Percorsi di pace

Il silenzio non è un opzione: Gaza chiede giustizia

Perché il mondo cattolico non può rimanere in silenzio davanti al grido di dolore dei bambini di Gaza

ph Vatican media-Sir
30 Set 2025

di Valentina Franzese

Ci sono immagini che difficilmente si possono cancellare o dimenticare. Non sono semplici fotografie che scorrono in televisione o nei feed dei nostri cellulari, sono ferite che squarciano il cuore e rimangono impresse negli occhi e nella mente. Una scuola distrutta, ospedali senza corrente che da luoghi di cura diventano luoghi di morte, piccoli corpi ricoperti di povere e avvolti in candide lenzuola, case rase al suolo, genitori disperati che scavano tra le macerie alla ricerca dei resti dei propri figli, giornalisti e fotoreporter trucidati mentre cercavano di raccontare ciò che accade nella propria città. Gaza oggi è tutto questo: un grido che nessuno può ignorare o fingere di non sentire voltandosi dall’altra parte. Eppure il rischio c’è, e il silenzio si fa un pericolo sempre più incombente. Il rischio di abituarsi a tutto questo dolore, di dire “è così che va il mondo” lasciando tutto all’inerzia che si fa complicità. Non si tratta solo di cronaca: ogni vita spezzata è un richiamo per noi che, dall’altra parte, siamo al sicuro ad osservare; un appello urgente ad alzare la testa dall’intorpidimento delle nostre vite per smettere di ignorare ciò che quotidianamente accade. Il rumore potente, potentissimo di questo conflitto, tutto il dolore che porta con sé ci raggiunge con tutta la sua forza mettendoci con le spalle al muro, inchiodandoci con domande che si fanno sempre più pressanti: come possiamo definire tutto ciò che accade? Perché, in quanto persone di coscienza e comunità di fede non possiamo tacere innanzi a questa immane tragedia umana? Tra macerie, fame e vite spazzate, la tragedia di Gaza solleva un interrogativo che non ammette alcun tipo di silenzio: perché le coscienze del mondo cattolico, e non solo, non possono più rimanere inerti? Dalla definizione di “Genocidio” offerta dal diritto internazionale alle parole dei cardinali Zuppi e Pizzaballa, fino ad arrivare ai moniti di papa Leone e papa Francesco, emerge un invito forte: non abituarsi al male, ma trasformare la preghiera in azione concreta, dando voce a chi oggi non ne ha.

La situazione attuale a Gaza

La Striscia di Gaza è oggi teatro di una crisi umanitaria prolungata e in rapido deterioramento, che colpisce in modo particolarmente grave i bambini: milioni di persone sono sfollate verso le aree interne, le reti elettriche e idriche sono frammentate o assenti, gli ospedali operano al collasso e le catene di approvvigionamento alimentare sono interrotte. Le agenzie umanitarie segnalano che centinaia di migliaia di bambini rischiano la vita per fame e malnutrizione acuta tanto che, nei mesi recenti, si sono verificati decessi infantili attribuibili a condizioni di grave denutrizione e mancanza di cure mediche tempestive. Molti bambini sono stati feriti o uccisi direttamente durante i bombardamenti dell’Idf; altri subiscono traumi profondi (perdita dei genitori, distruzione delle scuole, esposizione prolungata a violenze e lutti) con conseguenze psicologiche e ferite ben visibili nel tempo. L’accesso degli aiuti umanitari è stato ripetutamente rallentato o negato in diverse aree; allo stesso tempo, il numero di strutture sanitarie funzionanti si è drammaticamente ridotto, con interruzioni di servizi salvavita (terapie, interventi di emergenza, vaccinazioni). La combinazione di violenza diretta, collasso dei servizi essenziali e ostacoli umanitari sta producendo un mix più che letale, una catena di effetti che colpisce i più fragili in modo catastrofico. Mentre infuria l’assedio su Gaza City – racconta un infermiere palestinese di Emergency – e l’esodo forzato procede immenso verso sud, «lungo la costa vediamo formarsi un oceano di tende che si estende fino a perdita d’occhio, in una visione sempre più claustrofobica. Fuggendo da Gaza City, le persone hanno smontato e caricato infissi e porte, per rivenderli al mercato come legna da ardere. Sanno che in quelle case non faranno più ritorno»[1]. Centinaia di migliaia sono persone in movimento, da settimane, ma quasi il 90% del territorio è diventato zona militare: non ci sono più luoghi sicuri dove dirigersi, né denaro sufficiente per affrontare il viaggio. Dall’inizio dell’assedio israeliano – scrive Save the Children – oltre 20.000 bambini palestinesi hanno perso la vita, circa un bambino ogni ora dall’ottobre 2023 ad oggi. Bambini con nomi, sogni, desideri e famiglie che li amavano e che hanno cercato di proteggerli con tutte le proprie forze. Tra quei bambini, più di mille non avevano ancora compiuto il primo anno di vita, e quasi la metà è nata durate la guerra, e a causa di essa è stata uccisa.  Migliaia sono, invece, i bambini dispersi o presumibilmente sepolti sotto le macerie. «I genitori sono sopraffatti da un dolore profondo, impossibile da elaborare. Sopravvivono alla malnutrizione, agli sfollamenti forzati e ai bombardamenti continui, mentre piangono i loro bambini massacrati. Alcuni hanno visto i propri figli fatti a pezzi dalle esplosioni e parlano di un dolore disumano, dell’impossibilità di dare un ultimo abbraccio, di essere stati privati di un addio. Ricordano gli abbracci mancati, le risate, i pianti, persino i piccoli dispetti. Per loro, ogni respiro è un dolore rinnovato», hanno raccontato alcuni operatori di Save the Children a Gaza[2].

Lo sguardo del diritto internazionale e il peso delle parole

Il 16 settembre 2025 la Commissione d’inchiesta indipendente delle Nazioni Unite ha presentato al Consiglio per i diritti umani, un rapporto chiaro secondo cui le autorità e le forze israeliane hanno commesso e stanno continuando a commettere genocidio nella Striscia di Gaza. Settantacinque pagine fitte di testimonianze e dati che, fissano un punto fermo: quanto sta accadendo non può più essere ridotto a “conseguenza inevitabile” della guerra, ma si avvicina drammaticamente alla definizione di genocidio sancita dalla Convenzione del 1948. I riscontri parlano di uccisioni diffuse, sofferenze fisiche e psicologiche, impedimento dell’accesso ad acqua, cibo e cure, devastazione di ospedali e strutture sanitarie. Il rapporto insiste poi su un aspetto che pesa quanto le prove materiali: le dichiarazioni pubbliche. Le parole pronunciate da leader e comandanti che parlano di «annientamento» e «distruzione totale» non sono per i giuristi della Commissione, semplice retorica di guerra, ma indizi concreti di quell’intentio necandi che la Convenzione considera decisiva per qualificare il genocidio. Non si tratta di valutazioni astratte: la Commissione sottolinea che in presenza anche del “solo” rischio genocidio gli Stati non possono restare fermi. La Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di Genocidio del 1948 è molto chiara in materia e, oltre a riconoscere il genocidio come un divieto erga omnes, impone un obbligo positivo di prevenzione a carico degli stati. Gli obblighi internazionali, dunque, vieteranno non solo le azioni direttamente finalizzate a commettere tale crimine, ma anche gli atteggiamenti di natura omissiva messi in atto in relazione a condotte lesive attuate da individui (organi o funzionari statali). Pertanto, ciò implicherà un obbligo positivo a carico degli Stati che saranno chiamati a non rimanere inerti. Attaccare ospedali, privare intere popolazioni di beni primari essenziali come acqua e cibo, bombardare aree densamente popolate senza distinguere tra combattenti e innocenti: tutto questo comporterà una violazione del diritto internazionale umanitario. A Gaza, oggi, secondo la Commissione Onu, la parola genocidio non può più essere nascosta: il rapporto segna pertanto il passaggio dall’indicibile al definito, dalla denuncia morale all’inquadramento giuridico e normativo. Il percorso che attende il rapporto è chiaro e noto: il Consiglio per i diritti umani a Ginevra, potrà approvarlo e trasmetterlo ad altri organi; l’Assemblea generale delle Nazioni Unite potrà adottare risoluzioni di condanna o chiedere un parere consultivo alla Corte internazionale di giustizia; il Consiglio di sicurezza, se non bloccato dai veti, potrebbe chiedere deferimenti alla Corte penale internazionale, sanzioni o pressioni diplomatiche. Indipendentemente dall’iter burocratico, però, il dossier ha già un peso giuridico e politico concreto: costituisce un documento ufficiale, destinato a entrare nei procedimenti pendenti all’Aia. Apparentemente si potrebbe pensare che il meccanismo dei veti incrociati, che spesso paralizza il Consiglio di sicurezza, bloccherà ogni decisione. Ma la storia ci insegna che rapporti simili, dal Ruanda all’Ex Jugoslavia, hanno finito per incidere: talvolta lentamente, ma con la forza testarda del diritto internazionale, sicuramente non rapido e lineare, eppure in grado di aprire processi di portata storica che nel tempo producono giustizia. Se il diritto potrebbe indurci alla prudenza, la coscienza ci obbligherà alla compassione e alla denuncia, alla necessità di chiamare le cose con il loro nome anche se ci fanno paura, e dunque, a denunciare. Non basta più dire “non tocca a noi”, l’indifferenza è già una violazione.

