Mondo

Allarme fame dall’Africa: il conflitto russo-ucraino non blocca solo gas e petrolio

20 Mag 2022

di Anna Lisa Antonucci *

La guerra non è solo distruzione, morti, feriti, sfollati, terre abbandonate che chissà se qualcuno tornerà a coltivare: la guerra è fame. Lo sanno le popolazioni dei Paesi africani perennemente in conflitto, dove i bambini nascono e crescono nella mancanza di tutto e senza aver mai conosciuto la pace. Paesi vulnerabili, che la guerra tra Russia e Ucraina, lontana e forse neanche conosciuta, rischia di ridurre alla carestia. Da subito dopo l’invasione russa dell’Ucraina gli esperti delle Nazioni Unite hanno lanciato l’allarme per “i rischi significativi e preoccupanti dell’impatto della guerra sull’Africa”. La Russia e l’Ucraina, spesso indicate come il granaio del mondo, sono i principali esportatori di grano e semi di girasole in Africa e Medio Oriente. Sono 50 i Paesi in via di sviluppo dipendenti per oltre il 30% dalle importazioni di cereali di quest’area.

L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, la Fao, ha rilevato che Russia e Ucraina nel 2021 hanno contribuito rispettivamente per il 18% e il 10% delle esportazioni globali di grano e frumento, quasi 33 milioni di tonnellate e 20 milioni di tonnellate. Ai quali si aggiunge la massiccia esportazione di mais, orzo, colza, che arriva al 63% della quota mondiale nell’export di olio di girasole. L’80% delle esportazioni di grano dei due Paesi sfama l’Algeria, l’Egitto, la Libia, il Marocco, la Tunisia, la Nigeria, l’Etiopia, il Sudan e Sud Africa.

La Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo (Unctad) ha rilevato che la sola Africa ha comprato fra 2018 e 2020 grano per 3,7 miliardi di dollari dalla Russia, cioè il 32% delle importazioni complessive del prodotto e per 1,4 miliardi di dollari dall’Ucraina (il 12%). La guerra ha cancellato tutto questo. Ora, la Russia non può più esportare a causa delle sanzioni economiche e l’Ucraina non riesce a portare all’estero buona parte dei propri prodotti a causa dei blocchi, da parte russa, dei suoi principali porti nel Mar Nero. Il conflitto ha drasticamente ridotto i trasporti su ferrovia, rendendo complicate anche le esportazioni via terra. In Ucraina è sempre più difficile trovare il carburante per mettere in funzione i macchinari agricoli. La mancanza di fertilizzanti sta drasticamente riducendo la quantità raccolta e centinaia di migliaia di agricoltori sono ormai sfollati. Il Wfp preme, dunque, per la riapertura urgente dei porti ucraini così che il cibo prodotto nel paese possa arrivare nel resto del mondo, per evitare che la crisi alimentare mondiale vada fuori controllo. Negli otto mesi precedenti l’inizio del conflitto, quasi 51 milioni di tonnellate di grano sono transitate attraverso i porti ucraini del Mar Nero. “In questo momento, i silos di grano dell’Ucraina sono pieni. Allo stesso tempo, 44 milioni di persone in tutto il mondo sono a un passo dalla fame. Dobbiamo aprire questi porti in modo che il cibo possa uscire dall’Ucraina. Lo chiede il mondo, perché centinaia di milioni di persone in tutto il pianeta dipendono da queste forniture”, ha affermato il direttore esecutivo del Wfp David Beasley. “Non c’è più tempo – ha insistito – E’ necessario consentire al frumento di uscire dall’Ucraina così che arrivi dove è disperatamente necessario in modo da poter scongiurare l’incombente minaccia di carestia”.

Con i porti bloccati, infatti, milioni di tonnellate di grano sono stoccate in silos a Odessa e in altri porti ucraini sul Mar Nero. Altro grano è bloccato sulle navi impossibilitate a muoversi a causa del conflitto. E a meno che i porti non vengano riaperti, gli agricoltori ucraini non avranno spazio dove immagazzinare il prossimo raccolto di luglio/agosto, con il risultato che montagne di grano andranno sprecate mentre il mondo fatica a fare fronte a una già catastrofica crisi globale della fame.

Nella sola regione del Corno d’Africa, secondo il Wfp (World food programme), “14 milioni di persone stanno già soffrendo la fame, come risultato del fallimento di tre stagioni di pioggia consecutive” e questo numero potrebbe salire a 20 milioni, se anche le piogge attuali non fossero efficaci e i finanziamenti per l’assistenza umanitaria non fossero sufficienti. Durante la sua recente visita in Senegal, il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha affermato che quando si guarda alla situazione socio-economica mondiale, “è impossibile non menzionare la guerra in Ucraina e il suo impatto sull’Africa”. La guerra, ha detto, ha esacerbato una “triplice crisi alimentare, energetica e finanziaria” in tutto il continente africano. A sua volta l’Ufficio Africa del Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (Undp), ha sottolineato come la guerra arrivi subito dopo la pandemia che ha gettato decine di milioni di persone nella povertà e ha “fatto arretrare” la democrazia in alcune parti dell’Africa. “Una crisi senza precedenti” quella in corso nel continente africano, secondo gli esperti, che non può che far aumentare le tensioni, con la forte possibilità che si trasformino in proteste violente.

