Rigenerazione sociale

In vendita i panettoni artigianali del laboratorio penitenziario Fieri potest pastry lab

31 Ott 2025

di Angelo Diofano

Anche quest’anno, nell’approssimarsi delle festività natalizie, è iniziata la vendita dei panettoni artigianali realizzati nel laboratorio di pasticceria Fieri potest pastry lab, attivo all’interno della casa circondariale Carmelo Magli di Taranto, disponibili nei seguenti gusti: classico, al cioccolato, all’arancio e cioccolato fondente, al mandarino e caramello salato.

Si tratta di un progetto unico, promosso dalla cooperativa ‘Noi e Voi’, che trasforma la passione per la pasticceria in un’occasione concreta di rinascita e inclusione lavorativa. Guidati dal maestro pasticciere Pierluigi Barbaro, i sei detenuti pasticcieri del laboratorio producono ghiottonerie che raccontano storie di impegno, riscatto e talento: friselle, cracker, tarallini, cantucci, paste di mandorla, castagnette, biscotti e molto altro; per eventi pubblici o privati si realizzano, con altrettanta cura artigianale, anche buffet dolci e salati.

I panettoni artigianali sono il fiore all’occhiello della produzione, con ventiquattro ore di lievitazione naturale, l’uso di ingredienti selezionati del territorio e una lavorazione che rende ogni panettone un capolavoro di gusto e solidarietà.

Una parte del ricavato finanzierà una “call” dedicata agli enti del terzo settore impegnati nel volontariato penitenziario, per sostenere progetti di reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti e aiutare le loro famiglie.

“Acquistare un panettone del Fieri potest pastry lab – dice il presidente della Noi e Voi, don Francesco Mitidieri, cappellano della casa circondariale  – è un gesto buono che fa del bene in quanto significa portare a casa non solo un dolce di alta qualità, ma anche un messaggio di speranza, lavoro e futuro”.

Per prenotazione dei panettoni o informazioni: fieripotest.pastrylab@gmail.com;  tel. 393.2229991.

 

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Diocesi

In Concattedrale, martedì 4 novembre l’assemblea diocesana

ph G. Leva
31 Ott 2025

Si svolgerà martedì 4 novembre, alle ore 19 nella Concattedrale ‘Gran Madre di Dio’ l’assemblea diocesana convocata dall’arcivescovo mons. Ciro Miniero in cui saranno presentate le sintesi delle risposte alle domande formulate nel messaggio dell’arcivescovo per l’inizio del nuovo anno pastorale e rivolte ai consigli parrocchiali.

Riportiamo di seguito il testo della convocazione dell’arcivescovo:

 

“Carissimi fratelli e sorelle,

 il 29 settembre ho consegnato ai nuovi vicari episcopali e ai direttori degli uffici di Curia, il mio messaggio per l’inizio del nuovo Anno pastorale, con cui desidero incoraggiarvi nel ministero, indicando alcune priorità da privilegiare.
Per l’avvio dell’anno ho pensato ad un solo incontro sia per l’inaugurazione che per l’assemblea diocesana.

Pertanto, convoco tutto il clero diocesano e religioso, i consigli pastorali parrocchiali e i consigli parrocchiali per gli Affari economici, il 4 novembre, alle ore 19, alla Concattedrale Gran Madre di Dio, in Taranto.

 

Programma

18,45: accoglienza, preghiera iniziale

19,00: comunicazione dei risultati degli incontri dei gruppi

20,15: brevissimo dialogo a piccoli gruppi; interventi

Conclusioni dell’arcivescovo.

Per favorire il dialogo nei consigli parrocchiali, indico alcuni punti, con relative domande già contenute nel messaggio. I risultati dei confronti parrocchiali saranno consegnati al proprio vicario foraneo che ne farà una sintesi. Don Gino Romanazzi entro il 29 ottobre raccoglierà le sintesi per presentarle all’assemblea diocesana.

  1. Vivere bene la pastorale ordinaria: verificare come si vive la pastorale del quotidiano e avanzare proposte per crescere nella comunione con tutti e nella fede
  2. Accompagnare i giovani verso Cristo: vogliamo interrogarci sulla condizione dei giovani dal punto di vista della fede? La Diocesi può avvicinarli per orientarli meglio a conoscere Gesù? Quali i punti critici circa la loro presenza nelle parrocchie, associazioni, gruppi e movimenti? Come proporre loro percorsi validi di spiritualità e di formazione? Come proporre l’ideale della vita consacrata? E il servizio di pastorale giovanile e vocazionale, non solo a livello diocesano, mavicariale e parrocchiale, quale contributo può offrire?
  3. Per il cammino sinodale: interroghiamoci circa la comunione all’interno di ogni singola parrocchia e tra le parrocchie della medesima vicaria. Si potrebbe pensare, in alcuni ambiti, di realizzare un cammino insieme?
  4. In un mondo lacerato dall’odio e dalle guerre: nelle nostre famiglie, negli ambienti di lavoro, nelle comunità parrocchiali, nei luoghi di ritrovo e nel tempo libero, come noi viviamo questa tensione per costruire un mondo di pace? Come proviamo concretamente a superare divisioni e contrasti?

Sono certo che da un sereno confronto su questi punti potranno scaturire proposte utili e costruttive per il cammino della nostra comunità diocesana.

