Taranto tornerà ad ospitare l’Italy Sail Grand Prix nel 2023 e nel 2024
Dopo lo stop dello scorso anno, ritorna nella Città dei due mari l’evento sportivo internazionale che ha incantato tutti nel 2021
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Dopo lo stop dello scorso anno, ritorna nella Città dei due mari l’evento sportivo internazionale che ha incantato tutti nel 2021


L’esposizione sarà visitabile dal 9 dicembre 2022 al 5 gennaio 2023, con ingresso libero negli orari di apertura della struttura (dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18)
L’attesa è finita: “I balocchi”, la mostra del giocattolo storico che ha portato in tutto il mondo i capolavori della collezione Marzadori, sarà inaugurata nel pomeriggio di mercoledì 7 dicembre alle 18, al primo piano della biblioteca comunale “Pietro Acclavio”.
Promossa dal consiglio regionale della Puglia, con il sostegno dell’amministrazione comunale di Taranto e il patrocinio della Regione Emilia Romagna, l’esposizione sarà visitabile dal 9 dicembre 2022 al 5 gennaio 2023, con ingresso libero negli orari di apertura della struttura (dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18).
La mostra, a cura di Luigi Orione Amato e Raffaela Zizzari, avrà come protagonista la preziosa collezione Marzadori, già esposta al Moma di New York, alla Triennale di Milano e alla biblioteca Salaborsa di Bologna: un ideale viaggio attraverso 100 anni di arredi, complementi per l’infanzia e giocattoli di legno, una raccolta di pezzi unici che è iniziata circa 30 anni fa, con la nascita della prima figlia del collezionista Maurizio Marzadori.
“I balocchi” racconta l’evoluzione della cultura dell’infanzia, uno spaccato storico nel quale creativi, pedagogisti e architetti hanno iniziato a progettare oggetti espressamente destinati ai bambini. Mobili e “camerette”, arredi scolastici, abiti, giochi di legno e per esterno, vengono realizzati da grandi artisti e designer, ma anche da autori sconosciuti, attingendo a cultura, creatività e moda del tempo.
Siamo al cospetto di reperti preziosi di una società che, dalla metà dell’ottocento, inizia a pensare i bambini non più come adulti “imperfetti”, ma come individui, soggetti, persone complete. Destinatari, quindi, di un’attenzione specifica che riguarda ance i loro “oggetti”, secondo la lezione montessoriana dettata dall’illuminismo pedagogico di quel periodo.
La collezione complessivamente conta oggi circa 800 mobili, prevalentemente italiani, e ogni pezzo racconta la storia del design e mostra lo sviluppo del costume, dei mutamenti sociali e produttivi, culturali, storici e pedagogici della nostra società. La sezione dei giocattoli di legno include circa 350 pezzi della prima metà del ‘900, ispirati dalle avanguardie artistiche, e sono stati acquisiti inoltre 250 vestitini d’epoca.
Le opere presentate a Taranto, al primo piano della biblioteca, saranno oltre 350, in un percorso espositivo suddiviso per aree tematiche e organizzato secondo “alti” e “bassi”. Un percorso che sottolineerà, dunque, il rapporto tra il gioco e la vita reale, ma anche il rapporto tra nonni e nipoti, tra chi evocherà lontani ricordi infantili e chi si stupirà di fronte a oggetti distanti anni luce dalla contemporaneità.
All’inaugurazione, tra gli altri, saranno presenti la presidente del consiglio regionale della Puglia Loredana Capone, il vicesindaco e l’assessore alla Cultura del Comune di Taranto, rispettivamente Fabrizio Manzulli e Fabiano Marti, il direttore di “Poli biblio-museali di Puglia” Luigi De Luca e il collezionista Maurizio Marzadori.
La mostra “I balocchi” è prodotta dalla società Orione, in collaborazione con “Poli biblio-museali di Puglia”, “Teatro Pubblico Pugliese” e i partner tecnici Provinciali e Isola di Mezzo.