(*) Toscana Oggi

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Europa

L’altra ferita della guerra: commessi più di 200 ‘ecocidi’

20 Mag 2022

Non solo crimini di guerra e crimini contro l’umanità. In Ucraina si stanno compiendo anche “crimini contro l’ambiente” e sono gravissimi perché come avvertono gli ambientalisti, “le ferite inflitte dall’esercito russo alle foreste, alle steppe e ai bacini idrici dell’Ucraina rimarranno per decenni e l’eredità della guerra sarà minacciata anche dopo che le armi tacceranno”. È l’ufficio per l’ecologia della Chiesa greco-cattolica ucraina, a lanciare l’allarme e a pubblicare sul suo sito un Report dettagliato sui “danni” ambientali provocati durante la guerra, stilati grazie al lavoro di una ong l’Ekodia. La “devastazione” è totale tante che Ekodia ha già registrato più di 200 “ecocidi”. Il maggior numero di questi crimini si è verificato a Kiev, Slobozhanshchyna, Donetsk e nell’Ucraina meridionale. Tuttavia, quasi tutte le regioni dell’Ucraina subiscono le azioni dell’esercito russo e il quadro completo sarà disponibile solo dopo la guerra. Dall’inizio della guerra, le truppe russe hanno bombardato depositi di petrolio e grandi impianti industriali in tutta l’Ucraina. I metalli pesanti dei proiettili e in genere delle armi utilizzate, sono entrati nel suolo e nelle falde acquifere. A questo vanno poi aggiunti gli incendi nelle foreste e nelle steppe che hanno distrutto l’ambiente naturale di specie rare. Secondo l’Onu, l’Ucraina è uno dei paesi più minati al mondo. Più di 80.000 chilometri quadrati dell’Ucraina devono essere ripuliti da mine e resti di esplosivi.La guerra, insomma, distrugge spietatamente tutta la natura: aria, acqua, terra, piante e animali. E l’Ucraina – a detta del ministro della Protezione ambientale Ruslan Strelets – potrebbe diventare il primo paese al mondo a ricevere risarcimenti per crimini contro l’ambiente per un danno che ammonta già a centinaia di miliardi di grivne.

Emissioni di rifiuti tossici dalle imprese industriali. L’ultimo allarme, in senso cronologico, parte dal Mar d’Azov e a lanciarlo è l’amministrazione cittadina di Mariupol su Telegram. “C’è una minaccia di completa estinzione del Mar d’Azov”, si legge nel post. “Il bombardamento dell’Azovstal potrebbe danneggiare una struttura tecnica che trattiene decine di migliaia di tonnellate di soluzione concentrata di idrogeno solforato. La perdita di questo fluido ucciderà completamente la flora e la fauna del Mar d’Azov. Quindi queste sostanze pericolose possono entrare nel Mar Nero e nel Mar Mediterraneo. Secondo il sindaco di Mariupol Vadym Boychenko, è necessario l’ingresso immediato alla struttura di esperti internazionali e delle Nazioni Unite per “studiare la situazione e prevenire una catastrofe ambientale di livello mondiale”. L’Ekodia conferma: oltre al rischio radioattivo, i bombardamenti e l’occupazione aumentano il rischio di emissioni di rifiuti tossici dalle imprese industriali ucraine. La maggior parte di loro si trova nella parte orientale del paese, dove sono in corso le ostilità attive.

Incendi. Il fuoco mette a rischio ampie aree dell’Ucraina meridionale e orientale e questa minaccia sta crescendo con l’avvicinarsi dell’estate. Gli incendi boschivi si stanno verificando a causa dei combattimenti all’interno e intorno alle foreste e a causa della guerra in corso, non c’è praticamente nessuno che può intervenire per spegnere le fiamme. Pericolosi sono poi gli incendi che emanano dai depositi di petrolio. Le truppe russe – si legge nel report – hanno colpito dozzine di volte depositi di petrolio e distributori di benzina e gli incendi hanno emesso colonne di fumo nero tossico per giorni. Il bombardamento ad impianti chimici, come quello di Rubizhne nella regione di Luhansk o quello di Sumy, ha portato a perdite di azoto e ammoniaca. Per non parlare delle sostanze chimiche rilasciate durante l’esplosione di bombe e missili. I loro frammenti, cadendo nel terreno, lo avvelenano così come le acque sotterranee.

Rottami metallici. Migliaia di carri armati e veicoli blindati russi stanno inquinando il territorio. “Quando la guerra sarà finita, lo smaltimento di questa quantità di rottami metallici sarà un’altra sfida. Il riciclaggio dei rottami militari è un processo complesso che richiede tempo”, spiega Yevhenia Zasyadko di Ecodia.

Emergenza acqua. Anche prima della guerra, l’Ucraina soffriva di acqua insufficiente e di scarsa qualità. Il Paese si è classificato al 125° posto (su 180 paesi) in termini di fornitura di acqua potabile. In particolare, le regioni orientali e meridionali, che si affacciano sul Mar d’Azov, hanno subito una carenza. La situazione purtroppo è destinata a peggiorare. Il bombardamento agli impianti di trattamento, come quello di Vasylkiv, la distruzione della rete idrica e di altre infrastrutture idriche, l’impossibilità di ripararle rapidamente, influenzeranno la qualità e la quantità dell’acqua.

Minaccia sulla fauna. L’allarme è del Wwf Ucraina. La guerra sta alterando gli habitat naturali e i corridoi migratori di numerose specie animali, anche rare. Siamo tra l’altro nel periodo più delicato dell’anno e “il rumore” della guerra e la devastazione degli ambienti così come lo stress possono interrompere i cicli vitali di vita di uccelli e mammiferi. L’Ucraina si trova al crocevia di importanti rotte migratorie degli uccelli nelle regioni del Paleartico occidentale e dell’afro-eurasiatica, da cui dipendono più di 400 specie di uccelli. 30.000 coppie di cicogne bianche e circa 500 coppie di rare cicogne nere stanno attualmente arrivando in Ucraina per la nidificazione e sono in pericolo. La guerra ha gravemente interferito anche con l’ecosistema del Mar Nero tanto che di recente sono stati trovati delfini morti sulle rive del Parco naturale nazionale degli estuari di Tuzla nella regione di Odessa.

