Libri

Maria Carmone racconta in un libro autobiografico il suo amore per la vita

26 Gen 2023

di Silvano Trevisani

L’eccezionalità della normalità. Si potrebbe condensare in questo assunto il senso stesso del libro che Maria Carmone ha dato alle stampe con un titolo che più esplicativo non si poteva: “Settanta”. Il numero descrive la sua età e lei, almeno letterariamente, la considera un traguardo, un punto di osservazione dal quale si può guardare la vita che è ormai alle spalle ma trarre ancora auspici e indicazioni per il futuro che ancora si apre davanti a lei. E a tutti coloro che fanno la sua vita, poiché questo suo libro è un’autobiografica che per forza di cose diventa corale, così come corale è la memoria di chi abbia la sensibilità di conservare, accumulare nella propria mente e nella propria anima i volti, le voci, le emozioni, le sensazioni, persino i dialoghi sui quali è stata costruita la propria vita.

Maria Carmone, molti la conoscono, è un’insegnante ora in pensione, di religione prima, di metodologie operative poi, fervente credenti che ha vissuto e continua a vivere la propria fede all’interno della chiesa, con un impegno specifico con la comunità dei Servi della sofferenza, istituiti a San Giorgio Jonico da don Pierino Galeone, come lei devoto di san Pio da Pietrelcina, del quale è stato ed è uno dei fautori più assidui e noti.

Quello che stupisce di Maria Carmone è la capacità di ricordare e di affiancare a ogni ricordo un viso, una storia e una sensazione netta, come se avesse avuto con sé, durante lo svolgersi della sua vita, sempre per le mani un diario sul quale andava annotando i nomi,le date, i fatti, più o meno importanti, i luoghi nei quali si svolgevano e poter disporre, così, di un resoconto affidabile e realistico. Ma è evidente che quel diario intimo l’autrice lo porta scritto indelebilmente dentro si sé. A questo proposito scrive sul suo conto il curatore e critico d’arte Nico Carone: “Maria ha sempre posseduto la straordinaria dote di riuscire a raccontare ogni minimo avvenimento, anche il più banale o quotidiano, come se si trattasse di un accadimento straordinario, regalando ai presenti una gustosissima narrazione dove la sapiente scelta degli aggettivi e la dovizia dei dettagli impreziosiscono la storia a trasformarla appunto in qualcosa di splendido”. E poi conclude “…la vita di Maria è davvero splendida, dal momento in cui non solo risulta tale ai suoi occhi, ma grazie alla sua personalissima fabulazione diventa una fantastica avventura nella quale ognuno di noi viene coinvolto, fino a desiderare di farne parte”.

Proprio così, l’autrice cita, nel suo racconto, tutti coloro che ha conosciuto, frequentato, amato, ma anche solo affiancato per un tratto della sua vita: i compagni di scuola, i parenti, i vicini di casa e coinquilini, che nomina a uno a uno, i capi d’istituto con i quali ha lavorato, gli amici della parrocchia, i sacerdoti e, naturalmente, padre Pio che un ruolo determinante e centrale ha nella sua vita e nella sua fede cristiana. Racconta i suoi pellegrinaggi giovanili, i suoi incontri attraverso la sua comunità e don Pierino con il frate santo di Pietrelcina, alla luce del suo insegnamento inanella una serie di esperienze in parrocchia, nei Servi della sofferenza, nelle altre associazioni di volontariato per le quali presta la sua opera. Questo ottimismo della ragione “spirituale” l’accompagna durante la vita e le fa superare i momenti di difficoltà, gli ostacoli che nella vita di ognuno di noi si frappongono sempre alla nostra tranquillità, alle nostre scelte. Il bilancio dei suoi settant’anni, così, è per lei pienamente positivo e vuole essere una sollecitazione e uno stimolo per tutti.

Ma molti sono gli interventi, le testimonianza e le postfazioni che compaiono nel libro o sulla sovraccopertina, a conferma dell’attenzione che il suo scritto ha suscitato ancora prima di andare in stampa per i tipi della Giuseppe Laterza di Bari. Le testimonianze presenti sul libro, che l’autrice dedica ai suoi amati genitori, sono quelle del giudice Augusto Bruschi, che si dichiara “coinvolto d uno scritto di “vita colorata” da Dio e dall’uomo”, di Angelo Conte, suo collega di insegnamento, che firma la prefazione, di Ornella Saracino secondo la quale “è un libro che merita di essere letto in ogni sua sfumatura”.

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Drammi umanitari

Congo, a quando la pace? Le richieste di 107 organizzazioni
della società civile italiana e una lettera al papa

A pochi giorni dalla visita apostolica di Francesco nella Repubblica democratica del Congo e in Sud Sudan dal 31 gennaio al 5 febbraio, si chiede di riportare l’attenzione sul conflitto nell’Est del Paese che dura da 30 anni

Campo profughi nei dintorni di Goma - foto: organizzazioni società civile italiana
26 Gen 2023

di Patrizia Caiffa

Papa Francesco non potrà andare nell’inferno di Goma, nel Nord Kivu, dove arrivano gran parte degli sfollati in fuga dalla violenza di oltre un centinaio di gruppi armati, ma trascorrerà tre giorni a Kinshasa, capitale della Repubblica democratica del Congo. Dopo la posticipazione del viaggio programmato nel 2021, ora è attesissimo nel Paese, afflitto da un conflitto ai danni della popolazione, soprattutto nell’Est, che dura da 30 anni: ha causato almeno 6 milioni di vittime, 5 milioni e mezzo di sfollati interni, 1 milione di rifugiati all’estero, migliaia di bambini soldato, innumerevoli stupri, violenze, saccheggi. Ma nessuno ne parla. Acquisterà visibilità per pochi giorni durante la visita apostolica che si svolgerà dal 31 gennaio al 3 febbraio (dopo, il papa andrà in Sud Sudan fino al 5 febbraio) e poi, molto probabilmente, i riflettori si spegneranno di nuovo. Per cercare di evitare questo rischio e chiedere la pace 107 organizzazioni e reti della società civile italiana hanno organizzato ieri una conferenza stampa a Roma.

