Diocesi

Sant’Antonio dei Cappuccini, festa in Valle d’Itria

20 Giu 2024

di Angelo Diofano

Domenica 23, a Martina Franca, nella chiesa di Sant’Antonio dei Cappuccini (Villaggio del Fanciullo) in Valle d’Itria, si svolge la terza festa in onore del santo predicatore, organizzati dalla comunità dei padri somaschi (superiore, padre Mino Arsieni). I residenti nella pittoresca località (a metà strada fra Martina e Locorotondo) sono molto affezionati a questi festeggiamenti, molto sobri, cui partecipano numerosi. Il programma prevede il triduo, con sante messe alle ore 19 celebrate a turno da fra Paolo Lomartire (giovedì 20), don Piero Lodeserto (venerdì 21) e padre Vincenzo Carucci (sabato 22). Domenica 23 alle ore 19 ci sarà la processione, accompagnata dalla banda musicale “Armonie d’Itria, che percorrerà le stradine nei dintorni della chiesa”. Alla conclusione, sul sagrato, fra Gregorio Di Lauro celebrerà la santa messa. Seguirà un momento di convivialità e alle ore 23 i tradizionali fuochi pirotecnici.

I festeggiamenti costituiranno preziosa opportunità per visitare la stupenda chiesetta. Ecco alcuni cenni in merito, attinte da norizie riportate su https://martinacultura.altervista.org/wordpress/?p=18

La chiesa e convento dei cappuccini furono costruiti nel XVI secolo su un precedente insediamento dei monaci basiliani, che realizzarono una grancia destinata alle attività agricole e una cripta ipogea con il dipinto della Madonna dell’Odegitria. Nel XVI secolo i frati cappuccini decisero di costruire la chiesa e il convento sul sito preesistente dei monaci basiliani e traslarono l’immagine della Madonna dell’Odegitria nella nascente chiesa dalla cripta ipogea, che nei secoli fu completamente abbandonata. Solo nel giugno del 1988, due speleologi martinesi, calandosi in una cisterna, scoprirono in realtà che si trattava del primitivo insediamento dei monaci basiliani, nel frattempo coperto da detriti. Oggi la cripta ipogea è stata valorizzata e grazie alla bonifica sono emerse due colonne originali in pietra che delimitavano il sito sacro; attualmente il sito è visitabile accedendo dall’atrio del convento sulla destra della chiesa. L’edificazione di quest’ultima, in realtà dedicata all’Assunta, si conclusero nel 1590; sulla facciata, poco più sopra la nicchia con l’Immacolata, è incisa un’altra data: 1698, quella del rifacimento della facciata su disegno ed esecuzione di frate Angelo Bruni di Martina, architetto e maestro nella lavorazione della pietra. Affianco alla chiesa si sviluppa il convento dei cappuccini che qui vissero per trecento anni fino alla soppressione napoletana di Gioacchino Murat e dell’Unità d’Italia nel 1863. Da allora l’immobile fu destinato a diversi usi: lazzaretto, concentramento per i prigionieri e centro di accoglienza per i bambini nel dopoguerra; attualmente è retto dai padri somaschi. Attraversando il chiostro del convento è possibile raggiungere la cella che ospitò dal 15 agosto del 1620 all’aprile del 1621, San Giuseppe da Copertino.

La chiesa ha pianta longitudinale con l’apertura di tre cappelle molto profonde sul lato sinistro, mentre sull’altro lato vi è una sola cappella, altrettanto profonda, quella della Madonna dei Sette Dolori costruita nel 1756. La caratteristica pregevole della chiesa è la raffinata arte ebanista che decora ogni altare, con opere artigianali di elevato spessore artistico realizzate fra il Seicento e il Settecento. L’altare fu commissionato nel 1773 dal benefattore Pietro Simeone a due ebanisti di notevole valore: frate Daniele Desiati da Martina e a frate Giuseppe da Ostuni. Il soffitto mostra all’interno di cornici mistilinee dei dipinti di fine Settecento: le Stimmate di San Francesco, la Vergine in gloria e la Resurrezione di Cristo. In alto sulla parete di destra, a metà altezza, sporge il pulpito anch’esso lavorato con intarsi lignei.