In Cristo,
† Ciro Miniero
arcivescovo metropolita di Taranto

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Diocesi

La santa messa dell’arcivescovo Ciro Miniero al ‘San Brunone’ per la commemorazione dei defunti

ph G. Leva
31 Ott 2025

Domenica 2 novembre, l’arcivescovo mons. Ciro Miniero presiederà nella cappella monumentale del cimitero San Brunone la celebrazione eucaristica in suffragio dei defunti nella ricorrenza loro dedicata. La giornata inizierà con il raduno delle autorità civili e militari all’ingresso del luogo sacro da dove alle ore 9.30 partirà il corteo preceduto dalla banda musicale cittadina ‘Giovanni Paisiello’. Lungo il viale principale saranno effettuati momenti di preghiera davanti alla tomba del vigile urbano Francesco Gallo, tragicamente scomparso negli anni sessanta, alla cappella del Capitolo metropolitano, omaggiando idealmente la memoria di tutti i sacerdoti deceduti della nostra diocesi, con deposizione di una corona d’alloro davanti al monumento a Gesù Redentore, nella piazza centrale.
Alle ore 10 nella cappella monumentale sarà celebrata la santa messa cui seguirà il consueto omaggio, con deposizione di corone d’alloro, al Famedio dell’Esercito italiano, ai resti del sommergibile tedesco UC12, affondato in Mar grande, e al Camposanto degli inglesi.

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Tracce

Una fase nuova e inaspettata

Niccolò Machiavelli
31 Ott 2025

di Emanuele Carrieri

È una discussione periodica, che ricomincia dopo la conclusione di ogni tornata elettorale. Gli analisti, i commentatori, gli esperti, gli opinionisti, i politologi, i sociologi provano ad analizzare e, poi, cercano di interpretare le ragioni per cui, in questi tempi, la metà degli aventi diritto al voto sfugge l’appuntamento con le elezioni. Ormai avviene sempre a tutti i livelli, perfino quando il momento elettorale interessa la vita di tutti i giorni e anche gli interessi più immediati. Nessuno è in grado di fornire delle spiegazioni molto convincenti, ma soltanto di evidenziare che l’allontanamento in atto in questo momento storico sta facendo manifestare non più solo una semplice avversione per la politica, per i suoi attori e per i partiti (ormai non più fondati su una struttura organizzativa ma sulla singola personalità di spicco, sulla figura del loro leader), ma anche per le istituzioni in senso più ampio e generale. D’altronde questi aspetti e queste fasi, anche se divisi, di vita civile e sociale, sono strettamente connessi fra loro. L’aspetto più preoccupante, però, è che proprio la politica sembra soffrire questa pericolosa e preoccupante devianza, come se fosse in uno stato di anestesia o come se fosse avvinazzata. Non va così, non facciamoci prendere in giro. Questa apparente limitata attenzione è senz’altro voluta, perché è, più che altro, intrinsecamente incatenata agli interessi di parte delle stesse forze politiche non più in grado di elaborare una qualche possibile soluzione, ma più interessate a schivare un possibile sconvolgimento della situazione attuale. Sembra essersi eclissato per sempre il peso di una politica che guardava avanti e riusciva a vedere il futuro al di là dell’orizzonte. Non esistono più i partiti di massa, in cui gli iscritti, i militanti e gli attivisti giocavano un ruolo importante: i partiti non sono più luoghi di democrazia, di aggregazione, di confronto e di discussione, ma sono diventati ambiti paragonabili a organizzazioni aziendali orientate soltanto alla ricerca di un consenso, pur minimo che possa essere, a patto che sia sufficiente a conservare il potere. In un contesto di questo genere, l’opportunismo politico, il cambiamento di casacca, non è più una tipologia di lampante deformazione, ma è adattabilità, è scaltrezza, è attitudine nello stare a galla, è predisposizione nel non andare a fondo. In una situazione di questo genere, è chiaro che la memoria storica non è solo fragile, è in realtà quasi sparita dal momento che i cambiamenti e le sterzate a U rispetto a ieri o all’altro ieri, non sconvolgono più nessuno, a eccezione di chi non si reca più alle urne, ma tanto questo fatto – in parte di protesta e in parte di disaffezione – malgrado la sua eccessiva evidenza, non scalfisce gli assetti in essere. Scendendo più realmente nella fase attuale della politica italiana, non c’è da meravigliarsi se la destra italiana al governo si comporta così … in una situazione rivoltata, l’attuale sinistra si comporterebbe in modo dissimile? Se si vince con un determinato pacchetto di votanti, per che scopo andare a cercare, fra i non votanti, pericolose seccature? Perché rischiare? In questi tempi, le affermazioni delle compagini di governo sono condizionate primariamente da un dato: se hanno, in un modo o nell’altro, convinto ponendo bene le loro promesse elettorali, ma poi è necessario fronteggiare la realtà e i suoi svariati problemi. E molti italiani li sperimentano i problemi e li sentono sulla propria pelle: l’aumento del numero delle persone a rischio povertà, l’alta evasione fiscale, la stagnazione produttiva, la pressione fiscale su dipendenti e pensionati, la bassa crescita del PIL, l’elevato debito pubblico, la precarietà lavorativa, l’invecchiamento demografico, il calo delle nascite, la fuga dei cervelli, la situazione carceraria in continuo stato eruttivo, la inconsistenza dell’apparato dei servizi sociali, la debolezza del sistema sanitario pubblico. E come se ciò non bastasse, poi vanno aggiunte delle variabili – indipendenti o dipendenti, che siano – delle quali la politica dovrebbe, di sicuro, tenere conto. Si pensi alla drammatica vicenda della Palestina e, più in generale, alla questione della pace che ha portato in piazza nel nostro Paese quasi tre milioni di persone. Quella moltitudine si è, in quel caso, auto-chiamata a raccolta su una questione che concerne i principi etici, che riguarda i valori morali. Nelle piazze, nelle strade, nei cortei, nelle manifestazioni, sono state presenti e hanno urlato la propria indignazione persone di varia e differente estrazione sociale e culturale, ma anche politica. E non solo: dopo anni di assenza, si sono visti e si sono attivati centinaia di migliaia di giovani. Si può ritenere ciò un dato trascurabile, insignificante? Se si considera che la spinta di quella vasta e grande protesta era incentrata – meglio ripeterlo! – su grandi questioni di principi e di valori, allora questi fatti ci devono spingere ad andare più in là. È una fase per molti versi nuova e perfino inaspettata e merita, non tanto una sorta di sfruttamento politico, una attenzione da parte dei raggruppamenti politici, che si dovrebbero sentire sollecitati a riflettere su come poter convogliare, intelligentemente e in via democratica e istituzionale, un potenziale così poderoso. È forse giunta l’ora di andare oltre taluni schemi legati al nostro recente passato. È fondamentale, quasi indispensabile, che la politica sia all’altezza di prospettare nuove idee, altre concezioni, innovative proiezioni, se vuole ritornare ad avere credibilità e autorevolezza, chiaramente sempre incentrando la sua azione sugli autentici e molto più che concreti problemi economici e sociali che assillano tante, troppe persone che vivono in questo Paese. Ricordando in ogni istante quanto asserito da Machiavelli, nel sesto capitolo del Principe: “Non v’è nulla di più difficile da realizzare […] che iniziare un nuovo ordine di cose. Perché il riformatore ha nemici fra tutti quelli che traggono profitto dal vecchio ordine e solo dei tiepidi difensori fra quelli che dovrebbero trarre profitto dal nuovo.”.

