Carovana prenderà il via il 2 settembre da Palermo e toccherà circa 60 città italiane – con iniziative pubbliche, assemblee, laboratori di cittadinanza attiva e momenti di dialogo con i territori.
Passerà dalla Puglia a metà settembre con la tappa tarantina prevista per sabato 13 settembre.
Tra le tappe centrali quella che incrocerà la Marcia per la pace Perugia-Assisi del 12 ottobre e una tappa speciale sulla rotta balcanica, organizzata in collaborazione con l’ong Ipsia Acli e il Cta.
L’ultima tappa è prevista il 10 dicembre, Giornata internazionale dei diritti umani, a Milano mentre l’atto conclusivo della carovana si terrà con una tappa extra a Strasburgo dove sarà consegnato un appello alle istituzioni europee per rilanciare, a partire dal lavoro, una nuova stagione di cooperazione e sicurezza comune, ispirata allo spirito di Helsinki.
“In un tempo di guerre che si estendono a macchia d’olio e che rendono questa epoca così incerta e piena di sofferenze, – ha aggiunto don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e del lavoro della Cei – non possiamo più stare a guardare. L’iniziativa Peace at Work corrisponde alla domanda di formazione delle coscienze che è quanto di più urgente possiamo fare. Per educare occorre imparare ad incontrare. Uscire dalle nostre sicurezze per dare voce alla fame di pace e sete di relazioni che albergano nel cuore di ciascuno”.
Durante la conferenza stampa è intervenuto anche Sergio Bassoli, coordinatore Rete italiana pace e disarmo, che ha sottolineato come “pace e lavoro sono parte di un’unica idea di società. Il legame è dato dalla necessità, imprescindibile, di avere accesso ai diritti e di far valere, senza doppi standard, norme e regole universali, uguali per tutti. Garantire diritti universali è l’investimento per garantire sicurezza comune. Ecco, il cammino della carovana promossa dalle Acli, a cui tutti noi desideriamo dare un contributo, va in questa direzione, l’esatto contrario della strada che rincorre il riarmo, piena di muri e di barriere che porta alla guerra”.
Alla fine di ogni tappa, e prima che la carovana riprenda il viaggio, verrà donata ai rappresentanti del territorio che hanno organizzato l’evento, una pianta di ulivo come simbolo da piantare e custodire.
La Carovana della Pace ideata e organizzata dalle Acli ci ricorda che «pace e lavoro camminano insieme». Il diritto al lavoro e il diritto alla pace sono due diritti fondamentali interdipendenti che però spesso collochiamo su piani molto lontani dimenticando che “non c’è pace senza lavoro” e “non c’è lavoro senza pace”. – ha dichiarato Flavio Lotti, presidente Fondazione PerugiAssisi –  Oggi questi due diritti sono fortemente minacciati dalla crescita vorticosa delle disuguaglianze, delle guerre e della corsa al riarmo. Il lavoro ci da la vita, le bombe ce la tolgono. Il lavoro crea sicurezza, le bombe la distruggono. Per questo chiediamo che i nostri soldi siano spesi per creare dignità e lavoro, non per comprare altre bombe. Per questo l’organizzazione della Carovana della Pace delle ACLI s’intreccia con il lavoro di organizzazione della Marcia PerugiAssisi per la Pace e la Fraternità del prossimo 12 ottobre. Lavoriamo assieme per la costruzione di una coscienza, una cultura e una politica di pace positiva”.
A chiudere la conferenza, le parole del presidente nazionale delle Acli, Emiliano Manfredonia, che ha ricordato il senso profondo dell’impegno delle Associazioni cristiane lavoratori italiani, per la pace: “Peace at Work è un’iniziativa nata dal basso, con il cuore nel lavoro e lo sguardo rivolto alla pace. La pace non è un lusso: è l’unica soluzione praticabile, la sola via realistica. Dobbiamo imparare a ‘vincere la pace’, non a vincere la guerra. Preparare la guerra in nome della pace è una tragica banalità che apre le porte al male. Dove si è preparata la guerra, si è fatta la guerra. E oggi, quella logica ha bisogno anche di una legittimazione popolare che – fortunatamente – ancora non c’è. Non è la diplomazia a mancare, è la politica che sta fallendo. È più facile scegliere la scorciatoia delle armi che non la via difficile, ma necessaria, della trattativa, della mediazione, del dialogo. Certo non siamo ingenui: siamo realisti. Quello che stiamo vedendo in questi giorni a Gaza è qualcosa che supera ogni immaginazione, è in atto un vero e proprio sterminio, ogni giorno si aggiungono crimini contro l’umanità, bisogna fermare questa strage, come bisogna fermare tutte le guerre. Non vogliamo essere ricordati nei libri di storia come quelli che hanno assistito in silenzio a un genocidio, che non hanno fatto nulla mentre a Gaza morivano innocenti. Abbiamo visto con i nostri occhi le ferite aperte della guerra in Ucraina e nei Balcani. E siamo convinti che la pace non sia un sogno astratto, ma un processo concreto che chiede coraggio, giustizia e partecipazione. La pace è il primo dei diritti, è un bene indivisibile. La Carovana della Pace non è un atto simbolico, ma una scelta politica e culturale forte: rimettere al centro il lavoro, la dignità, la legalità e la comunità come strumenti per disarmare i cuori e costruire futuro.  La Carovana è un cammino che ci mette in discussione, un invito a tutti, anche a chi ha visioni diverse, perché la pace o è di tutti o non è. Certo non ci facciamo illusioni:  non risolveremo da soli i conflitti globali, ma possiamo seminare relazioni, costruire dal basso una diplomazia nuova, delle persone e delle città.
La pace è come la democrazia: nasce dal basso, si nutre di legami, si costruisce insieme. E noi vogliamo benedire questo tempo, non maledirlo: renderlo un tempo buono, fecondo, di speranza”.