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Popolo in festa

San Francesco di Paola, limitazioni per la processione di domenica sera

20 Giu 2024

di Angelo Diofano

Per la processione di San Francesco di Paola, domenica 23 a Taranto, ci sono delle novità, causate dai concomitanti concerti sulla rotonda di Medimex, con le relative limitazioni alla circolazione veicolare.

In mattinata, come da programma, sante messe si terranno alle ore 8.30 e alle 10.30, quest’ultima per i benefattori della parrocchia celebrata da padre Domenico M. Crupi; alle ore 18,  la celebrazione eucaristica delle ore 18 sarà presieduta dall’arcivescovo emerito di Reggio Calabria-Bova mons. Giuseppe Fiorini Morosini.

Alle ore 19, accompagnata dalla “Grande orchestra di fiati “Santa Cecilia” di Taranto, diretta dal maestro Giuseppe Gregucci, la processione percorrerà via Regina Elena, via Di Palma, via D’Aquino e piazza Giovanni XXIII (con l’omaggio della comunità parrocchiale e dell’arciconfraternita del Carmine). Quindi l’antico simulacro ligneo del santo non giungerà più davanti al Monumento al Marinaio su corso Ai Due Mari ma sosterà in piazza della Vittoria per la preghiera della gente di mare e di quella del marinaio, con la benedizione al mare e alla città. Seguirà la deposizione della corona d’alloro al Monumento ai Caduti in onore dei Caduti del Mare da parte delle associazioni d’arma. Durante la cerimonia presterà servizio la Fanfara di Presidio del Comando Interregionale Marittimo Sud diretta dal maestro Michele Di Sabato. Quindi sarà abolito il tradizionale spettacolo pirotecnico dagli spalti del castello aragonese.

Al termine la processione muoverà per via D’Aquino, piazza Maria Immacolata, via Di Palma, via Regina Elena con rientro in chiesa, dove ci sarà la preghiera di ringraziamento.

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Scuola e università

Maturità: per la prova d’italiano temi complicati ma molto attuali

19 Giu 2024

di Silvano Trevisani

Possono rivelarci come i giovani vedono il loro domani

Sono iniziati, per 536.000 giovani italiani, gli esami di maturità, con la prima prova scritta che da sempre rappresenta una cartina di tornasole, non solo per i maturandi chiamati a svolgere le tracce, ma anche per i funzionari chiamati a proporle allo svolgimento. Quasimodo, Pirandello, Galasso, Rita Levi Montalicini, beni culturali, valori della tolleranza e del confronto; nuove tecnologie: questi i “protagonisti” dei temi proposti. Attraverso altri autorevoli autori. Tutti affascinanti, propositivi, com’è giusto che avvenga nella scuola, ma non proprio semplici. Tanto da riproporre il quesito eterno sull’opportunità che tutte le tracce proposte siano identiche per tutti i tipi di maturità. Quella tecnica o quella psico-pedagogica, ad esempio; quella economica o quella agraria. Senza nulla togliere alla capacità di tutti gli studenti di affrontare argomenti molto complessi, siamo altrettanto consapevoli che non a tutti viene proposto allo stesso modo un percorso curricolare avanzato di storia o di letteratura. Anche per questo è facile immaginare che la traccia su internet e i selfie sia stata la più gettonata. Mentre quella storia sia stata la più trascurata, nonostante il conflitto in atto in Europa, seguito alla Guerra fredda che questa traccia evocava.

L’esperto

“Tutte le tracce del tema di maturità mi paiono azzeccate. Non sono certo tutte facili, anche se si riferiscono a questioni di largo respiro e di attualità: basti pensare al modo in cui Giuseppe Ungaretti tratta il tema della guerra. Tutte le proposte sono comunque fattibili e interessanti”. E’ quanto dichiarato da Claudio Marazzini, presidente onorario dell’Accademia della Crusca e professore emerito di storia della lingua italiana all’Università del Piemonte Orientale. “Forse molti studenti si salveranno con la traccia su Internet e blog in relazione alla scrittura diaristica, che mi pare la più abbordabile della serie”.

