Martina Franca, itinerario biblico comunitario alla Sant’Antonio
23 Gen 2024
di Angelo Diofano
La parrocchia di sant’Antonio, a Martina Franca, (parroco don Mimmo Sergio) ha in corso un itinerario biblico comunitario dal titolo “Proclamando il Vangelo di Dio” (Mc 1,14).
Stasera, martedì 23 gennaio, (per “I martedì culturali a Sant’Antonio”) si parlerà di “Genesi 22 nell’esegesi laica: confronto tra autori”, prendendo spunto dal passo Gn 22, 1, “Rispose: Eccomi”. L’incontro si terrà in due turni: alle ore 17.30 e alle ore 19.30.
Mercoledì 24, dedicato a “In silenzio di fronte al Verbo (”Rimaneva in luoghi deserti”, Mc 1,45) alle ore 19.30 si terrà l’adorazione eucaristica con la possibilità di confessarsi.
Giovedì 25, il tema sarà “La Parola nel vissuto laicale” (“Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti”, Mc 5,28), Maria Teresa Resta, già presidente diocesana di Azione Cattolica a Oria, alle ore 19.30 parlerà su “’Toccare’ l’altro… incontrare Dio”.
Venerdì 26, giornata dedicata a “Parola ed educazione” (“Cominciò ad insegnare, Mc 4,1), alle ore 19.30 presentazione del libro “Che c’entra Gesù con l’educare?” del prof. Francesco Lorusso; dialoga con l’autore mons. Franco Semeraro; introducono Rosa Maria Messia e Cinzia De Bellis. L’incontro è a cura del Presidio del libro di Martina Franca e della sezione cittadina dell’Uciim.
Sabato 27, sul tema “Nella vita della famiglia” (“Si seppe che era in casa”, Mc 2,1), alle ore 17 si terrà la santa messa con le famiglie dei bambini e dei ragazzi del catechismo e dell’Acr; alle ore 20, incontro per i fidanzati che si preparano alla celebrazione del matrimonio.
Domenica 28, su “Sull’esempio dei santi” (“Ma voi chi dite che io sia?, Mc 8,29), alle ore 12 santa messa conclusiva dell’itinerario biblico ricordando San Tommaso d’Aquino; animano i gruppi associativi e di servizio della parrocchia.
La comunità pulsanese, appartenente alla parrocchia S. Maria La Nova, come ogni anno, a partire dal 27 gennaio e fino a domenica 11 febbraio mediterà – attraverso la pia pratica delle 15 visite – sul messaggio della Beata Vergine Maria di Lourdes a Santa Bernadette Soubirous. Povertà, preghiera, penitenza, abbandono filiale alla Vergine e con lei a Dio: questa la sintesi dei dialoghi tra la Madonna e Santa Bernadette.
La pratica delle 15 visite si arricchirà con momenti di preghiera comunitari, volti a portare a compimento l’Anno giubilare, indetto l’11 febbraio 2023 a commemorazione dei 90 anni dall’erezione della grotta votiva all’interno della Chiesa matrice.
Inaugurata l’11 febbraio del 1933 dall’allora arcivescovo di Taranto, mons. Orazio Mazzella, fu voluta ed eretta dal dottor Egidio Delli Ponti, medico pulsanese destinatario di un prodigioso miracolo grazie al quale – per intercessione della Madonna di Lourdes – riacquistò la salute a seguito di un tumore maligno diagnosticato nella regione carotidea.
Un momento di apertura iniziale delle celebrazioni sarà costituito dal pellegrinaggio vicariale, che coinvolgerà le parrocchie dei paesi appartenenti alla vicaria di Pulsano – ovvero Leporano, Lizzano, Faggiano, Torricella e Monacizzo – e che si svolgerà giovedì 25 gennaio.
Nel corso dei 15 giorni in preparazione alla festa della Beata Vergine Maria di Lourdes altri momenti saranno di arricchimento ed edificazione spirituale: il 31 gennaio e il 5 febbraio si svolgerà la liturgia dell’acqua, sabato 10 febbraio si terrà la processione aux flaumbeaux per le vie del paese.
L’11 febbraio 2024 in occasione del 90° anniversario della costruzione della grotta, l’arcivescovo mons. Ciro Miniero presiederà la celebrazione eucaristica e impartirà la benedizione papale a chiusura dell’Anno giubilare.
Concluso il corso di aggiornamento degli insegnanti di religione cattolica
23 Gen 2024
di Paolo Simonetti
Dal 17 al 19 gennaio oltre 120 insegnanti di religione cattolica operanti nelle scuole di ogni ordine e grado dell’arcidiocesi si sono dati appuntamento in seminario, su proposta dell’ufficio diocesano per l’Educazione, scuola, Irc e università, per riprendere l’aggiornamento dopo una lunga pausa dovuta ai motivi dell’emergenza Covid. L’appuntamento annuale è finalizzato a rafforzare l’identità e la consapevolezza della competenza dell’insegnante di religione cattolica per un incisivo servizio educativo e formativo nella scuola italiana.
Sono state giornate molto intense con la presenza di numerosi relatori, tutti qualificati e provenienti dal territorio, che hanno tratteggiato ad ampio raggio gli elementi che caratterizzano il nostro tempo facendo sempre attenzione, da una parte, all’insegnamento di papa Francesco e, dall’altra, ad un linguaggio sempre aderente alle esigenze della scuola e dell’insegnamento di religione cattolica.
Il primo giorno don Cristian Catacchio, direttore dell’ufficio pastorale della Salute e responsabile per la Tutela dei minori, ha illustrato le novità rilevanti inerenti a questo nuovo servizio ecclesiale che è nato per rispondere ai fatti emersi dalla cronaca ma che ha assunto una dimensione pastorale grazie alla cura e alla saggezza pastorale di Benedetto XVI, prima, e di papa Francesco, dopo. È toccato quindi a don Antonio Panico, direttore della sede di Taranto della Lumsa e membro del tavolo di studio sulla custodia del creato all’interno della Conferenza episcopale italiana, presentare l’ultima esortazione di papa Francesco sulla crisi climatica, dal titolo “Laudate deum”. Lo stile sempre chiaro e avvincente del relatore ha permesso di comprendere anche la situazione concreta della città di Taranto in rapporto alla grande industria che vive in questi giorni un’ulteriore instabilità.