Il comitato Uniti per la pace, che raggruppa oltre settanta tra associazioni, movimenti di varia natura, organizzazioni sindacali, oltre a parrocchie, comunità e gruppi cattolici di Taranto e dei Comuni vicini, dopo le manifestazioni di giovedì e venerdì scorsi, ha organizzato una conferenza, svoltasi nella Concattedrale Gran Madre di Dio. Illustre relatore è stato Graziano Delrio, parlamentare e più volte ministro in vari governi, oltre che sottosegretario alla presidenza del Consiglio e presidente del gruppo parlamentare del Pd che, introdotto da Gianni Liviano consigliere comunale e promotore del comitato e da monsignor Ciro Marcello Alabrese, parroco della Concattedrale, ha trattato il tema: “I cristiani e la pace”. In quell’occasione lo abbiamo avvicinato per porgli alcune domande.
Parlare di pace ai credenti ha qualcosa di diverso che invocare la pace come soluzione politica?
Beh sì, ha una certa differenza, perché i cristiani hanno la consuetudine di riconoscere nel loro Dio e in Gesù Cristo la fonte della pace. Sanno che Gesù è la nostra pace: è il Principe della pace. Se per l’uomo di tutte le ere e di tutte le civiltà la pace è un anelito comprensibile, per un cristiano è un’urgenza, un impegno insopprimibile.
E perché le parole del Papa, allora, suscitano entusiasmi più di circostanza che non di sostanza?
Come sempre avviene, le parole profetiche vengono derubricate come poco realistiche, poco capaci di incidere sulla realtà, come dichiarazioni di principio più che strade su cui camminare. Molto spesso è accaduto così nella storia, purtroppo, e così le parole profetiche dei papi, in tante situazioni, a partire dalla Prima Guerra Mondiale, che fu definita “Un’inutile strage” da Benedetto XV, fino alla Seconda guerra mondiale, cui si opposero i papi in maniera determinata, purtroppo restano parole inascoltate, ma che poi si rivelano vere.
E la posizione della politica di fronte al tema della pace come la valuta? Non c’è crescente perplessità da parte della gente su come i partiti si stanno ponendo di fronte alla questione della guerra?
Credo che sia proprio così, perché si nota che in questa fase storica in cui l’urgenza della pace viene a galla in tutta la sua drammaticità, proprio in questa fase storica sembra di notare una certa timidezza della politica quindi, mentre si vede il Papa che ha in coraggio di dire le parole giuste e sagge non si vede, invece, la politica dire parole altrettanto determinate alla ricerca di un soluzione di pace.
E infatti tutte le istituzioni, sia quelle governative che quelle sovranazionali, come i singoli Stati, l’Unione Europea, la Nato, Gli Stati Uniti sembrano tutti presi dalla voglia di portare avanti questa guerra, mentre invece la gene sta cominciando a pensarla diversamente.
La gente la pensa diversamente! È assodato ormai da parte di tutti i sondaggi che la gente non vuole abituarsi all’idea di una guerra. Si può spiegare questo fatto in molti modi ma certamente c’è di fondo una saggezza del popolo che sa che la guerra è un fallimento vero dell’umanità, oltre che della politica, e credo che questa saggezza di fondo del nostro popolo andrebbe ascoltata di più dalla politica.


Nella splendida cornice del chiostro in via SS. Annunziata a Taranto, sarà possibile visitare lo stand di Pasticaqquà alla Giornata jonica della sostenibilità tra ambiente ed etica (evento gratuito che si terrà dalle 10 alle 19)


C’è grande attesa per l’inaugurazione della 43^ edizione della Mostra del presepe a Grottaglie.
L’evento è previsto per il 7 dicembre, dalle ore 19, con la storica kermesse artistico-culturale che riaprirà i battenti nelle sale del trecentesco Castello Episcopio. Sotto la guida attenta del Comune, la mostra sarà fruibile fino a venerdì 6 gennaio 2023.
L’inaugurazione dello storico e rinomato evento dedicato al presepe, fa da apripista ad un ricco cartellone di eventi natalizi lungo un mese. Grazie all’arte ed alla maestria dei ceramisti provenienti da tutta Italia, tantissimi appassionati potranno ammirare le straordinarie opere in ceramica. Restando così ammaliati nelle oltre 50 botteghe figuline, situate all’interno dello splendido Quartiere delle Ceramiche.
La celebre rassegna trova le sue origini nel lontano 1980, quando l’intento principale era proprio quello di creare un solido binomio artistico fra la Mostra del presepe e la famosa Mostra della ceramica.