 

foto Telegram

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Nel mondo

Tratta esseri umani, card. Bo (Myanmar): “È la mercificazione senza scrupoli delle lacrime umane e della vulnerabilità”

20 Mag 2022

di Maria Chiara Biagioni

“Infuria l’olocausto morale della mercificazione della fragilità umana. È aggravato dalla monetizzazione senza scrupoli delle lacrime umane e della vulnerabilità. Succede in ogni Paese, nelle zone di guerra, dove milioni di persone fuggono. Mentre migliaia di persone stanno dando prova di una commovente dimostrazione di generosità nei confronti delle persone colpite dalla guerra, va avanti la marcia spietata e senza cuore di lupi che si mascherano da buoni benefattori”. Usa parole durissime il card. Charles Bo, arcivescovo di Yangon e presidente dei vescovi birmani per descrivere la piaga del traffico degli esseri umani. Le ha pronunciate intervenendo con un messaggio video pre-registrato arrivato al Sir, alla conferenza internazionale del Santa Marta Group, che si è conclusa oggi alla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. Il Gruppo, nato nel 2014, riunisce i leader di varie forze dell’ordine, organizzazioni governative, civili e religiose che condividono competenze, esperienze e buone pratiche al fine di prevenire e lottare contro la tratta di persone e le moderne forme di schiavitù. “Ci riuniamo in un momento molto triste della storia”, ha detto il cardinale. “Nonostante i grandi sforzi delle brave persone del mondo contro il flagello di questa schiavitù moderna, il conflitto a spirale in luoghi come l’Ucraina e il Myanmar ha infuso una nuova e disperata urgenza di questo problema”. L’arcivescovo birmano ricorda che secondo le stime dell’Ilo, la tratta di esseri umani genera ogni anno un fatturato di 150,2 miliardi di dollari di profitti illegali, la terza economia illecita al mondo, dopo la vendita di armi e i guadagni dei cartelli della droga. “Nessun paese è al sicuro da questo commercio nefasto”. Le bande criminali trafficano vittime da 127 paesi e le esportano come merci in 137 paesi. Una vittima su cinque è un bambino. Due terzi delle vittime della tratta nel mondo sono donne. Segno che “i deboli sono sacrificabili, mercificabili e commerciabili”, dice il card. Bo che ricorda che la Chiesa cattolica è stata in prima linea nella campagna contro la tratta di esseri umani e che papa Francesco ha chiesto un triplice impegno a livello istituzionale: prevenzione, protezione delle vittime e persecuzione legale dei colpevoli. Romane tuttavia necessario “pianificare e attuare un processo urgente, proattivo e preventivo per resistere a questo nuovo tipo di mercificazione degli esseri umani”.

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Europa

35mila diciottenni in viaggio per l’Europa grazie al sostegno di DiscoverEu

20 Mag 2022

Ci saranno 35mila giovani che nei prossimi mesi viaggeranno in Europa grazie al sostegno di DiscoverEu, iniziativa della Commissione per incentivare i diciottenni a conoscere la nostra Unione. Al primo bando del 2022 hanno partecipato 69mila persone. In questo Anno europeo della gioventù, DiscoverEu entra nel programma Erasmus+, permettendo così anche ai giovani di Islanda, Liechtenstein, Norvegia, Macedonia del Nord, Serbia e Turchia di presentare domanda poiché partecipano al programma di scambi studenteschi. Inoltre le Agenzie nazionali Erasmus+ sosterranno i giovani viaggiatori con incontri di informazioni e pre-partenza in tutta Europa. I partecipanti riceveranno anche la nuova carta sconti DiscoverEu, che darà accesso a oltre 40mila opportunità di sconto su alloggio, cibo, cultura e altri servizi. I vincitori potranno viaggiare per al massimo 30 giorni nel periodo dal 1° luglio 2022 al 30 giugno 2023. In ottobre uscirà un secondo bando per altri 35mila biglietti. “Sono molto felice che quest’anno siamo stati in grado di aprire questa iniziativa a giovani di più Paesi, poiché sosteniamo con forza l’importanza di scambi interculturali positivi”, ha commentato Mariya Gabriel, commissaria per i giovani. “DiscoverEu ha creato una comunità con valori forti, rispetto per la cultura europea e apertura a nuove amicizie ed esperienze arricchenti”.

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Mondo

Save the children, “Un miliardo di bambini senza alfabetizzazione nel 2030”

19 Mag 2022

Dal 2015 ad oggi 468 milioni di bambini a 10 anni sono senza alfabetizzazione di base, saranno 1 miliardo nel 2030. L’Italia è tra i Paesi più “ingiusti” in Europa con i bambini che hanno il triplo delle possibilità di trovarsi in povertà assoluta rispetto agli over 65. Sono alcuni dei dati resi noti da Save the children in occasione dell’apertura, oggi a Roma, presso l’Acquario Romano, della quattro giorni intitolata “Impossibile 2022”: dal 19 al 22 maggio oltre 900 persone da tutta Italia si confronteranno su proposte e azioni concrete creando nuove alleanze tra giovani, esperti, istituzioni, mondo della cultura, dell’accademia e dell’impresa, organizzazioni del terzo settore e persone che operano sul campo. Tra le principali proposte in discussione per l’Italia, “il raddoppio dell’investimento sul piano nazionale della Child guarantee, mensa scolastica gratuita nella primaria, formazione di 30mila nuove educatrici ed educatori per i nuovi asili nido zero-sei, incentivi economici e formazione per dirigenti e docenti impegnati nei territori con maggiore povertà educativa e piani di rigenerazione degli stessi territori con standard educativi di qualità”. A livello internazionale emergerà la proposta di “schierare esperti di protezione dell’infanzia nelle missioni internazionali Onu, Ue, Nato per prevenire e sanzionare le gravi violazioni nei conflitti, il rilancio del piano globale clima oltre i 100 miliardi all’anno promessi e non raggiunti, l’incremento dell’Aiuto pubblico allo sviluppo italiano fino allo 0.7% del Pil entro il 2030 e reintegrazione dei fondi utilizzati per rifugiati e assistenza umanitaria in Ucraina”. In Europa si chiede “l’adozione di un atto omogeneo per la protezione dei minori migranti in base al loro ‘superiore interesse’, che assicuri protezione, percorsi di migrazione legale e di rapido ricongiungimento familiare”. Partecipano all’evento di apertura, tra gli altri, Tito Boeri, Fabiana Dadone, Paolo Gentiloni (messaggio video), Enrico Giovannini, Andrea Orlando, Vanessa Pallucchi, Dario Scannapieco e Gillian Triggs.