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Sport

La Cascina nella tana di Ravenna per continuare a vincere

foto G. Leva
31 Ott 2025

di Paolo Arrivo

Come volevasi dimostrare: la vera Prisma, lo avevamo presagito, è quella vista domenica scorsa, nella prima partita in casa al Palafiom. Una squadra capace di giocare una buona pallavolo e di reagire nei momenti più difficili. Si pensi al primo set dello stesso incontro col Sorrento, vinto ai vantaggi, dopo che sembrava perso. Con un Oleg Antonov già in gran forma tutti i problemi possono essere risolti insieme agli altri giocatori facente parte del roster. Le attese non sono state tradite. L’altra conferma, poi, è arrivata dal pubblico del Palafiom: la capienza ridotta della struttura, decisamente più piccola del PalaMazzola, rende ancora più forte e prezioso il tifo.

Ravenna

Il prossimo avversario della Prisma ha gli stessi punti in classifica. Ma ottenuti in modo differente: una vittoria e una sconfitta in due match portati ambedue al tie-break. Nell’ultimo la Consar Ravenna è caduta a Macerata disputando una buona prova. Il punto conquistato contro una squadra importante, che ha confermato la sua alta caratura, attesta la qualità del gruppo allenato da Antonio Valentini, capace di non far dormire sonni tranquilli a coach Graziosi. Taranto comunque andrà a Ravenna con l’intenzione di non arrestare la corsa. L’obiettivo, per una squadra che punta al salto di categoria, è fare punti anche fuori delle mura amiche: la Cascina ha rotto il ghiaccio, e potrebbe riuscirci. Domenica prossima 2 novembre, start alle ore 18.00, il Pala De Andrè sarà teatro di una bella battaglia sportiva, certamente. Entrambe le formazioni non vorranno accrescere la distanza dalla vetta – in testa a quota sei ci sono Abba Pineto e Virtus Aversa. Va ricordato che gli emiliani hanno disputato diversi campionati nella massima serie e possono vantare una coppa nel palmarès (la Challenge Cup). Anche a loro, quindi, la serie A2 deve stare stretta.

La forza del singolo

Negli sport di squadra si tende a enfatizzare il collettivo. Perché è col gruppo si costruiscono le vittorie. Ma alle volte a fare la differenza, specie in una singola partita, sono i singoli: oltre a Antonov, MVP dell’ultimo incontro che ha raggiunto un personale record (200 servizi vincenti in carriera), vanno sottolineate le ottime prove offerte da Gabriele Sanfilippo, Ryu Yamamoto e Nicola Cianciotta. Un altro giocatore capace di fare la differenza, particolarmente in questa categoria, è Ibrahim Lawani. L’opposto francese sarà a disposizione di Gianluca Graziosi a partire dalla quarta giornata. Ovvero dalla prossima partita al Palafiom, il 9 novembre, quando arriverà la Tinet Prata di Pordenone. Sono pesanti anche i punti di Marco Pierotti: l’esperienza e il talento dello schiacciatore marchigiano, che ha giocato anche in Superlega, si sono visti già nel match col Sorrento. L’auspicio è che gli ionici possano marciare a ranghi compatti verso Ravenna. Possibilmente a caccia dei tre punti.