Sono stati tantissimi, difatti, i maestri presepisti che hanno voluto lasciare un segno indelebile nel corso del tempo prendendo parte alla realizzazione della Mostra del presepe di Grottaglie, nelle sue tante edizioni svoltesi.
In questi 42 anni, l’allestimento della Mostra del Presepe ha generato nella “Città delle ceramiche” una fulgida cultura tematica incentrata sulla Natività, specie in una realtà in cui la “lavorazione della ceramica” rappresenta una straordinaria peculiarità. Per merito della sua centenaria tradizione artigianale ben presente tutt’oggi in città e grazie ad una costante ed encomiabile opera di valorizzazione.
Il ricchissimo cartellone di eventi natalizi durerà oltre un mese, precisamente fino al 6 gennaio 2023. Luci e colori avvolgeranno la “Città delle ceramiche” con concerti, animazioni per bambini, eventi, musica ed una grande festa di Capodanno in piazza Regina Margherita la sera del 31 dicembre.
Per i visitatori che vorranno immergersi nelle tradizioni culinarie natalizie, le tante attività di ristorazione e le associazioni sono pronte ad accoglierli con la degustazione di “pettole”, “sannacchiùdere” e i tipici piatti della tradizione natalizia pugliese. Senza dimenticare le caratteristiche “n’chiosce” che saranno rese ancora più attraenti grazie all’estro e alla creatività dei residenti del borgo antico.
Il programma degli eventi per mercoledì 7 dicembre
INAUGURAZIONE 43^ MOSTRA DEL PRESEPE
Castello Episcopio, ore 19
a cura del Comune di Grottaglie,
la mostra resterà aperta fino a venerdì 6 gennaio.
MUSICA TRA I VICOLI NATALIZI
Itinerante nel centro storico, ore 19
a cura della Banda Città di Grottaglie
ESIBIZIONI E SPETTACOLI DI ACROBATICA AEREA E ARTI CIRCENSI ITINERANTI
Centro storico, dalle ore 19 alle 21
a cura della Dedalo Asd
DEGUSTAZIONE DI PETTOLE E VINO PRIMITIVO
Via L. da Vinci 30, ore 19
a cura del ristorante Kalahary Grottaglie.
DUO BLUES PANDA BEAT – MUSICA DAL VIVO
Via Maggiuli, ore 19
a cura del R.i.P. Pub & Bar
DEGUSTAZIONE DI PETTOLE NATALIZIE
Via D’Alessandro, zona Largo, dalle ore 19 alle 21
a cura dell’Associazione Auser Grottaglie


Nella Giornata internazionale del volontariato, la Comunità di Sant’Egidio ha presentato la nuova edizione della guida “Dove mangiare, dormire, lavarsi”, chiamata anche la “guida Michelin dei poveri”
Prima con la pandemia e oggi con una crisi su più settori si sono ampliati i bisogni di chi era già in difficoltà: sono 5,6 milioni coloro che vivono sotto la soglia della sussistenza, quasi il 10% degli italiani. I dati che provengono dal mondo del volontariato e della solidarietà sono emblematici. Dall’inizio della pandemia la Comunità di Sant’Egidio ha distribuito in Italia oltre 1 milione di pasti tra mense (500.000 a Roma, Genova, Novara, Frosinone e Lucca) e cene itineranti, un numero raddoppiato rispetto al periodo precedente. Triplicati anche i pacchi alimentari, oltre 600.000. Dall’inizio del 2022 ne sono stati distribuiti 250mila, di cui 120mila a Roma. Sono alcune delle cifre fornite a Roma durante la conferenza stampa per la presentazione della nuova edizione della guida “Dove mangiare, dormire, lavarsi”, chiamata anche la “guida Michelin dei poveri”. Quest’anno lo storico pranzo di Natale organizzato da Sant’Egidio giunge alla 40ma edizione. Iniziato nel 1982 con un piccolo gruppo nella Basilica Santa Maria in Trastevere si è arrivati a raggiunge 250.000 persone in 70 Paesi del mondo.