 

foto Save the children

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Ecclesia

Card. Bassetti lascia la presidenza della Cei: “Una vita vissuta per la Chiesa”

Firenze, 23 febbraio 2023. Mediterraneo Frontiera di Pace Incontro della Conferenza Episcopale Italiana (CEI) Apertura dei lavori nel Convento di Santa Maria Novella alla presenza del card. Gualtiero Bassetti, del Presidente del Consiglio Mario Draghi, del card. Giuseppe Betori, del sindaco di Firenze Dario Nardella.
19 Mag 2022

Siamo alla vigilia dell’assemblea dei vescovi italiani (che si terrà a Roma dal 23 al 27 maggio) nella quale i vescovi eleggeranno una terna di nomi tra i quali papa Francesco sceglierà il nuovo presidente della Conferenza episcopale italiana, il successore del cardinale Gualtiero Bassetti.
Un appuntamento importante, che segna un forte cambiamento nella vita del cardinale che, negli ultimi 13 anni, è stato arcivescovo di Perugia-Città della Pieve. Mons. Bassetti ci riceve nel suo studio che affaccia su piazza IV novembre, con cordialità e con l’affetto del Pastore di questa diocesi, concedendoci questa intervista.

 

Eminenza, la prossima settimana sarà importante, ma una data ancora più importante l’ha festeggiata in aprile quando ha compiuto 80 anni. Anni che parlano di una vita vissuta molto intensamente al servizio della Chiesa, una vita piena di sorprese tra cui il cardinalato che lei stesso non s’aspettava! Una vita per Cristo, nella Chiesa. Lei ha sempre detto che che vale la pena viverla. Oggi come spiegherebbe ad un non credente perché vale la pena vivere nella Chiesa?
La Chiesa è stato il grembo materno in cui sono cresciuto. Fin da piccolino, nel mio paesino di montagna, ho vissuto accanto alla parrocchia e poi sono entrato in seminario a 14 anni. Noi che abbiamo fatto il seminario minore in qualche modo, forse più di altri, siamo abituati a sentire questa maternità della Chiesa. Prima ancora di essere un fatto di mente e di fede, per me la Chiesa è un grembo materno che mi ha accolto e non mi ha mai abbandonato. E questo ce l’hanno fatto gustare i nostri superiori fin dal Seminario minore. Ma indipendentemente dall’essere vissuto nella fede, che è una grande luce, e nella Chiesa, che è questo grembo materno, ogni vita, anche per chi non crede, vale per come è spesa e per come è impiegata, perché anche indipendente dalla fede, vale per tutti il comandamento di amare il prossimo come se stessi. Naturalmente per chi ha fede questo fatto è radicato in Dio e per chi non ha fede questo fatto è radicato nella comune natura umana. Come disse l’imam di Abu Dhabi nel colloquio con papa Francesco, noi tutti apparteniamo ad un’unica natura umana, quindi già per questo siamo fratelli e vale il comandamento dell’amore.

Lei ha avuto una vita intensa in particolare in questi ultimi anni con presidente della Cei, ma anche prima. Ha girato il mondo, ha conosciuto tante realtà, incontrato molte personalità. Ha vissuto momenti molto belli. Dalla prossima settimana non sarà più presidente della Cei e poi, quando vorrà il papa, ci sarà un nuovo vescovo anche qui a Perugia. Ma un sacerdote non va mai in “pensione”. Come sta vivendo questo momento di passaggio?
Il Signore mi dona una vera serenità, una calma interiore, per cui non mi agito pensando al ‘dopo’. Io penso a vivere con intensità e pienezza quello che devo fare ora, giorno per giorno e momento per momento. Anche perché arrivati a ottant’anni si sente anche di più la fragilità della condizione umana, e ogni momento può essere buono per la chiamata del Signore. Ho capito questo anche attraverso la vita dei santi. Chiesero a san Domenico Savio: se ti dicessero che il Signore ti porta via tra un quarto d’ora tu che faresti? Rispose: continuerei a giocare! Ecco forse bisogna vivere un pochino anche facendo con rettitudine, onestà e grande amore, le cose che dobbiamo fare.

Comunque un minimo di organizzazione deve averla. Per esempio in diocesi di Perugia – Città della Pieve si chiedono dove andrà a vivere il proprio vescovo?
Questa è la quarta diocesi che servo. Sono cresciuto nella diocesi di Firenze e lì sono stato ordinato prete e vescovo. Poi sono stato per cinque anni vescovo di Massa Marittima – Piombino, dieci anni vescovo di Arezzo e da tredici anni sono a Perugia – Città della Pieve. Ho pensato di rimanere in questa ultima diocesi che la provvidenza mi ha affidato, andando ad abitare a Città della Pieve e lì riposarmi e rendere qualche servizio pastorale se potrà essere utile.

Alla Pieve si sentirà un po’ più vicino alla sua Toscana…
Sì, da lì si vede tutta la zona del Chianti fino all’Amiata. Quindi ho la visione di tutta la Toscana pur essendo ancora all’interno del territorio di questa Chiesa. E questo mi dà anche pace e serenità.

Questo suo riferimento allo “sguardo” mi fa venire in mente che durante il Covid, quando non ci si poteva muovere, lei disse che affacciandosi alla finestra della sua camera con lo sguardo sorvolava i tetti di Perugia e pregava per la sua gente. Poi il Covid lei l’ha conosciuto da vicino, tanto da essere ricoverato in ospedale. Quando è stato dimesso, in una intervista ad Avvenire disse che “quando si è prossimi a rendere conto della propria vita vengono in mente le enormi possibilità di bene che Dio ti ha prospettato e che non hai sfruttato per i tuoi limiti o per le tue omissioni”. E ha aggiunto “è come se volessi recuperare tutto quello che non sei riuscito a fare”…
Io ho chiesto al Signore: se tu mi dai i tempi supplementari per giocare questa meravigliosa partita che è il gioco della vita, io cercherò di fare al meglio per colmare quelle lacune che ci sono state nella mia vita. L’ho detto tante volte: i peccati di fragilità il Signore ce li perdona, ma le omissioni non tornano più come casi di Grazia, o perlomeno in quella forma.Poi il Signore è misericordioso e buono, ti manderà altre occasioni….