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Pace

La Carovana della pace delle Acli sarà a Taranto il 13 settembre

ph Acli
24 Lug 2025

“Questa carovana è come una valanga, che sta coinvolgendo sempre di più i nostri territori, è una valanga di pace. Non la facciamo solo per gli altri, ma anche per noi stessi, per rimettere in moto una coscienza collettiva”: così il presidente nazionale delle Acli, Emiliano Manfredonia, durante la presentazione, nella sede nazionale delle Acli a Roma, della Carovana della pace ‘Peace at work – l’Italia del lavoro costruisce la pace’, la grande iniziativa itinerante delle Acli che da settembre a dicembre attraverserà tutto il paese dal sud a nord per portare nei luoghi della quotidianità – scuole, fabbriche, cooperative, cantieri, università, ospedali, teatri e campi agricoli – un messaggio concreto di disarmo, giustizia sociale e nonviolenza attiva.
Un cammino collettivo che parte dal mondo del lavoro, per denunciare con forza la logica tossica secondo cui “la guerra fa bene all’economia” e per riaffermare l’idea che pace e lavoro sono parte di un’unica visione di società. La campagna ha ricevuto il Patrocinio dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e del lavoro della Cei, della Rete Pace e disarmo, della Fondazione PerugiAssisi e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
“Con “Peace at Work” vogliamo rimettere in circolo una parola chiara e radicale: la pace si costruisce con il lavoro, non con le armi né con i dazi – ha detto il vicepresidente nazionale con delega alla pace, Pierangelo Milesi -. In un tempo in cui si moltiplicano guerre armate e guerre commerciali, la Carovana della pace delle Acli attraverserà i luoghi della fatica quotidiana – fabbriche, scuole, cooperative, cantieri, ospedali – per ascoltare, condividere e generare speranza. La pace non è un’utopia disincarnata: è giustizia, è dignità, è disarmo, è futuro per le nuove generazioni. È un processo che ha bisogno di mani, di intelligenze e di comunità. Noi crediamo che l’Italia del lavoro possa e debba essere protagonista di una nuova stagione di dialogo e cooperazione, a partire dal basso. Per questo lanceremo anche un appello europeo, – ha concluso Milesi – perché l’Europa torni a essere un progetto di pace vera, non solo nei proclami ma nelle scelte concrete”.
La Carovana prenderà il via il 2 settembre da Palermo e toccherà circa 60 città italiane – con iniziative pubbliche, assemblee, laboratori di cittadinanza attiva e momenti di dialogo con i territori.
Passerà dalla Puglia a metà settembre con la tappa tarantina prevista per sabato 13 settembre.
Tra le tappe centrali quella che incrocerà la Marcia per la pace Perugia-Assisi del 12 ottobre e una tappa speciale sulla rotta balcanica, organizzata in collaborazione con l’ong Ipsia Acli e il Cta.
L’ultima tappa è prevista il 10 dicembre, Giornata internazionale dei diritti umani, a Milano mentre l’atto conclusivo della carovana si terrà con una tappa extra a Strasburgo dove sarà consegnato un appello alle istituzioni europee per rilanciare, a partire dal lavoro, una nuova stagione di cooperazione e sicurezza comune, ispirata allo spirito di Helsinki.
“In un tempo di guerre che si estendono a macchia d’olio e che rendono questa epoca così incerta e piena di sofferenze, – ha aggiunto don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e del lavoro della Cei – non possiamo più stare a guardare. L’iniziativa Peace at Work corrisponde alla domanda di formazione delle coscienze che è quanto di più urgente possiamo fare. Per educare occorre imparare ad incontrare. Uscire dalle nostre sicurezze per dare voce alla fame di pace e sete di relazioni che albergano nel cuore di ciascuno”.