Le voci della Chiesa: un’eco che non si può ignorare

Quando il dolore si tramuta in tragedia, in tragedia umana, la Chiesa è chiamata a farsi parola di chi quella parola non ce l’ha. È questa la missione che Papa Francesco ha incarnato negli ultimi anni, con appelli costanti: denunciando che «si continua a morire, a ferire, a distruggere» in Terra Santa[3]; chiedendo la creazione di corridoi umanitari utili a proteggere i civili, nel segno di un atteggiamento che non si limiti alle parole ma all’azione concreta. Bergoglio ha esortato fino all’ultimo la realizzazione di una tregua a Gaza. L’ha fatto anche nel suo ultimo messaggio Urbi et Orbi del 20 aprile 2025: «Faccio appello alle parti belligeranti: cessate il fuoco, si liberino gli ostaggi e si presti aiuto alla gente, che ha fame e che aspira ad un futuro di pace!»[4]. Alla gente della Striscia sotto le bombe – non solo ai 200 palestinesi cattolici che vi abitano – Bergoglio ha rivolto molti dei suoi pensieri negli ultimi 18 mesi in cui è stato in vita, con telefonate quasi quotidiane al parroco di Gaza City, Gabriel Romanelli, dando inizio a quella che Vatican News avrebbe descritto come una “routine serale”. Il suo insegnamento nell’enciclica Fratelli Tutti è diventato bussola morale per tanti cristiani nel mondo, in un tempo segnato da divisioni e conflitti. Nel testo il pontefice argentino ha invitato ogni comunità a non chiudersi nel proprio recinto, ma a farsi solidale poiché la fede non può farsi rifugio per l’indifferenza. Ciò implicherà che le comunità, e i singoli credenti «non tardino a condannare le pratiche ingiuste, passate e presenti»[5]. Se si vuole essere veri fratelli, occorrerà che la fraternità si traduca in impegno concreto verso chi soffre, non solo gesti simbolici. Con l’avvento di Papa Leone XIV, queste voci non si sono placate: assumono forme diverse, ma la medesima urgenza. In uno dei suoi primi atti pubblici, dalla loggia di San Pietro, Papa Leone ha esortato a un immediato cessate il fuoco a Gaza e ha evocato con forza la sofferenza dei civili, ribadendo che «Mai più guerra» è un appello urgente in un mondo lacerato e diviso[6]. Pur evitando di pronunciarsi formalmente sulla parola “genocidio”, Leone XIV ha aggiunto che la sofferenza dei bambini di Gaza è «molto, molto grave» e che non ci permette di essere insensibili[7]. Parole tuonanti sono arrivate in questi mesi dai cardinali Zuppi e Pizzaballa, rispettivamente Presidente della Cei e Patriarca di Gerusalemme, entrambi decisi a non rassegnarsi all’attuale scenario di dolore.  Il cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca Latino di Gerusalemme, durante le sue visite a Gaza non porta soltanto conforto spirituale, ma testimonianza concreta e denuncia accorata. Durante un conferenza stampa organizzata insieme al Patriarca ortodosso Teofilo III, Pizzaballa ha confessato di avere il cuore spezzato davanti a scene di carestia, distruzione e sofferenza. «Gli aiuti umanitari non sono solo necessari, sono una questione di vita o di morte. Ogni ora senza cibo, acqua, medicine e riparo causa un profondo danno. L’abbiamo visto: uomini che resistono al sole per ore nella speranza di un semplice pasto. È un’umiliazione difficile da sopportare quando la si vede con i propri occhi. È moralmente inaccettabile e ingiustificabile». Ha chiesto con urgenza ai leader internazionali di intervenire perché: «non può esserci futuro basato sulla prigionia, sullo sfollamento dei palestinesi o sulla vendetta». Ma il suo non è stato solo un viaggio nella miseria umana: Pizzaballa parla anche di “meravigliosa umanità” incontrata in mezzo alle macerie, di comunità cristiane e non, che condividono il poco che hanno. «Abbiamo camminato tra le polveri delle rovine, tra edifici crollati e tende ovunque: nei cortili, nei vicoli, per le strade e sulla spiaggia – tende che sono diventate la casa di chi ha perso tutto. Ci siamo trovati tra famiglie che hanno perso il conto dei giorni di esilio perché non vedono alcuna prospettiva di ritorno. I bambini parlavano e giocavano senza battere ciglio: erano già abituati al rumore dei bombardamenti. Eppure, in mezzo a tutto questo, abbiamo incontrato qualcosa di più profondo della distruzione: la dignità dello spirito umano che rifiuta di spegnersi. Abbiamo incontrato madri che preparavano da mangiare per gli altri, infermiere che curavano le ferite con gentilezza e persone di tutte le fedi che continuavano a pregare il Dio che vede e non dimentica mai»[8]. Similmente, il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della CEI, ha cercato più volte vie per rendere visibile la sofferenza e per chiedere che le istituzioni e ciascuno di noi non resti un mero spettatore affacciato ad una finestra. In una significativa iniziativa a Bologna, Zuppi ha unito le voci cattolica ed ebraica, chiedendo che «tacciano le armi, le operazioni militari a Gaza e il lancio di missili verso Israele. Siano liberati gli ostaggi e restituiti i corpi. Si sfamino gli affamati e siano garantite cure ai feriti. Si permettano corridoi umanitari»[9]. In un gesto altrettanto simbolico ma potente ha letto pubblicamente il 14 agosto a Monte Sole, luogo simbolo dell’eccidio nazista di Marzabotto, oltre 12.000 nomi di bambini morti, palestinesi e israeliani, nella speranza che quel ricordo diventi monito, che il pianto non si trasformi in abitudine. Anche durante la Professione di fede per i giovani italiani riuniti in Piazza San Pietro in occasione del Giubileo dei Giovani, il cardinal Zuppi non ha esitato a invocare una “pace disarmata e disarmante” per un mondo in cui è diventato normale pensarsi l’uno sopra l’altro, gli uni contro gli altri, gli uni senza gli altri; un mondo in cui l’umanità è chiamata a porre fine alla guerra, o la guerra porrà fine all’umanità[10]. Ciò che colpisce delle loro parole è la fusione tra indignazione, fraternità e responsabilità: non una denuncia che separa, ma una chiamata che include. Pizzaballa ha insistito che la risposta cristiana non può limitarsi al dolore, ma deve essere impegno concreto: dare cibo, medicine, assistenza, solidarietà, non lasciar nessuno “fuori dal cerchio”. Zuppi ha fatto appello non agli schieramenti, ma all’umanità: che chi ha potere faccia passi di pace, che chi può dia conforto, che chi parla non usi solo parole ma operi scelte che la fede rende visibili. Da un lato, il presidente della CEI ha chiamato la Chiesa italiana a non restare spettatrice: la preghiera deve convertirsi in impegno concreto, affinché la voce del Vangelo non muti in silenzio complice. Dall’altro il Patriarca latino di Gerusalemme vive ogni giorno il conflitto con vicinanza: denunciando che le macerie non cancellano la dignità umana e che ogni vita, anche di chi non conosciamo, merita di essere difesa. Così, le voci della Chiesa si intrecciano – talvolta con accenti differenti, ma tutte convergenti – in un’unica chiamata: non tacere mai di fronte al grido dell’innocenza. Perché la fede che tace diventa muta, ma la fede che parla, anche con fatica, può essere spazio di ricostruzione e di speranza.

Cosa posso fare io, cosa possiamo fare noi innanzi a tutto questo scenario di dolore?