… e lei si è impegnato perché si è rimesso in corsa e non si è risparmiato. Ma c’è ancora qualcosa che avrebbe voluto fare e non ha potuto?
Avrei voluto fare bene la visita pastorale in questa diocesi, ma l’ho dovuta fare un po’ affrettata. Prima, per dieci anni sono stato visitatore dei seminari in Italia. Poi sono diventato vicepresidente della Conferenza episcopale italiana e poi presidente. Il mio rimpianto, ma non potevo fare diversamente, è quello di non avere dato a questa Chiesa tutto quello che volevo.Per esempio avrei voluto fare anche un Sinodo, ma ho dovuto fare i conti con i miei limiti e soprattutto con il tempo.

Veniamo all’oggi. In questi ultimi anni abbiamo vissuto prima la pandemia e ora anche la guerra. Pensando ai responsabili dei popoli quale è la cosa importante che vorrebbe che facessero?
Credo che questo sia il momento e di riflettere e di mandare continuamente segni di dialogo e di pace. Io mi rifaccio ai due incontri che ho promosso, il primo a Bari solo coi vescovi, il secondo a Firenze anche con i Sindaci dei paesi del Mediterraneo. A Firenze nel mese di febbraio con i Sindaci e i vescovi è stata scritta una Carta che ho portato anche al presidente della Repubblica e che potrebbe essere presentata anche all’Onu. In questi incontri ho visto che i Sindaci e i Vescovi esprimevano gli stessi desideri, forse perché sono le persone più vicine alla gente per una missione analoga che essi hanno. La gente ha bisogno di pace, la gente ha bisogno di essere unita.Se noi riuscissimo a mettere in pratica quello che ci ha dato il Papa nella ‘Fratelli tutti’… c’è tutto: c’è il rispetto dell’ambiente, c’è la fraternità vissuta e condivisa, c’è la pace, c’è la lotta perché questa è la lotta per la giustizia. Io credo che da Firenze nascerà qualche cosa che potrà incidere anche sul Mediterraneo e oltre.

Stiamo vivendo come Chiesa universale un momento importante: il Sinodo sulla sinodalità. Il papa ha voluto che fossero coinvolti anche i singoli fedeli e l’assemblea dei Vescovi farà un bilancio di questo primo anno che si è concluso e che era dedicato all’ascolto. Quale è il suo primo personale bilancio?
Non lo dico per piaggeria ma perché ne sono profondamente convinto. Il Papa ha avuto una intuizione formidabile, veramente ispirata da Dio, anche su come ha impostato il Sinodo per la Chiesa universale, cioè sull’ascolto. Io da principio dissi ‘ma è così importante?’. Non solo è importante: è fondamentale. E anche nei quasi duecento gruppi che abbiamo fatto in diocesi avevo paura che per un motivo o per un altro – la pandemia che non è finita e la guerra in Ucraina che in qualche modo ha anche coinvolto tutti noi – avevo paura che il Sinodo diventasse una specie di Cenerentola. Ma non è andata così perché la gente è stata attratta proprio da questo desiderio di parlare, di esprimersi. Cominciando dagli adolescenti! Quando hanno posto la domanda a un gruppo di adolescenti ‘Ma a voi, chi vi ascolta?’, hanno risposto: ‘Nessuno perché in famiglia hanno da fare. Il babbo è stanco, la mamma c’ha i suoi problemi e a scuola parlano i maestri e nella Chiesa parlano i preti’. Anche dalla sintesi della nostra diocesi, che veramente invito tutti a leggere e a meditare, sono venute fuori parole molto coraggiose, di una Chiesa che tutto sommato è ancora molto clericale. È venuta fuori una Chiesa che ha veramente bisogno di dialogo, di ascolto, di essere meno clericale e di valorizzare fino in fondo i laici.Noi non stiamo valorizzando i laici come Dio comanda e come anche il papa ha suggerito in quello stupendo documento che è la Evangelii gaudium.

Concludiamo il colloquio con un grande augurio per la prossima settimana, e il Cardinale ci risponde con un grazie, un invito e una battuta…
Grazie! Io non so ancora cosa dirò. E chiedo alla Chiesa di cui sono ancora vescovo, almeno fino all’assemblea, di pregare perché il Signore ci illumini. Perché se il Signore illumina 228 vescovi allora, diceva La Pira, l’affare è fatto! Ci convertiamo tutti..

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Vita sociale

Industria: le criticità aumentano e intorno all’ex Ilva è il deserto

19 Mag 2022

di Silvano Trevisani

Le vicende internazionali che stanno interessando massicciamente ormai da oltre due anni il nostro Paese stanno creando una preoccupante crisi economica, che forse sta facendo passare in secondo piano vicende pure fondamentali, seppure sembrino ristrette al nostro territorio.

Stiamo parlando dello stabilimento siderurgico, alla cui attività si annette un interesse produttivo crescente, finora solo gridato, proprio a causa della guerra, ma nell’insieme di tutta l’area industriale, cui si aggiunga la situazione di Leonardo che, nonostante i diversi proclami, vede diventare sempre più complicata la propria situazione.

Ieri sull’ex Ilva si è svolto un incontro in prefettura, coordinato dal prefetto Martino, cui hanno partecipato, coi sindacati, il viceministro per lo Sviluppo, Alessandra Todde e il senatore Mario Turco, cui sono stati rappresentati i gravi problemi dell’azienda e che hanno assunto l’impegno di riportare la questione all’attenzione del governo. Ma la situazione sembra molto nebulosa nel nostro sistema industriale. Ne abbiamo parlato con Pietro Cantoro, segretario della Fim che si occupa degli appalti.

Cosa sta succedendo? Acciaierie d’Italia naviga a vista, mentre la giustizia continua a bacchettarla in molti modi: non paga le ditte dell’appalto e la Peyrani Sud interrompe il contratto, di fatto togliendo lavoro a un centinaio di dipendenti. Alla Leonardo, sembra in atto uno stillicidio, ultimi i licenziamenti preannunciati dalla Axist. Ma sembra che il territorio non ne abbi sufficiente contezza.