La seconda giornata di studio è stata dedicata alla conoscenza delle “soft skills” (cioè le capacità personali in termini di gestione delle relazioni, di creatività, leadership, di soluzione dei problemi) nell’insegnamento della religione cattolica. Mons. Vincenzo Annicchiarico, docente stabile ordinario presso l’Istituto superiore di Scienze religiose “San Giovanni Paolo II”, nel suo intervento, di natura più laboratoriale, ha permesso ai partecipanti di valutare l’oggetto del suo intervento, in rapporto alla sua esperienza di insegnamento.
L’ultimo giorno è stato il turno del prof. Fabio Mancini, docente di pedagogia sociale presso la Lumsa e docente incaricato di filosofia della natura presso la Facoltà teologica pugliese, che, in modo coinvolgente, ha trasformato l’uditorio in un gruppo attivo di ricerca, confronto e elaborazione sulla progettazione didattica.
Particolarmente soddisfatto il direttore dell’ufficio diocesano, mons. Ciro Marcello Alabrese, che ha ricordato il ruolo dell’insegnante di religione cattolica quale “avamposto” educativo della Chiesa nella scuola, non facendo catechesi, ma rispettando lo statuto epistemologico della disciplina. L’insegnamento di religione cattolica può offrire un orientamento che parte proprio dalle competenze religiose che permettono ai cittadini del futuro di vivere consapevolmente e responsabilmente la propria libertà.
I giorni di aggiornamento sono coincisi con la pubblicazione della notizia dell’imminente concorso per gli insegnanti di religione cattolica che, a distanza di venti anni dal primo, segna un ulteriore riconoscimento di questa disciplina per il bene degli studenti italiani.
*dell’équipe dell’ufficio catechistico e insegnante di religione
Con la santa messa solenne presieduta dall’arcivescovo mons. Ciro Miniero si sono conclusi sabato 20 gennaio alla parrocchia San Francesco di Paola i festeggiamenti in onore della Madonna del Miracolo. In una chiesa stracolma di fedeli (presenti anche molti bambini, che hanno partecipato con attenzione e entusiasmo alla celebrazione), mons. Miniero – nell’omelia, prendendo spunto dal Vangelo – ha posto l’accento sulla necessità e dovere di ogni cristiano a impegnarsi a portare l’annuncio del Vangelo, così come avvenuto per i discepoli, proclamando l’amore del Signore per ciascuno, nonostante debolezze e imperfezioni personali.
Mons. Miniero si è anche soffermato sull’importanza della Vergine Maria nella vita del credente in quanto Gesù sotto la croce ce l’ha affidata come madre. È necessario dunque che seguiamo il suo esempio nel fare la volontà di Dio che, ricordiamo,è per il nostro bene, sforzandoci nel cammino di conversione, prendendo ad esempio quanto avvenuto per l’ebreo ateo e razionalista Alfonso Ratisbonne. Ma una conversione vera, concreta non può avvenire – ha concluso l’arcivescovo – senza il perdono: perciò non serve a nulla venire in chiesa a pregare se dopo continuiamo nelle disastrose e avvelenanti liti familiari che spesso sfociano nelle cause in tribunale. A che serve – ha quindi domandato all’assemblea – dimostrare ed essere riconosciuti dal giudice nei nostri diritti se poi perdiamo il fratello?
Al via la XVII Rassegna provinciale del Volontariato e della Solidarietà. Cinque giorni per riflettere sul benessere della collettività con convegni, iniziative degli Ets del territorio e uno spettacolo
23 Gen 2024
Torna la Rassegna provinciale del volontariato e della solidarietà, la principale iniziativa di promozione del volontariato del Centro servizi volontariato della provincia di Taranto Ets.
Francesco Riondino (foto Csv Taranto)
Annunciando l’evento il presidente del Csv Taranto, Francesco Riondino, ha spiegato che «il claim di questa diciassettesima edizione, che rivolge la sua attenzione alle diverse forme di povertà, è “In coro. Il benessere della comunità è responsabilità collettiva”, un invito alla partecipazione attiva rivolto all’intera comunità».
La manifestazione si svilupperà in cinque giornate, dal 26 al 30 gennaio, offrendo così un programma ancora più ampio di iniziative curate dal Terzo settore locale.
Tranne che per l’evento finale in programma al teatro Fusco, epicentro della rassegna sarà ancora la sede del Dipartimento jonico in Sge dell’Università degli studi di Bari, in via Duomo in città vecchia.
Qui la Rassegna inizia venerdì 26 gennaio con la giornata inaugurale che si svilupperà in due momenti: la mattina, dopo l’inaugurazione alle ore 9, l’agenzia “Comunitazione” condurrà “In coro – Dar voce alle idee e alle emozioni”, un laboratorio partecipato rivolto agli studenti e alle studentesse delle scuole superiori di Taranto e provincia.
La giornata proseguirà nel pomeriggio, alle ore 17.30, con “Benessere della comunità. Lavorare insieme per abbattere le disuguaglianze”, una conversazione facilitata da Piero D’Argento, esperto di politiche sociali; l’evento, per cui è previsto l’interpretariato Lis, sarà trasmesso in diretta streaming sui canali YouTube e Facebook del Csv Taranto.
L’incontro sarà aperto dai saluti di mons. Ciro Miniero, arcivescovo di Taranto, Giovanni Di Mauro, delegato del rettore dell’Università degli studi di Bari “A. Moro”, Rinaldo Melucci, presidente Provincia e sindaco di Taranto, Vito Gregorio Colacicco, direttore generale Asl Taranto, e Francesco Riondino, presidente Csv Taranto Ets.