Mi chiedo spesso: cosa potrei fare io, singola, davanti a questa immensità di dolore? Che potere ho? Forse poco, forse nulla. Ma una cosa posso farla: non abituarmi. Non smettere mai di indignarmi. Non considerare “normale” ciò che normale non potrà mai essere. Posso, e possiamo tutti, scegliere di usare le parole non come scudo, ma come strumento per scuotere le coscienze. Posso, e possiamo, iniziare a chiamare le cose con il loro giusto nome. Penso a un bambino di Gaza che non ha pane, che non ha acqua, che non ha più una scuola in cui andare e imparare cose nuove o un ospedale in cui essere curato. Quel bambino potrebbe essere il figlio o il fratello di chiunque. Un bambino che, sin da piccolino, ha già conosciuto tutto il male del mondo, che ha già imparato sulla propria pelle quanto male l’uomo è in grado di fare al suo prossimo. Non è “un altro”. È parte di me, è parte di tutti noi, è fratello di ciascuno di noi. E se io, se noi, rimaniamo in silenzio, fermi alla finestra ad osservare inerti la sua sofferenza, tradiremo non solo la nostra fede, ma la nostra stessa umanità. La nostra opzione, la nostra unica possibilità come esseri umani oggi è diventare quella “candela in mezzo al buio” di cui parla il poeta palestinese Mahmoud Darwish. Fare luce, diventare luce anche solo rimanendo vigili, attenti e non più silenziosi. Perché il silenzio non è mai neutrale. È un linguaggio, un segnale. E quando i bambini muoiono, quando gli ospedali vengono colpiti, quando le famiglie sono cancellate in un istante, quel silenzio diventa complicità. Ogni volta che restiamo muti di fronte a un’ingiustizia, la lasciamo crescere. Ogni volta che voltiamo lo sguardo, concediamo al male di avere l’ultima parola. Non è questione di geopolitica, non è questione di schierarsi da una o dall’altra, ma di dare concretezza alle parole del Vangelo. Perché il Vangelo ci dice che Dio si riconosce nel volto dei piccoli, dei poveri, degli innocenti. E oggi, a Gaza, il volto di Dio ha le sembianze di un bambino affamato, di una madre che piange disperata che ha perso per sempre il suo bambino, di un padre che non sa come proteggere i suoi figli. Non possiamo più tacere perché questo significherebbe dimenticare il Vangelo. Non un testo da recitare a memoria, ma una chiamata a prendere posizione. Tacere significherebbe tradire quel Gesù crocifisso per noi che soffre in ogni vittima innocente di Gaza. Cosa serve adesso, dunque? Servono azioni concrete, corridoi umanitari e pressioni sulle istituzioni affinché vengano rispettati gli accordi, protetti i civili e garantito l’accesso a cibo e medicinali. Serve anche, e soprattutto, una voce che non abbia paura di dire che la vita di ogni bambino vale infinitamente più di qualsiasi altra strategia politica. In questo il mondo cattolico ha una responsabilità immensa: non solo testimoniare la fede, ma incarnarla nella storia, senza limitarsi a parole di circostanza, diventando voce per chi non ha voce. Tacere, rimanere indifferenti e inerti innanzi all’evolversi degli eventi storici potrebbero sembrare le scelte più comoda. Ma il Vangelo non ci chiede comodità: ci chiede verità, giustizia, amore. E allora la nostra risposta alla tragedia umana che oggi si consuma a Gaza  non può che essere una: non tacere mai. Perché nel silenzio i bambini muoiono due volte: la prima sotto le bombe, la seconda nell’indifferenza del mondo. E noi non vogliamo che accada.

 

 

[1] https://www.emergency.it/blog/dai-progetti/la-situazione-a-gaza-gli-aggiornamenti-di-emergency/.

[2] https://www.savethechildren.it/blog-notizie/gaza-oltre-20000-bambini-uccisi-23-mesi-di-guerra.

[3] https://www.vaticannews.va/it/papa/news/2023-10/papa-francesco-post-angelus-appello-israele-terra-santa.html.

[4] https://www.vatican.va/content/francesco/it/messages/urbi/documents/20250420-urbi-et-orbi-pasqua.html.

[5] https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2020/10/04/0505/01161.html.

[6] https://www.vatican.va/content/leo-xiv/it/angelus/2025/documents/20250511-regina-caeli.html.

[7] https://www.ansa.it/vaticano/notizie/2025/09/18/il-papa-a-gaza-fatti-orribili-ma-non-mi-pronuncio-su-genocidio_af09dc19-4e92-4276-af51-bae174c1dc82.html.

[8] https://www.lpj.org/it/news/cardinal-pizzaballas-speech.

[9] https://www.vaticannews.va/it/chiesa/news/2025-07/palestina-israele-gaza-bologna-zuppi-depaz.html.

[10] https://www.chiesadicagliari.it/2025/08/01/giubileo-lomelia-del-cardinale-zuppi-durante-la-professione-di-fede-dei-giovani-italiani/.

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Diocesi

Martina Franca, la parrocchia di San Francesco onora il santo titolare

ph ND
30 Set 2025

di Angelo Diofano

Festeggiamenti in onore di San Francesco d’Assisi a Martina Franca si svolgono anche nella parrocchia intitolatagli, guidata da don Vincenzo Annicchiarico, in piazza Mario Pagano.

S’inizierà il primo ottobre alle ore 18.30 con la catechesi sul tema ‘La preghiera in San Francesco d’Assisi’, a cura di don Piero Lodeserto, parroco della San Domenico in Martina Franca, che alle ore 19 celebrerà la santa messa.

Giorno 2 ottobre, alle 18.30, catechesi su ‘In semplicità e letizia: lo stile del pellegrinaggio di San Francesco” guidata da don Mimmo Sergio, parroco della Sant’Antonio in Martina Franca, che alle ore 19 celebrerà la santa messa.

Giorno 3 ottobre, alle 18.30, catechesi su ‘San Francesco e la misericordia’ che sarà svolta da don Giovanni Agrusta, parroco del Sacro Cuore in Statte, che alle ore 19 celebrerà la santa messa. Seguiranno alle ore 19.45 la benedizione degli animali sul sagrato e alle ore 20 la celebrazione del ‘Transito di San Francesco’ animata dal gruppo scout parrocchiale.

Infine il 4 ottobre, alle ore 19, solenne concelebrazione eucaristica presieduta dall’arcivescovo mons. Ciro Miniero, durante la quale il sindaco di Martina Franca, dott. Gianfranco Palmisano, accenderà la lampada ai piedi del simulacro del Santo Patrono d’Italia. Al termine, momento di agape fraterna sul sagrato.

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Gaza sotto assedio

Striscia di Gaza, padre Romanelli (parroco): “A Gaza non si respira”

ph Afp-Sir
30 Set 2025

di Daniele Rocchi

“Siamo al principio della fine? Speriamo di sì”. Con queste parole padre Gabriel Romanelli, parroco della parrocchia latina della Sacra Famiglia, l’unica cattolica di Gaza, saluta le notizie provenienti dagli Stati Uniti e pubblicate da alcuni media arabi e israeliani circa la proposta di un nuovo piano Usa, in 21 punti, per chiudere il conflitto in corso nella Striscia tra Israele e Hamas. Una domanda ‘sospesa’ che, come spesso accaduto in passato, fa riecheggiare la speranza, messa a dura prova, dei gazawi nella fine della guerra che ha causato, fino ad ora, oltre 60mila morti, moltissime sono donne e bambini, e una distruzione pressoché totale di intere zone e quartieri civili.

ph Afp-Sir

“Tantissime persone – ricorda padre Romanelli – sono ferite o morte e giacciono ancora sotto le macerie”. Nella parrocchia cattolica, situata nel quartiere orientale di al-Zaitoun di Gaza City, a nord della Striscia, sono ospitati circa 450 rifugiati, tra loro anziani, malati e bambini gravemente disabili non trasportabili, accuditi dalle suore di madre Teresa di Calcutta. Il piano in questione dovrebbe, tra le varie cose, riportare a casa tutti gli ostaggi israeliani vivi e morti, sancire la fine delle operazioni militari di Israele con la liberazione di detenuti palestinesi e la ripresa della distribuzione degli aiuti umanitari alla popolazione. Si tratta, adesso, di vedere, la risposta dei due contendenti alla proposta di accordo.

