Frassati ai giovani di oggi: non accontentatevi della mediocrità

ph Comitato canonizzazione
08 Set 2025

di Gianni Borsa

La figura di Pier Giorgio Frassati è venerata in Italia e nel mondo. Sono innumerevoli le realtà, ecclesiali e caritative, a lui dedicate. Papa Francesco e papa Leone hanno parlato del giovane torinese, morto cento anni or sono (1901-1925), sottolineandone diversi aspetti della spiritualità e del pensiero. Giovane proveniente da una famiglia facoltosa, personalità vivace, amante della montagna, attorniato da tanti amici, aveva aderito all’Azione cattolica e alla Fuci, spendendo parte delle sue energie per le famiglie emarginate e costrette alla miseria. Domenica 7 settembre Frassati sarà proclamato santo (qui per approfondirne la conoscenza), in piazza San Pietro, assieme all’adolescente milanese Carlo Acutis: per conoscerne meglio il profilo umano e religioso abbiamo sentito Roberto Falciola (nella foto), biografo di Frassati, vicepostulatore della causa di canonizzazione, presidente dell’Azione cattolica di Torino e presidente dell’Opera diocesana Pier Giorgio Frassati.

nella foto Roberto Falciola

Il primo tema che potremmo affrontare è quello della giovinezza, una santità “costruita” in pochi anni di vita, elemento che accomuna Frassati e Acutis.
Uno degli elementi che impressionano maggiormente nell’avvicinare la figura di Pier Giorgio Frassati è proprio l’intensità con la quale ha vissuto i suoi 24 anni e soprattutto che l’abbia fatto assaporando fino in fondo la bellezza dell’essere giovani, vivendo tutte le dimensioni della realtà giovanile, non molto diverse da quelle dei giovani del nostro secolo. Ciò testimonia, in maniera vivente e plastica, il fatto che essere giovani cristiani non nega nulla della bellezza della vita, ma anzi aiuta a gustarla fino in fondo perché se ne è scoperto il mistero. La vita è amore gratuitamente ricevuto da Dio e restituirlo a chi ti sta accanto riempie l’esistenza e le dà senso.

Frassati è ricordato come un “santo della carità” e forse si può inserire nella linea dei santi ‘sociali’ di Torino. Cosa ne pensa?

Per certi versi appare naturale inserire Frassati nella catena dei santi sociali piemontesi, per altri versi è una formula che rischia di racchiudere in un’unica dimensione la straordinaria forza della sua testimonianza di fede, che si è espressa anche nella vita spirituale, nell’amicizia, nell’attenzione alle questioni internazionali, nell’impegno politico, nell’associazionismo. Direi comunque che la radice della formidabile, e per certi versi stupefacente, intensità della carità di Frassati risiede nella profonda consapevolezza che lui aveva acquisito del fatto che siamo tutti amati allo stesso modo da Dio. Non si sentiva differente dai poveri che incontrava e, a chi gli diceva: “Ma tu sei ricco”, rispondeva: “No, io sono povero come tutti i poveri. E voglio lavorare per loro”. L’origine di questo atteggiamento era certamente legata all’Eucarestia, che riceveva ogni mattina dall’età di 13 anni. L’ha spiegato con queste parole: “Gesù mi fa visita con la Comunione ogni mattina ed io gliela restituisco nel modo misero che posso: visitando i suoi poveri”. Aveva maturato la capacità di riconoscere il volto di Cristo nelle sorelle e nei fratelli che gli vivevano accanto. Affermava ancora: “Non dimenticare mai che se anche la casa è sordida tu ti avvicini a Cristo”.