A seguito interverranno Loredana Capone, presidente Consiglio regionale Puglia, Paolo Pardolesi, direttore Dipartimento jonico in Sistemi giuridici ed economici del Mediterraneo – Djsge Uniba, Chiara Tommasini, presidente nazionale CSVnet, e referenti di Ets locali, e Leonardo Becchetti, ordinario di Economia politica e direttore del master Mesci Università di Roma Tor Vergata, fondatore di Next e Gioosto e consigliere del ministero delle Finanze in materia di green bonds nonché presidente del Comitato etico di etica sgr.
Il benessere della comunità al centro di questo importante dibattito che, tra l’altro, consentirà di ascoltare dalla viva voce di Leonardo Becchetti, autore di quasi 500 pubblicazioni, alcune anticipazioni del suo prossimo volume: “Guarire la Democrazia: per un nuovo paradigma politico ed economico” edito per Minimum Fax.
Sempre nella sede universitaria in via Duomo, da sabato 27 a martedì 30 gennaio si svilupperà un articolato programma di attività rivolte non solo alle scuole, ma anche a tutti i cittadini e le cittadine (programma su www.csvtaranto.it e pagina Facebook) curate da oltre trenta enti del terzo settore del territorio.
La XVII Rassegna provinciale del volontariato e della solidarietà si chiuderà nel teatro Fusco, alle ore 19.45 di martedì 30 gennaio con ingresso gratuito, con il reading musicale “Le parole al loro posto” di e con Daniela Morozzi e con le musiche originali di Giuseppe Scarpato: lo spettacolo è stato ideato partendo da una rilettura poetica del “Manifesto per fare bene insieme” e, attraverso musica e parole, tenta di riflettere sul significato profondo di essere comunità in questo tempo fragile, dando voce a chi ogni giorno decide di dedicare tempo, energia e idee là dove serve e solo perché serve, consapevole che la nostra storia in fondo non è altro che un luogo di incontri.
Sul palco l’autrice e attrice impegnata nel sociale Daniela Morozzi, nota al grande pubblico per la fiction “Scuola di Polizia2” e per numerosi film tra i quali “Ovosodo”, “Baci e Abbracci”, “Basta poco” e “I primi della lista”, accompagnata dal musicista Giuseppe Scarpato.
La XVII Rassegna provinciale del volontariato e della solidarietà gode del patrocinio della presidente del Consiglio regionale della Puglia concesso con atto n. 643 del 15/01/2024, della Provincia di Taranto, del Comune di Taranto, dell’Asl Taranto e dell’Università degli studi di Bari “A. Moro” e della piena collaborazione del Dipartimento jonico in Studi giuridici ed economici del Mediterraneo della stessa università.
Enti del Terzo settore del territorio impegnati nella XVII Rassegna provinciale del volontariato e della solidarietà
Assoraider Associazione Italiana di Scautismo Raider Aps, Società Cooperativa Sociale Naima, Sherwood Odv, Amici Dei Musei Odv, Pro Natura Taranto Odv, Associazione La Perla Lory Intini, TeatroMinimo Aps, ABC Digital Aps, Oltre Aps, APS Taranto Makers, OdV Europa Solidale, Comunità Emmanuel, Movimento Shalom Odv – Sezione Puglia, Il luogo dei possibili ODV, Federconsumatori APS, Ammostro Aps, AGe Associazione Genitori Avetrana, Amici di Manaus, La Mediana Ets, Associazione Nazionale Vigili del fuoco del Corpo Nazionale Sezione di Taranto, Cinegiovani Aps Ets, Aps A.S.D. Discoverysud, Hermes Academy, Artilibrio Ets, Puglia In Itinere Aps, Aps Apulia Musicarte, Ella Aps, Associazione Ragazzi in Gamba – sede di Taranto Odv, Solirunners Aps, Cuori Solidali Odv, Associazione nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare – Apmarr Aps, Comitato Territoriale Arcigay Strambopoli QueerTown Taranto, Università Popolare Zeus Aps, Comi Azzurra Aps, Enpa Taranto, Jonian Dolphin Conservation, Associazione Dedalo.
Pubblichiamo di seguito l’omelia dell’arcivescovo mons. Ciro Miniero pronunciata durante l’ordinazione episcopale di mons. Giuseppe Russo, domenica 21, in Concattedrale:
“Tutti uniti, dunque, sacerdoti, diaconi, religiose e religiosi, persone consacrate, laici e laiche, per esprimere il rendimento di grazie al Signore per il dono dell’episcopato a questo figlio della terra jonica. Il Vangelo che ci è stato proclamato attrae la nostra attenzione sul rapporto strettissimo fra Pietro e Gesù. Se dell’amore del Maestro non si può dubitare, quale amore saranno in grado di esprimere i discepoli per pascere i suoi agnelli? Per Pietro l’esame è arduo e impegnativo. Anche perché Gesù non gli domanda “Mi ami tu?”, cioè di un amore uguale al suo. Pietro, consapevole del suo limite e della sua insufficienza, risponde entrambe le volte con tutte le sue forze: ‘Ti voglio bene’, cioè come un amico, un amico sincero. Alla terza domanda, è Gesù che cambia il verbo e dice “Mi vuoi bene?’, da amico sincero, quasi a dire ‘ con tutte le tue forze che puoi’, anche se non sono uguali alle sue. Ancora una volta è l’amore di Dio che entra negli angusti spazi umani per allargare il cuore di Pietro affinché impari ad amare il Maestro e in Lui tutti coloro che il Maestro gli affida. Non c’è nulla che abbia a che fare con Gesù e la sua Chiesa che non s’innesti in questa domanda così esigente, ma anche così profondamente umana che riguarda l’amore. Tutti vogliamo amare ma spesso non sappiamo cosa o chi. Più spesso amiamo male perché non sappiamo cosa voglia dire pienamente la parola. Gesù si mostra anche in questo caso un vero maestro ed educatore perché mentre fa prendere coscienza a Pietro dei suoi limiti, gli garantisce la promessa che nella custodia dei fratelli nel pascere le sue pecore farà l’esperienza di quell’amore totale e pieno di cui solo Lui, Gesù, è stato vero maestro e