ph Afp-Sir

A Gaza non si respira

Purtroppo, aggiunge padre Romanelli, “come accaduto altre volte in questi quasi due anni di guerra, la speranza di pace è risultata vana. Difficile credervi adesso.
Abbiamo sofferto e soffriamo molto. Tante volte è stato detto che avrebbero fatto qualcosa, ma non è mai successo niente, anzi la situazione è peggiorata. I bombardamenti continuano intensi e colpiscono zone lontane ma anche vicino a noi con schegge che cadono dentro la parrocchia. Il fragore è enorme. Fumo e polvere riempiono l’aria, ma ormai siamo in qualche modo abituati”.
“A Gaza c’è bisogno di tutto – ribadisce il parroco – non solo di cibo, acqua, medicine e carburanti ma anche di aria pulita, ossigeno, di sole, di calore, di serenità. La polvere, il fumo, gli esplosivi che provocano incendi si annidano nell’aria. L’elettricità non è continua, e il diesel per far andare le poche macchine rimaste è pochissimo. Per questo i gazawi lo producono da soli sciogliendo la plastica e miscelandola con un po’ di olio da cucina per farlo durare più a lungo. Non c’è gas e si cucina bruciando la legna. All’inizio quella ‘naturale’, ora che non c’è più si brucia di tutto, mobili, finestre, tavoli. A Gaza non si respira. Dallo scoppio del conflitto – ricorda padre Romanelli – non vediamo latte, verdura, frutta fresca, salvo qualche rara eccezione. Dopo quasi due anni di guerra e di bombardamenti la popolazione non ha tregua ed è depressa”.

ph Lpj

Mostrare misericordia

Secondo il parroco sarebbero moltissime le persone che stanno lasciando il Nord della Striscia per evacuare verso Sud. “Ci sono state distruzioni in diversi quartieri e molte persone stanno andando via. Alcuni dicono 400.000, 500.000, altri molti di più. Comunque, nel centro e nella parte orientale della città ci sono ancora moltissimi abitanti che non hanno voluto o potuto lasciare Gaza”, spiega il parroco in un video inviato nella serata di ieri, 28 settembre, al Sir. La parrocchia latina rimane un presidio di solidarietà e di aiuto per migliaia di gazawi che vivono nei paraggi. “Noi continuiamo a servire tutti i poveri, i bisognosi, i rifugiati anche della vicina chiesa greco-ortodossa di san Porfirio, con quello che abbiamo di cibo, acqua e medicinali. Con le medicine che diamo i medici riescono a fare quasi dei miracoli” prosegue il parroco nel video.

“Mostrare misericordia è un modo per fermare questa guerra”. Un concetto espresso da padre Romanelli in un altro video diffuso nei giorni scorsi: “Ci sono storie orribili. La gente vive in grande angoscia e prega Dio di avere misericordia e di alleviare questo dolore, e che questa guerra finisca presto. Sono grato a papa Leone XIV per i suoi continui appelli alla pace e al patriarca latino di Gerusalemme, il card. Pierbattista Pizzaballa, che sta facendo l’impossibile per aiutare la popolazione. Aggrappiamoci a Dio – conclude – per cercare di essere migliori anche nelle piccole cose, pregando per tutti, per i vivi e per i morti di ogni parte perché tutti siamo stati creati da Dio”.

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Diocesi

San Giorgio jonico, ai Santi patroni nel segno di San Francesco

30 Set 2025

Quest’anno la comunità parrocchiale dei Santi patroni, a San Giorgio jonico, si prepara a vivere la festa del suo patrono, Francesco d’Assisi, con uno spirito particolare. Sono previsti quattro giorni di celebrazioni per dare avvio ad un ‘anno francescano’ pieno di iniziative che ci porterà a vivere il prossimo 3 ottobre 2026 l’800° anniversario della morte del poverello di Assisi.

S’inizierà il 2 e il 3 ottobre con la santa messa celebrata alle ore 18 rispettivamente da don Stefano Manente e don Antonio Di Reda, due sacerdoti recentemente ordinati. Il 3 ottobre, dopo la celebrazione eucaristica, avrà luogo la liturgia del transito del santo.

In programma anche un torneo di burraco organizzato dai ‘Diversamente giovani’ (2 ottobre, alle ore 19) e in via Giotto la ‘Notte bianca Anspi’ (3 ottobre, alle ore 20.30) che sarà animata dal Gran complesso bandistico ‘Città di Crispiano’, con a serata conviviale e animazione varia.

Sabato 4 alle ore 18 sarà la volta della santa messa solenne nel giorno del festa liturgica e infine domenica 5 la comunità vivrà l’’Agorà Anspi’, iniziativa a carattere missionario che prevede alle ore 18 la celebrazione eucaristica presieduta da don Luigi Pellegrino, già missionario fidei donum in Guatemala per diversi anni, con successiva testimonianza missionaria; a conclusione della serata, un recital sulla vita del santo patrono a cura dei ragazzi del laboratorio teatrale della parrocchia.

“Saranno giorni intensi – dichiara il parroco don Angelo Baldassarre – in cui potremo riscoprire la bellezza evangelica della vita di colui che è stato definito Alter Christus: una vera testimonianza di come nostro Signore continui a vivere in mezzo a noi e a percorrere le nostre strade per guidarci verso il Regno di Dio”.

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Diocesi

Celebrazione ecumenica della Parola a villa Gentile

30 Set 2025

‘Semi di pace e di speranza’ è il titolo della celebrazione ecumenica della Parola di Dio, nell’ambito del mese del Creato, che si terrà giovedì 2 ottobre a villa Gentile alla Baia del Pescatore (Luogovivo-Marina di Pulsano) con inizio alle ore 18.30, con la partecipazione di esponenti delle chiese cristiane presenti sul territorio. Organizza l’ufficio diocesano per il dialogo ecumenico ed interreligioso diretto da don Francesco Tenna.

Un altro incontro di preghiera ecumenica si terrà giovedì 9 alle ore 19.30 nel salone della chiesa della Madonna delle Grazie, a Taranto, organizzato dal gruppo parrocchiale Kairos, con la partecipazione dei pastori pentecostali Luciano Decuia e Pino Farina.

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Pace

Global Sumud Flotilla, Manfredonia (Acli): “Oltre la paura, per ritessere la democrazia e promuovere la pace”

30 Set 2025

di Daniele Rocchi

“La prospettiva ultima per i cristiani non è la sicurezza ma la salvezza, perché la sicurezza, costruita dall’uomo, rischia di diventare chiusura e conflitto; la salvezza invece è dono, si costruisce giorno per giorno nella giustizia, nel perdono, nella cura reciproca. È questo lo sguardo che serve oggi, oltre le paure, per ritessere la democrazia”: lo ha detto il presidente nazionale delle Acli, Emiliano Manfredonia, nell’ultima giornata del 56° Incontro nazionale di studi delle Acli, a Firenze. Manfredonia ha poi ammonito sul rischio di ridurre la politica a strumento di stigmatizzazione e divisione: “La stessa paura, tradotta in azione politica, ad alcuni fornisce solo l’occasione per demonizzare un atto dall’alto valore profetico come quello della Flotilla, invece di sforzarsi di riconoscerne il valore e offrire mediazione, come hanno fatto i cardinali Zuppi e Pizzaballa e il presidente Mattarella”. Un appello che si lega anche alla denuncia della corsa globale al riarmo: “La spesa militare mondiale ha raggiunto cifre record, e l’Europa rischia di sacrificare il Green Deal per il Re-ArmEu. Difendere la pace con la guerra è un paradosso che consegna debiti e insicurezza alle nuove generazioni. La pace, invece, è pienezza di vita, e richiede politiche di giustizia sociale, lavoro dignitoso e cooperazione internazionale”. “Le Acli – ha concluso Manfredonia – vogliono essere un cortile aperto, animare spazi di partecipazione e continuare a credere che la speranza non delude. Perché il cambiamento comincia da noi, ma non finisce con noi”. Durante la giornata è stato presentato anche il Patto tra associazioni per sostenere la partecipazione dei giovani, sottoscritto da Acli insieme ad ActionAid, Agesci, Arci, Azione Cattolica e Focolari. Il documento chiede un’alleanza con le istituzioni politiche, scolastiche e territoriali per la partecipazione under35, con l’istituzione di spazi gratuiti e accessibili – case della cittadinanza giovanile, laboratori, luoghi digitali e fisici di protagonismo – e un’educazione civica e democratica più diffusa, esperienziale e continuativa sin dalla scuola.