Temi attuali

Insomma, per una volta almeno, i funzionari incaricati dal ministero di individuare le sette tracce da proporre ai maturandi italiani nella prima prova scritta, sembrano mettere tutti d’accordo. I primi temi vanno dalla guerra all’eterno conflitto tra l’uomo e la macchina e vengono indicati come riferimenti Giuseppe Ungaretti e la sua bellissima poesia “Pellegrinaggio”, e Luigi Pirandello, con un brano tratto dai “Quaderni di Serafino Gubbio operatore”. Segue un tema “storico”, di politica internazionale scaturita scaturita dalla Seconda guerra mondiale con la Guerra fredda, di cui la guerra in Ucraina è certo un’evoluzione.

Si passa alla valorizzazione dei beni culturali, con un testo di Maria Agostina Cabiddu. Secondo l’autrice “la coscienza della funzione civile del patrimonio storico-artistico non è mai venuta meno e anzi spesso si è tradotta in manifestazioni spontanee di cittadinanza attiva”. “Riscoprire il silenzio. Arte, musica, poesia, natura fra ascolto e comunicazione” un testo di Nicoletta Podda-Mattiol è al centro della quinta traccia mentre l’imperfezione considerata come valore è il tema della traccia tratta da un testo di Rita Levi Montalcni. Infine: la traccia considerata di solito d’attualità è quella sul mutamento che ha subìto la scrittura diaristica a causa dell’affermazione dei blog e dei social. Testo tratto da Maurizio Caminito. E qui l’esempio di riferimento evocato è quello di Anna Frank e del suo diario alla prova delle nuove tecnologie.

Da rilevare che molta attenzione è stata posta dai compilatori anche sulla diversità di genere, nella scelta degli autori da proporre, oltre alla varietà dei temi. Affascinanti e azzeccati ma, ripetiamo, un po’ complicati e impegnativi, anche se proposto all’esame di maturità. Un lettura degli elaborati ci potrebbe dare un’idea chiara di come vedono il mondo gli italiani di domani

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Diseguaglianze territoriali

Autonomia differenziata delle Regioni: approvato in via definitiva il disegno di legge