 

Il primo match al Palafiom: Taranto-Sorrento, photogallery by Giuseppe Leva

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Città

Cpia Taranto: l’istruzione degli adulti per superare i divari sociali e territoriali

31 Ott 2025

di Angelo Diofano

Il Centro provinciale per l’istruzione degli adulti (Cpia) di Taranto ha lanciato un forte messaggio di coesione sociale e sviluppo comunitario attraverso l’evento ‘Il quarto ponte’, tenutosi la settimana scorsa, a Palazzo di città.
Il titolo, che evoca i celebri ponti che uniscono i due mari, non è casuale in quanto il Cpia si propone infatti come il ‘quarto ponte’, quello immateriale, essenziale per collegare le fasce di popolazione più vulnerabili – inclusi i migranti e coloro in cerca di una seconda chance formativa – al resto della società, riducendo i divari territoriali e culturali.
Introdotto dalla prof.ssa Alessandra Fiusco, dirigente scolastica, l’incontro ha trattato delle sfide di una società complessa che diventano opportunità di crescita.
Al dibattito hanno preso parte figure chiave del mondo dell’istruzione e dell’accoglienza, tra cui ex dirigenti scolastici (come la prof.ssa Patrizia Capobianco) e docenti (tra cui i prof.ri Fabio Gallina, Stefania Chirico e Viviana Galluzzo, queste ultime due per l’istruzione penitenziaria).
Un focus particolare è stato posto sul ruolo dei Cpia quali protagonisti attivi nel sistema di accoglienza. Infatti, come emerso dalle relazioni, le scuole per adulti sono in prima linea nell’affrontare gli aspetti complessi delle nuove migrazioni, offrendo percorsi formativi che configurano una vera e propria ‘cittadinanza attiva’.
Momento significativo dell’incontro, le testimonianze dirette di ex corsisti, come Giovanna Sferra e Dembele Fallaye, che hanno dimostrato, con la loro esperienza, come l’istituzione scolastica non si limita a fornire un titolo di studio, ma offre dignità, integrazione e la possibilità concreta di riprogettare il proprio futuro.
Gli interventi sono stati moderati dalla docente prof.ssa Anna Maria Castria, permettendo un dialogo costruttivo che ha ribadito un concetto fondamentale: le istituzioni scolastiche pubbliche sono la struttura cruciale per governare i processi di inclusione culturale, assicurando la tenuta e lo sviluppo della comunità locale.
L’incontro si è concluso con la riaffermazione dell’impegno a rafforzare il ruolo del Cpia come faro di opportunità nel panorama tarantino, un ponte non solo di conoscenza ma anche di solidarietà e progresso, riconoscendo l’importanza di investire nell’istruzione come motore di una società più equa e resiliente.
Hanno inframmezzato la serata le esecuzioni della bravissima pianista Angela D’Arcangelo del Conservatorio ‘G. Paisiello’ di Taranto, allieva del m° Paolo Cuccaro.

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Parrocchia dello Spirito Santo: festa liturgica di Chiara Luce Badano

31 Ott 2025

Mercoledì 29 ottobre la parrocchia dello Spirito Santo ha celebrato la festa liturgica della beata Chiara Luce Badano, in occasione dell’anniversario della nascita.

Chiara Luce, giovane appartenente al Movimento dei Focolari, fondato da Chiara Lubich, ha vissuto con profonda fede e straordinaria speranza la sua breve vita, segnata dalla malattia che l’ha colpita a soli diciotto anni. Nonostante il dolore, la ragazza ha saputo testimoniare con il sorriso la gioia del Vangelo e l’amore di Dio, divenendo un luminoso esempio di santità per i giovani e per tutta la Chiesa.

La celebrazione eucaristica è stata presieduta da don Francesco Tenna, che ha guidato la comunità nella preghiera e nella riflessione sulla vita e sull’esempio di Chiara Luce. Commentando la pagina del Vangelo, il sacerdote ha sottolineato che la giovane Chiara ha trovato nella forza dell’amore il segreto della vita, fino all’ultimo giorno. Al termine, davanti alla sua immagine, è stata recitata una preghiera di intercessione, invocando la sua protezione e il suo aiuto.

È seguito un momento particolarmente toccante con la proiezione di un video dedicato alla beata, che ha ripercorso la sua storia di fede, speranza, dolore e amore, suscitando profonda emozione nei presenti.

La serata è stata un’occasione preziosa per la comunità per riflettere sulla propria vita e sul significato della ‘santità della porta accanto’, chiedendo l’intercessione di Chiara Luce per le proprie intenzioni e necessità.

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Diocesi

Alla parrocchia San Pasquale, un laboratorio musico-emozionale

30 Ott 2025

Venerdì 31 ottobre a  Taranto alle ore 17 alla pinacoteca-museo Sant’Egidio della chiesa di San Pasquale Baylon si terrà un Laboratorio musico-emozionale ‘IT.A.CÀ for kids – I suoni delle emozioni’, a cura de La Palomba aps, IsacPro coop sociale, Plasticaqqua aps, ConTatto aps, Pinacoteca-museo Sant’Egidio

Il laboratorio musico-emozionale, dedicato alle famiglie, è un percorso in musica, che ha lo scopo di stimolare i partecipanti alla scoperta della propria dimensione musicale, emozionale e creativa.