Si può dire che la personalità di Frassati sia plasmata dalla formazione, dalle letture e dal “pensare”?
Nella formazione è stato probabilmente facilitato dalla caratura culturale della sua famiglia e dalle opportunità di scolarizzazione che ha ricevuto. Di suo ha messo una sensibilità spiccata nei confronti da un lato della bellezza, dall’altro del pensiero circa il mistero dell’essere umano. Spaziava nelle letture; dall’albero del parco della villa di famiglia, a Pollone, declamava Dante e altri poeti. Leggeva sant’Agostino, aveva in programma la “Summa” di san Tommaso… Inoltre, la sua formazione è stata segnata – e a quell’epoca non era affatto comune – dalla frequentazione personale della Parola di Dio. Così Pier Giorgio ha raggiunto una grande profondità di pensiero, che si nota specialmente nelle sue lettere: leggendole ce ne possiamo nutrire ancora oggi.

foto Comitato canonizzazione Frassati

L’adesione a varie associazioni fa pensare che amasse lo “stare insieme” con stile di condivisione e partecipativo.
Occorre tenere presente che quella situazione ecclesiale era un po’ diversa dalla nostra: era meno centrata sulla pastorale parrocchiale; la Chiesa inoltre affrontava una forte opposizione (a noi, ad esempio, non è mai successo di essere aggrediti durante una processione, mentre invece ai ragazzi come Pier Giorgio questo è capitato). In quel contesto, egli aderiva con convinzione a tante realtà associative della Chiesa del suo tempo e aveva relazioni con diversi ordini religiosi. Non si trattava però di una sorta di collezionismo di appartenenze. Piuttosto, aveva la sapienza di approfittare delle varie opportunità che la Chiesa di allora gli offriva per nutrire la sua fede e la sua spiritualità. E questo senza generare in lui una dispersione, soprattutto grazie all’appartenenza convinta e appassionata alla Gioventù cattolica italiana, il cui motto, “Preghiera, azione, sacrificio”, gli ha fornito la cornice in cui collocare in maniera sensata e ordinata le varie esperienze ecclesiali che lo nutrivano. Aggiungerei che il contesto associato, in particolare della Fuci e dei giovani dell’Azione cattolica, costituiva per Pier Giorgio anche il luogo del discernimento comunitario. Ed è interessante osservare come alcune forme del suo impegno, caritativo ma anche politico, non fossero avventure personali, ma erano condivise con molti dei suoi amici, che lui cercava di coinvolgere in quelle stesse esperienze.

La politica. Siamo di fronte a un santo che è stato iscritto e ha militato in un partito. Un segnale per l’oggi?
Frassati aveva una capacità di lettura della realtà del suo tempo raffinata, in questo aiutato anche dall’avere come padre il direttore di un grande giornale. L’impegno politico suo e di molti suoi amici, con l’iscrizione al Partito popolare, era sentito come una naturale prosecuzione in campo pubblico del proprio impegno cristiano, e questo certamente dice qualcosa anche oggi alla vocazione dei credenti laici.

Pier Giorgio era motivato da un forte anelito di giustizia: toccava quotidianamente con mano gravi situazioni di marginalità nella sua Torino, ed era convinto che l’intervento dei cristiani nella realtà sociale non si dovesse limitare alla carità, ma fosse necessario impegnarsi per modificare quelle strutture economiche, finanziarie e sociali che determinavano l’esistenza stessa della povertà. Per lui il Partito popolare, e più in generale la politica, era uno strumento attraverso il quale impegnarsi per una maggiore giustizia sociale e per una ridistribuzione delle ricchezze.

Di fronte al fascismo come si comporta?
Quando Mussolini sale al potere, Frassati è fermamente convinto che i popolari non debbano collaborare con i fascisti. La sua è un’opposizione radicale al fascismo – nei confronti del quale ha parole durissime – che a mio parere si fonda su tre principali fattori. Il primo è il rifiuto della violenza come strumento di lotta politica. Il secondo è legato alla convinzione che il fascismo stesse difendendo gli interessi delle classi agiate, mentre a lui stavano a cuore quelle che facevano più fatica. La terza ragione è l’avversione all’uso strumentale della religione da parte dei fascisti.

Un’ultima domanda: se, da profondo conoscitore della figura del nuovo santo, potesse rivolgere una parola ai giovani di oggi, cosa direbbe?
Che incontrare Pier Giorgio, per un giovane del nostro tempo, può voler dire ricevere uno stimolo fortissimo a non accontentarsi della mediocrità, e ad avere sempre speranza nel futuro, credendo nell’amore, sempre.

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