foto Ansa-Sir
19 Giu 2024

di Stefano De Martis

Con 172 sì, 99 no e un astenuto, la Camera ha approvato in via definitiva il disegno di legge che contiene le disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni. La prima lettura da parte del Senato era avvenuta nel mese di gennaio.
Vediamo dunque alcuni punti caratterizzanti del testo approvato e i principali nodi problematici emersi dal dibattito dentro e fuori il Parlamento. La legge (che correntemente viene chiamata con il nome del ministro leghista Calderoli) intende fissare le coordinate e le procedure per dare attuazione al terzo comma dell’art. 116 della Costituzione, riformato nel 2001, laddove si prevede la possibilità di attribuire “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” alle Regioni a statuto ordinario che ne facciano richiesta. All’attribuzione si provvede con una legge dello Stato “sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata”. Le materie potenzialmente coinvolte sono tutte quelle in cui è prevista la legislazione “concorrente” tra Stato e Regioni e che l’art.117 della Carta così enumera: “Rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni; commercio con l’estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale”. All’elenco vanno aggiunte tre materie su cui lo Stato ordinariamente detiene l’esclusiva della legislazione: organizzazione della giustizia di pace; norme generali sull’istruzione; tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.
Un elenco di grande ampiezza, che comprende materie di rilevanza nazionale e persino internazionale. Va inoltre sottolineato che le tre Regioni con cui finora lo Stato ha sottoscritto accordi preliminari (altre si sono mosse nel frattempo) hanno chiesto l’autonomia rafforzata in tutte le materie (il Veneto) o in buon parte di esse (20 su 23 la Lombardia, 16 l’Emilia Romagna). Questo aspetto è stato ed è motivo di polemica politica. Il testo della legge, infatti, contiene espliciti riferimenti ai principi di unità e indivisibilità della Repubblica, ma le opposizioni e i critici rilevano con preoccupazione rischi di frammentazione e disgregazione istituzionale. Così pure sul versante socio-economico, il testo richiama il principio solidaristico e il tema della coesione, ma per le opposizioni e i critici si tratta invece del tentativo di una “secessione dei ricchi”. E’ questo uno dei nodi politicamente più sensibili.
Il finanziamento delle funzioni statali trasferite avverrà attraverso una compartecipazione a uno o più tributi erariali maturati nel territorio della Regione. Il problema è come evitare che questo meccanismo finisca per cristallizzare o addirittura accrescere le disuguaglianze esistenti. A questo fine dovrebbero servire i Lep, i livelli essenziali delle prestazioni da assicurare su tutto il territorio nazionale, promuovendo l’esercizio effettivo dei diritti civili e sociali con interventi perequativi anche nelle Regioni che non richiederanno l’autonomia rafforzata e che hanno una minore capacità fiscale per abitante. I Lep, alla cui introduzione le nuove norme sono subordinate, dovranno essere adottati dal governo con uno o più decreti legislativi entro 24 mesi dall’entrata in vigore della legge (che in questo senso agisce come una legge-delega). Resta però tutto da definire il nodo delle risorse finanziarie ed è uno scoglio decisivo da superare per rendere effettivamente praticabile tutta l’operazione. La legge Calderoli stabilisce che da ciascuna intesa con le Regioni non dovranno derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Per le intese che dovranno essere stipulate con le Regioni si prevede un iter piuttosto complesso. In sintesi, si svolgerà un negoziato tra il governo e ogni Regione che avrà chiesto l’autonomia rafforzata. Sarà il Consiglio dei ministri ad approvare un’intesa preliminare e su di essa esprimeranno un parere la Conferenza unificata (i rappresentanti delle autonomie locali) e le competenti commissioni parlamentari, le quali si esprimeranno con “atti d’indirizzo”. Il presidente del Consiglio, però, non sarà tenuto a conformarsi a questi atti e potrà decidere altrimenti, riferendo alle Camere sulle motivazioni di tale scelta. La palla tornerà quindi al Consiglio dei ministri per deliberare sullo schema definitivo dell’intesa (dopo un ulteriore negoziato con la Regione, se necessario) che sarà allegato a un apposito disegno di legge di approvazione dell’intesa medesima. Questo ddl sarà presentato alle Camere che dovranno approvarlo a maggioranza assoluta. Anche su questa procedura sono state sollevate critiche perché di fatto il Parlamento non potrebbe entrare nel merito dell’intesa e dovrebbe limitarsi ad approvare (o respingere) il testo così com’è stato elaborato nel negoziato tra governo e vertici regionali. Ma l’argomento è molto controverso.
Le intese potranno durare al massimo 10 anni, con possibile rinnovo. Nelle disposizioni finali viene fatta salva la clausola che prevede l’esercizio di un potere sostitutivo del governo, secondo l’art.120 della Costituzione, in caso di inadempienze delle Regioni in materie gravi (trattati internazionali, sicurezza e incolumità pubblica, tutela dell’unità giuridica ed economica, livelli essenziali delle prestazioni sociali, ecc.). Le nuove norme si applicheranno anche alle attuali Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e Bolzano, in attesa dell’adeguamento dei rispettivi statuti, “per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite”.

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Gaza sotto assedio

Israele e Palestina, card. Zuppi: “Due popoli, due Stati è la soluzione che la comunità internazionale non può abbandonare”

Intervista al card. Matteo Zuppi, presidente della Cei, che traccia un bilancio del pellegrinaggio ‘bolognese’ di “pace e solidarietà” a Gerusalemme e Betlemme

foto Sir
19 Giu 2024

di Daniele Rocchi

“Due Popoli Due Stati è la soluzione che la comunità internazionale non può abbandonare. Il vero problema è la determinazione di quest’ultima nel perseguirla e sul come raggiungerla. La pace non la fanno solo gli attori belligeranti ma anche la comunità internazionale che deve impegnarsi nella ricerca di vie di negoziato”: lo ha dichiarato il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, tracciando un bilancio del pellegrinaggio di “pace e solidarietà” in Terra Santa (Gerusalemme e Betlemme) cui hanno partecipato 160 fedeli provenienti anche da diverse città italiane, organizzato con la “Petroniana viaggi” (13-16 giugno).