I pranzi di Natale e le distribuzioni in Italia. A Roma il 24 dicembre i volontari porteranno cene di Natale itineranti, presso le stazioni e nei luoghi abituali di vita delle persone senza dimora. Il 25 dicembre saranno circa 20mila gli ospiti tra pranzi e momenti di festa con distribuzioni in diversi quartieri della città e dell’area metropolitana. In Italia parteciperanno circa 80.000 persone. Oltre a Roma, saranno coinvolte un altro centinaio di città. La Comunità di Sant’Egidio ha aperto negli ultimi anni a Roma e in diverse città italiane anche convivenze per 1.000 persone senza dimora, anziani e persone con disabilità.
La Guida “Dove mangiare dormire e lavarsi”raccoglie in 280 pagine tutte le indicazioni di servizi pubblici e privati a Roma per chi si trova in stato di necessità, italiani e stranieri, e informazioni utili per avere accesso a residenza anagrafica, assistenza sanitaria, formazione professionale e lavoro, prestazioni assistenziali e pensionistiche, alloggio ecc. Sarà pubblicata anche in altre città italiane (Firenze, Genova, Milano, Napoli, Padova), europee e a Buenos Aires. Nell’edizione di quest’anno figurano a Roma 33 mense (29 totalmente gratuite); distribuzioni itineranti in 28 quartieri con la mobilitazione di 51 associazioni; 35 dormitori (32 totalmente gratuiti); 4 case di accoglienza per malati e familiari di persone ricoverate; 28 luoghi in cui potersi lavare; 78 centri di ascolto parrocchiale. C’è inoltre una nuova sezione sanitaria con informazioni su come richiedere ausili e protesi.
Appelli alla politica e ai cittadini. Durante la conferenza stampa il presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo ha lanciato numerosi appelli alla politica e ai cittadini. Al governo italiano ha chiesto “l’allargamento del decreto flussi a tante figure professionali come infermieri e assistenti domiciliari,
necessarie nell’aiuto alle persone anziani e disabili”. “So che si sta discutendo in queste ore del decreto flussi – ha detto Impagliazzo -. Da tempo insistiamo presso diversi governi. L’ultimo decreto è stato di 69.700 persone. Chiediamo di allargarlo anche a quei Paesi che non hanno accordi diretti con l’Italia, come il Venezuela, il Perù e altri Paesi dell’America Latina dove c’è tanta cultura infermieristica”. Sant’Egidio chiede “l’equipollenza dei titoli e un decreto flussi che tenga conto anche dei bisogni delle famiglie, degli anziani, delle persone con disabilità, ricordando che “Eurostat stima che l’Italia abbia bisogno di almeno 200.000 lavoratori l’anno, mentre delle 69.700 presenze dell’ultimo decreto flussi ne sono arrivate solo la metà, per problematiche burocratiche molto serie”.
Il 10% dei cittadini in difficoltà. “La politica non può farsi soltanto nei dibattiti televisivi o sui social. Bisogna ritrovare quella cultura che consente di ascoltare le reali esigenze delle persone”, ha affermato, chiedendo ai responsabili delle istituzioni che “si accorgano di più e meglio del 10% cittadini che vivono in difficoltà”, oltre 5,6 milioni di persone in povertà. “E’ un momento di policrisi – ha precisato -, cioè una crisi data da molti fattori: le gravi conseguenze della pandemia, la crisi economica di inflazione e prezzi, a cui si è aggiunta la guerra in Ucraina, con la crisi del gas. I più colpiti sono state le famiglie monoreddito, le donne, le tante persone anziane con pensioni basse e i lavoratori precari”. La casa, ad esempio, “è la prima domanda che tanti fanno”. Il programma Housing first di Sant’Egidio “ha permesso a decine di persone, tra cui molti anziani soli, di trovare una casa, creare microconvivenze, con il sostegno del volontariato e piccoli sussidi per ripartire ed essere reintrodotti nel mondo del lavoro”.
A proposito del reddito di cittadinanza Impagliazzo ha aggiunto, a margine: “Naturalmente un sussidio anti povertà è fondamentale, finalmente l’Italia si è dotata ultima tra i Paesi europei insieme alla Grecia di questa misura di protezione sociale, e quindi è un servizio fondamentale ai cittadini. Il problema si è ingenerato nel collegarlo al lavoro, quindi che ci sia bisogno di un tagliando benissimo ma mai di abrogarlo”.