Sembra non aversene adeguata contezza, perché la madre di tutta la committenza, cioè Acciaierie d’Italia, sembra aver consolidato uno stato di vegetazione assoluta, in cui appare scontato e normale tutto quello che scontato e normale non è, come gli scaduti dei pagamenti degli stipendi, o i pagamenti delle attività prestate e fornite, con tutti i problemi che ne susseguono a cascata. Purtroppo negli anni si è consolidata una certa “normalità” nell’anomalia. Ma è chiaro che questa situazione si scarica sulle famiglie con tutti i disagi che sono facilmente comprensibili. Ed è per questo che la nostra mobilitazione continua.

La rottura dei rapporti ta Peyrani Sud e Acciaierie d’Italia quanti posti mette a rischio?

La Peyrani occupa direttamente 65 unità che salgono a circa 100 con la collaborazione che ha nelle attività portuali.

…Ed è strano sentire parlare di altre aziende che dovrebbero subentrate a un’azienda che rompe i suoi rapporti per non essere stata pagata.

La cosa grave è che siamo in presenza di una gestione malsana da parte di una grande azienda che è in parte parastatale, con lo Stato che permette delle violazioni quando dovrebbe invece controllare e vigilare; questo è il paradosso assoluto: accanto alla dichiarata previsione del 40% di aumento del fabbisogno produttivo, non interviene né a livello di investimenti, né a livello di manutenzioni ordinarie e straordinarie, né di acquisto delle materie prime, delle attrezzature, dei ricambi e di tutto ciò che necessita nella funzione fisiologica di una normale azienda e, in subordine, alle sue responsabilità.

Ma è tutta la situazione dell’azienda, a cominciare dalla composizione societaria, continua a essere nebulosa.

Ancora oggi stiamo navigando come gli ebrei nel deserto alla ricerca della terra promessa. Ormai questo stabilimento è diventato una cattedrale nel deserto: sembra che sia vitale, un sito di interesse nazionale, strategico, dove c’è necessità produttiva, con la crisi energetica attuale che ha portato alla ribalta la necessità di produzione dell’acciaio, ma noi siamo fermi al palo o, per usare una metafora, come se fossimo in autostrada fermi con le quattro frecce d’emergenza mentre tutti sono in corsia di sorpasso, perché oggi l’acciaio viene valutato più dell’oro.

Alla Leonardo, nonostante tutti i proclami, le cose non sembrano andare meglio.

Anche sulla scia di quella che è stata la situazione pandemica e la scarsità di commesse che si è scaricata soprattutto sulla Leonardo, che è la committente principale. Di conseguenza tutte le aziende dell’appalto, che gravitano che in maniera indiscutibile, si sono dovute ridimensionare con le attività di manutenzione e di riparazione.

Intanto continuiamo a registrare proclami in base ai quali Grottaglie dovrebbe diventare il centro del mondo: voli spaziali, droni, e strutture ipertecnologiche…

Ma purtroppo anche lì, come in Acciaierie d’Italia, la politica territoriale sta abituando a promesse e slogan senza poi concretizzare di fatto nulla di palpabile, di reale. E questo fa male al territorio, al pil, alle famiglie e a tutti noi.

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Cei

Abusi sui minori:
le linee guida della Chiesa per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili

19 Mag 2022

di Gianluca Marchetti*

La custodia e la tutela dei più piccoli e delle persone vulnerabili è un percorso lungo e faticoso che richiede il coraggio di essere intrapreso e poi perseguito con costanza e senza scorciatoie. Un primo passo da fare è acquisire consapevolezza di come la tragica realtà degli abusi sui minori sia trasversalmente diffusa coinvolgendo in modo significativo le famiglie o l’ambito parentale in misura di gran lunga superiore ai due terzi dei casi. Come poi dimenticare che il turpe mercato della pedopornografia non solo non accenna a diminuire, ma è in costante crescita?

Quella degli abusi è infatti un’emergenza sociale grave e globale che certamente esige un intervento repressivo importante, ma ancor di più una presa di coscienza personale e collettiva, un vero e proprio cambio di mentalità. Prevenire situazioni di abuso non può ridursi alla semplice reazione di protezione dei minori che subiscono o che potrebbero subire violenza (child protection), ma necessita di uno sforzo complessivo che dalla reazione passi alla pro-azione per garantire ai più piccoli ambienti e relazioni sicure ed efficaci per crescere al meglio (safe guarding).

In tutto questo la Chiesa non è ferma alle postazioni di partenza, ma da sempre in prima linea, occupandosi e prendendosi cura dei più deboli e fragili con grande e indiscussa generosità di persone e istituzioni, perché la cura, la custodia e la protezione dei piccoli sono parte integrante della sua natura. Vero è purtroppo che la piaga degli abusi sui minori e le persone vulnerabili colpisce pure la Chiesa non solo perché costituita di famiglie, ma anche perché in questi crimini sono stati coinvolti alcuni che nella Chiesa hanno ruoli di responsabilità e guida. Dunque, se crimini gravissimi come gli abusi sessuali sui minori vanno perseguiti con la massima severità ovunque essi accadano, ancor più se in ambito ecclesiale, tuttavia la loro punizione, per quanto assolutamente necessaria e doverosa, non può ritenersi sufficiente: non è certo possibile cancellare quanto avvenuto, ma ci si può legittimamente domandare cosa fare perché non capiti di nuovo e non capiti ad altri. In altre parole ci si può chiedere se dall’orrore dell’abuso e magari dagli errori di una gestione indifferente, negligente se non complice possano venirne indicazioni non solo di reazione al delitto, ma di prevenzione e pro-azione. È questo l’indirizzo assunto dalla Chiesa che è in Italia con le Linee guida per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili approvate dall’Assemblea generale dei vescovi del 20-23 maggio 2019: partendo dall’ascolto delle vittime, prendere coscienza del dramma degli abusi e del loro effetto devastante sulle persone e sulla comunità per quella conversione personale e comunitaria che sollecita, motiva e supporta la costruzione di ambienti sicuri per i più piccoli.