testimone. Dall’amore dunque nasce il servizio nella Chiesa, servizio che Pietro deve assolvere amando la Chiesa tutta. A se stesso, Buon Pastore, Gesù fa succedere il pastore Pietro come suo vicario e continuatore. Le pecore, gli agnelli, cioè i credenti tutti, sono di Gesù, ma Pietro deve rivolgere a loro il suo servizio di amore e di guida. Ciò che vale per Pietro vale per ogni papa, per ogni vescovo, per ogni ministro nella Chiesa. Ogni nostro servizio deve essere radicato nell’amore, oserei dire che anche i pensieri e i progetti che elaboriamo a favore delle persone affidateci devono essere tutti mossi solo dall’amore perché l’apostolato nasce dall’amore e si esercita nell’amore. La nostra attenzione si ferma ora sul dono di grazia che viene dato al vescovo mediante l’ordinazione episcopale. Per poterne cogliere in pienezza il significato invito a riflettere sulle parole di Gesù tratte dal Vangelo di Giovanni, sono parole di amore che ci conducono al cuore del mistero trinitario e ci svelano il senso di ogni scelta: Come il Padre ha amato me anche io ho amato voi, rimanete nel mio amore. Questa permanenza nell’amore di Cristo si concretizza nell’osservanza dei suoi comandamenti e soprattutto nel comandamento dell’amore reciproco: ‘Questo è il mio comandamento, che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi’, fino cioè a quel vertice dell’amore che è dare, come ha fatto Gesù, la vita per i propri amici. Qui troviamo la parola che fa gioire il nostro cuore, la parola che ci esalta e nel contempo ci fa sentire tutta la nostra indegnità: ‘Voi siete miei amici, non vi chiamo più servi, ma amici’. E finalmente Gesù rimette ancora una volta ogni cosa nella giusta prospettiva: ‘Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga’. E i frutti della nostra vita incideranno nella storia umana se saremo radicati sempre nell’amore di Cristo. A tal proposito con giusta ragione Sant’Agostino afferma che l’episcopato è compito e incarico di amore. Tutte le specifiche articolazioni e i vari doveri di questo ministero trovano qui, nell’amore la loro sorgente e la loro forma compiuta, un amore tutto concreto che non separa mai Gesù Cristo dal suo popolo che è la Chiesa, un amore che si traduce nell’impegno di annunciare Cristo a tutte le persone con la parola e la testimonianza di vita e di aiutarle nelle loro spesso faticose situazioni di vita. Caro don Giuseppe, il Signore ti ha scelto per il ministero episcopale e ti chiede come ha fatto con Pietro di essere segno del suo amore e pascolare le sue pecorelle. Ti chiede di essere con Lui e in Lui il buon pastore e oggi per mezzo del mandato apostolico del Santo Padre al quale va il nostro più devoto e grato pensiero, ti manda in una porzione della terra di Puglia dalle più profonde tradizioni religiose, terra segnata da bellezze e ricchezze naturali, culturali e religiose per continuare la sua missione. Ti manda come padre e pastore perché tu possa proclamare il suo Vangelo e annunciare a tutti che Gesù Cristo, morto e risorto, è il servo sofferente che ha preso su di sé i nostri limiti, i nostri peccati e la stessa nostra morte imprimendo nei nostri cuori la potenza eterna e vivificante dell’amore. Sappi sempre osare nel nome di Cristo, incarnandolo in tutte le necessità spirituali e materiali del tuo popolo, accettando anche di correre il rischio dell’incomprensione e dell’ostilità. Con la forza che viene da Dio affronta il male e vincerlo con il bene di cui sei testimone e profeta. Tra le domande che secondo il rito liturgico tra poco rivolgerà all’ordinando, prima dell’imposizione delle mani, una dice così: ‘Vuoi dedicare il corpo di Cristo che è la Chiesa perseverando nella sua unità insieme con tutto l’ordine dei vescovi sotto l’autorità del successore del beato apostolo Pietro? Questo è un servizio essenziale che ogni vescovo deve rendere alla propria Chiesa e anche in comunione con il Papa e gli altri vescovi alla Chiesa universale: far crescere la Chiesa nell’unità.
Don Giuseppe, nei suoi anni di permanenza a Roma, cuore della cristianità e sede del vicario di Cristo, ha irrobustito il suo amore e la sua devozione verso il Papa quale punto di riferimento che ci si accoglie nell’apertura e docilità di cuore, da accompagnare e sostenere con la preghiera e con la condivisione pubblica del suo magistero. Per la Chiesa di Altamura, Gravina ed Acquaviva delle Fonti anche questo sarà un bene prezioso. Nei riti esplicativi dell’ordinazione verrà poi consegnato al vescovo il libro dei Vangeli che già durante la preghiera consacratoria sarà tenuto aperto sul suo capo. Poi gli verrà consegnato l’anello, segno del legame intimo e sponsale con la Chiesa che gli viene affidata e ancora la mitria, promessa e impegno di santità divina e finalmente il pastorale che sta a indicare il compito di aver cura e di reggere e governare la diocesi con animo del buon pastore.
Chiediamo per mons. Giuseppe l’abbondanza del dono dello Spirito Santo, solo Lui infatti lo può mettere in grado di adempiere questi compiti, che superano di gran lunga le nostre forze e le misure umane.
Carissimo don Giuseppe, la Vergine Santissima, San Cataldo e i Santi Patroni della tua diocesi, Sant’Irene, San Michele e Sant’Eustachio, veglino su di te e intercedano presso il Padre, sorgente eterna di amore”.
Il saluto di mons. Giuseppe Russo alla sua ordinazione episcopale
22 Gen 2024
Domenica 21, ha avuto luogo, in Concattedrale, la solenne celebrazione dell’ordinazione episcopale di mons. Giuseppe Russo, neo vescovo di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti.