Durante la conferenza stampa è intervenuto anche Sergio Bassoli, coordinatore Rete italiana pace e disarmo, che ha sottolineato come “pace e lavoro sono parte di un’unica idea di società. Il legame è dato dalla necessità, imprescindibile, di avere accesso ai diritti e di far valere, senza doppi standard, norme e regole universali, uguali per tutti. Garantire diritti universali è l’investimento per garantire sicurezza comune. Ecco, il cammino della carovana promossa dalle Acli, a cui tutti noi desideriamo dare un contributo, va in questa direzione, l’esatto contrario della strada che rincorre il riarmo, piena di muri e di barriere che porta alla guerra”.
Alla fine di ogni tappa, e prima che la carovana riprenda il viaggio, verrà donata ai rappresentanti del territorio che hanno organizzato l’evento, una pianta di ulivo come simbolo da piantare e custodire.
La Carovana della Pace ideata e organizzata dalle Acli ci ricorda che «pace e lavoro camminano insieme». Il diritto al lavoro e il diritto alla pace sono due diritti fondamentali interdipendenti che però spesso collochiamo su piani molto lontani dimenticando che “non c’è pace senza lavoro” e “non c’è lavoro senza pace”. – ha dichiarato Flavio Lotti, presidente Fondazione PerugiAssisi –  Oggi questi due diritti sono fortemente minacciati dalla crescita vorticosa delle disuguaglianze, delle guerre e della corsa al riarmo. Il lavoro ci da la vita, le bombe ce la tolgono. Il lavoro crea sicurezza, le bombe la distruggono. Per questo chiediamo che i nostri soldi siano spesi per creare dignità e lavoro, non per comprare altre bombe. Per questo l’organizzazione della Carovana della Pace delle ACLI s’intreccia con il lavoro di organizzazione della Marcia PerugiAssisi per la Pace e la Fraternità del prossimo 12 ottobre. Lavoriamo assieme per la costruzione di una coscienza, una cultura e una politica di pace positiva.”
A chiudere la conferenza, le parole del presidente nazionale delle Acli, Emiliano Manfredonia, che ha ricordato il senso profondo dell’impegno delle Associazioni cristiane lavoratori italiani, per la pace: “Peace at Work è un’iniziativa nata dal basso, con il cuore nel lavoro e lo sguardo rivolto alla pace. La pace non è un lusso: è l’unica soluzione praticabile, la sola via realistica. Dobbiamo imparare a ‘vincere la pace’, non a vincere la guerra. Preparare la guerra in nome della pace è una tragica banalità che apre le porte al male. Dove si è preparata la guerra, si è fatta la guerra. E oggi, quella logica ha bisogno anche di una legittimazione popolare che – fortunatamente – ancora non c’è. Non è la diplomazia a mancare, è la politica che sta fallendo. È più facile scegliere la scorciatoia delle armi che non la via difficile, ma necessaria, della trattativa, della mediazione, del dialogo. Certo non siamo ingenui: siamo realisti. Quello che stiamo vedendo in questi giorni a Gaza è qualcosa che supera ogni immaginazione, è in atto un vero e proprio sterminio, ogni giorno si aggiungono crimini contro l’umanità, bisogna fermare questa strage, come bisogna fermare tutte le guerre. Non vogliamo essere ricordati nei libri di storia come quelli che hanno assistito in silenzio a un genocidio, che non hanno fatto nulla mentre a Gaza morivano innocenti. Abbiamo visto con i nostri occhi le ferite aperte della guerra in Ucraina e nei Balcani. E siamo convinti che la pace non sia un sogno astratto, ma un processo concreto che chiede coraggio, giustizia e partecipazione. La pace è il primo dei diritti, è un bene indivisibile. La Carovana della Pace non è un atto simbolico, ma una scelta politica e culturale forte: rimettere al centro il lavoro, la dignità, la legalità e la comunità come strumenti per disarmare i cuori e costruire futuro.  La Carovana è un cammino che ci mette in discussione, un invito a tutti, anche a chi ha visioni diverse, perché la pace o è di tutti o non è. Certo non ci facciamo illusioni:  non risolveremo da soli i conflitti globali, ma possiamo seminare relazioni, costruire dal basso una diplomazia nuova, delle persone e delle città.
La pace è come la democrazia: nasce dal basso, si nutre di legami, si costruisce insieme. E noi vogliamo benedire questo tempo, non maledirlo: renderlo un tempo buono, fecondo, di speranza”.