Solo su queste solide basi si possono prevenire comportamenti delittuosi. Se di grande importanza è dunque favorire l’emersione di questi delitti, anche se accaduti in passato, perseguendoli quindi senza tentennamenti, non di minore priorità è far maturare la consapevolezza e corresponsabilità comunitaria vincendo così le logiche della delega e dell’indifferenza.

Si tratta, dunque, di informare e formare la comunità in tutte le sue espressioni, specialmente coloro che operano, a qualsiasi titolo, in rapporto con i minori e le persone vulnerabili, consolidando in questo modo una cultura della cura, della tutela e della protezione dei più piccoli.

 

*della diocesi di Bergamo e membro del Consiglio di presidenza del Servizio nazionale per la tutela dei minori della Cei

foto d’archivio Sir

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Festival

Festival di Cannes: in concorso 15 film cofinanziati dal programma Ue “Creative Europe”

18 Mag 2022

L’Unione europea è alla 75ma edizione del Festival di Cannes 2022, che si è aperto oggi nella città della Costa Azzurra, con 15 film sostenuti dalla componente Media del programma “Creative Europe”. Tre pellicole sono in concorso per la Palma d’Oro: “Triangle of Sadness” di Ruben Östlund, “Boy from Heaven” di Tarik Saleh e “Paiction” di Albert Serra. Altri tre sono stati selezionati per la sezione “Un certain regard”: “Godland” di Hlynur Pálmason, “Le bleu du Caftan” di Maryam Touzani e “Return to Seoul” di Davy Chou. Il programma Ue “ha supportato questi film nel loro sviluppo e distribuzione”, spiega una nota della Commissione. Nel programma del festival, il 20 maggio, una nuova edizione dell’European Film Forum (Efe) che sarà dedicato al tema “Promuovere l’autonomia culturale dell’Europa attraverso investimenti e sfruttamento della proprietà intellettuale: MediaInvest”. Dall’inizio dell’attività di “Creative Europe” nel 1991, sono quasi 50 i film che hanno ricevuto premi a Cannes, tra cui 17 Palme d’oro.

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Società

Le difficoltà delle donne immigrate

18 Mag 2022

Oltre la metà della popolazione immigrata in Italia è composta da cittadine straniere, contano circa il 55% della presenza sul territorio. Questa porzione è destinata a salire almeno nel breve periodo a causa dell’ingresso in Italia delle donne ucraine accolte a causa della guerra.

Purtroppo le cittadine straniere nel nostro paese scontano una doppia vulnerabilità: quella migrante e quella di genere, come afferma il Sesto Rapporto annuale dell’Osservatorio sulle migrazioni pubblicato dal Collegio Carlo Alberto e dal Centro Studi Luca d’Agliano.

Essere donna è uno “svantaggio” per vivere nel mercato del lavoro, a dispetto di livelli di istruzione più elevati. Ad esempio nel 2020 circa il 60% dei laureati era costituito da donne. Però nel mercato del lavoro tra i laureati le donne hanno un lavoro più instabile e meno remunerato. A questo si aggiunge il carico del lavoro di cura che ancora oggi è sulle spalle quasi esclusivamente delle donne.

Il gender gap tra i cittadini stranieri è ancora più alto che tra gli italiani: raggiunge il 28%. Nel 2020 solo una donna su due lavorava. Alcune motivazioni sono da attribuire a fattori culturali, dipendono dalle tradizioni del paese di origine, altre sono dovute a ragioni di ingresso in Italia (quante entrano per ricongiungimento familiare faticano a inserirsi poi nel mondo lavorativo). Quando lavorano poi le donne straniere finiscono per collocarsi nei settori che adottano trattamenti più sfavorevoli: collaborazioni domestiche, le badanti, le addette di pulizia. Ci sono poi le condizioni lavorative, specialmente nel settore domestico infatti c’è un’alta concentrazione di lavoro nero.

Per ridurre lo svantaggio diventa sempre più importante curare una politica dell’accoglienza che si deve coniugare con integrazione, anche con un occhio alla parità di genere.

Purtroppo le politiche migratorie si sono concentrate sull’emergenza degli sbarchi, sull’accoglienza dei rifugiati e la verifica dei diritti dei richiedenti asilo, solo recentemente è stato reintrodotto il “decreto flussi” che fissa la quota di cittadini regolari che possono entrare in Italia per motivi di lavoro (per il 2022 dovrebbero essere quasi 70mila). Un collo di bottiglia che in precedenza ha generato il bisogno di sanatorie per “regolarizzare” la presenza delle persone che erano entrate in precedenza. Alle regole per l’ingresso devono anche seguire misure che aiutino a inserirsi nel contesto sociale: soggetti che indichino alcuni passaggi e che orientino, corsi di italiano, mediatori culturali e istituzionali che guidino nell’incontro nelle relazioni con le amministrazioni e con la regole del lavoro.

 

foto Siciliani-Gennari/Sir

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Francesco

Papa Francesco: “La protesta è un modo di preghiera perché Dio non è un persecutore”

Il pontefice, all’udienza generale del mercoledì, ha proseguito il ciclo di catechesi sulla vecchiaia, incentrando la sua riflessione sulla parabola di Giobbe che, dopo aver perso tutto e protestato contro Dio, capisce che il Signore è un Padre tenero che “gli renderà giustizia”

18 Mag 2022

di Filippo Passantino

La parabola di Giobbe, l’attenzione al valore degli anziani, il monito nei confronti di una “religiosità moralistica e di precetti”. Un filo rosso unisce questi aspetti nella catechesi pronunciata stamani da papa Francesco, all’udienza generale in piazza San Pietro. Nel discorso in lingua italiana, il pontefice, continuando il ciclo di catechesi sulla vecchiaia, ha incentrato la sua riflessione sul tema: “Giobbe. La prova della fede, la benedizione dell’attesa” (Lettura: Gb 42,1-6.12.16). “In questo passaggio conclusivo del libro, quando Dio finalmente prende la parola, Giobbe viene lodato perché ha compreso il mistero della tenerezza di Dio nascosta dietro il suo silenzio – ha osservato il pontefice -. Dio rimprovera gli amici di Giobbe che presumevano di sapere tutto, di Dio e del dolore, e, venuti per consolare Giobbe, avevano finito per giudicarlo con i loro schemi precostituiti”. Nelle parole di Francesco una condanna di “questo pietismo ipocrita e presuntuoso”.