foto Sir

Tra loro anche rappresentanti di Acli, Agesci, Associazione Papa Giovanni XXIII, Azione Cattolica, Comunione e Liberazione, Comunità di Sant’Egidio, Focolari, Pax Christi, quest’ultima rappresentata dal suo presidente, l’arcivescovo Giovanni Ricchiuti. “Con questo pellegrinaggio – spiega il card. Zuppi – abbiamo voluto condividere la sofferenza ed essere vicini ai cristiani locali in un periodo così tragicamente segnato dal dolore. Abbiamo portato vicinanza, sostegno insieme alla preghiera, alla condivisione e all’intercessione perché questa sofferenza finisca presto per tutti”.

“Il momento giusto”

“Un pellegrinaggio alle pietre vive che custodiscono i luoghi santi di Gesù” lo definisce l’arcivescovo di Bologna ricordando la fitta serie di incontri che hanno visto i pellegrini ascoltare le testimonianze di esponenti della società civile israeliana come Rachel Goldberg-Polin, madre di Hersh, uno degli ostaggi ancora in mano ad Hamas dal 7 ottobre 2023, Ysca Harani, ebrea osservante, docente di storia delle religioni e del Cristianesimo, di visitare, a Betlemme, luoghi di assistenza e formazione come il Charitas Baby Hospital, l’istituto Effetà per audiolesi, l’orfanotrofio la Crèche, la casa per bambini disabili Hogar de ninos, e visitare le piccole comunità cristiane dei villaggi (Ain Arik, Beit Sahour, Taybeh, Birzeit) della Cisgiordania, “di cui poco si parla dopo l’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre scorso le cui conseguenze pesano ulteriormente sulla vita della popolazione locale”. “Da loro abbiamo ascoltato e capito la sofferenza che patiscono, le attese, le delusioni che stanno provando in questi mesi e non solo. Abbiamo ascoltato, condiviso e manifestato attenzione, interesse e vicinanza ai cristiani locali – rimarca Zuppi -. Questo era il momento giusto per farlo come ha riconosciuto il patriarca latino di Gerusalemme, il card. Pierbattista Pizzaballa, che ha definito questo pellegrinaggio ‘un gesto coraggioso’. Sono felice dell’ampia partecipazione di pellegrini che sono il volto della Chiesa italiana che si è fatta presente in questa terra martoriata”.

Come si sconfigge l’odio

Particolarmente toccanti, per il cardinale, le testimonianze di Rachel Goldberg-Poline e di Dani Miran madre e padre, rispettivamente di Hersh e di Omri Miran, due ostaggi ancora nelle mani di Hamas. “Questa madre che rifiuta di fare una classifica della sofferenza ci ha dato una grande lezione su come si sconfigge l’odio – ricorda Zuppi -. È l’esperienza di un amore che guarisce, consola e asciuga tutte le lacrime. Miran, il padre dell’altro ostaggio, ha voluto mostrare una foto del suo incontro con Papa Francesco confidandoci di aver visto negli occhi del Pontefice quelli di suo padre. Questo mi ha molto toccato perché sta ad indicare che tutti possono vedere nella nostra vicinanza, attenzione e supporto, gli occhi di un padre, di una madre e di un fratello che condividono un dolore così grande”.

“Ecco, io credo che la Chiesa debba avere i sentimenti di una madre, di un padre, di un fratello e farsi sempre più prossima a chi soffre. Certamente – aggiunge l’arcivescovo di Bologna – abbiamo avuto modo di ascoltare anche la descrizione di una società israeliana polarizzata dove in molti pensano al proprio dolore. Questo rende necessario ritrovare motivi di speranza e spiragli di luce. Le parole insistenti di papa Francesco sul coraggio di un cessate il fuoco e di un negoziato le abbiamo fatte nostre, in questo pellegrinaggio, sentendone tutta l’importanza”.