Di seguito, riportiamo l’indirizzo di saluto che ha rivolto ai presenti:
“Ringrazio le autorità civili e militari e tutti voi, amici cari, che siete intervenuti a questa solenne celebrazione per pregare per me e per il ministero episcopale. Intendo ringraziare l’arcivescovo mons. Ciro Miniero, che saluto con affetto e lo ringrazio per la fiducia immediata che mi ha concesso. Con lui saluto naturalmente mons. Filippo Santoro e ricordo speciale affetto e riconoscenza l’indimenticabile mons. Papa, cui devo l’esperienza decennale presso la Conferenza episcopale italiana, esperienza magnifica che si è rivelata decisiva per la mia crescita e il mio futuro presbiterale. Un grande affettuoso abbraccio ai confratelli vescovi membri della Conferenza episcopale pugliese di cui sono parte e in particolare al presidente mons. Giuseppe Satriano.
foto G. Leva
Un pensiero grato a mons. Giovanni Ricchiuti cui succedo quale vescovo di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti; è anche presente il vescovo mons. Mario Paciello, che veramente saluto con affetto. Un saluto speciale a mons. Nunzio Galantino e a mons. Domenico Pompili, vescovi con-consacranti, don Nunzio, amico caro nonché superiore del mio recente servizio in Vaticano, servizio formativo e faticoso in Vaticano; è anche presente il dott. Fabio Gasperini, segretario dell’Apsa, che saluto. e don Domenico, carissimo amico nei primi passi nella Cei e ora confratello d’episcopato. Con loro saluto anche gli altri vescovi che mi onorano della loro presenza, don Salvatore Ligorio, don Angelo Panzetta, don Stefano Russo, don Pino Caiazzo, e don Biagio Colaianni che sarà ordinato a breve. A tutti un grande grazie di cuore. Ringrazio le autorità civili e militari dei territori di Taranto e Altamura, Gravina e Acquaviva delle Fonti. La vostra presenza ci onora e ci ricorda che esiste una preziosa alleanza tra la comunità ecclesiale e la comunità civile per la costruzione di una società giusta e umana. Grazie alle differenti forze dell’ordine che hanno permesso un sereno svolgimento di questa celebrazione. Esprimo poi la mia gratitudine a chi ha lavorato con generosità alla preparazione e alla celebrazione di questo evemto di grazia che supera la mia persona e che raggiunge le vostre comunità diocesane. Grazie ancora al coro diocesano e ai volontari che in numero poderoso si sono impegnati nell’accoglienza dei presenti, all’Azione Cattolica, a Comunione e Liberazione, ai movimenti carismatici, alle confraternite del Carmine e dell’Addolorata. Un grazie molto speciale va a mons. Marco Gerardo, don Marco Peluso, e Cosetta Giordano e a tutti gli stretti collaboratori per l’instancabile lavoro di segreteria organizzativa, preparazione della liturgia e coordinamento generale delle attività.
Ho scelto questa data perché oggi ricade il 97 compleanno del mio padre spirituale e fondatore dell’istituto Servi della sofferenza di cui faccio parte da sempre, in cui sono cresciuto imparando a vivere la fede e la comunione, traendo insegnamento sia dalle cose liete sia dalle inevitabili difficoltà: insieme con il padre don Pierino Galeone, che ci sente da casa, saluto la mia cara madre, don Emanuele Tagliente e il coordinatore attuale dell’istituto, il caro don Giuseppe Carrieri, tutte le sorelle e i fratelli, specie coloro che ho avuto l’onore di servire in tanti lunghi anni. Saluto in modo speciale mio padre Cataldo, ‘giovane’ novantenne con cui ho condiviso gli ultimi due anni di rientro in diocesi. Ho immaginato naturalmente mia madre che oggi avrebbe partecipato con la sua composta commozione e che certamente ci benedice dal Cielo. Saluto i miei fratelli Mimmo e Antonio, con le loro care mogli e gli splendidi nipoti, le mie amate zie, cugine e tutti i parenti. Infine saluto e ringrazio tutti voi, che avete voluto prendere parte ad arricchire con la vostra presenza questa solenne celebrazione, provenienti da ogni dove, dal Vaticano, dalla Cei, dalla mia comunità d’origine Santa Maria del Popolo in San Giorgio Jonico, dalle parrocchie Santi Angeli Custodi e Santa Lucia in Taranto, dalla comunità di San Francesco d’Assisi in Martina Franca, di cui sono stato parroco fino a pochi giorni fa e tutti indistintamente gli amici e le care persone presenti. Grazie di cuore a tutti.
L’ordinazione episcopale è evento straordinario, altamente significativo per la persona che lo riceve, ma il ministero episcopale non appartiene al vescovo è per il popolo di Dio, ciò significa che l’esercizio ministeriale non deve essere mai autoreferenziale e deve essere vissuto in modo da dare forma concreta alla disponibilità e alla generosità del pastore per il bene del gregge. Per questo, sono grato al Signore e alla Chiesa per aver scelto me quale tramite per donare alla porzione del popolo di Dio la sua grazia e per testimoniare la misericordia e la forza mite di Cristo sono persuaso di essere chiamato ancor più che prima a donarmi, a dedicare tempo ed energia al popolo, al clero come ai laici. Cercherò di fare del mio meglio. Amo la Chiesa, che da sempre ama e conosce in profondità Gesù Signore, che celebra con gioia il mistero di Cristo e che ne ripete i gesti di accoglienza, di amicizia, di prossimità, di carità. Venero la Chiesa che non si arrocca sterilmente nelle tradizioni ma sapientemente le custodisce valorizzandole. Ammiro la Chiesa impegnata a dare il proprio contributo per una società più giusta, accogliente e pacificata. Per questo Signore, Buon Pastore e Principe dei Pastori, ti sono grato perché mi vuoi bene, ti sono riconoscente perché che mi hai perdonato ogni volta che non ti ho amato abbastanza. Cosa ti si può chiedere? Tu sei già tutto, in Te ogni bene, ogni dono, ogni grazia. Cosa ti posso chiedere dunque in questo momento per me? La salute, la serenità, il discernimento, donami ogni giorno di avere l’onore di pascere i tuoi agnelli con mansuetudine e purezza di cuore. Chiedo a tutti voi una speciale preghiera per il mio ministero.