“Le nuove generazioni – riferiscono i promotori – sono già il nostro futuro da curare e custodire, insegnare loro a conoscere, gestire e mettere in circolo le proprie emozioni, crea dei rapporti sani e saldi per il futuro. Tutto questo lo facciamo attraverso la musica e la creatività. Il laboratorio musico-emozionale ‘ Custodi del futuro: gestire le relazioni attraverso i suoni delle emozioni’ è un percorso in musica, rivolto a famiglie con bambini dai 4 ai 10 anni, che ha lo scopo di stimolare i partecipanti alla conoscenza delle prime nozioni musicali quali: ritmo, suono, ascolto, utilizzo della voce e movimento associate alle emozioni”.

Per info e prenotazioni contattare: 3290050480

 

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Salvaguardia del Creato

Laudato si’: una strada segnata verso la cura e la responsabilità per il creato

ph Sir
30 Ott 2025

di Alfonso Cauteruccio *

A dieci anni dalla pubblicazione della Laudato si’ è possibile fare un primo bilancio sull’incidenza di questo documento così particolare e che tocca la vita di tutti gli abitanti del pianeta.

Il primo elemento innovativo che vorrei sottolineare è quello del linguaggio. È vero che potrebbe essere inquadrato nel solco dei documenti della dottrina sociale della Chiesa, ma questa enciclica rappresenta un unicum perché raccoglie le tante anime della sensibilità ecologica ma inserendole in modo sistemico e armonico sotto il cappello della cura della casa comune. Un linguaggio moderno e diretto ma che fa riflettere, provoca discussioni, invita all’azione e che si rivolge a tutti coloro che hanno a cuore la casa comune rendendo chiaro che non esiste un’alternativa.
Un linguaggio che evidenzia che il creato è un insieme di relazioni e che tutto si tiene e si rapporta secondo un’ottica di ecologia “integrale”; un linguaggio che ha superato le tante distinzioni a cui eravamo abituati e il modo di leggere l’azione per il creato in modo olistico.

Un secondo elemento è senza dubbio il fatto di aver fondato il documento sulla scienza consolidata valorizzando così il lavoro di tanti scienziati di discipline diverse.  La Laudato si’ stabilisce un rapporto maturo con la scienza riconoscendone il valore ma evidenziandone anche i limiti o gli eccessi. Senza dubbio un fatto nuovo per un documento pontificio e un riconoscimento non scontato di quanto il contributo della scienza possa essere dirimente per la cura della casa comune.

Un terzo aspetto è quello della consapevolezza che il dibattito attorno a questi temi ha generato nei credenti e in tutti gli uomini di buona volontà. A partire dalle giovani generazioni, tutti hanno potuto comprendere che il tema della cura passa attraverso il lavoro della politica, delle organizzazioni mondiali, da quelle locali e che riguarda la vita di ciascuno e quindi l’impegno personale con il conseguente cambiamento degli stili di vita.

Un quarto aspetto è l’aver reso immediato e centrale il rapporto tra spiritualità e creato: una vita di fede matura e armoniosa passa anche attraverso l’empatia con il creato. La stessa infinitezza ci rende creature consapevoli di essere piccoli, bisognosi di protezione, solo di passaggio. I ritmi incalzanti e frenetici odierni ci portano a condurre un’esistenza sganciata da tutto ciò che ci circonda mentre la natura ci ricorda che siamo parte di un tutto e ci fa scorgere l’impronta del Creatore e risalire alla sua bontà.

Un quinto aspetto è l’aver chiarito che non basta l’approccio economico o utilitaristico per risolvere la crisi ecologica in atto. Va bene l’apporto della tecnologia e della scienza, vanno bene gli incentivi economici, va bene il conseguimento di risparmio, ma se non cambia il modo di rapportarsi con il creato la crisi ambientale non si risolve! Occorre un cambiamento nel cuore dell’uomo e nei suoi stili di vita, un cambiamento che viene dall’interno e che ci porta a sentirci parte del coro di creature che rende lode a Dio.

Infine, grandi attese si erano generate per l’azione politica internazionale già dalla Cop21 di Parigi e la voce di papa Francesco appariva come un richiamo forte e autorevole all’azione. Oggi tutto ciò sembra affievolirsi e si ritorna a mettere in dubbio gli studi e il lavoro degli scienziati… Ritengo però che, nonostante la sensazione di impotenza e frustrazione, la strada sia segnata e prosegua verso il tema della cura e della responsabilità. Di questo siamo grati a papa Francesco.

 

* presidente di Greenaccord

 

ph L’Osservatore Romano (www.photo.va)-Sir

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Emergenze sociali

Disoccupazione, povertà, denatalità: il report dell’Inps a Taranto e provincia

30 Ott 2025

di Silvano Trevisani

Disoccupazione, povertà, denatalità: sono i drammatici fenomeni che caratterizzano la situazione di Taranto oggi. La gravissima crisi industriale e la mancanza di alternative, pur tanto attese, fanno di Taranto e provincia un fanalino di coda della condizione socio-demografica italiana, che pure non brilla affatto nonostante i proclami.

È dal Rendiconto sociale dell’Inps che scaturisce questo quadro inquietante, che viene portato all’attenzione pubblica dal segretario della Cgil di Taranto, Giovanni D’Arcangelo: “Il mercato del lavoro tarantino resta segnato da criticità profonde. Permangono forti squilibri di genere, una bassa partecipazione giovanile e divari territoriali che penalizzano la provincia tarantina che resta capitale degli ammortizzatori sociali”. Anche il coordinatore territoriale della Uil, Gennaro Oliva, comne vedremo, interviene sull’argomento.