Nella Giornata internazionale del volontariato – in Italia si contano circa 6 milioni di volontari – il presidente della Sant’Egidio ha constatato una grande “domanda di solidarietà, anche da parte di nuovi italiani, persone che prima erano assistite e ora danno una mano per senso di restituzione”. Ha quindi lanciato un appello ad “unirsi alla Comunità di Sant’Egidio per aiutarci a tirar fuori le persone dalla strada e farle vivere pienamente in diritti e dignità”. E “a non dimenticare di sostenere con aiuti concreti il popolo ucraino”. La Comunità sta inviando aiuti tramite i gruppi locali, soprattutto generatori elettrici, a causa dei continui black out energetici. In questi giorni è attiva anche la campagna “A Natale, aggiungi un posto a tavola” con un sms solidale 45586 per garantire il pranzo di Natale e i doni ai partecipanti. Per inviare aggiornamenti: 06. 4292929


L’evento, per bambini dai cinque anni in su, nasce dalla collaborazione tra Plasticaqquà, inFesta e Randagi Monterocca, e prevede diverse attrattive il cui filo conduttore unico è la cura dell’ambiente
𝗟𝗲 𝗮𝘁𝘁𝗶𝘃𝗶𝘁𝗮̀ 𝗶𝗻 𝗽𝗿𝗼𝗴𝗿𝗮𝗺𝗺𝗮:

Alla fine stiamo guardando in tv i Mondiali. Anche se avremmo ragione di boicottarli, per le noti questioni legate ai diritti umani, anche se in Qatar manca la nazionale italiana, magari stiamo guardando più partite di quante ne vedremmo se ci fossero i campioni d’Europa in carica – ci fossero gli azzurri (e lo avrebbero meritato) vedremmo solo loro, con ogni probabilità. Magari la competizione di calcio ci sta pure appassionando. Tra gli elementi di dibattito, c’è la rivalità tra Kylian Mbappé e Lionel Messi. Chi è meglio? Se Mbappé sa di grande giocatore, capace di vincere e di entusiasmare, Messi appare come una divinità. Chi tra i due, a non voler metterci anche un terzo (Cristiano Ronaldo), è il più forte calciatore del mondo in attività? Al netto dei numeri e delle prestazioni offerte in campo, la “Pulce” crea attorno a se un’aura magica. Mbappé, 24 anni da compiere tra pochi giorni, ha la giovinezza dalla sua parte. Avrà tante occasioni per vincere confermando e migliorando il suo talento straordinario. Per Messi, la vittoria del Mondiale rappresenterebbe un premio alla sua carriera, il tassello mancante al sette volte Pallone d’oro, che è stato spesso criticato.
Il calcio si nutre delle rivalità tra i fuoriclasse. Dello scontro tra i tifosi, in senso figurato. Ne giova lo sport in generale. Meglio Messi o Mbappé? Meglio Messi o Maradona, tra i Grandi del passato? E se Messi vincesse il Mondiale, il mito di Maradona si offuscherebbe magari? Nell’86 El Pibe de Oro portò al trionfo la sua nazionale. Ma non per quello viene celebrato. A Napoli, dove fu amato più del suo Paese natale, continuerebbe ad essere idolatrato, anche se Messi dovesse vincere questo Mondiale.
Comunque la si possa pensare, è bello assistere intanto alla festa dei popoli chiamati a raccolta per l’evento quadriennale. È bello vedere la festa e il folklore degli africani. Lo sport vissuto in questa dimensione, che gli è più congeniale. Pensiamo all’ultimo match del Senegal contro l’Inghilterra, agli ottavi di finale: nonostante la sconfitta che la loro nazionale stava maturando, anche pesantemente sul campo, i sostenitori tra gli spalti non hanno mai smesso di tifare. Una lezione per tutti. Per gli europei, che sanno solo rumoreggiare.