La voce dei cristiani

La visita ad alcuni villaggi della Cisgiordania è stata l’occasione, per i pellegrini, di conoscere la realtà dell’occupazione militare israeliana attraverso la viva voce degli abitanti cristiani locali.

“Questo dell’occupazione – dichiara Zuppi – è un punto da cui partire. Purtroppo se non c’è una prospettiva, una soluzione da perseguire, sarà difficile che si possa ritrovare la via della convivenza”.

Cristiani di Ain Arik in Cisgiordania – foto Sir

In questo contesto “i cristiani di Terra Santa hanno un ruolo straordinario perché la loro presenza favorisce l’incontro proprio per la natura stessa del Cristianesimo che riconosce nell’altro sempre il prossimo. Il cammino da fare è lungo, va percorso con molta attenzione e fedeltà”. Tuttavia, l’occupazione militare, la penuria di lavoro, la mancanza di un futuro stabile, “non fanno che alimentare l’esodo dei cristiani. L’emigrazione dei fedeli e il conseguente svuotamento della Terra Santa dei suoi abitanti originari – conclude il cardinale – è un rischio che non possiamo permetterci. Esprimere vicinanza spirituale e concreta alle comunità di Terra Santa è, dunque, ancora più necessaria per aiutarli a non partire. È un nostro dovere e impegno da perseguire nel tempo”.

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Cinema

Al cinema, una ‘ruvida’ storia americana nella Chicago anni ’60

19 Giu 2024

di Sergio Perugini

Il suo film precedente, “Loving” (2016), ha convinto critica e pubblico per il modo in cui ha saputo raccontare un amore che ha frantumato steccati sociali e pregiudizi: il matrimonio interraziale nella Virginia ancora segnata da fratture d’odio tra Richard e Mildred Loving, interpretati da Joel Edgerton e Ruth Negga. A distanza di 8 anni Jeff Nichols ritorna dietro la macchina da presa per raccontare un’altra pagina di storia americana, meno poetica e più ruvida, un film “on the road” fatto di passioni, motori e violenze. È “The Bikeriders”, film che ci riporta negli Stati Uniti degli anni ’60, nel Midwest, solcato in lungo e in largo da bande di motociclisti rivali; un mondo fatto di machismo, cameratismo e ribellioni, amplificato dal rombo del motore delle mitiche Harley-Davidson. Protagonisti Austin Butler, Jodie Comer, Tom Hardy e Michael Shannon.

La storia. Chicago anni ’60, Kathy (J. Comer) per fare un favore a un’amica si avventura in un bar dove incontra il motociclista Benny (A. Butler), perdendo subito la testa per lui. In breve tempo i due si sposano. Benny fa parte del clan dei Vandals guidato dallo scontroso Johnny (T. Hardy). La donna ben preso scoprirà a sue spese che i Vandals vengono prima di tutto, anche del suo matrimonio: tra i motociclisti c’è un legame che supera quello familiare, si appartengono e sostengono. Fare un passo indietro è impossibile…

(L to R) Jodie Comer as Kathy and Austin Butler as Benny in director Jeff Nichols’ THE BIKERIDERS, a Focus Features release. Credit: Kyle Kaplan/Focus Features. © 2024 Focus Features. All Rights Reserved.

“Quello che trovo interessante ed è quanto cerco di esprimere in ‘The Bikeriders’ – indica Nichols – coincide con la convinzione che la nostra ricerca per un’identità unica ci porti spesso a confluire in un gruppo. Risiede nella natura umana la necessità di voler appartenere (…). Più è specifico il gruppo, più chiara è l’identità che assumiamo. In alcuni momenti può essere una dinamica meravigliosa per le nostre vite. In altri rischia di essere terribilmente distruttivo. ‘The Bikeriders’ racconta entrambi i momenti”.