La conferenza stampa a Roma – foto: Sir

Una lettera al papa. E proprio in questi giorni hanno inviato una lettera privata a papa Francesco (non è stato diffuso il testo completo)  nella quale vengono spiegate le ragioni delle sofferenze, denunciate le “cause strutturali”  e le responsabilità dell’Occidente, Europa compresa, nell’accaparramento delle risorse naturali tra cui coltan, cobalto, oro, diamanti, petrolio, legno. “La sua venuta è stata lungamente attesa dal popolo congolese, di ogni appartenenza religiosa – è scritto nella lettera -. Perché chi si sente fra i dimenticati della storia, trova un soffio di speranza presso chi gli si fa prossimo. Perché, attraverso di lei, il mondo potrà alfine guardare alla sofferenza senza fine di questo popolo, soprattutto all’est, e mettere in atto strumenti che sanzionino gli aggressori e scoraggino la guerra”.

 

Campo profughi nei dintorni di Goma – foto: organizzazioni società civile italiana

Le richieste delle 107 organizzazioni. Le 107 organizzazioni – tra cui Libera, Associazione Comunità papa Giovanni XXII, Stop the war now, Tavola della pace, Cipsi, Caritas diocesane, parrocchie e missionari  –  chiedono che vi sia una smobilitazione e smilitarizzazione della Regione del Nord e Sud Kivu: togliendo terreno al Movimento M23 e agli oltre 100 gruppi ribelli presenti nell’area con la realizzazione di un programma concreto di disarmo, smobilitazione e la reintegrazione dei combattenti nella società civile.

Si chiede all’Unione europea di ripristinare e revisionare il Regolamento (Eu) 2017/821, entrato in vigore il 1 gennaio 2021, estendendolo al cobalto e rendendo concreta l’applicazione della legge sulla tracciabilità dei minerali, uno strumento concreto per bloccare l’uso di minerali che provengono da aree di conflitto. E di dare seguito a quanto indicato dal Rapporto Onu del Progetto Mapping relativo alle violazioni più gravi dei diritti dell’uomo e del diritto internazionale umanitario commesse tra marzo 1993 e giugno 2003 sul territorio della Repubblica Democratica del Congo, nel quale vengono anche indicati i responsabili. Nel rapporto Onu viene suggerita una roadmap per l’uscita dal conflitto e proposta l’istituzione di un Tribunale penale internazionale, oltre alla creazione di una Commissione verità e riconciliazione. Secondo don Tonio Dell’Olio, presidente della Pro Civitate Christiana di Assisi, “il papa è oggi la vera scorta mediatica della R.D. Congo”. “Speriamo che l’attenzione non svanisca con la visita – ha sottolineato – perché tutti conosciamo le ragioni per cui lì si muore. Il Congo è condannato dalle sue ricchezze, da chi vuole mettere mano sulle sue risorse. Sappiamo come le terre rare, il sottosuolo, siano oggi importanti per la tecnologia”.

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Un appello a Ong e missionari perché accolgano i bambini soldato è stato lanciato da padre Giovanni Piumatti, missionario fidei donum della diocesi di Pinerolo che ha vissuto 50 anni in due villaggi del Nord Kivu nella Repubblica democratica del Congo, insieme ad una piccola comunità di italiani.  “Per 20 anni avevamo i gruppi armati ribelli che occupavano i due villaggi, nelle loro fila ci sono moltissimi ragazzi anche minorenni – ha raccontato -. Oggi centinaia e migliaia di ragazzi vorrebbero uscirne ma non c’è nessuna struttura di accoglienza che possa accoglierli. Sono fuggiti dai loro villaggi per qualche piccola malefatta e tornarci è difficile”. Il missionario ha chiesto a Ong e missionari – “penso anche ai salesiani che per carisma lavorano con i giovani” – di “prendere con sé 30/40 ragazzi. Sarebbe un primo segnale per la pace e toglierebbe la manovalanza ai gruppi armati”.

Una donna violentata e uccisa a Rutshuru (vicino a Goma) – foto: organizzazioni società civile

L’istituzione di un Tribunale penale internazionale per la R.D. Congo “per rispettare la dignità della nostra umanità”: è la richiesta di Pierre Kabeza, ex sindacalista e difensore dei diritti dei bambini nel suo Paese e rifugiato in Italia, come già ribadito nel Rapporto Mapping, nel quale vengono descritti 617 crimini commessi durante il conflitto. Gli esperti dell’Onu hanno consultato più di 1.500 documenti, interrogato più di 1.280 testimoni e 200 rappresentanti di ong e concluso che “gli autori dei crimini sono i gruppi ribelli congolesi e stranieri, le forze armate congolesi, ugandesi, burundesi, angolane, ruandesi, ciadiane e dello Zimbabwe” ma “tanti autori intellettuali di questi crimini sono diventati capi e quindi intoccabili”. Una guerra “legata al saccheggio dei minerali è un servizio alle multinazionali delle grandi potenze – ha detto – per questo i grandi del mondo hanno chiuso gli occhi. Mantenere il Congo nel caos è un vero business internazionale”.