È quanto emerge da un’analisi Coldiretti su dati Ispra diffusa in occasione della Giornata mondiale del suolo che si celebra oggi, 5 dicembre
“Negli ultimi dieci anni l’Italia ha perso 400 milioni di chili di prodotti agricoli per l’alimentazione dell’uomo e degli animali a causa dell’abbandono e della cementificazione di terreni fertili, aumentando il deficit produttivo del Paese e la dipendenza dall’estero”. È quanto emerge da un’analisi Coldiretti su dati Ispra diffusa in occasione della Giornata mondiale del suolo che si celebra oggi, 5 dicembre. “In Italia la superficie agricola utilizzabile si è ridotta ad appena 12,5 milioni di ettari aumentando la necessità di importare prodotto straniero – sottolinea Coldiretti – in un momento storico segnato dai pesanti effetti della guerra in Ucraina sulle forniture alimentari con l’impennata dei prezzi”.
“La sparizione di terra fertile non pesa peraltro solo sugli approvvigionamenti alimentari – osserva Coldiretti – poiché dal 2012 ad oggi il suolo sepolto sotto asfalto e cemento non ha potuto garantire l’assorbimento di oltre 360 milioni di metri cubi di acqua piovana che ora scorrono in superficie aumentando la pericolosità idraulica dei territori con danni e vittime”.
“Per proteggere la terra e i cittadini che vi vivono, l’Italia deve difendere il patrimonio agricolo e la disponibilità di terra fertile puntando a una forma di sovranità alimentare con i progetti del Pnrr”, afferma il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, sottolineando che “occorre anche accelerare sull’approvazione della legge sul consumo di suolo che potrebbe dotare l’Italia di uno strumento all’avanguardia per la protezione del suo territorio”.
In occasione della Giornata mondiale del suolo, l’associazione ricorda poi che “in Italia oltre 9 Comuni su 10 in Italia (il 93,9% del totale) hanno parte del territorio in aree a rischio idrogeologico per frane ed alluvioni”. “A questa situazione – sottolinea Coldiretti – non è certo estraneo il fatto che negli ultimi 50 anni è scomparso quasi 1 terreno agricolo su 3 (-30%)”. In una nota diffusa oggi, Prandini giudica comunque positiva la scelta del Governo di investire nella manovra sul “Fondo per il contrasto al consumo di suolo”, finanziato con 10 milioni di euro nel 2023, 20 milioni nel 2024, 30 milioni di euro nel 2025 e 50 milioni di euro all’anno nel biennio 2026-2027.


La saggezza popolare dice che una bugia tira l’altra. Le bugie come le ciliegie. Una tira l’altra e detta la prima non si smette più. Quando si mente si è quasi invogliati dal perseverare per rendere il tutto più credibile e, se non si confessa subito, si deve poi andare avanti, con invenzioni sempre più nuove, sempre più grandi. Purtroppo, c’è un momento in cui arriva il conto. Per Riccardo si stava concretizzando in quello del ristorante che i suoi genitori avevano prenotato al fine di festeggiare la laurea e poi in quello del viaggio premio nel Paese del Sol Levante. Ma non c’era proprio nessuna tesi da discutere, così ha scelto l’unica strada senza ritorno. Lasciando il padre e la madre con i sensi di colpa di chi non ha visto, di chi non ha capito, non si è reso conto. Riccardo aveva 26 anni e – dice adesso chi lo conosceva – era cambiato con il lockdown: aveva perso gli amici e si era chiuso in sé stesso. Tutti i massimi esperti lo dicono da tempo, le restrizioni legate al Covid avranno effetti negativi innanzitutto sui più giovani: l’assenza di socialità, la mancanza di contatto fisico, le mascherine a nascondere con il volto l’espressione, incideranno sulla loro crescita, dunque sulla loro vita. Spetta agli adulti prestare grande attenzione ai primi sintomi di disagio. Certo, è molto difficile per i genitori, che devono in qualsiasi modo spronare i figli, come hanno fatto il padre e la madre di Riccardo. Forse lo avranno pure rimproverato perché non superava un esame, sempre quello, sempre lo stesso, finché un giorno era tornato a casa: “Ce