L’autore usa i riferimenti di una storia vera, accaduta e documentata del fotoreporter Danny Lyon nel 1968, per comporre una metafora sul vivere sociale di ieri e oggi, del bisogno di ritrovarsi tra pari, tra aggregazioni para-familiari, in cerca di senso e orientamento nella vita. Uno sguardo che attinge chiaramente molto al contesto socioculturale “a stelle e strisce”. Il racconto viaggia spedito, tra dosi massicce di machismo e adrenalina, combinate a lampi ricorrenti di violenza e ironia grottesca. Sullo sfondo sembra agitarsi lo spettro, l’omaggio del regista, al cult “Easy Rider” (1969) di Dennis Hopper, uno dei titoli “breccia” per la Nuova Hollywood, nel racconto puntellato da vita da strada, desiderio di libertà e dispersioni. E se gli interpreti ben sorreggono lo sguardo di Nichols con performance vigorose, a latitare sembra un po’ dinamica e senso di un racconto che non trova grande mordente. Viaggia spedito, vorticoso, ma a tratti poco ancorato da sostanza.

“Bridgerton. Stagione 3” (Netflix, 13.06)
Ne abbiamo parlato lo scorso maggio, con il lancio della prima parte della terza stagione di “Bridgerton”, popolare period drama targato Netflix e Shondaland ambientato nell’Inghilterra “Regency” con richiami alle narrazioni di Jane Austen ma addizionate in chiave pop e con una linea romance erotizzante.

La storia. Londra, quartiere Mayfair. Penelope Featherington (Nicola Coughlan) e Colin Bridgerton (Luke Newton) sono prossimi all’altare, passati felicemente dall’amicizia di lunga data all’amore. L’intensità del loro legame cresce, i preparativi del matrimonio fervono, ma le insidie della società dei pettegolezzi rischia di minare il tutto. In particolare, Penelope è sotto ricatto per la sua attività segreta come Lady Whistledown…

Bridgerton. Nicola Coughlan as Penelope Featherington in episode 306 of Bridgerton. Cr. Liam Daniel/Netflix © 2024

La terza stagione di “Bridgerton” risulta per la linea di racconto più compatta e accattivante delle precedenti, segno che la macchina narrativa migliora stagione dopo stagione.Il mix tra dimensione estetica – costumi, scenografie, ambientazioni e musiche – si amalgama in un racconto che unisce drama, romance e pathos, con lampi brillanti. Certo, in alcuni passaggi qualcosa sembra sfuggire di mano in chiave gratuita e banalmente provocatoria, ma al di là di queste scialbe dispersioni l’impianto narrativo marcia saldo nella logica dell’evasione brillante in chiave romance. “Bridgerton” affascina per le atmosfere ricercate, la coralità di un cast valido, ma soprattutto per le pagine di sentimento, che oscillano tra la raffinatezza di Jane Austen e la basicità di un Harmony.

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Ricorrenze

Gli auguri dell’intera diocesi all’arcivescovo Ciro Miniero per i suoi due importanti anniversari

foto ND
19 Giu 2024

Auguri al nostro arcivescovo mons. Ciro Miniero che oggi festeggia due importanti anniversari: il 19 giugno ricorrono il 42°anniversario di ordinazione presbiterale e il 13° anniversario di ordinazione episcopale.
In questa data del 1982, nella sua Napoli, veniva ordinato sacerdote dal cardinale Corrado Ursi mentre il 19 giugno 2011 veniva ordinato vescovo dal cardinale Crescenzio Sepe.

L’intera arcidiocesi si stringe con affetto intorno al suo pastore assicurandogli la preghiera e l’impegno di proseguire con entusiasmo il cammino di fede sotto la sua guida.

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Iniziative estive

Domani sera, giovedì 20, secondo incontro letterario di Moonbooks – libri sotto le stelle

Al Gatto matto – vineria bandita, alle ore 21, Anèt presenterà il libro ‘Ti presento Mario Costa’ di Alessandro Forresu

19 Giu 2024

Secondo appuntamento, giovedì 20 alle ore 21, di ‘Moonbooks – libri sotto la luna’, ciclo di incontri pensato per promuovere la creatività letteraria, incoraggiando – attraverso la conoscenza del nostro patrimonio editoriale – le esperienze di scrittura maturate sul territorio tarantino.