Kabeza ha ricordato che Denis Mukwege, il medico premio Nobel per la pace, si sta mobilitando per la giustizia internazionale sui crimini in Congo, con il sostegno della Chiesa cattolica congolese, della Chiesa protestante e di tante associazioni e movimenti della gioventù congolesi.

Attacco di due missili contro due aerei da rifornimento FARDC (esercito del Congo) – foto: organizzazioni società civile

“Il Congo è ricco da morire ma i congolesi stanno morendo per le loro ricchezze. Non c’è un Paese più benedetto del Congo ma sembra che queste ricchezze siano diventate una maledizione”, ha affermato John Mpaliza, attivista per i diritti umani, ricordando che la R.D. Congo “è una cassaforte di coltan, cobalto, rame, legno e altre risorse. Potrebbe essere un paradiso terrestre ma per la popolazione è un inferno”. “Il silenzio e l’embargo di notizie su questo conflitto sono la conseguenza diretta dell’ipocrisia e della responsabilità della comunità internazionale nell’accaparramento iniquo delle risorse minerarie del Kivu. Questo silenzio conviene a tutti coloro che hanno interesse in Congo: Usa, Europa, Cina, vicini come il Rwanda e Uganda”. Micheline Mwendike Kamate, scrittrice e attivista del movimento congolese “Lucha”, nata e cresciuta durante il conflitto, ha invece ribadito: “La guerra perde sempre. Io ho scelto la non violenza perché, dopo tanti anni, ci si rende conto che la guerra consuma tutte le rivendicazioni iniziali e rimane solo tanta sofferenza, da tutte le parti”.

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Viaggio apostolico

Tra guerra e fame: Francesco torna per la quinta volta in Africa

26 Gen 2023

di Simonetta Venturin

Il papa torna per la quinta volta in Africa: dal 31 gennaio al 5 febbraio visita infatti la Repubblica democratica del Congo e il Sud Sudan, recuperando un viaggio previsto per luglio e rinviato per le necessarie cure al ginocchio. Il viaggio lo porta in due paesi da tempo stretti nella duplice morsa di guerra e fame: mentre i potenti – o i gruppi che rappresentano forze di potere avverse – si attaccano, la popolazione subisce e soffre.
Repubblica democratica del Congo e Sud Sudan sono da decenni teatro di scontri. Nel primo, fare il guerrigliero è diventato un mestiere, il che significa che il conflitto è connaturato allo status vigente: sono oltre 120 i gruppi armati e le milizie pronte a servire chi li paga. A ciò si aggiungono le tensioni anche con i paesi stranieri – uno tra tutti la Cina -, per il possesso delle ricchezze minerarie (oro e diamanti) come della foresta equatoriale (terreni e legno), la seconda più grande al mondo dopo quella amazzonica. E dove ci sono interessi e ricchezze da spartire, senza uno stato forte che le preservi mettendo al centro la propria gente e non la cassaforte, la pace è in pericolo non meno della vita della popolazione. Lo sa l’Italia, che il 22 febbraio di due anni fa vide colpire a morte il giovane ambasciatore Luca Attanasio. Lo sanno i cristiani dell’area a nordest del paese, sgraditi alle forze simpatizzanti dell’Isis: solo due settimane fa, in un attentato avvenuto in una chiesa, si sono avuti 17 morti e una quarantina di feriti gravi.
Il Sud Sudan è un giovane stato, nato nel 2011 dopo una guerra quasi trentennale per l’indipendenza dal Sudan. Ma la pace non è ancora di casa e il paese è teatro di un conflitto interno interetnico: da una parte i fedeli all’ex presidente di etnia nuer, dall’altra quelli fedeli al presidente in carica di etnia dinka. Nel mezzo la popolazione stremata da un perenne stato di conflitto e povertà estrema.
Date la situazione non stupisce che da entrambi la gente scappi: vi sono sfollati interni, verso zone meno colpite dalla violenza, e vi sono esodi verso le nazioni vicine alla ricerca di una possibilità di vita. In Sud Sudan è sfollato un terzo della popolazione, per il Congo l’Onu parla di sei milioni di sfollati interni, oltre a costanti flussi dal nord est verso l’Uganda.
Non basta: su entrambi la fame è più che un rischio temuto. Il Cesvi (organizzazione umanitaria italiana laica e indipendente, fondata a Bergamo nel 1985) attraverso l’Indice globale della fame ha stilato la classifica dei paesi dove la situazione è oggi allarmante. Ai primi cinque posti ci sono: Yemen, Repubblica centrafricana, Madagascar, Repubblica democratica del Congo e Ciad. Il Sud Sudan non è distante dal podio. Lo stesso studio constata come la fame sia sempre più presente nel mondo, complici le guerre, il cambiamento climatico, l’aumento del costo degli alimenti.
Il legame guerra e fame è confermato dalle statistiche: il 70% delle persone che nel mondo soffre fame e malnutrizione vive in paesi in guerra. Nel 2021 le persone malnutrite erano 828 milioni (50 milioni in più rispetto al 2020, 150 milioni in più rispetto agli anni pre pandemia).
Guerra e pace è allora un binomio che vive solo sulla copertina di un romanzo di Tolstoj, mentre sulla terra è la fame la compagna del primo termine, quella guerra che l’autore – pur ammettendola come male necessario nel quale però “non trastullarsi come bambini” – definì convintamente come “la cosa più abominevole della vita”.