Ma entriamo nel merito dei dati ufficiali, partendo dall’“inverno demografico” che si registra in città: il saldo tra nuove nascite e decessi è sempre più alto, essendo passato da -400 nel 2013 a – 2008 nel 2024. Inverno destinato a diventare ancora più rigido, sottolinea D’Arcangelo, se si considera che chi dovrebbe far figli decide di abbandonare la propria città e a volte il proprio paese per cercare altrove condizioni di vita migliori.

Per quanto riguarda l’occupazione, la situazione è pessima da tutti i punti di vista. Vediamolo nelle varie fasce, diversificato per sesso: tra i 25 e i 34 anni, il tasso di occupazione per le donne è fermo al 24,4, mentre quello degli uomini è al 43,2! Nella fascia tra i 35 e 49 anni l’occupazione femminile arriva a malapena al 29,9, mentre quello maschile è dell’81,1. Che è ben al di sotto del dato nazionale e di quello che auspicherebbe in un contesto sostenibile. Infine: tra i 50 e 64 anni il dato cala terribilmente: solo il 22,9 per cento per le donne e il 73,5 per cento.

Un tasso di occupazione globale ben al di sotto del dato nazionale (62,2%) e regionale (51,2%).

Disoccupazione ma anche lavoro povero, sottolinea D’Arcangelo: “Basta vedere il ricorso a forme di lavoro precario (stagionale, a chiamata) e i bassi salari di chi ad esempio si occupa di sanità o istruzione nell’alveo pubblico”. Per non parlare del buco nero degli ammortizzatori sociali: “Un esercito di lavoratori e lavoratrici privati di dignità, trasformati in fantasmi impossibilitati persino ad immaginare la loro emancipazione dal precariato. In provincia di Taranto tra Cassa integrazione ordinaria, in deroga, straordinaria e fondo di solidarietà ce ne sono oltre 17mila. Il dato assolutamente più alto di tutta la Puglia. Il resto è noia!”

Secondo Gennaro Oliva della Uil, “la realtà industriale tarantina continua a essere segnata dall’ex Ilva e dalle crisi dell’indotto. Lo dimostrano i dati sulla Cassa Integrazione Straordinaria: delle 19.666 posizioni regionali, quasi il 60% – ben 10.813 – è stato gestito nella provincia ionica. Questo dato fotografa la dipendenza del nostro territorio da un modello industriale ormai insostenibile, incapace di garantire futuro e stabilità”.

Il quadro sociale resta altrettanto complesso: nel 2024 sono stati oltre 40.900 i trattamenti pensionistici per invalidità civile, con una prevalenza femminile del 60%. Crescono anche gli ammortizzatori sociali e le richieste di sostegno al reddito (14.054 per l’assegno di inclusione e 2.717 per il supporto formazione lavoro). Dietro questi numeri – rimarca Oliva – ci sono famiglie che non ce la fanno più, lavoratori espulsi dal ciclo produttivo e giovani costretti ad emigrare”.

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Percorsi di pace

Da Betlemme, la voce di due padri uniti dal dolore e dalla speranza di pace

Rami e Bassam, un israeliano e un palestinese, hanno perso entrambi una figlia nel conflitto. Oggi trasformano il dramma più grande in impegno per la riconciliazione

ph Gianni Borsa-Sir
30 Ott 2025

di Gianni Borsa

“La nostra è l’unica associazione al mondo che non cerca nuovi membri”: lo dice con un mezzo sorriso Rami Elhanan. Un sorriso generoso ma, in fondo, amaro. Israeliano, 75 anni, figlio di un sopravvissuto all’Olocausto, ora fa parte dei Parents circle families forum, organizzazione fondata nel 1995 in Terra santa e che riunisce genitori israeliani e palestinesi che hanno perso un figlio a causa del conflitto. Rami si è visto uccidere una figlia. Esattamente come il suo ‘caro amico’ Bassam Aramin, già attivista palestinese per la pace, e ora convinto sostenitore dei Parents Circle.

Rami e Bassam raccontano la loro storia ai vescovi lombardi, in pellegrinaggio nella terra di Gesù, cara alle grandi religioni monoteiste. Hanno già spiegato altre volte la loro vicenda personale e familiare, sono volti conosciuti del pacifismo in questa terra di divisioni e di sofferenza. Ma non si tirano indietro. Si presentano ai vescovi, qui a Betlemme, abbracciati. Rami Elhanan torna agli anni giovanili, arruolato nelle Forze di difesa israeliane: combatte la guerra dello Yom Kippur e si congeda nel 1973. Nella sua memoria ci sono patriottismo e disagio per la situazione del suo Paese. Sposa Nurit Peled e avranno quattro figli. La prima Smadar, “una ragazza brillante, bella, piena di gioia”. “La mia vita è cambiata il 4 settembre 1997: due kamikaze palestinesi si sono fatti esplodere in una via centrale di Gerusalemme, causando sei vittime, tra loro la mia Smadar”. Seguono giorni di dolore profondo, di odio che cova… “Dopo il funerale siamo tornati nella nostra casa che si è riempita di gente. Per i successivi sette giorni – i giorni del lutto in Israele – siamo stati avvolti nell’abbraccio consolatorio di migliaia di persone. Ma poi, l’ottavo giorno, all’improvviso tutti sono scomparsi e siamo rimasti soli”. La voce di Rami si fa pesante. Racconta di momenti di sconforto, di riflessione sulla vita e sulla morte, sugli esiti infausti della violenza. “Un giorno ho incontrato Yitzchak Frankenthal, il cui figlio, Arik, era stato ucciso da Hamas nel 1994”. Frankenthal gli parla dell’associazione che ha fondato, i Parents Circle. “Ho iniziato a frequentare uomini e donne come noi, con lo stesso dolore. Ci raccontavano la nostra stessa storia… Non so dire come e perché, ma adagio adagio ho capito che è necessario spezzare la spirale dell’odio. Solo così potremo vivere in pace. Basta sopraffazioni, basta violenza”. E lo dice in una terra e in un tempo in cui il suono delle armi prosegue, apparentemente senza sosta.