l’ho fatta”. E forse è in quel momento che è iniziato il tutto. Non è la prima volta che avviene, altri giovani hanno finto di essere arrivati al traguardo, altri hanno inscenato dei rapimenti o degli allontanamenti volontari, altri, prima di Riccardo, hanno preferito la morte alla vergogna, hanno scelto la fine di tutto alla verità. Si accavallano le domande. Ma poi, è davvero vergogna? È davvero incapacità di assumersi le proprie responsabilità? E cosa succede nella testa di un giovane che non riesce a presentarsi così com’è, a farsi vedere com’è? Forse noi adulti ci dobbiamo chiedere se quello che ci aspettiamo, o peggio, pretendiamo dai giovani è in sintonia con il loro carattere, con le loro capacità, la loro sensibilità, le loro aspettative. È giusto indirizzarli e forse anche riprenderli, ma è necessario stare a sentirli affinché non si limitino a compiacere gli adulti, verrebbe da dire le aspirazioni degli adulti. Niente a che fare con il caso di Riccardo, che ha detto no all’azienda di informatica di famiglia per lo studio delle scienze infermieristiche. Dunque, scelta autonoma, eppure è finita come è finita. Il disagio dei giovani è una realtà con cui è indispensabile fare i conti anche in una società che vede ragazzini viziati impegnati per lunghe ore sui social e genitori che si fanno in quattro, otto, sedici, pur di accontentarli. Però dietro quei silenzi, quei musi lunghi, quegli sguardi inespressivi, al di là di quelle porte chiuse, di quei pomeriggi chiusi nella camera, di quei comportamenti aggressivi in casa o in strada o a scuola, può esserci una situazione di difficoltà emotiva che non può e non deve essere sottovalutata. Mai e per nessun motivo. La cronaca ci pone davanti a tante situazioni drammatiche, l’ultima è quella della dodicenne di Latina che si è lanciata dalla finestra durante l’ora di ricreazione, in classe, dopo aver detto a una compagna: “Apro, fa caldo”. Ha scritto una lettera, e l’ha lasciata sul banco, senza indicare un destinatario, dunque per tutti. E ai soccorritori che l’hanno salvata ha detto una frase impressionante: “La vita fa schifo”. Che cosa ha vissuto quella studentessa poco più che bambina per arrivare a tanto? I genitori sono separati, vive con i nonni, senz’altro: ma quanti ragazzini sono nella stessa condizione? Però, forse, a pensarci bene bisognerebbe ribaltare il ragionamento e soffermarsi sui molti ragazzi che vivono situazioni familiari analoghe: chissà quali pensieri abitano nelle loro menti. Siamo tutti responsabili – la famiglia, la scuola, le agenzie di formazione, le istituzioni – e anche colpevoli perché non stiamo ad ascoltare, non abbastanza. Si può fare, perché è possibile farlo. C’è un esempio di grande valore: Bebe Vio, la campionessa paralimpica di scherma, ha raccontato più volte il ruolo del padre e della madre. Che davanti alla sua disperazione per l’amputazione delle gambe e delle braccia, le avevano detto: “La vita è di una bellezza pazzesca”. È necessario dirlo ai ragazzi, anche se studiano poco, anche se non sono perfetti, anche se di tanto in tanto si perdono, perché proprio allora stanno chiedendo aiuto. A ritrovarsi.


Martedì 6 dicembre 2022 si riunirà, alle 14.30, nella sala Pistelli di palazzo Medici Riccardi (con ingresso da via Cavour 9) il Comitato nazionale per il centenario della nascita di don Lorenzo Milani (1923-2023), nato per iniziativa della Fondazione don Lorenzo Milani, dell’istituzione don Milani di Vicchio e del gruppo don Milani di Calenzano. Il Comitato nazionale, presieduto da Rosy Bindi, indicata dalle tre istituzioni, si insedierà a Firenze nella giornata del 6. Saranno presenti i tre presidenti della Fondazione Agostino Burberi, dell’istituzione Leandro Lombardi e del gruppo di Calenzano Alessandro Santi.
Alle 17, sarà tenuta una conferenza stampa per illustrare le linee generali adottate dal Comitato. Sarà presente anche la consigliera della Città metropolitana delegata alla Cultura, Letizia Perini.