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Libri

Ciò che non muore mai: il racconto autobiografico di Takashi Paolo Nagai

26 Gen 2023

Ciò che non muore mai è l’appassionante racconto autobiografico che Takashi Paolo Nagai ci offre della sua vita, dall’infanzia fino allo scoppio della bomba atomica di Nagasaki.
Nota dominante del suo cammino di uomo è la ricerca inesausta di verità e di significato che non gli dà tregua fino all’incontro con la comunità cristiana di Urakami e con la donna che diventerà sua moglie, Midori Marina. Quando il suo cuore si apre alla fede, matura in lui il desiderio di dedicarsi totalmente al servizio degli uomini attraverso la professione di medico e di scienziato, ma qualcosa di definitivo sembra sempre mancare.
Nel giorno in cui la bomba atomica riduce in cenere il frutto del suo lavoro, Nagai comprende il valore della testimonianza della moglie Midori, che aveva sempre vissuto nell’umiltà e nel silenzio il suo sì a “Ciò che non muore mai”, Cristo, l’unica Presenza in grado di dare eternità alla storia.
 
Il cammino di un uomo vero, un’esistenza instancabilmente vissuta dove ogni avvenimento diventa occasione di stupore e di conversione.
 
 
CIÒ CHE NON MUORE MAI, Edizioni San Paolo 2023, pp. 380, euro 19,00

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Sport

Superlega, la Prisma affida le speranze di riscatto a Ibrahim Lawani

26 Gen 2023

di Paolo Arrivo

Un passo indietro. E uno in avanti, orientato al futuro: la Prisma che è uscita sconfitta dalla trasferta di Padova, con un secco e preoccupante 3-0, affida le speranze di riscatto a Ibrahim Lawani, utile al prosieguo della regular season. Il nuovo acquisto voluto dal presidente Bongiovanni è un giocatore giovane quanto maturo. Classe 2001, alto 198 centimetri, l’opposto proviene dal Paris Volley, una delle squadre più blasonate dalla Ligue A in Francia. Si unirà al reparto degli schiacciatori di posto 2 insieme a Tommaso Stefani.

Il percorso di Ibrahim Lawani

L’atleta nato a Vitry-sur-Seine è alla sua prima esperienza ufficiale nel Belpaese. Aveva fatto uno stage di prova a Milano con l’Allianz, nel 2020, per poi fare ritorno a Parigi. Lascia una squadra che naviga a metà classifica. Sceglie di disputare il campionato più bello del mondo, e il più difficile, a costo di veder ridimensionate le proprie ambizioni. Almeno nel confronto con le squadre di club. Con la nazionale transalpina, infatti, può togliersi soddisfazioni, che ha già avuto: vincitore di una Coupe de France con la squadra di Parigi, nel suo palmarès c’è un argento conquistato con il gruppo Under 22 allo scorso campionato europeo, la partecipazione ai Giochi del Mediterraneo 2022.

UNA SPINTA IN PIÙ PER L’ARRAMPICATA IN SUPERLEGA – La vittoria di Siena, che in risalita ha conquistato sei punti nelle ultime due partite, ha complicato il cammino della Gioiella Prisma. Il vantaggio sul fanalino di coda si è infatti ridotto a solo un punto – Padova poi, l’altro avversario per la salvezza, ha vinto entrambi gli scontri diretti sulla formazione allenata da Vincenzo Di Pinto. Ecco che l’acquisto del francese può rivelarsi la mossa giusta. Per vincere serve qualcuno che sia capace di mettere a terra palloni, di fare punti nei momenti chiave della partita. Ibrahim Lawani è uno di questi: gioca da quasi dieci anni a pallavolo, negli ultimi 4 ha deciso di dedicarsi al ruolo di opposto per spingersi nei fondamentali di attacco e servizio.

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Salute

L’Europa apre le porte delle nostre cucine a grilli e larve di vermi

foto Ansa/Sir
26 Gen 2023

L’Europa apre le porte delle nostre cucine a grilli e larve di vermi. La notizia può sorprendere ma sono anni in realtà che la ricerca e l’industria stanno lavorando per trarre vantaggi per l’economia globale e per l’ambiente da alcune specie. Per quanto riguarda l’alimentazione, dal 24 gennaio è possibile acquistare nei Paesi dell’Unione la farina parzialmente sgrassata di Acheta domesticus, vale a dire il grillo domestico. Da domani invece entrerà anche in vigore il regolamento che autorizza la commercializzazione delle larve di Alphitobius diaperinus, il verme della farina minore, congelate, in pasta, essiccate o in polvere. L’apertura alla commercializzazione a scopo alimentare però è solo il passo successivo a un percorso iniziato con l’entrata in vigore nel 2018 del regolamento Ue sui “novel food”, che permette di riconoscere gli insetti interi come nuovi alimenti. In particolare sulla polvere di grillo, l’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, si è espressa rilasciando un parere scientifico lo scorso 23 marzo. Per il professor Emanuele Mazzoni, entomologo nel Dipartimento di scienze e produzioni vegetali sostenibili dell’Università Cattolica Sacro Cuore, “la ricerca e alcune applicazioni industriali stanno precorrendo i tempi” e la legislazione dovrà adeguarsi.

Professore che vantaggi provengono dal consumo di grilli o altri insetti?
La situazione è ancora in divenire. Ci sono aspetti tecnici, legislativi e commerciali da considerare. La legislazione è ancora stretta. Alcuni insetti rientrano nella legislazione europea dei cosiddetti “novel food”. C’è un più ampio margine di manovra per l’uso degli insetti per l’alimentazione degli animali d’allevamento.  Al momento la regolamentazione europea è stretta sul tipo di substrato per allevare gli insetti, che può essere di origine vegetale o materiale di scarto che comprenda prodotti di tipo caseario. Non sono ammessi per esempio residui di carne né il letame. Nel mondo della ricerca viene molto considerata la Hermetia illucens, la cosiddetta mosca soldato nero, da cui è possibile estrarre proteine e grassi per il biodiesel. Le larve vive di questi insetti possono essere usate per alimentare pesci, polli e suini.