La missione di San Giovanni Bosco passa da Taranto: aggregare i giovani, dare loro opportunità di espressione, valorizzare attitudini e capacità. Da sempre riferimento per tutto il territorio jonico, la parrocchia dedicata al Santo promuove una serie di appuntamenti fino a fine gennaio, mese salesiano, per celebrare il bicentenario del sogno dei 9 anni di Giovanni Bosco. I giovani in primo piano, protagonisti di eventi finalizzati a concretizzare e a ripercorrere quel sogno che cambiò la vita di Giovanni.
Questo il programma che avrà come sede principale la parrocchia San Giovanni Bosco di Taranto in via Umbria 105.
Oggi, lunedì 22 gennaio, si celebra la festa di Laura Vicuna, una ragazza cresciuta nell’oratorio salesiano delle Fma. Appuntamento di rilievo mercoledì 24 gennaio,festa di San Francesco di Sales, patrono della Famiglia Salesiana: alle ore 19.30 ci sarà la presentazione della strenna del rettor maggiore “Il sogno che fa sognare”, con la partecipazione di Giovanna Bruno, sindaca di Andria.
Il 26 gennaio torneo di Burraco con le famiglie, la mattina del 28 gennaio cortile in festa con i ragazzi dell’oratorio. Il 28, 29 e 30 gennaio triduo in preparazione alla festa: ore 18.30 santa messa con riflessione a cura dei parroci della diocesi don Cristian Catacchio, don Francesco Venuto, don Carmine Agresta. Il 30 gennaio ore 19.30 veglia di preghiera con i giovani e per i giovani. Grande attesa per la chiusura di mercoledì 31 gennaio festa di don Bosco: alle ore 18:30 santa messa solenne presieduta dall’arcivescovo di Taranto mons. Ciro Miniero e a seguire momento di festa in cortile e distribuzione del panino di don Bosco.
Don Giovanni Monaco, parroco della parrocchia Don Bosco, commenta queste giornate tanto attese dalla comunità di fedeli: «Credo sia significativo che il nostro appuntamento più importante con questo grande santo coincida con l’inizio del nuovo anno. Un vero rimedio al lamento sui mali del nostro tempo è un’educazione condivisa».
In questa domenica dedicata alla Parola di Dio, il Vangelo di Marco ci porta all’inizio della vita pubblica di Gesù, e ci propone la sua prima predica, brevissima ma che ha un punto fermo: il tema della conversione. Giovanni Battista è stato arrestato e ucciso da Erode, e il Signore sa che è giunto il suo tempo, anzi “il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino”. Come dire, il tempo dell’attesa, preparato dai profeti, da Giovanni Battista, si è concluso. Non è a Gerusalemme che ha inizio la vita pubblica di Gesù, ma, per usare una espressione cara a papa Francesco, in una periferia dell’esistenza: la Galilea. Terra lontana, crocevia delle genti e luogo di incontro di culture e popoli diversi; è qui in questa terra marginale abitata da persone povere, da pagani e anche rivoluzionari, che il Signore va a cercare i primi quattro discepoli, come leggiamo in Marco: “seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini”, dice a Simone e Andrea. Un racconto che non può essere letto senza riflettere sulla prima lettura, ovvero la chiamata di Giona; o meglio, la seconda chiamata, perché prima non aveva voluto accogliere l’invito di Dio a recarsi a Ninive. Poi obbedisce e permette così a Dio di rivelarsi per quello che è: misericordioso, lento all’ira.
In Galilea, dunque, dove incontra samaritani giudicati eretici, scismatici e separati dai giudei, che ha inizio il cammino di Gesù. È non è un caso che papa Francesco abbia voluto, in questa domenica, dare inizio all’Anno della Preghiera in preparazione al Giubileo del 2025 e all’apertura, a Natale di quest’anno, della Porta Santa; mesi dedicati a riscoprire “il grande valore e l’assoluto bisogno” della preghiera. Da Francesco anche un invito a pregare per l’unità dei cristiani, una settimana che, come tradizione, il Papa concluderà il prossimo 25 gennaio nella basilica di San Paolo. Basilica che da sempre è luogo simbolo del dialogo ecumenico, anche perché proprio qui Giovanni XXIII ha voluto annunciare, nel gennaio del 1959, la sua intenzione di indire un Concilio ecumenico, con l’intento di soffiare via la cenere e rinvigorire la fiamma della fede; è qui che Giovanni Paolo II ha voluto aprire la Porta santa in occasione del Giubileo del duemila assieme al Patriarca ortodosso e al Primate della chiesa anglicana. E qui, ancora, che il pontefice, partendo dall’immagine della donna samaritana al pozzo, ha parlato il 25 gennaio 2015, di “sete d’incontro, desiderio di aprire un dialogo”. Preghiera anche, e soprattutto, per la pace in Ucraina, in Israele e in Palestina “e in tante altre parti del mondo: a soffrirne la mancanza sono sempre i più deboli. Penso ai piccoli, ai tantissimi bambini feriti e uccisi, a quelli privati di affetti, privati di sogni e di futuro. Sentiamo la responsabilità di pregare e di costruire la pace per loro”.
Domenica nella quale Francesco celebra in San Pietro e commentando la chiamata dei primi apostoli ha parla di dinamismo: la Parola “non ci lascia chiusi in noi stessi, ma dilata il cuore, fa invertire la rotta, ribalta le abitudini” e, ancora, “dischiude orizzonti impensati”.
Così sceglie due verbi: lasciare e seguire. Cosa hanno lasciato allora i primi quattro apostoli, si chiede Francesco. “La barca e le reti, cioè la vita che avevano fatto fino a quel momento. Tante volte fatichiamo a lasciare le nostre sicurezze, le nostre abitudini, perché rimaniamo impigliati in esse come i pesci nella rete. Ma chi sta a con la Parola guarisce dai lacci del passato, perché la Parola viva contatto reinterpreta la vita, risana anche la memoria ferita innestando il ricordo di Dio e delle sue opere per noi”.