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Emergenze ambientali

Incendi, mons. Oliva (Locri): “Ferita profonda inferta al creato e a noi stessi”

foto diocesi di Acireale
24 Lug 2025

di Raffaele Iaria

“Abbiamo bisogno della natura. E la natura ha bisogno di noi!”: è il monito che lancia oggi il vescovo di Locri-Gerace, mons. Francesco Oliva, in una lettera alle comunità colpite dagli incendi, in particolare a quella di Roccella, Gioiosa jonica e Caulonia, in Calabria.
Il presule scrive con “profondo dolore” e “vicinanza” ai cittadini e fedeli in questo “difficile momento, in cui il vostro territorio è stato duramente colpito dagli incendi. So quanto possa essere doloroso vedere bruciare i propri campi, sentire minacciata la propria casa, vivere l’angoscia per i beni perduti e per il pericolo corso da tante abitazioni. Il paesaggio che eravamo abituati a vedere, boschi che ci offrivano frescura e bellezza, oliveti e i pascoli che parlavano del lavoro e della cura di generazioni, ora appaiono inceneriti, terribilmente distrutti.
Tutto questo –
 scrive mons. Oliva – ci tocca nel profondo: abbiamo bisogno della natura più di quanto essa ha bisogno di noi! Non è solo uno sfondo della nostra vita, è parte viva della nostra esistenza”. Gli incendi, il “più delle volte frutto di incuria e soprattutto di dolo”, sono “una ferita profonda inferta al creato e a noi stessi”, perché “tutto è connesso”. Quando “la natura soffre, anche noi soffriamo”, sostiene il vescovo di Locri-Gerace aggiungendo che “quando la distruggiamo, distruggiamo qualcosa di noi. Davanti a tanta devastazione, siamo chiamati ad una conversione
ecologica, a prenderci cura della nostra terra con gesti concreti, educandoci al rispetto dell’ambiente, contrastando l’illegalità e l’indifferenza, promuovendo la cultura della prevenzione e della responsabilità civile. Ma, anche in mezzo alla cenere, la speranza non viene meno. La scorgiamo in tutti coloro che si sono prodigati per soccorrere, salvare, spegnere le fiamme e offrire sostegno”: i vigili del fuoco, le forze dell’ordine, la protezione civile, gli operatori di Calabria Verde, i volontari e tutti i cittadini che si sono mobilitati. Alle comunità colpite il presule della Locride dice che non sono sole e le invita a “trasformare questa ferita in un’occasione di rinnovato impegno per la custodia del creato e per la solidarietà fraterna. Da questa prova può rinascere una vita più forte, più attenta, più sensibile nei confronti della casa comune”.