Accanto a lui c’è Bassan Aramin, già fondatore dei “Combatants for peace”. Bassam è di Hebron, nato – dice – nel 1968 in “un contesto molto difficile per via dell’occupazione israeliana”. Una città piena di check-point, con addosso la pressione dei coloni israeliani. Si convince che occorre agire e si avvicina a movimenti di protesta palestinesi. Poi passa all’azione. Con alcuni amici crea i “Combattenti per la libertà”: sassi e bottiglie molotov, qualcuno si arma. Un compagno, nel 1985, lancia una granata contro una jeep israeliana causando numerosi feriti. Bassam a 17 anni finisce in carcere dove resterà 7 anni. A questo punto il suo racconto prende un’altra piega: “In carcere ci hanno fatto vedere un film sull’Olocausto. Mi sentivo felice, Hitler aveva sterminato sei milioni di ebrei. Ricordo di aver desiderato che li avesse uccisi tutti. Ma dopo alcuni minuti di film, mi sono ritrovato a piangere e ad arrabbiarmi perché gli ebrei venivano ammassati nelle camere a gas…”. Comincia una revisione, la coscienza è turbata. Nel 1993 viene rilasciato, sono in corso gli accordi di Oslo, “guardavamo con fiducia al futuro, forse la pace era possibile”. Nel 2005 Bassam Aramin crea un gruppo di discussione tra palestinesi ed ex soldati israeliani vicini alla causa palestinese: nascono i “Combatants for peace”, che credono nella lotta non violenta. Ma tutto precipita di nuovo il 16 gennaio 2007: una dei sei figli di Bassam, Abir, dieci anni, viene uccisa da un soldato israeliano mentre cammina in strada, all’uscita da scuola. Abir Aramin muore dopo due giorni all’ospedale Hadassah di Gerusalemme, lo stesso in cui era nata.

“L’omicidio di Abir avrebbe potuto riportarmi sulla strada dell’odio e della vendetta, ma per me non c’era ritorno dal dialogo e dalla non violenza”. Si commuove: “Un soldato israeliano ha sparato a mia figlia, ma cento ex soldati israeliani hanno costruito un giardino in suo nome nella scuola dove è stata assassinata”. Qualche tempo dopo Bassam Aramin conosce i Parents Circle, vi si iscrive e ne diventa un volto conosciuto. La chiacchierata con i vescovi prosegue, ma il messaggio è chiaro, univoco: “Questa nostra terra ha bisogno di pace. Per realizzarla dobbiamo incontrarci, parlare. Vivere insieme. Chi vuole odio e guerra è pazzo – affermano all’unisono –. Possiamo vivere da fratelli. Vogliamo vivere da fratelli”. Tornano nelle loro case tenendosi la mano.

 

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Crimini contro l'umanità

Striscia di Gaza, Caritas Gerusalemme: “Situazione catastrofica”

Aprire con urgenza corridoi per gli aiuti”

ph Afp-Sir
30 Ott 2025

Una situazione catastrofica in particolare per quanto riguarda l’insicurezza alimentare, decine di migliaia di persone rimaste senza casa, il 90% delle abitazioni residenziali risulta distrutto; mancanza di acqua; carenza grave di medicine e cure ospedaliere con conseguente diffusione di malattie infettive; scarsissime possibilità di lavoro: così Caritas Gerusalemme descrive la Striscia di Gaza oggi. In una nota l’organismo che opera in seno al Patriarcato latino di Gerusalemme, fa il punto sulle condizioni di vita dei gazawi dopo l’accordo di cessate il fuoco, entrato in vigore lo scorso 10 ottobre e continua, spiega la Caritas, “a subire ripetute violazioni e a essere fonte di incertezza. Hamas ha affermato che Israele non ha rispettato le disposizioni chiave, tra cui la completa riapertura del valico di Rafah e l’ingresso tempestivo degli aiuti umanitari. Israele, d’altra parte, ha dichiarato che Hamas ha lanciato un razzo e ha effettuato un attacco nei pressi di Rafah, provocando una risposta militare. Sebbene l’accordo non sia stato annullato, la sua attuazione rimane fragile e la pressione per rispettarne i termini è estremamente elevata”.

ph Caritas Jerusalem

La situazione umanitaria

La situazione umanitaria complessiva rimane catastrofica, in particolare per quanto riguarda l’insicurezza alimentare. Gli esperti, spiega la Caritas, hanno confermato che Gaza è entrata in una carestia di Fase 5, con oltre mezzo milione di persone ancora dipendenti dagli aiuti umanitari, inclusi cibo, acqua e beni di prima necessità, poiché la produzione locale è stata completamente distrutta. Le infrastrutture in tutta Gaza sono gravemente danneggiate. Molti ospedali e centri medici sono fuori uso o operativi solo parzialmente. Vi è una grave carenza di medicinali, forniture mediche e servizi di salute mentale. Caritas Gerusalemme continua i suoi sforzi per procurarsi medicinali e beni di prima necessità attraverso il mercato locale, ma le forniture rimangono in gran parte indisponibili.