Lasciarono le loro cose e lo seguirono perché la Parola “mentre libera dagli ingombri del passato e del presente fa maturare nella verità e nella carità: ravvia il cuore, lo scuote, lo purifica dalle ipocrisie e lo riempie di speranza”.
Quindi, all’angelus, ha spiegato che il Signore “ama coinvolgerci nella sua opera di salvezza, ci vuole attivi con lui, responsabili e protagonisti”. Annunciare il Vangelo “non è tempo perso” e un cristiano “che non è attivo, che non è responsabile nell’opera dell’annuncio del Signore e che non è protagonista della sua fede non è un cristiano o, come diceva mia nonna, è un cristiano ‘all’acqua di rose’”.
Non sono trascorsi neanche due mesi dal giorno in cui Javier Milei, vincitore delle presidenziali argentine, è entrato nella Casa Rosada. E sebbene tanta sia la carne da lui già messa al fuoco, è presto per esprimere giudizi sul suo operato e sulla efficacia delle sue ricette economiche, politiche e filosofiche. È un personaggio stravagante che è salito alla presidenza di un paese devastato dall’ultima delle sue crisi economiche. Ma un obiettivo Milei già l’ha raggiunto, nel World Economic Forum, il forum di Davos, dove ogni anno i leader e i vip si incontrano per discutere le sorti economiche del pianeta. Quale obiettivo? Quello di confermare quella che è la più celebre immagine dell’argentino e dell’Argentina: la figura del fanfarone o del gradasso. È un luogo comune che è fonte di una gran quantità di barzellette e spiritosaggini. Un po’ come accade ai carabinieri e ai gesuiti. Ecco qualche esempio. Sapete qual è il più lucroso degli affari? Comprare un argentino per quello che vale e rivenderlo per quello che lui crede di valere. Sapete qual è la più frequente forma di suicidio fra gli argentini? Salgono sul proprio ego e si buttano di sotto. Sapete qual è la migliore esplicitazione di ego? È l’argentino che ciascuno di noi si porta dentro. E a questo pregiudizio Milei ha dato una spinta di fronte alla più globale e qualificata delle platee internazionali. Il tutto grazie a un discorso destinato a restare nella storia del forum di Davos e, purtroppo, in quella dell’Argentina. Al dunque è venuto fin dalle prime parole, in tutto degne, per il loro profetico vigore, del biblico “Figlio dell’Uomo disceso in Terra” per annunciare la prossima Apocalisse e l’Avvento del Regno dei Cieli. “Oggi sono venuto qui per dirvi che l’Occidente è in pericolo. Ed è in pericolo perché quanti dovrebbero difenderne i valori sono stati cooptati da una visione del mondo che conduce al socialismo e alla povertà. … Questa visione del mondo si chiama collettivismo”. E per illustrarne la natura Milei è ritornato a raccontare la storia di una Argentina che, seguendo la via maestra del libertarismo, fu “la prima potenza del mondo” e il “faro dell’Occidente”. Per lui, è stato così fino a cento anni fa, ma quando il Paese ha sentito la voce del demonio e ha morso la mela del collettivismo si è condannato alla “decadenza”. Non sono mancati leader e vip pronti a scandalizzarsi per il fatto che il neopresidente abbia usato, per rivolgersi a capi di stato e di governo presenti a Davos, le parole e i concetti utilizzati, agitando la motosega, in comizi, show televisivi e indottrinamenti impartiti a gaucho ignari di dinamiche economiche. Ma la cosa ha una più che logica spiegazione. Per Milei, quelle elaborate da tutti i rappresentanti della scuola evoluzionistica, la scuola austriaca di economia, non sono teorie economiche, ma sono testi sacri. E testi sacri sono anche i concetti che, su tali basi, lui stesso ha elaborato. Il peccato di eresia non conosce distinguo. E per gli eretici, per chi nega la vera fede, non può esserci che una condanna divina. Per Milei, tutti colpevoli, “siano comunisti, socialisti, socialdemocratici, democristiani, neokeynesiani, progressisti, populisti, nazionalisti o globalisti”. Parole severe? No, perché in realtà Milei ha chiuso con una nota di speranza. Se Gesù era, prima di essere ucciso, entrato nel tempio di Gerusalemme per cacciare i mercanti, lui è entrato nel tempio di Davos per dire ai mercanti che di essi è il Regno dei Cieli. “Per concludere, voglio lanciare un messaggio a tutti gli imprenditori qui presenti e a quelli che ci seguono da ogni parte del pianeta: non lasciatevi intimidire. Non arrendetevi a una casta politica o ai parassiti che vivono delle spese dello stato, che vuole restare al potere e mantenere i propri privilegi. Siete benefattori sociali, siete eroi, siete gli artefici del più straordinario periodo di prosperità che abbiamo mai vissuto. Non lasciate che vi dicano che la vostra ambizione è immorale. Se guadagnate è perché offrite un prodotto migliore a un prezzo migliore, contribuendo così al benessere generale. Non arrendetevi all’avanzata dello stato. Lo stato non è la soluzione. Lo stato è il problema. Siete voi i veri protagonisti di questa storia, e sappiate che da oggi avete l’Argentina come alleato incrollabile.”. Questo ha sostenuto Milei a Davos e le fonti di informazione riferiscono che, a così infiammati accenti, non siano seguiti gli applausi. La morale? Non c’è. Perché, dopo neanche due mesi di carica, a nessuno può essere negato il bonus della astensione da valutazioni. Viste da Davos, le premesse di questa presidenza non sembrano le migliori. Se il buongiorno si vede dal mattino … come soleva dire Ennio Flaiano, la situazione è grave ma non è seria.