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Eventi in diocesi

‘Con loro come loro’ e ‘La speranza corrosiva’, con Gennaro Giudetti

A San Giorgio jonico, nell’ambito del progetto ‘Centodieci Agorà’ finanziato dal ministero del lavoro e delle politiche sociali

30 Set 2025

di Alessandra Munno

A San Giorgio jonico sabato 20 settembre al teatro all’aperto ‘Romeo Leo’ si è svolto l’incontro ‘Con loro come loro’ nell’ambito del progetto ‘Centodieci Agorà’ finanziato dal ministero del lavoro e delle politiche sociali e voluto dal presidente del comitato zonale di Taranto Anspi e coordinatore zonale del ‘Progetto Cristian Piscardi’ che ha coinvolto ragazzi, genitori e nonni, per un totale di circa 250 partecipanti. Quest’ultimo ha donato dieci libri all’istituto scolastico Giovanni Pascoli e due volumi all’amministrazione comunale, uno dei quali andrà alla biblioteca comunale nella speranza che la pace possa essere proclamata attraverso la cultura e la testimonianza.

L’ evento ha avuto inizio con un video messaggio di padre Gabriel Romanelli, parroco della Sacra Famiglia di Gaza, che ha ricordato la missione di pace e l’importanza di pregare per essa.

La conferenza è stata condotta da Gennaro Giudetti, operatore umanitario dell’Onu, e da Dino Miccoli del Nuovo Quotidiano di Puglia, i quali, con garbo e senza filtri, hanno saputo raggiungere il cuore dei presenti.

Gennaro Giudetti ha presentato il suo libro intitolato ‘Con loro come loro’, spiegando che il ricavato sarà destinato a sostenere “Operazione Colomba”, il corpo non violento di pace della comunità papa Giovanni XIII, nato nel 1992 dal desiderio di vivere concretamente la non violenza in zone di guerra.

L’ospite ha narrato storie di vita vissuta, di vite spezzate e di vite salvate, come quelle di tanti bambini tratti in salvo dalle onde del mar Mediterraneo a bordo della nave ‘Sea Watch’.

Ha ricordato come sia stato difficile dover scegliere chi salvare, descrivendo quella sensazione come una sorta di ‘speranza corrosiva’: una speranza che ti distrugge nel tentativo di salvare persone piuttosto che altre.

Appena rientrato da Gaza, Giudetti ha raccontato la quotidianità di chi vive sotto assedio: distruzione, povertà, violenza, mercato nero e morte, senza alcuna possibilità di fuga.

Ha risposto alle tante domande del pubblico, invitando tutti a sviluppare la capacità di mettersi nei panni degli altri, di ascoltare senza pregiudizi e di comprendere la sofferenza altrui, perché solo così è possibile trasformare l’indifferenza in azione e la paura in dialogo.

Nonostante le promesse del ‘mai più’, l’umanità non sembra aver saputo imparare dall’orrore delle guerre passate: continuiamo ad assistere a conflitti che ci vengono presentati come battaglie tra bene e il male, quando in realtà l’abominio si ripete, devastando vite, spezzando futuri e distruggendo sogni. Solo una presa di coscienza collettiva, fondata sulla cultura, sull’ educazione e sull’ empatia, potrà permetterci di scrivere una nuova pagina di storia, in cui la Pace non sia più un’utopia, ma una scelta concreta e condivisa.

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Diocesi

La solidarietà della parrocchia tarantina della Santa Famiglia
a quella ‘gemella’ di Gaza e la risposta del cardinale Pizzaballa

ph ND e Sir
30 Set 2025

La parrocchia della Santa Famiglia in Taranto si unisce nella preghiera alla comunità parrocchiale della Santa Famiglia in Gaza, che continua a testimoniare la Fede nel momento della prova. La comunità si radunerà nuovamente in preghiera con speciale intenzione per i fratelli di Gaza in occasione dell’adorazione eucaristica comunitaria di venerdì 3 ottobre e sabato 11 ottobre in comunione con il Santo padre.

Pubblichiamo di seguito la lettera della comunità parrocchiale tarantina, a firma del parroco, don Alessandro Solare, al card. Pierbattista Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme dei Latini.

“Eminenza Reverendissima, con animo colmo di trepidazione e sincera fraternità desideriamo rivolgerci a Lei in questo momento particolarmente doloroso per la Terra Santa, così intimamente legata alla nostra fede e al cuore di ogni cristiano. La nostra comunità segue con apprensione le notizie che giungono e non possiamo rimanere indifferenti davanti alle sofferenze che toccano il popolo al quale il Signore ha voluto donare la sua presenza e la sua pace. Le assicuriamo, Eminenza, che siamo spiritualmente al Suo fianco e al fianco di quanti, sotto la Sua guida pastorale, vivono le conseguenze drammatiche di questa situazione. Condividiamo il dolore delle comunità ferite, in particolare ci uniamo al cordoglio per le tante vittime innocenti, la cui memoria rimane viva davanti al Risorto. Desideriamo altresì esprimere la nostra vicinanza e solidarietà alla comunità parrocchiale della Santa Famiglia con cui condividiamo il dolce patrocinio dei titolari, chiamata a testimoniare il Vangelo in mezzo alle prove più dure. Avvertiamo che la loro fede, pur messa duramente alla prova, è un segno luminoso per la Chiesa universale e preghiamo animosamente affinché non vengano meno la speranza e la fiducia nel Dio ella vita. Siamo consapevoli del peso del Suo ministero in questi giorni difficili e preghiamo perché lo Spirito Santo continui a sostenerLa con forza, prudenza e consolazione, affinché Lei possa essere guida e padre per tutti coloro che Le sono affidati. Assicuriamo la nostra costante preghiera per la pace, nell’azione personale, in quella delle singole realtà parrocchiali e in modo particolare ad ogni celebrazione eucaristica domenicale ‘pro populo’ e ogni qualvolta siamo radunati dinnanzi al Santissimo Sacramento. Le rinnoviamo la nostra stima e la nostra vicinanza, chiedendo al Signore di colmare la Sua Chiesa di pace, giustizia e fraternità. Con filiale devozione, confidando in Cristo Re della Pace, salutiamo con sentimenti fraterni.

La comunità parrocchiale – don Alessandro Solare

Questa la risposta del Patriarca, con la sua benedizione per i fedeli della Salinella:

“Reverendo don Alessandro e Comunità tutta, grazie di cuore per le vostre parole di vicinanza e di condivisione e per la vostra preghiera, in particolare nei confronti della parrocchia della Sacra Famiglia di Gaza, alla quale vi unisce il vincolo di identici e santi Patroni.
La vostra vicinanza nella preghiera per tanti fratelli e sorelle, che condividono con fede la Croce di Gesù, sostiene di fatto l’intero Corpo di Cristo che è la Chiesa, venendo così in aiuto anche a tutti noi. In attesa che si aprano spiragli di luce, in questo momento difficile, continuiamo a stare uniti nella comunione reciproca. Di cuore invoco su di lei, don Alessandro, su ciascuno di Voi della Parrocchia Santa Famiglia e su tutti coloro che vi sono cari, la Benedizione di Dio, Padre Onnipotente e Grande nell’amore, e vi saluto con gratitudine.

† Pierbattista Card. Pizzaballa – Patriarca di Gerusalemme dei Latini

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Diocesi

Il beato transito di San Francesco: celebrazioni
a Taranto alla San Pasquale e alla San Lorenzo

30 Set 2025

di Angelo Diofano

Il convento-parrocchia dei frati minori della San Pasquale Baylon, al Borgo, e quello dei frati francescani cappuccini di San Lorenzo da Brindisi, alla Salinella, celebrano la solennità di San Francesco d’Assisi nell’ottavo centenario del Cantico delle creature.

Alla San Pasquale

Venerdì 3 ottobre, alle ore 20, alla San Pasquale, ‘Laudato sii, o mio Signore, per nostra sora Morte corporale’: commemorazione del Transito di San Francesco presieduta dal parroco fra Vincenzo Chirico. Sabato 4 ottobre, solennità del Serafico Padre San Francesco, solenne celebrazione eucaristica alle ore 18.30 con benedizione alla città. Domenica 5 ottobre, sante messe alle ore 8.30, 11 (per l’inizio del nuovo anno catechistico) e 18.30. Sabato 4 e domenica 5, mercatino di beneficenza il cui ricavato sarà destinato al rifacimento della copertura del tetto.

Alla San Lorenzo da Brindisi

La veglia nel ricordo del beato transito al Cielo del serafico padre San Francesco, alla San Lorenzo da Brindisi, in viale Magna Grecia, si terrà venerdì 3 alle ore 20.30, presieduta dal vicario zonale, don Francesco Tenna; al termine saranno offerti i tradizionali mostaccioli. Sabato 4 ottobre, solennità di San Francesco, sante messe saranno celebrate alle ore 7.30-8.30-19; alle ore 17, benedizione degli animali.