Circa il 90% delle abitazioni residenziali è stato completamente demolito, lasciando decine di migliaia di persone senza casa. Si prevede che la rimozione delle macerie richiederà anni. Interi quartieri di Gaza City, come Tal Al-Hawa e Al-Zaitoun Street, un tempo densamente edificati e vivaci, ora assomigliano a deserti desolati e senza vita. I prodotti alimentari surgelati sono a malapena reperibili a causa dell’interruzione della catena di approvvigionamento, che contribuisce anche alla diffusione di malattie infettive.

Ricostruzione

Ad oggi, riferisce la Caritas, non sono stati avviati sforzi di ricostruzione su larga scala. I rifugi temporanei promessi non si sono materializzati e non sono visibili sul campo attività di ricostruzione sostanziali. Gli esperti stimano che saranno necessari miliardi di dollari per ripristinare le infrastrutture essenziali, con un periodo di recupero che probabilmente supererà i dieci anni. Sono necessari materiali da costruzione, attrezzature e manodopera, mentre la sicurezza pubblica rimane debole, con conflitti  inter familiari e tensioni comunitarie ancora diffuse.

Gaza, centro medico di Der El Balah – ph Caritas Jerusalem

Situazione economica

La situazione economica rimane disastrosa. Quasi tutte le famiglie vivono in povertà e le opportunità di lavoro sono estremamente limitate. Solo poche organizzazioni umanitarie continuano a operare, impiegando un numero limitato di personale locale.

La Caritas auspica la revoca del blocco e l’apertura di corridoi di aiuti che sono urgenti e necessari. Beni di prima necessità come carne, pollame e uova rimangono scarsi o inarrivabili. Ad esempio, un singolo pollo congelato nel nord costa oltre 160 shekel (circa 42 euro, ndr.) rendendolo inaccessibile per la maggior parte delle famiglie.

La comunità cristiana

La comunità cristiana di Gaza continua ad affrontare gravi difficoltà. Sia nella parrocchia latina della Sacra Famiglia che in quella greco-ortodossa di San Porfirio, solo poche famiglie le cui case non sono state completamente distrutte sono tornate a casa; la maggior parte rimane rifugiata all’interno dei locali della chiesa. Diverse famiglie cristiane, tra cui alcuni membri dello staff di Caritas Gerusalemme, sono emigrate all’estero, soprattutto i giovani, diretti in Australia. Altri, ricorda la Caritas, hanno scelto di rimanere, esprimendo la loro determinazione a rimanere e ricostruire.

Gaza, parr. Sacra Famiglia – ph Ilquddas Ara

La partenza delle giovani famiglie cristiane rappresenta una seria sfida per il mantenimento della presenza cristiana a Gaza, poiché la maggior parte di coloro che rimangono sono anziani.

Attività di Caritas Gerusalemme

In questo contesto Caritas Gerusalemme continua a servire la popolazione gazawa concentrandosi principalmente sui governatorati meridionali. L’organismo gestisce attualmente sette punti medici nel sud, con il supporto di un team dedicato sul campo. Al personale è stato consigliato di non tornare al nord a causa delle condizioni di insicurezza e inabitabilità: distruzione diffusa, assenza di elettricità e acqua e mancanza di infrastrutture di base. Il principale centro medico nel nord (Al Shatei Medical Center) è stato riaperto e sono in corso limitati lavori di manutenzione e riparazione. Le strutture sono state messe in sicurezza contro i saccheggi e i lavori di ristrutturazione stanno affrontando i danni interni causati dai bombardamenti. Continua anche la distribuzione del latte in diverse aree della Striscia.

Cisgiordania

Nel comunicato la Caritas Gerusalemme ricorda anche la situazione in Cisgiordania dove la tensione rimane elevata, con frequenti scontri, un numero crescente di posti di blocco e varchi che limitano gli spostamenti tra i villaggi e un aumento degli attacchi dei coloni. Gli incidenti quotidiani continuano a verificarsi a Jenin, Tulkarem e Nablus. Nonostante queste sfide, Caritas Gerusalemme rimane operativa in diversi governatorati, adattando attività e interventi al contesto di sicurezza instabile. Anche la situazione economica rimane grave: l’assenza di pellegrini o turisti in visita a Gerusalemme o Betlemme, influisce in modo significativo sui mezzi di sussistenza delle famiglie che dipendono dal turismo e dal commercio su piccola scala.
La stagione della raccolta delle olive è ormai iniziata e accompagnata dai continui attacchi dei coloni che impediscono agli agricoltori palestinesi di raccogliere le olive, da cui molte famiglie dipendono come fonte vitale di reddito familiare.
Nonostante le immense sfide umanitarie ed economiche sia a Gaza che in Cisgiordania, Caritas Gerusalemme, si legge nel comunicato, rimane ferma nella sua missione di servire i più vulnerabili con compassione, professionalità e fede, garantendo una presenza costante di speranza e solidarietà in tutta la Terra santa.

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