Non sono trascorsi neanche due mesi dal giorno in cui Javier Milei, vincitore delle presidenziali argentine, è entrato nella Casa Rosada. E sebbene tanta sia la carne da lui già messa al fuoco, è presto per esprimere giudizi sul suo operato e sulla efficacia delle sue ricette economiche, politiche e filosofiche. È un personaggio stravagante che è salito alla presidenza di un paese devastato dall’ultima delle sue crisi economiche. Ma un obiettivo Milei già l’ha raggiunto, nel World Economic Forum, il forum di Davos, dove ogni anno i leader e i vip si incontrano per discutere le sorti economiche del pianeta. Quale obiettivo? Quello di confermare quella che è la più celebre immagine dell’argentino e dell’Argentina: la figura del fanfarone o del gradasso. È un luogo comune che è fonte di una gran quantità di barzellette e spiritosaggini. Un po’ come accade ai carabinieri e ai gesuiti. Ecco qualche esempio. Sapete qual è il più lucroso degli affari? Comprare un argentino per quello che vale e rivenderlo per quello che lui crede di valere. Sapete qual è la più frequente forma di suicidio fra gli argentini? Salgono sul proprio ego e si buttano di sotto. Sapete qual è la migliore esplicitazione di ego? È l’argentino che ciascuno di noi si porta dentro. E a questo pregiudizio Milei ha dato una spinta di fronte alla più globale e qualificata delle platee internazionali. Il tutto grazie a un discorso destinato a restare nella storia del forum di Davos e, purtroppo, in quella dell’Argentina. Al dunque è venuto fin dalle prime parole, in tutto degne, per il loro profetico vigore, del biblico “Figlio dell’Uomo disceso in Terra” per annunciare la prossima Apocalisse e l’Avvento del Regno dei Cieli. “Oggi sono venuto qui per dirvi che l’Occidente è in pericolo. Ed è in pericolo perché quanti dovrebbero difenderne i valori sono stati cooptati da una visione del mondo che conduce al socialismo e alla povertà. … Questa visione del mondo si chiama collettivismo”. E per illustrarne la natura Milei è ritornato a raccontare la storia di una Argentina che, seguendo la via maestra del libertarismo, fu “la prima potenza del mondo” e il “faro dell’Occidente”. Per lui, è stato così fino a cento anni fa, ma quando il Paese ha sentito la voce del demonio e ha morso la mela del collettivismo si è condannato alla “decadenza”. Non sono mancati leader e vip pronti a scandalizzarsi per il fatto che il neopresidente abbia usato, per rivolgersi a capi di stato e di governo presenti a Davos, le parole e i concetti utilizzati, agitando la motosega, in comizi, show televisivi e indottrinamenti impartiti a gaucho ignari di dinamiche economiche. Ma la cosa ha una più che logica spiegazione. Per Milei, quelle elaborate da tutti i rappresentanti della scuola evoluzionistica, la scuola austriaca di economia, non sono teorie economiche, ma sono testi sacri. E testi sacri sono anche i concetti che, su tali basi, lui stesso ha elaborato. Il peccato di eresia non conosce distinguo. E per gli eretici, per chi nega la vera fede, non può esserci che una condanna divina. Per Milei, tutti colpevoli, “siano comunisti, socialisti, socialdemocratici, democristiani, neokeynesiani, progressisti, populisti, nazionalisti o globalisti”. Parole severe? No, perché in realtà Milei ha chiuso con una nota di speranza. Se Gesù era, prima di essere ucciso, entrato nel tempio di Gerusalemme per cacciare i mercanti, lui è entrato nel tempio di Davos per dire ai mercanti che di essi è il Regno dei Cieli. “Per concludere, voglio lanciare un messaggio a tutti gli imprenditori qui presenti e a quelli che ci seguono da ogni parte del pianeta: non lasciatevi intimidire. Non arrendetevi a una casta politica o ai parassiti che vivono delle spese dello stato, che vuole restare al potere e mantenere i propri privilegi. Siete benefattori sociali, siete eroi, siete gli artefici del più straordinario periodo di prosperità che abbiamo mai vissuto. Non lasciate che vi dicano che la vostra ambizione è immorale. Se guadagnate è perché offrite un prodotto migliore a un prezzo migliore, contribuendo così al benessere generale. Non arrendetevi all’avanzata dello stato. Lo stato non è la soluzione. Lo stato è il problema. Siete voi i veri protagonisti di questa storia, e sappiate che da oggi avete l’Argentina come alleato incrollabile.”. Questo ha sostenuto Milei a Davos e le fonti di informazione riferiscono che, a così infiammati accenti, non siano seguiti gli applausi. La morale? Non c’è. Perché, dopo neanche due mesi di carica, a nessuno può essere negato il bonus della astensione da valutazioni. Viste da Davos, le premesse di questa presidenza non sembrano le migliori. Se il buongiorno si vede dal mattino … come soleva dire Ennio Flaiano, la situazione è grave ma non è seria.
“Nella sua partecipazione alla vita della Federazione, dapprima come consigliere nazionale e poi presidente (1993-1999), don Duilio è sempre stato il riferimento di un giornalismo impegnato nella società civile e profondamente radicato in quella ecclesiale. Ha rivendicato con orgoglio il ruolo irrinunciabile che la stampa di ispirazione cattolica ha nella vita del nostro Paese, sottolineando il valore del rapporto con i territori locali e le loro diversità culturali, storiche, linguistiche lette sempre come fonte di arricchimento reciproco”. Così Mauro Ungaro, direttore del settimanale diocesano di Gorizia “Voce Isontina” e presidente della Federazione italiana dei settimanali cattolici (Fisc), ricorda mons. Duilio Corgnali, deceduto domenica 21 gennaio a mezzogiorno all’ospedale di Udine, dove si trovava ricoverato dallo scorso 15 dicembre in seguito all’insorgenza di una grave forma tumorale. Per la Fisc “si tratta di una grave perdita che ci sollecita però a raccogliere in maniera ancora più impellente l’eredità lasciatele da figure quale quelle di mons. Corgnali, don Peradotto, mons. Cacciami, mons. Rini”, conclude Ungaro. Le esequie saranno celebrate mercoledì 24 gennaio, alle 15, in Duomo a Tarcento.