Ma mangiare insetti è sicuro?
Un lavoro dell’Efsa del 2015 ha evidenziato che per molti aspetti dovevano prevalere delle norme precauzionali perché non c’erano abbastanza dati e non perché gli animali siano intrinsecamente dannosi. Le allergie sono rare. Alcuni di questi insetti, come la stessa Hermetia, hanno la capacità di demolire le micotossine eventualmente presenti nel materiale di substrato ma possono però accumulare metalli pesanti, il che non è positivo.

Il rischio che siano contaminati con patogeni esiste?
C’è il rischio potenziale per alcune specie di essere contaminate da batteri patogeni ma questo dipende dalle condizioni igieniche d’allevamento. L’aspetto che non viene molto considerato è che gli insetti sono stati assimilati ad animali d’allevamento, secondo un regolamento CE 1069/2009. Questo fa scattare in maniera automatica le norme sull’allevamento degli animali per cui l’aspetto interessante è che a certi insetti teoricamente possiamo dare da mangiare quasi tutto, per ottenere grassi e proteine, ma in realtà non possiamo farlo perché ciò che è scarto e soprattutto “rifiuto” non rientra nella normativa dei mangimi. A questo punto se devo produrre mangimi per l’insetto conviene produrre mangimi direttamente per il pollo e la mucca. È inutile inserire un passaggio intermedio. La legislazione dovrà adeguarsi. La ricerca e alcune applicazioni industriali stanno precorrendo i tempi. Ci muoviamo in un vuoto legislativo che andrà colmato.

La ricerca e l’economia circolare puntano molto sull’uso degli insetti in futuro?
Sì. Specie l’allevamento di Hermetia lo vedo come uno strumento che può permetterci di ottenere dei vantaggi o recuperare sostanze preziose. Allevando questa specie per esempio sulla frazione umida dei rifiuti solidi urbani si ottiene una riduzione di volume del 70% -80%. Se si considerano i costi di smaltimento a carico delle municipalizzate per mandare in discarica queste sostanze si può capire il vantaggio. Lo scorso novembre alla Accademia nazionale italiana di entomologia si è parlato su questi aspetti. Tutto quello che pensiamo di lasciare in giro il più a lungo possibile è un beneficio. Come per esempio convertire certi substrati che dovrebbero finire in discarica in grassi per fare del biodiesel.

Ma a suo avviso ce ne era davvero bisogno?

Stiamo sfruttando il Pianeta in maniera esagerata con sprechi enormi in alcune aree e carenze alimentari in altre. Abbiamo bisogno di trovare fonti di cibo più sostenibili che ci consentano di ottenere di più con meno. Gli insetti potrebbero essere una di queste alternative. Le cose andranno studiate meglio. Nonostante ci siano molte ricerche credo che dobbiamo ancora capire molte cose, in particolare i bilanci del sistema. In generale dobbiamo pensare di non sfruttare il Pianeta oltre le capacità e dovremmo fare una ridistribuzione etica delle risorse.

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Eventi a Taranto e provincia

Premio Giorgio Di Ponzio – Diffusori di bellezza: la premiazione sabato 25 febbraio al teatro Orfeo

26 Gen 2023

È stata ufficialmente presentata la terza edizione del premio Giorgio Di Ponzio – Diffusori di bellezza. L’evento, organizzato dall’associazione Giorgio Forever, in collaborazione con Giustizia per Taranto, è stato illustrato da Carla Luccarelli, madre del piccolo Giorgio, Mino Palmisano della stessa associazione e Adriano Di Giorgio che presenterà la serata.

La terza edizione del premio “Giorgio Di Ponzio – Diffusori di bellezza”, che giunge a quattro anni di distanza dalla scomparsa del piccolo Giorgio, si terrà sabato 25 febbraio al teatro Orfeo di Taranto, con inizio alle ore 17.30.

Nel corso della serata, saranno premiati in base alle segnalazioni che giungeranno via mail a partire dalla data del 26 gennaio 2023, sino al prossimo 10 febbraio, coloro che attraverso le loro storie abbiano regalato emozioni di notevole importanza sociale. Le candidature sono aperte a tutti, dal cittadino comune all’imprenditore che attraverso la loro attività hanno compiuto un gesto di particolare rilevanza comune. Per votare basta scrivere una mail all’indirizzo: ufficiostampagiorgiofoverever@gmail.com

“Siamo felici di essere qui, riceviamo sempre valanghe di storie che ci fanno commuovere. Tutto il percorso dalla mail, alla consegna del premio è toccante. Molte persone sentono di non meritare il premio, perché non pensano di meritarlo. Il loro gesto è del tutto naturale. Portiamo avanti questo premio con determinazione, proprio perché segue quelle che erano le azioni di Giorgio” ha dichiarato Carla Luccarelli.

Adriano De Giorgio ha dichiarato: “Sono onorato di partecipare a questo evento perché nasce dal ricordo di un giovane. Dai giovani deve ripartire questa città. Bisogna fare qualcosa per dare risalto ai ragazzi. È bello che questo sia un premio che nasce dalle segnalazioni della gente. Saranno premiati coloro che hanno compiuto gesti di valore che non sono stati pubblicizzati. L’evento si terrà in contemporanea con uno spettacolo di Marco Bocci che prenderà parte ad un momento della premiazione. Quest’anno si terrà nel foyer dell’Orfeo, l’anno prossimo invece si svolgerà all’interno del teatro con uno spettacolo”.