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Diocesi

I festeggiamenti della Madonna del Rosario a Grottaglie dall’1 al 12 ottobre

30 Set 2025

di Silvano Trevisani

Nel mese di ottobre ricorre la festa della Madonna del Rosario, la cui data liturgica è quella del 7 ottobre. La parrocchia di Grottaglie intitolata alla Vergine propone un intenso calendario di appuntamenti, sul tema: “Maria, di speranza fontana vivace”, che inizieranno il 1° ottobre e che culmineranno nei festeggiamenti solenni in programma per la domenica successiva, 12 ottobre. Ecco il calendario degli eventi che sarà anticipato, la sera del 30 novembre, dall’intronizzazione del simulacro della Vergine nel baldacchino realizzato per la festa.

Prologo alla festa:

1 ottobre giornata sacerdotale per ricordare gli anniversari di ordinazione di don Mimino (42°), don Francesco (21°) don Adriano (3°): ore 19: Concelebrazione eucaristica presieduta da monsignor Salvatore Ligorio, arcivescovo emerito di Potenza

2 ottobre memoria dei santi Angeli Custodi – festa dei nonni – ore 19: S. Messa con nonni e nipoti

3 ottobre introduzione alla festa con la presentazione della vita e le opere del beato Bartolo Longo in vista della imminente canonizzazione; ore 19: celebrazione eucaristica presieduta da don Salvatore Rubino parroco della chiesa madre di Latiano, luogo di nascita del santo.

4 ottobre festa di s. Francesco d’Assisi, patrono d’Italia: ore 18: rosario meditato a cura del gruppo del rosario quotidiano; ore 19: S. Messa: celebra don Francesco Nigro in occasione del suo onomastico

Settimana della festa

5 ottobre domenica della supplica. Orario SS. Messe: 8 – 10 con inaugurazione dell’anno catechistico: ore 11.30: S. Messa seguita dalla supplica – ore 19. S. Messa. Ore 20 : “Maria, tu sei di speranza fontana vivace”, commento spirituale e letterario all’Inno alla Vergine di Dante Alighieri a cura di Roberto Cartanì

6 ottobre: ore 19: S. Messa animata dai volontari della Caritas parrocchiale; ore 20: “U parrinu”, monologo teatrale di Christian Di Domenico sulla vita del beato Pino Puglisi, testimone di legalità e speranza

7 ottobre festa liturgica della B.V. Maria del Rosario: ore 8.30: S. Messa – ore 10.30: S. Messa, a seguire rosario meditato e supplica: ore 19: Messa solenne presieduta da monsignor Ottavio Vitale, vescovo di Lezhe (Albania): ore 20: recital mariano a cura del gruppo famiglia: Regina degli Angeli e dei Santi

8 ottobre. ore 19: S. Messa animata dal gruppo Amicizia e prossimità con testimonianza di suor Giustina sulla speranza nel tempo della malattia.

Triduo

9 ottobre giornata vocazionale. Ore 19: S. Messa presieduta da don Francesco Maranò, rettore del Seminario diocesano di Taranto con la presenza dei seminaristi; ore 20: adorazione eucaristica a cura de L’ora di Gesù ed ex allievi rogazionisti.

10 ottobre, ore 19: S. Messa animata dal gruppo catechisti. Celebra don Simone De Benedictis, direttore dell’Ufficio catechistico diocesano; ore 20: video proiezione del recital sulla violenza di genere: “Non sono mai solo parole… è violenza”, a cura del gruppo giovani/issimi della parrocchia Immacolata di S. Giorgio Jonico, con interventi dello sportello antiviolenza sostegno donna di Grottaglie.

11 ottobre, ore 16.30-18: piazzale Unicef: preghiera mariana con i bambini seguita da giochi, canti, animazione varia. ore 19: S. Messa presieduta da don Luca Lorusso, economo diocesano e parroco di S. Lucia in Taranto. ore 21: Palasport in concerto

12 ottobre: festa della Madonna del Rosario

ore 8.00: S. messa, ore 10.30 S. Messa con omaggio dei bambini alla Madonna; ore 12: supplica, ore 17: S. Messa solenne presieduta dall’arcivescovo Ciro Miniero; processione animata dlla Confraternita del Rosario per le seguenti vie: dello Sport – Buonarroti – Don L. Sturzo – Modigliani – Rubichi – F.lli Bandiera – piazza P. di Piemonte, Marconi, Giotto – sagrato della chiesa.

Al rientro della processione spettacolo pirotecnico. A seguire intrattenimento musicale con la band di Carmine Fanigliulo.

Così scrivono, in una lettera ai fedeli, don Mimino, il parroco e padre spirituale della confraternita, don Francesco e don Adriano: “Carissimi fedeli e devoti della Madonna del Rosario, mentre volge al termine il Giubileo che ci ha visti “pellegrini di speranza” sulle strade della nostra vita quotidiana, guardiamo a Maria come “fontana vivace di speranza” che ci attende per coprirci con il manto della consolazione e ci dice: fate tutto quello che Gesù, mio figlio, vi dirà. A lei, Regina della pace, in questi giorni bui affidiamo le speranze di pace per l’umanità intera”.

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Diocesi

Nominati da mons. Ciro Miniero i nuovi vicari episcopali

Nella foto di Paolo Mancarella, don Francesco Nigro, don Francesco Maranò e don Francesco Imperiale
29 Set 2025

Questa mattina, lunedì 29 settembre 2025, l’arcivescovo di Taranto, mons. Ciro Miniero, nell’illustrare ai vicari foranei nominati nel mese di giugno scorso la rimodulazione dell’organigramma degli uffici della curia metropolitana, ha presentato i nuovi vicari episcopali.
Il rev.do don Francesco Imperiale, è il vicario episcopale per l’area pastorale Evangelizzazione e testimonianza della carità. Per la Pastorale di settore è stato nominato il rev.do don Francesco Maranò. Il rev.do don Francesco Nigro è il vicario episcopale per l’area Liturgia e ministerialità.

L’arcivescovo ha aperto l’incontro nel ringraziare i vicari uscenti per il loro prezioso operato.

 

sac Francesco Imperiale

Originario di San Marzano di San Giuseppe, è nato il 28 aprile 1976. È stato alunno del Seminario regionale di Molfetta. Ordinato presbitero il 20 settembre 2001.

È stato vicario parrocchiale della parrocchia Nostra Signora di Fatima a Talsano (2001 – 2003, per un breve periodo anche amministratore parrocchiale della stessa parrocchia), della Cattedrale (2003 – 2005) e poi della parrocchia Sant’Egidio a Tramontone-Taranto (2005 – 2006). Il 21 settembre 2006 è stato nominato parroco della parrocchia San Francesco d’Assisi a Crispiano (2006 – 2016).
Ha ricoperto gli incarichi di aiutante di studio dell’Ufficio diocesano per la Catechesi e la scuola (2003), vice direttore ufficio diocesano Educazione, Scuola, Irc, Istruzione e Università, vicario foraneo della vicaria di Crispiano – Statte (2012 – 2016), vicario foraneo della vicaria di Martina Franca (2017 – 2022).

Attualmente è parroco della Parrocchia “Maria Ss. del Monte Carmelo” a Martina Franca (dal 1° ottobre 2016); addetto dell’Ufficio diocesano Edilizia di culto e operatore informatico; Membro e Segretario del Consiglio Presbiterale, Membro del Consiglio Diocesano per gli Affari Economici, presidente dell’Istituto Interdiocesano Sostentamento Clero.
 

sac. Francesco Maranò

Nato a Grottaglie il 29 ottobre 1984. È stato alunno del seminario interdiocesano di Taranto e, poi, del Seminario Regionale di Molfetta. Ordinato sacerdote il 18 aprile 2009.

È stato nominato Vicario Parrocchiale della Parrocchia Nostra Signora di Fatima in Talsano (2009 – 2012) e poi della Parrocchia Corpus Domini in Taranto (2012 – 2018). È stato anche Assistente Ecclesiastico Diocesano dell’ACR (2010 – 2015) e Vice Rettore del Seminario Arcivescovile di Taranto (2012 – 2018).

Il 7 Luglio 2018 è nominato Rettore ed Economo del Seminario Arcivescovile di Taranto e Responsabile dell’annessa Casa del Clero. Attualmente è anche Assistente Ecclesiastico del Serra Club e dell’Associazione Pierangelo Capuzzimati.