Questo tempo di attesa ci offre l’opportunità di cogliere i tanti deserti delle nostre vite, di individuare quei rumori che ci distraggono e ci allontanano da quella mangiatoia di Betlemme
Un uomo austero e radicale, allergico alla doppiezza. Così papa Francesco parla, all’angelus, di Giovanni Battista, una delle tre figure simbolo, assieme a Maria e al profeta Isaia, di questo tempo di Avvento che ci accompagna alla nascita di Gesù. A prima vista il Battista poteva incutere timore: era vestito “di peli di cammello”, si “cibava di locuste e miele selvatico”, e invitava “tutti alla conversione perché il regno dei cieli è vicino”, ricorda il vescovo di Roma. È Matteo che nel suo Vangelo ci fa incontrare Giovanni Battista che predica nel deserto della Giudea e battezza con l’acqua del fiume Giordano; “voce di uno che grida nel deserto”, voce che inquieta e chiama alla conversione. “Germoglio che spunterà dal tronco di Iesse”, il padre di Davide, come si legge in Isaia, la prima lettura: “su di lui si poserà lo Spirito del Signore” e giudicherà “con giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli umili della terra”. Passaggio da un prima a un dopo, Giovanni Battista, posto com’è tra passato e futuro, tra i profeti legati alla Parola – ecco la voce – e il nuovo orizzonte di speranza e fiducia in un Dio che nasce. In questo “qui e non ancora” l’invito alla conversione “perché il Regno dei cieli è vicino”, anzi “è in mezzo a noi”.
Più che un uomo duro “è un uomo allergico alla doppiezza” Giovanni Battista, afferma il papa, tanto da mostrare una “reazione allergica” molto forte quando “si avvicinano a lui farisei e sadducei, noti per la loro ipocrisia”. Molti gli si avvicinavano per “curiosità o per opportunismo”, prosegue, “era diventato molto popolare”. E tra “doppiezze e presunzione” essi “non coglievano l’occasione di grazie”. Così quella voce, afferma Francesco, è come il grido di un padre “che vede il figlio rovinarsi e gli dice non buttare via la tua vita”, perché “l’ipocrisia è il pericolo più grave” e può “rovinare anche le realtà più sacre”. Per accogliere Dio, “non importa la bravura, ma l’umiltà”, ognuno di noi “deve confessare, prima di tutto sé stesso, i propri peccati, le proprie mancanze, le proprie ipocrisie; bisogna scendere dal piedistallo e immergersi nell’acqua del pentimento”.
Le “reazioni allergiche” del Battista, dice il papa, fanno riflettere anche noi che a volte “guardiamo gli altri dall’alto in basso” e pensiamo “di non avere bisogno ogni giorno di Dio”. L’unica occasione in cui è lecito guardare gli altri dall’alto in basso, spiega, è quando “aiutiamo gli altri a risollevarsi”.
Voce, deserto; immagine che rimanda alla storia di Israele che proprio nel deserto si era formato come popolo, sperimentando la fedeltà a Dio e la consapevolezza della propria fragilità. Voce che inquieta e chiama alla conversione; voce di uomo, non volto o persona, che prepara l’avvento di un altro Uomo che “battezzerà in Spirito Santo e fuoco”.
Il deserto è aridità e inattesa fecondità, e in qualche modo simboleggia il cuore arido di chi non è capace di accogliere l’altro. Questo tempo di attesa ci offre anche l’opportunità di cogliere i tanti deserti delle nostre vite, di individuare quei rumori che ci distraggono e ci allontanano da quella mangiatoia di Betlemme.
L’Avvento, luogo della prova, è dunque “tempo di grazia per toglierci le nostre maschere – ognuno le ha, dice il pontefice – e metterci in coda con gli umili; per liberarci dalla presunzione di crederci autosufficienti, per andare a confessare i nostri peccati, quelli nascosti, e accogliere il perdono di Dio, per chiedere scusa a chi abbiamo offeso. Così comincia una vita nuova”. La strada è una sola, afferma il vescovo di Roma, quella dell’umiltà: “purificarci dal senso di superiorità, dal formalismo e dall’ipocrisia, per vedere negli altri dei fratelli e sorelle, dei peccatori come noi, e in Gesù vedere il Salvatore che viene per noi – non per gli altri, per noi – così come siamo, con le nostre povertà, miserie e difetti, soprattutto con il nostro bisogno di essere rialzati, perdonati e salvati”. Con Gesù, afferma ancora Francesco, “la possibilità di ricominciare c’è sempre”, c’è sempre “la possibilità di fare un passo in più. Egli ci aspetta e non si stanca mai di noi”.
In questo tempo di attesa, guardando alla Madonna, più forte deve essere la “nostra preghiera per la pace, specialmente per il martoriato popolo ucraino”.