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Ecclesia

Papa Francesco: “L’omosessualità non è un crimine”

foto Sir/Marco Calvarese
26 Gen 2023

L’omosessualità “non è un crimine”, ma una “condizione umana”. Lo dichiara il Papa, in un’intervista rilasciata all’Associated press (Ap), in cui ricorda che “siamo tutti figli di Dio e Dio ci vuole così come siamo e con la forza che ognuno di noi combatte per la propria dignità”. “Essere omosessuali non è un crimine”, afferma Francesco esortando a distinguere “tra peccato e crimine”: “È peccato anche mancare di carità gli uni verso gli altri”. “Credo che ci siano più di 50 Paesi che hanno una condanna legale e di questi credo che una decina, un po’ più o meno, abbiano la pena di morte”, sottolinea il papa definendo “ingiuste” le leggi che criminalizzano l’omosessualità: “Non lo nominano direttamente, ma dicono ‘coloro che hanno atteggiamenti innaturali’”. Bergoglio cita inoltre il catechismo della Chiesa cattolica, che afferma “che le persone con tendenze omosessuali devono essere accolte, non emarginate, accompagnate se viene dato loro un posto. Anche il più grande assassino, il più grande peccatore non dovrebbero essere discriminati. Ogni uomo e ogni donna deve avere una finestra nella propria vita dove poter rivolgere la propria speranza e dove poter vedere la dignità di Dio”.

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Consiglio permanente Cei

Cei: “Nutriamo preoccupazione per la sanità pubblica che sta scivolando verso una sanità di élite”

ph G. Leva
26 Gen 2023

di Filippo Passantino

“Grande preoccupazione” è stata espressa riguardo alla sanità pubblica, che “sta scivolando verso una sanità di élite che rischia di lasciare indietro chi non ha possibilità economiche e dunque è costretto a non curarsi”. L’hanno espressa i vescovi riuniti nel Consiglio permanente della Cei, che si è riunito a Roma dal 23 al 25 gennaio, come riportato dal comunicato finale. “Allo stesso tempo, è stato rilevato il pericolo di un nuovo assistenzialismo che sembra tamponare le emergenze, ma che non risolve i problemi alla radice”. Soffermandosi sul divario tra Nord e Sud, visibile non solo in campo sanitario, i presuli hanno ribadito che “si accentua in relazione al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), uno strumento che richiede una grande capacità progettuale e che fatica, pertanto, ad essere a servizio di tutti, soprattutto delle regioni del Mezzogiorno”. Nel guardare alla situazione del Paese, accanto agli aspetti positivi di alcuni recenti provvedimenti legislativi, i vescovi hanno evidenziato la persistenza di vecchie e nuove povertà. Riprendendo le parole del cardinale presidente, i vescovi hanno sottolineato che “il fenomeno migratorio va compreso e trattato con responsabilità e umanesimo perché ‘è una realtà del nostro mondo globale, da non gestire con paura e come un’emergenza, ma come un’opportunità’”. “Nel contesto sociopolitico, la creatività della Chiesa può diventare una chance per l’intero Paese grazie alla capacità di generare non solo la partecipazione ecclesiale, ma anche quella democratica”. Per il Consiglio permanente è fondamentale, a questo proposito, il rilancio del laicato, sia nella sua forma associata che in quella non aggregata, e la valorizzazione dei corpi intermedi. “L’esigenza di una Chiesa aperta, coraggiosa e quindi profetica non può prescindere da un percorso di conversione che permetta di approfondire la vita evangelica e appagare così il desiderio di un’autentica spiritualità. La riduzione della frequenza alla Messa domenicale diventa allora un’esortazione a riflettere sulla liturgia, l’iniziazione cristiana e alcune proposte catechetiche ormai poco funzionali. Anche in questo ambito la creatività si presenta come un ottimo viatico, specialmente se arricchita dalla dimensione della sinodalità”.

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Solidarietà

Dall’Ucraina a Roma: persone disabili in fuga dalle bombe accolte al Don Guanella

foto Sir/Marco Calvarese
25 Gen 2023

La differenze che contraddistinguono la vita di ogni giorno, si acuiscono quando ci si trova in situazioni gravi come la guerra che sta affliggendo l’Ucraina, dove sotto le bombe e gli attacchi delle forze russe, ci sono anche persone disabili o con gravi problematiche sanitarie. Abbiamo ancora sotto gli occhi le prime immagini di gente in fuga da Kyiv, Zaporizhzhia ed altre località martoriate, con i militari che aiutano delle persone in carrozzina a guadare il fiume, dopo che i militari di Putin hanno fatto saltare in aria un ponte. “Siamo scappati dall’Ucraina il 20 marzo ed arrivati in Italia il 4 aprile. La nostra città è sotto occupazione ed è distrutta, la nostra casa ha avuto molti danni e non sappiamo se potrà essere risistemata o demolita”.

foto Sir/Marco Calvarese

Sono queste le parole di Margherita, mamma di Maxim, 44enne disabile che si muove su una carrozzina, fuggita da Sjevjerodonec’k nell’oblast di Luhans’k, che dopo essere stata immediatamente accolta nei centri messi a disposizione dal Suam-Sportello unico per l’accoglienza migranti di Roma Capitale, ora si trova assieme ad altri 37 ucraini con disabilità e problematiche sanitarie in fuga dalla guerra, nella struttura dell’Opera Don Guanella a Passoscuro. “Un’accoglienza che ci ha aperto gli occhi su storie vere e proprie che, ascoltate in tv, sembrano quasi un film, in realtà qui ci sono persone che hanno vissuto davvero la guerra e ancora vivono tuttora questa situazione che resta una storia bella e toccante”.