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Tregua in Palestina

Gaza: appello di 115 ong per un cessate il fuoco immediato e l’ingresso degli aiuti

foto Lpj
23 Lug 2025

Gaza è allo stremo per la fame e la lotta per la sopravvivenza è sempre più disperata. Anche gli operatori umanitari che prima gestivano la distribuzione degli aiuti ora si ritrovano in fila per averne un po’. Con le scorte totalmente esaurite, 115 organizzazioni internazionali hanno lanciato, oggi, un appello congiunto per chiedere l’apertura immediata di tutti i valichi terrestri, la fine dell’assedio imposto dal governo israeliano e un cessate il fuoco duraturo per permettere l’ingresso degli aiuti salvavita. I firmatari, tra cui Caritas Germania, Caritas Internationalis, Caritas Jerusalem, Amnesty International, Norwegian Refugee Council, Oxfam, Pax Christi International, Terre des Hommes, Cesvi, Un Ponte Per, Cafod, Islamic Relief, denunciano una “carestia di massa” che si sta diffondendo nella Striscia di Gaza dove, secondo le Nazioni Unite, al 13 luglio, 875 palestinesi sono stati uccisi mentre cercavano cibo – 201 lungo le rotte degli aiuti e i restanti nei pressi dei centri di distribuzione. Migliaia sono stati feriti. “I massacri nei punti di distribuzione avvengono – riferisce il comunicato – quasi quotidianamente. Intanto, le forze israeliane hanno sfollato con la forza quasi due milioni di persone, confinandole in meno del 12% della Striscia di Gaza, con l’ultima ordinanza di evacuazione emessa il 20 luglio”.