Quando la protesta è preghiera. L’attenzione del papa si è concentrata su un aspetto particolare: “Dice il Signore: Giobbe ha parlato bene, anche quando era arrabbiato, perché ha rifiutato di accettare che Dio sia un ‘persecutore’”. “E in premio Dio restituisce a Giobbe il doppio di tutti i suoi beni, dopo avergli chiesto di pregare per quei suoi cattivi amici”. Poi, l’attenzione sul “punto di svolta della conversione della fede al culmine dello sfogo di Giobbe”. Che il papa ha interpretato con queste parole: “Mio Dio, io so che Tu non sei il persecutore. Il mio Dio verrà e mi renderà giustizia”. Dal libro di Giobbe alla realtà quotidiana, il papa ha sottolineato che quella parabola “rappresenta in modo drammatico ed esemplare quello che nella vita accade realmente”. “Cioè che su una persona, su una famiglia o su un popolo si abbattono prove troppo pesanti, sproporzionate rispetto alla piccolezza e fragilità umana. Nella vita spesso, come si dice, ‘piove sul bagnato’. E alcune persone sono travolte da una somma di mali che appare veramente eccessiva e ingiusta”. Il riferimento è ai “genitori di bambini con gravi disabilità, o a chi vive un’infermità permanente o al familiare che sta accanto”. “Situazioni spesso aggravate dalla scarsità di risorse economiche”. Poi, lo sguardo si è spostato a “certe congiunture della storia”. “Questi cumuli di pesi sembrano darsi come un appuntamento collettivo. È quello che è successo in questi anni con la pandemia di Covid-19 e che sta succedendo adesso con la guerra in Ucraina”.

“Esiste una sorta di diritto della vittima alla protesta, nei confronti del mistero del male, diritto che Dio concede a chiunque, anzi, che è Lui stesso, in fondo, a ispirare”.

Ricordando suoi dialoghi con fedeli, il papa ha ribadito che “la protesta è un modo di preghiera, quando si fa così”. “Quando i bambini, i ragazzi protestano contro i genitori, è un modo per attirare l’attenzione e chiedere che si prendano cura di loro. Se tu hai nel cuore qualche piaga, qualche dolore e ti viene voglia di protestare, protesta anche contro Dio, Dio ti ascolta, Dio è Padre, Dio non si spaventa della nostra preghiera di protesta, no! Dio capisce”.
Dalle parole di Francesco emerge una certezza: “La preghiera dev’essere così, spontanea, come quella di un figlio con il padre, che gli dice tutto quello che gli viene in bocca perché sa che il padre lo capisce. Il “silenzio” di Dio, nel primo momento del dramma, significa questo. Dio non si sottrarrà al confronto, ma all’inizio lascia a Giobbe lo sfogo della sua protesta, e Dio ascolta. Forse, a volte, dovremmo imparare da Dio questo rispetto e questa tenerezza”. E avverte: “A Dio non piace quella enciclopedia – chiamiamola così – di spiegazioni, di riflessione che fanno gli amici di Giobbe. Quello è succo di lingua, che non è giusto: è quella religiosità che spiega tutto, ma il cuore rimane freddo. A Dio non piace, questo. Piace più la protesta di Giobbe o il silenzio di Giobbe”.

Il valore degli anziani contro il male. L’attenzione del papa si è poi spostata sulla “professione di fede di Giobbe” con il suo “incessante appello a Dio a una giustizia suprema”: “Questa testimonianza è particolarmente credibile se la vecchiaia se ne fa carico, nella sua progressiva fragilità e perdita – ha osservato Francesco -. I vecchi ne hanno viste tante! E hanno visto anche l’inconsistenza delle promesse degli uomini. Uomini di legge, uomini di scienza, uomini di religione persino, che confondono il persecutore con la vittima, imputando a questa la responsabilità piena del proprio dolore”. Infine, dal Papa l’incoraggiamento a seguire i “vecchi” che “trovano la strada di questa testimonianza, che converte il risentimento per la perdita nella tenacia per l’attesa della promessa di Dio”: “Sono un presidio insostituibile per la comunità nell’affrontare l’eccesso del male”.

 

foto Sir/Marco Calvarese

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Hic et Nunc

Ue, trasformazione verde e digitale: progetto pilota per 63 regioni, 7 città e 4 Stati

In Italia sono state selezionate Abruzzo, Emilia Romagna, Veneto, Toscana e Bologna

18 Mag 2022

In collaborazione con il Comitato delle regioni (Cdr), la Commissione europea ha selezionato 63 regioni, sette città e quattro Stati membri per un progetto pilota relativo ai partenariati per l’innovazione regionale. Gli enti selezionati dovranno “condividere buone pratiche e sviluppare e sperimentare congiuntamente strumenti per mobilitare molteplici fonti di finanziamento e iniziative politiche, nonché per collegare i programmi regionali e nazionali alle iniziative dell’Ue ai fini della trasformazione verde e digitale”, spiega una nota della Commissione. Per raggiungere l’obiettivo della trasformazione, secondo la commissaria Mariya Gabriel, “occorre promuovere l’innovazione e i contatti reciproci in ogni regione e in ogni Paese” e “i partenariati ci consentono di creare ponti per facilitare le sinergie tra investimenti e soluzioni innovative”. Proprio l’innovazione, secondo il presidente del Cdr, Apostolos Tzitzikostas, serve per “rafforzare la resilienza locale e migliorare la capacità delle nostre comunità locali di far fronte alle emergenze, proteggere i cittadini e sostenere le economie locali”. I “partenariati per l’innovazione regionale”, secondo Tzitzikostas sono uno “strumento chiave per coordinare tutti i fondi disponibili per diffondere l’innovazione sul campo”. Tra le regioni selezionate ci sono l’Abruzzo, l’Emilia Romagna, il Veneto, la Toscana; tra le città invece c’è Bologna.

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