foto Sir/Marco Calvarese

Dichiara Francesco Cannella, direttore del centro Casa San Giuseppe dell’Opera don Guanella, che dopo aver ricevuto anche il parere positivo degli ospiti abituali dell’opera della struttura, si dichiara orgoglioso di poter mettere a disposizione dell’emergenza un apparato che si occupa quotidianamente di 400 persone con disabilità, tra le quali anche bambini e ragazzi dagli 0 ai 12 anni con disabilità intellettiva. “Mi trovo molto bene, anche se l’estate è stata molto calda. Se riuscirò a convivere con il clima italiano, potrei restare in Italia perché la mia città non è più vivibile. A mio figlio Maxim piace molto l’Italia e Roma con tutta la sua storia”. Prosegue Margherita che, per il momento, ha potuto vedere Roma solo attraverso il finestrino del pulmino con il quale il personale ed i volontari cha aiutano l’Opera Don Guanella, accompagnano quotidianamente le persone da Passoscuro a Roma per effettuare visite e terapie varie, tra le quali anche quelle per bambini malati oncologici al Bambino Gesù.

“Il Centro Don Guanella è uno di quelli fortemente voluto, perché come loro esperienza lavorativa con persone con disabilità, potevano meglio rispondere all’esigenza venuta fuori”,

foto Sir/Marco Calvarese

sono le parole di Rosa Aquilina, assistente sociale e posizione organizzativa nell’Ufficio di coordinamento tecnico amministrativo servizi inclusione sociale del Dipartimento politiche sociali di Roma Capitale, che racconta il progetto “Tutto il mondo è Paese”, iniziato a settembre 2022, grazie al quale sono state intercettate strutture del territorio in grado di accogliere al meglio persone con disabilità e problematiche sanitarie. “Le difficoltà vere sono dettate dal fatto che sempre più le problematiche sanitarie incidono sui nostri ospiti che, per problemi economici, erano anni che non facevano visite mediche che si sono accumulate e quindi necessitano di attività sanitaria”,

foto Sir/Marco Calvarese

racconta Raffaele Apreda, direttore amministrativo del centro di riabilitazione Opera don Guanella di Roma e responsabile del progetto di accoglienza degli ucraini a Passoscuro. Nella struttura estiva dell’Opera Don Guanella quotidianamente un dottore effettua controlli di medicina di base, ma le attività non si limitano a questo, infatti è previsto un servizio di mensa, inoltre ci sono ragazzi che frequentano regolarmente le scuole elementari e superiori, un altro segue gli studi direttamente in una scuola in Ucraina attraverso la didattica a distanza ed è anche previsto un corso di italiano, accompagnamento nell’esecuzioni dei compiti scolastici e attività ludico ricreativa per i bambini più piccoli.

“Roma continuerà ad offrire il proprio sostegno a queste persone fino a quando non potranno ritornare, se vorranno ritornare a casa, altrimenti saremo a loro disposizione per supportarli in tutti i passaggi per il loro futuro”, prosegue Rosa Aquilina, orgogliosa dei tanti progetti e sportelli creati per un’assistenza a 360 gradi delle persone con supporto psicologico, legale, scolastico, linguistico, in particolare questo destinato alle persone più bisognose tra chi ha bisogno, finanziato grazie ai fondi che il Ministero dell’Interno mette a disposizione del circuito Sai-Sistema accoglienza ed integrazione, dedicato a richiedenti e titolari di protezione internazionale, quindi anche della popolazione ucraina. Il rumore del mare vicino, il giardino, i giochi e tutte le attenzioni e cure però non riescono a cancellare la malinconia dallo sguardo di quelle persone che non riescono e non vogliono smettere di pensare alla loro martoriata Ucraina, come non manca di ripetere Papa Francesco in ogni occasione, e si capisce anche dalle ultime parole di Margherita prima di salutarci, “Ho due nipoti, figli di mia sorella, ed uno dei due è militare ed è impegnato in guerra in questo momento. Sono molto preoccupata ed ogni giorno la prima cosa che faccio quando mi alzo è una preghiera per lui”.

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Messaggio del Santo padre

È necessario che il nostro cuore “parli”

È una delle direttrici che meglio contraddistingue il Messaggio di papa Francesco per 57ma Giornata mondiale comunicazioni sociali, diffuso come di consueto il 24 gennaio, nella memoria di San Francesco di Sales