ph Un Women/Suleiman Hajji

Netta la denuncia delle ong: “La fame viene ora usata come strumento di guerra, in violazione del diritto internazionale. Il Programma alimentare mondiale (Wfp) ha dichiarato che le condizioni attuali rendono impossibili le operazioni umanitarie”. Nonostante le promesse di cooperazione, tonnellate di aiuti — cibo, acqua potabile, medicine, carburante e materiali per rifugi — restano ferme nei magazzini, sia all’esterno che all’interno di Gaza. Le organizzazioni denunciano “ostacoli burocratici, ritardi e restrizioni imposte da Israele, che impediscono la distribuzione e che stanno creando caos e morte”.  I medici, riportano le ong, segnalano tassi record di malnutrizione acuta, in particolare tra i bambini e gli anziani. Le malattie legate alla fame e alla mancanza di igiene, come la diarrea acquosa, si stanno diffondendo. I mercati sono vuoti, i rifiuti si accumulano e la gente cade in strada per fame e disidratazione. A fronte di una popolazione di oltre due milioni di persone, entrano solo una media di 28 camion di aiuti al giorno, un numero del tutto insufficiente a soddisfare i bisogni dei gazawi. Le organizzazioni umanitarie hanno le capacità di portare aiuto ma spiegano, “con l’accesso negato siamo impedite a raggiungere le persone che sono nel bisogno”. Insomma, secondo l’appello, l’aiuto c’è, i mezzi ci sono, ma manca l’accesso. Il recente annuncio, il 10 luglio, di Israele e Ue di voler aumentare gli aiuti non trova riscontro nei fatti. “Il sistema sanitario non può funzionare con le false promesse”. Da qui le precise richieste alla comunità Internazionale: “Un Cessate il fuoco immediato e permanente; la rimozione di ogni ostacolo burocratico e amministrativo; l’apertura di tutti i valichi e consentire l’accesso in tutta la Striscia; rifiuto dei modelli di distribuzione militarizzata; ripristino di una risposta umanitaria guidata dalle Nazioni Unite; continuare il finanziamento stabile delle organizzazioni umanitarie imparziali; stop delle forniture di armi e munizioni da parte degli Stati che devono adottare misure concrete per porre fine all’assedio”. Secondo le Ong, i lanci aerei e le “soluzioni simboliche” non bastano: “Sono una cortina fumogena per nascondere l’inazione. Non sostituiscono gli obblighi legali e morali degli Stati. Questi ultimi possono e devono salvare vite, prima che non ne restino più da salvare”.

 

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Ecclesia

L’arcivescovo Zuppi e il presidente della comunità ebraica di Bologna: “Nessuna causa può giustificare il massacro di innocenti a Gaza”

ph Ansa-Sir
23 Lug 2025

“Fermi tutti. Tacciano le armi, le operazioni militari in Gaza e il lancio di missili verso Israele. Siano liberati gli ostaggi e restituiti i corpi. Si sfamino gli affamati e siano garantite cure ai feriti. Si permettano corridoi umanitari. Si cessi l’occupazione di terre destinate ad altri. Si torni alla via del dialogo, unica alternativa alla distruzione”: è quanto si legge nella dichiarazione congiunta dell’arcivescovo di Bologna, card. Matteo Maria Zuppi, e del presidente della comunità ebraica di Bologna, Daniele De Paz. “Ci uniamo al grido dell’umanità ferita che non vuole e non può abituarsi all’orrore della violenza: basta guerra. È il grido dei palestinesi e degli israeliani e di quanti continuano a credere nella pace, coscienti che questa può arrivare solo nell’incontro e nella fiducia, che il diritto può garantire nonostante tutto”, aggiungono. Zuppi e De Paz condannano “ogni atto terroristico che colpisce civili inermi” e ribadiscono che “nessuna causa può giustificare il massacro di innocenti. Troppi bambini sono morti. Nessuna sicurezza sarà mai costruita sull’odio. La giustizia per il popolo palestinese, come la sicurezza per il popolo israeliano, passano solo per il riconoscimento reciproco, il rispetto dei diritti fondamentali e la volontà di parlarsi”. Infine, il richiamo a rigettare “ogni forma di antisemitismo, islamofobia o cristianofobia” e a chiedere “alle istituzioni italiane e internazionali coraggio e lucidità perché aprano spazi di incontro e aiutino in tutti i modi vie coraggiose di pace. Il dolore unisca, non divida. Il dolore non provochi altro dolore. Dialogo non è debolezza, ma forza. La pace è sempre possibile. E comincia da qui, da noi. Fermi tutti!”.