Sino ad oggi ha ricoperto anche l’incarico di Assistente Ecclesiastico Diocesano dell’Azione Cattolica Giovani e Direttore dell’Ufficio Diocesano di Pastorale Giovanile (2015), Direttore del Centro Diocesano Vocazioni (2018), responsabile della formazione del Clero giovane (2019).

 

sac. Francesco Nigro

ph Paolo Mancarella


Originario di Carosino, è nato il 28 marzo 1979. È stato alunno del seminario regionale di Molfetta. Ordinato sacerdote l’11 settembre 2004.

È stato animatore nel seminario arcivescovile di Taranto (2006 – 2013); vice direttore (2007 – 2009) e poi direttore (2009 – 2014) dell’Ufficio diocesano per la Catechesi e la Scuola; animatore nel Seminario Regionale di Molfetta (2013 – 2019), Segretario della Commissione Catechistica Regionale (2019 – 2025), Segretario Tesoriere dell’Istituto Pastorale Pugliese (2014 – 2025).

Attualmente ricopre gli incarichi di Collaboratore Parrocchiale della Parrocchia Maria SS. del Rosario in Grottaglie, Membro del Consiglio Presbiterale, Docente presso la Facoltà Teologica Pugliese, Direttore e Docente presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose Metropolitano “Giovanni Paolo II”, Membro del Gruppo di Studio per il Catecumenato dell’Ufficio Catechistico Nazionale della CEI, Membro della Consulta dell’Ufficio Catechistico Nazionale.

Ha conseguito il dottorato in Teologia dogmatica nel 2009 alla Pontificia Università Gregoriana e la laurea in Filosofia nel 2024 all’Università del Salento (Lecce).

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Diocesi

Il messaggio dell’arcivescovo Ciro Miniero per l’inizio dell’anno pastorale

ph ND
29 Set 2025

Per l’avvio dell’anno pastorale nella nostra diocesi, l’arcivescovo Ciro Miniero ha affidato un suo messaggio all’intera comunità tarantina:

Carissimi fratelli e sorelle,

vi raggiungo con questo messaggio all’inizio del nuovo anno pastorale in cui vorrei richiamare alcune immagini che nella scorsa estate hanno toccato il mio cuore con sorpresa e fiducia. Sono state motivo di incoraggiamento alla speranza in questi tempi che definiremmo, in maniera sbrigativa, difficili (ma quali tempi per noi non lo sono?) ma che in realtà, nel coglierci inadeguati, definirei spiccatamente complessi.

Credo che anche voi siate rimasti impressionati dalle immagini del Giubileo dei Giovani a Tor Vergata. Fiumane di ragazzi e ragazze di tutto il mondo hanno letteralmente invaso Roma, pregando e cantando. È stata un’esplosione di gioia, un segno di speranza, un richiamo fortissimo a ristabilire il centro della fede, il fondamento del nostro essere Chiesa che è Gesù Cristo, l’unica nostra salvezza. Egli è la fonte che l’umanità non smette di cercare. Pur se il mondo sembra ostinato nel dichiararsi estraneo in parole, in fatti e apparente indifferenza nei confronti di Dio, tutte le volte che la Chiesa ha il coraggio, l’umiltà e la franchezza di elevare da terra il segno di Cristo, si attua quell’attrazione tutta evangelica verso di Lui ( cfr. Gv 12,32).

Nelle nostre comunità spesso smarriamo questo sguardo verso di Lui, relegandoci nell’insignificanza, nella routine o, peggio ancora, nell’ autoprotezione, nell’ autoreferenzialità. Eppure tanti segni ci spingono a ritrovare il baricentro della nostra vita e della nostra missione. Lo abbiamo vissuto anche con la morte di papa Francesco. Nel sole dell’Ottava dell’ultima Pasqua ci siamo congedati da un uomo sfinito dagli anni e dalla malattia, baluardo di pace e voce degli ultimi della terra. Verso questo anziano come tanti, che il mondo non tarderebbe a definire «scarto», abbiamo visto orientarsi gli sguardi di tutti per quello che il Papa ha rappresentato e di come abbia annunciato il Vangelo ai nostri giorni. È stato tangibile l’affetto, ma non tralascerei il dato che abbiamo potuto anche intrattenerci serenamente (incredibile a dirsi per la cultura nella quale siamo immersi) con il mistero della malattia e della morte. Abbiamo accolto con soddisfazione l’elezione di papa Leone XIV, il quale ci ha sorpresi, con l’augurio al mondo intero della pace, primo saluto del Risorto e linea programmatica del suo pontificato.

  1. L’inizio di un nuovo anno pastorale è l’occasione perché insieme invochiamo sulla nostra arcidiocesi lo Spirito Santo, capace di far rifiorire i deserti e di rinvigorire ossa inaridite (cfr. Ez 37,1-14). Io voglio invocarlo assieme a voi per ridonare entusiasmo e passione ai missionari annoiati.

Questo inizio, che non può prescindere da ciò che abbiamo vissuto e appena ricordato, non è un atto formale, ma un appuntamento annuale per iniziare e camminare insieme. Desidero esortare tutti, consacrati e laici, a continuare il lavoro quotidiano con impegno e generosità, vivendo bene la celebrazione eucaristica, il sacramento della confessione, la catechesi, l’educazione dei fanciulli, l’attenzione a tutte le necessità, materiali e spirituali, alle quali dobbiamo ogni giorno far fronte.

Manifesto, in modo chiaro, il rischio che pavento: alcuni attendono con ansia eventi straordinari, azioni mirate, progetti pastorali che, indubbiamente, hanno la loro valenza; tali azioni, però, potrebbero essere un paravento per non compiere i doveri quotidiani che tutti dobbiamo assolvere.

Condivido la necessità e l’utilità di un progetto pastorale, ma cosa rispondo quando i fedeli si lamentano che non trovano mai un sacerdote disponibile per l’ascolto, per le confessioni o quando nessuno visita i malati? Ben vengano i progetti pastorali e gli eventi straordinari, ma non dimentichiamo ciò che spesso ripeteva san Giovanni Paolo II e cioè che il progetto pastorale c’è già e si chiama Gesù Cristo.

Domando: si può verificare negli incontri parrocchiali come si vive la pastorale del quotidiano e avanzare proposte per crescere nella comunione con tutti e nella fede?

Guardando al futuro, per avere una linea che possa guidarci, vorrei riprendere l’immagine biblica della “moltiplicazione dei pani e dei pesci” che, nella versione del Vangelo di Luca, abbiamo meditato nella solennità del “Corpus Domini”.

Gli apostoli si meravigliarono di quelle folle che seguivano Gesù per ascoltarlo e lasciarsi guarire da lui. Cosa accomuna le folle di ieri e di oggi? Cosa le tiene insieme? Cosa può trasformarle in Popolo di Dio? L’umanità, in ogni tempo, ha fame della Parola. Sotto lo sguardo di Gesù, l’elezione non avviene per merito o per qualsivoglia bravura. Anzi. Gesù afferma: “Sento compassione per queste persone perché sono come pecore senza pastore” (Mt 9,36). La Sua compassione è il movimento viscerale, interno a Dio, che lo fa muovere affinché le pecore abbiano una casa, la Chiesa, e siano al sicuro dai predatori. Lo sguardo di Gesù è rivelatore delle nostre povertà e fragilità che al contempo sono amate e accolte. Sono condizioni che nel racconto vengono accentuate anche da un dato temporale: è sera e il sopraggiungere della notte è metafora dell’incertezza e del bisogno di luce.

Ma noi dove troveremo il pane perché questa gente ne riceva almeno un pezzetto? Mi soffermo solo su due elementi del racconto. «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?» (Gv 6,9). Non trovo verosimile che la folla al seguito del Maestro non abbia pensato di portare con sé qualcosa per sfamarsi. Trovo invece probabile che con l’allungarsi dei giorni (lo seguivano già da tre), questi pellegrini si guardassero bene dal condividere le poche provviste che avevano. L’ingenuità e la generosità del ragazzo, animato dal desiderio di rendersi utile agli apostoli o di rendere un’opera affettuosa per Gesù, avviano il miracolo. Questo giovane che non trattiene per sé, non preoccupandosi del rischio di rimanere a stomaco vuoto, è un invito ambivalente per noi: da un lato, dobbiamo imparare a dare spazio ai giovani, ascoltandoli e rendendoli partecipi dell’azione evangelizzatrice; dall’altro, dobbiamo chiedere a Dio questa audacia giovanile senza calcoli, dobbiamo dare fondo alle nostre piccole risorse, senza tornaconti, senza il timore di rimanere a mani vuote. Siamo troppo preoccupati che la bisaccia non rimanga vuota e così non facciamo altro che soffocare il miracolo. Ma la moltiplicazione non avviene senza questo atto di condivisione. Personalmente non sono in pensiero per le chiese che sembrano svuotarsi. Nutro forti preoccupazioni che esse non abbiano da offrire il vero pane, perché tratteniamo e non doniamo, così che la gente che cerca di incontrare Cristo e la sua comunità, torni a casa digiuna. Vi incoraggio nell’evangelizzazione perché possiate dare a piene mani il pane della Parola e la gioia dell’Eucaristia.