foto Siciliani Gennari-Sir
25 Gen 2023

di Massimiliano Padula

Un invito a comunicare con un cuore cordiale e, nello stesso tempo, importanti riferimenti teologico-magisteriali come quelli al papa emerito recentemente tornato al Padre e a San Francesco di Sales, patrono dei comunicatori. Sono alcune delle direttrici che meglio contraddistinguono il messaggio di papa Francesco per 57ma Giornata mondiale comunicazioni sociali, diffuso dalla sala stampa della Santa Sede come di consueto oggi 24 gennaio, nella memoria di San Francesco di Sales.
Il documento sembra completare la personale trilogia del Papa che indaga il nesso tra comunicazione e cuore. Perché dopo che “va e che vede” (Messaggio del 2021) e dopo che “ascolta” (Messaggio del 2022), è necessario che il nostro cuore “parli”, ovvero sia capace di “entrare nella dinamica del dialogo e della condivisione, che è appunto quella del comunicare cordialmente”. Il papa cita San Paolo agli Efesini, ma un altro rimando è alla Lettera ai Filippesi in cui l’apostolo scrive che “tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri”. Come tutti i precedenti, infatti, anche il messaggio di quest’anno si propone come un manifesto universale. Non si rivolge esclusivamente agli operatori della comunicazione, ma a tutti i cristiani (e non solo) chiamati “a cercare e a dire la verità e a farlo con carità”. Parole che ricordano le encicliche di Benedetto Deus caritas est e Caritas in Veritate, cornici privilegiate per esplorare una comunicazione non appiattita su artifici e strategie di marketing, ma capace di diventare “riflesso dell’animo, la superficie visibile di un nucleo d’amore invisibile agli occhi”. E che riflette anche gli scritti e il pensiero di due santi come John Henry Newman e San Francesco di Sales. Per il teologo inglese “basta amare bene per dire bene”, per il vescovo ginevrino è “nel cuore e attraverso esso che l’uomo riconosce Dio”.  In particolare, il Santo dottore della Chiesa (a cui il papa ha dedicato nel 2022 la lettera apostolica Totum amoris est per celebrare 400 anni dalla sua morte) diventa un ispiratore privilegiato per l’agire comunicativo al tempo della cultura digitale. Una cultura che deve anzitutto essere capita e poi vissuta non come un insieme di strumenti asettici, ma soprattutto come una proiezione della bellezza della nostra umanità. Che, per coloro che comunicano professionalmente, significa “ricercare e raccontare la verità con coraggio e libertà, respingendo la tentazione di usare espressioni eclatanti e aggressive”. È questa la prima attualizzazione del messaggio che allarga la propria riflessione a altre due istanze ecclesiali e sociali del tempo presente. La prima è il processo sinodale che necessita di “un ascolto senza pregiudizi, attento e disponibile che nasce da “un parlare secondo lo stile di Dio, nutrito di vicinanza, compassione e tenerezza”. L’altra è la pace che, per essere realizzata, deve “affermare una comunicazione non ostile” che rifiuta “ogni retorica bellicistica e propagandistica che manipola la verità, deturpandola per finalità ideologiche”.

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Teatro

La bisbetica domata: sabato 28 gennaio, all’auditorium TaTÀ, apre il cartellone “Periferie”

25 Gen 2023

Una storia che avrebbe potuto essere una favola. Per il cartellone “Periferie”, rassegna di teatro, sabato 28 gennaio, alle ore 21 all’auditorium TaTÀ di Taranto, in via Deledda ai Tamburi, in scena “La bisbetica domata” di William Shakespeare, traduzione e adattamento Francesco Niccolini, regia Tonio De Nitto, con Dario Cadei, Ippolito Chiarello, Angela De Gaetano, Franco Ferrante, Antonio Guadalupi, Filippo Paolasini, Luca Pastore, Fabio Tinella, musiche Paolo Coletta, scene e realizzazione pittorica Roberta Dori Puddu, costumi Lapi Lou, luci Davide Arsenio, produzione Factory Compagnia Transadriatica.

Durata 95’. Biglietto 12 euro, ridotto 10 euro (under 30 e over 65).

Info e prenotazioni ai numeri 099.4725780 – 366.3473430 (anche whatsapp).

 

La storia di Caterina, di sua sorella Bianca e di un intero villaggio che ha ferito e svenduto un bene prezioso. Caterina l’inadeguata, la non allineata, è la pazza per questo villaggio. Dietro di lei, spigolosa ma pura e vera, un mondo di mercimoni, di padri calcolatori, di figlie in vendita, di capricci lontani dall’amore, di burattinai e burattini non destinati a vivere l’amore, ma a contrattualizzarlo. Tuttavia Caterina non sta a questo gioco e come in una fiaba aspetta, pur non mostrando di volerlo, un liberatore, un nuovo inizio che suo malgrado potrà costarle molto più di quanto immagini. Ed ecco che la commedia si fa favola nera, grottesca.

«Da un lato della scena si ride, ci si traveste, ci si manda bacini e dichiarazione d’amore, dall’altro si esercita la violenza, a livelli da incubo. Caterina non può mangiare, non può dormire, i vestiti le vengono strappati di dosso, la luna diventa il sole e gli uomini scambiati per donne. E il peggio accade quando la porta si chiude e noi non vediamo e non sentiamo più. Potrebbe essere un film dell’orrore, di quelli che portano la moglie alla camicia di forza. Ma se di norma al cinema, all’ultimo istante, arriva un principe azzurro che ti salva appena in tempo, qui non arriva nessuno, e Caterina piega la testa… Ma di Caterina, quella ragazza tutto pepe e rivolta, che sognava di innamorarsi, un marito, un matrimonio e una vita sua, non c’è più traccia. Obbligata all’umiliazione totale, tutti le voltano le spalle: cosa la attende tra le mura di casa Petruccio, è un problema solo suo, ormai. Noi qui, dall’altro lato della scena, possiamo fingere di essere felici», annota il drammaturgo aretino Francesco Niccolini, che, dopo “Romeo e Giulietta” (2012) e “Il Misantropo” (2018), ha curato la traduzione e l’adattamento anche di questa produzione Factory (2015).

Una lettura corale per rinnovare e riattivare l’universo scespiriano dove destino e sentimento si mescolano, le pene amorose e i meccanismi della sorte si materializzano sul palcoscenico come fossero attori imprevedibili e capricciosi. Così, il piacere di giocare con il teatro rende il pubblico complice degli equivoci, dei travestimenti, delle sorprese e dell’ironia che Shakespeare utilizza per accompagnarci nel continuo viaggio tra sogno e veglia, tra teatro e realtà, tra il tragico e il comico.

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