 

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Associazionismo cattolico

La presentazione di ‘Peace at work’, una carovana per la pace attraverso l’Italia

23 Lug 2025

Oggi, mercoledì  23 luglio, nella sede nazionale delle Acli in via G. Marcora 18/20 a Roma, si presenta ‘Peace at work – l’Italia del lavoro costruisce la pace’, la nuova campagna delle Acli per promuovere la pace, il disarmo e la giustizia sociale a partire dal mondo del lavoro.
Una carovana che da settembre a dicembre attraverserà l’Italia per agire nei luoghi della quotidianità: scuole, fabbriche, cooperative, cantieri, campi agricoli, università, ospedali.
Sono i contesti del lavoro dove ogni giorno si costruiscono dignità, coesione, cura, sapere e comunità. Luoghi in cui si vive direttamente l’impatto delle scelte economiche, che oggi più che mai devono rimettere al centro la persona, contrastando l’idea tossica secondo cui “la guerra fa bene all’economia”.
La partenza ufficiale è prevista il 2 settembre da Palermo, ma tutti i dettagli saranno spiegati in conferenza stampa.
L’iniziativa culminerà con la consegna di un appello europeo alle istituzioni dell’Unione per rilanciare, a partire dal lavoro, una nuova stagione di dialogo ispirata allo spirito di Helsinki.
Interverranno: Pierangelo Milesi – vicepresidente nazionale Acli con delega alla pace; don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Cei; Sergio Bassoli, coordinatore Rete italiana pace e disarmo; Flavio Lotti, presidente Fondazione PerugiAssisi per la cultura della pace, Emiliano Manfredonia, presidente nazionale delle Acli.

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Da domani, a Pulsano, il Festival culturale del Santuario

23 Lug 2025

Preceduta dall’adorazione eucaristica che si terrà in Santa Maria La Nova a Pulsano stasera, mercoledì 23 dalle ore 20 a mezzanotte (con possibilità di confessarsi), dal 24 al 26 luglio si svolgerà in parrocchia la prima edizione del ‘Festival culturale del Santuario’.

Spiega il parroco don Davide Errico: “Approfittando dell’anno giubilare, desideriamo porre l’attenzione sul perdono, che rappresenta un aspetto della vita molto faticoso da affrontare perché spesso è ostacolato da alcune ferite che faticano a rimarginarsi. Si tratta di un considerevole apporto da parte della comunità parrocchiale per la crescita culturale e spirituale di tutto il nostro territorio”.

Giovedì 24 l’incontro sarà con Gherardo Colombo, che in chiesa alle ore 20.30 terrà una lectio su ‘Il perdono responsabile’. Ex magistrato, il relatore è autore di diversi libri sulla giustizia, la legalità e la Costituzione ed è  noto per aver condotto o contribuito a importanti inchieste su crimine organizzato, corruzione e mafia, tra cui la scoperta della Loggia P2 e l’operazione ‘Mani Pulite’.

Venerdì 25, sempre nella chiesa parrocchiale alle ore 20.30, ‘Il perdono riapre il futuro’ è il tema che sarà affrontato da Lidia Maggi. La relatrice è pastora battista – moglie di Angelo Reginato, anch’egli pastore – ed è impegnata nel dialogo ecumenico fra le religioni e da qualche anno svolge un ministero itinerante che la porta in giro per l’Italia per far conoscere le Sacre Scritture. 

Infine sabato 26 sarà la volta del noto psicoanalista e saggista Massimo Recalcati che terrà una lectio sull’ ‘Elogio del perdono’, sempre alle ore 20.30 ma nell’oratorio parrocchiale in via Sant’Egidio. Frequentemente ospite in  trasmissioni televisive, il relatore ha ricevuto una formazione giovanile cristiana da cui si è allontanato nell’età adulta, per poi ritornare alla fede successivamente.

Il ticket per quest’ultimo appuntamento è di 15 euro, con prenotazioni in parrocchia o su www.prolocopulsano.com/santamarialanova

“Siamo contenti di avere con noi questi illustri ospiti – conclude don Davide Errico – e ringrazio particolarmente Silvio Busico, direttore di Programma Sviluppo, che ha creduto nella bontà della nostra iniziativa”.

Il ‘Festival culturale del Santuario’ è organizzato dalla parrocchia con il patrocinio dell’amministrazione comunale.

 

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