Domando: Vogliamo interrogarci sulla condizione dei giovani dal punto di vista della fede? La Chiesa diocesana può avvicinarli con maggiore prontezza per orientarli meglio a conoscere Gesù? Quali i punti critici circa la loro presenza nelle nostre parrocchie, associazioni, gruppi e movimenti?

«Voi stessi date loro da mangiare» seminati nella cultura di questo tempo senza paura, conservando la natura di lievito e di sale (cfr. Ml 5,13; Le 13,21).

Nel dialogo di Papa Leone con i giovani a Tor Vergata, la prima domanda a lui rivolta, gli ha dato la possibilità di parlarci dell’amicizia con Gesù. Una giovane ha detto: « Viviamo una cultura che ci appartiene e senza che ce ne accorgiamo ci plasma; è segnata dalla tecnologia soprattutto nel campo dei social network. Ci illudiamo spesso di avere tanti amici e di creare legami di vicinanza mentre sempre più spesso facciamo esperienza di tante forme di solitudine. Siamo vicini e connessi con tante persone eppure, non sono legami veri e duraturi, ma effimeri e spesso illusori. Santo Padre, ecco la mia domanda: come possiamo trovare un’amicizia sincera e un amore genuino che aprono alla vera speranza? Come la fede può aiutarci a costruire il nostro futuro?» (Leone XIV, Giubileo dei giovani, veglia di preghiera, 02.08.25).

È anche la nostra esperienza quotidiana: avvertiamo che le moderne tecnologie ci aiutano a sentirci “più connessi”, ma nello stesso tempo avvertiamo il bisogno di rapporti veri e sinceri. Bisogna affrontare le nuove sfide a partire dall’intelligenza del Vangelo, senza scadere nella banalità e senza neppure uniformarci acriticamente alle mode del mondo. Quale occasione più feconda per annunciare la vera amicizia, quella con Gesù, perché «ogni persona -dice il Papa -desidera naturalmente questa vita buona, come i polmoni tendono all’aria, ma quanto è difficile trovarla! Quanto è difficile trovare un’amicizia autentica!» (Ivi). Facendo riferimento a sant’ Agostino prosegue: «Come ha trovato un’amicizia sincera, un amore capace di dare speranza? Incontrando chi già lo stava cercando, incontrando Gesù Cristo. Come ha costruito il suo futuro? Seguendo Lui, suo amico da sempre [ … ] Come scriveva San Pier Giorgio Frassati, «vivere senza fede, senza un patrimonio da difendere, senza sostenere una lotta per la Verità non è vivere, ma vivacchiare» (Ivi). Dunque, solo nel rapporto d’amore con il Signore, vissuto quotidianamente nella preghiera, nell’ascolto della Parola, nella celebrazione dei sacramenti, possiamo trovare il criterio di verifica di tutti i nostri rapporti umani.

Domando: come proporre ai giovani percorsi validi di spiritualità e di formazione? Come proporre loro l’ideale di una vita di consacrazione? E il servizio di pastorale giovanile e vocazionale, non solo a livello diocesano ma vicariale e parrocchiale quale contributo può offrire?

  1. Alla stregua del primo spunto offro anche il secondo. «Voi stessi date loro da mangiare» (Lc 9,14). La missione della Chiesa è di farsi carico delle istanze e delle domande del mondo. Per quanto le parrocchie si sforzino di offrire servizi, di rendersi in qualche modo attrattive, non potranno evidentemente rispondere alla loro originaria missione, fino a quando non si “sporcheranno” nel territorio. Occorre che ogni comunità impegni nella totalità i propri pani e i pochi pesciolini, senza demandare, ed eviti di rintanarsi con i fedeli superstiti o di accontentarsi di iniziative che, pur gratificanti, non incidono profondamente nel vissuto delle persone.

Domando: che coscienza ha di sé ogni singola parrocchia, della sua missione e della sua presenza nel territorio? Cosa rettificare e cosa rinsaldare?

«Voi stessi date loro da mangiare» per il cammino sinodale.

Con l’umiltà di chi sa di aver racimolato in questi anni risorse insufficienti rispetto alla grande sfida del Sinodo in tutte le sue fasi, dobbiamo compiere lo sforzo necessario di camminare insieme.

Il papa, nell’omelia della veglia di Pentecoste, ha affermato: «Dio ha creato il mondo perché noi fossimo insieme. “Sinodalità” è il nome ecclesiale di questa consapevolezza. È la via che domanda a ciascuno di riconoscere il proprio debito e il proprio tesoro, sentendosi parte di un intero, fuori dal quale tutto appassisce, anche il più originale dei carismi. Vedete: tutta la creazione esiste solo nella modalità dell’essere insieme, talvolta pericoloso, ma pur sempre un essere insieme» (Leone XIV, omelia nella solennità di Pentecoste, 07.06.25). Comunità consapevoli quindi sono quelle sinodali.

L’incipiente anno pastorale deve essere quindi caratterizzato dallo stile sinodale attraverso la riforma concreta e la verifica degli organismi di partecipazione e di corresponsabilità nella diocesi e nelle parrocchie.

Interroghiamoci circa la comunione all’interno di ogni singola parrocchia e tra le parrocchie

della medesima vicaria. Si potrebbe pensare in alcuni ambiti, di realizzare un cammino insieme?

« Voi stessi date loro da mangiare» in un mondo lacerato dall’odio.

Nella prima parte di questo anno pastorale ci avviamo verso la conclusione del Giubileo che ci invita a essere “pellegrini di speranza”. Essa si traduce in impegno costruttivo a favore della pace. Ci sentiamo impotenti di fronte alle immagini catastrofiche della guerra. Potremmo parafrasare: “dove troveremo tanta pace per sfamare tanta gente?” (cfr. Gv 6,9). Anche in questo caso dobbiamo consegnare al Signore quelle poche risorse nei termini del nostro impegno, sforzandoci di essere costruttori di pace e di bene lì dove viviamo.

Domando: nelle nostre famiglie, negli ambienti di lavoro, nelle comunità parrocchiali, nei luoghi di ritrovo e nel tempo libero, come noi viviamo questa tensione per costruire un mondo di pace? Come proviamo concretamente a superare divisioni e contrasti?

Dobbiamo essere un segno di speranza anche per la nostra terra che sembra tornare al punto di partenza con le sue complesse problematiche di salute sociale e ambientale. Anche in questo ambito, al di là delle parole e delle singole visioni, dobbiamo proseguire un autentico lavoro di formazione delle coscienze che ricapitoli interessi economici e politici. È proprio vero, soprattutto per noi tarantini, quello che Papa Leone dice nel suo messaggio per la Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato: «Lna giustizia ambientale non può più essere considerata un concetto astratto o un obiettivo lontano. Essa rappresenta una necessità urgente, che va oltre la semplice tutela dell’ambiente. Si tratta, in realtà, di una questione di giustizia sociale, economica e antropologica. Per i credenti, in più, è un’esigenza teologica, che per i cristiani ha il volto di Gesù Cristo, nel quale tutto è stato creato e redento. In un mondo dove i più fragili sono i primi a subire gli effetti devastanti del cambiamento climatico, della deforestazione e dell’inquinamento, la cura del creato diventa una questione di fede e di umanità» (Messaggio, 01.09.25).

Cari fratelli e sorelle, benediciamo il Signore che ci dona un altro “anno di grazia”, un anno di amicizia, di fraternità e di missione nella sua vigna. Invochiamo, per l’intercessione di Maria, Madre della Chiesa, e di san Cataldo vescovo, nostro patrono, lo Spirito di Dio, perché infonda in noi forza e sapienza così che il progresso del gregge della Chiesa di Taranto sia la nostra fonte di gioia.

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