Nella rilassante cornice del ‘Gatto Matto – vineria bandita’ (viale Jonio, 355), la direttrice artistica Anna Abatemattei (giornalista e poliedrica artista tarantina conosciuta con il nome d’arte Anèt) modererà l’incontro con lo scrittore Alessandro Forresu, autore di “Ti presento Mario Costa”, libro rivolto principalmente ai bambini della scuola primaria, edito dalla casa editrice Erom di Roma.

Farà gli onori di casa Alessia Amato, direttrice editoriale della collana Cista scrinium (Delta3 Edizioni), che di ‘Moonbooks – libri sotto le stelle’ è ideatrice e curatrice insieme a Elvira Nistoro.

Cos’è Moonbooks

‘Moonbooks, libri sotto la luna’ si propone nel panorama culturale della nostra provincia come un talk show di voci ed emozioni che, di volta in volta, sarà dedicato alla narrativa, alla poesia e alla saggistica.

Approdi di conoscenza in cui, alla fine, ciascuno lascia una parte del proprio bagaglio per condividere il confronto. Il rumore delle parole si trasforma in uno strumento necessario per spezzare la calma apparente dell’oblio.

 

Alessandro Forresu,

giovane tarantino con esperienza musicale e teatrale.  

Ha conseguito la maturità classica al liceo classico Quinto Ennio di Taranto, la laurea di primo livello accademico e la laurea magistrale di secondo livello in discipline musicali – con indirizzo chitarra classica – al conservatorio di musica Giovanni Paisiello Taranto.

Ha scritto “Ti Presento Giovanni Paisiello” edito dalla casa editrice Erom di Roma rivolto ai bambini della scuola elementare, presentato al Festival Giovanni Paisiello organizzato dall’associazione Amici della Musica.

Grande la sua passione per il teatro tanto da spingerlo a frequentare la scuola di Arte drammatica “Talia” di Brindisi che ha fatto nascere in lui la voglia di scrivere la commedia in due atti “Piccola storia di amore e amicizia” pubblicata dalla casa editrice Scorpione, “Premio speciale del presidente di giuria”, nel “Concorso nazionale di poesia e narrativa Raffaele Carrieri”.

Ad aprile 2024 ha pubblicato “Ti presento Mario Costa”, libro anch’esso rivolto ai bambini della scuola primaria, edito dalla casa editrice Erom di Roma.

Il 18 maggio, Alessandro ha presentato il suo ultimo libro “La didattica musicale innovativa”, rivolto agli studenti dei conservatori di Musica.

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Politica italiana

Approvata in prima lettura la legge di revisione costituzionale per l’elezione diretta del presidente del Consiglio

foto Marco Calvarese-Sir
19 Giu 2024

di Stefano De Martis

Il Senato ha approvato con 109 voti a favore in prima lettura la legge di revisione costituzionale che introduce il cosiddetto premierato. In estrema sintesi, si tratta dell’elezione diretta del presidente del Consiglio a cui vengono attribuiti nuovi e assai più estesi poteri, in particolare in materia di scioglimento delle Camere. È la “madre di tutte le riforme”, per usare le parole della stessa Giorgia Meloni, e in effetti gli otto articoli in questione sono potenzialmente destinati a cambiare profondamente gli assetti istituzionali della Repubblica, modificando in pratica la forma di governo disegnata dalla Costituzione del 1948. Per entrare in vigore il testo dovrà essere approvato anche dalla Camera e successivamente, a distanza di almeno tre mesi, ri-approvato da entrambi i rami del Parlamento. Se non sarà raggiunto il quorum dei due terzi sarà possibile chiedere un referendum e l’ipotesi è considerata inevitabile in assenza di un’intesa con l’opposizione.
Vediamo i passaggi principali del testo uscito da Palazzo Madama. L’art.5, che riscrive l’articolo 92 della Costituzione, è quello centrale e caratterizzante. In esso si afferma che “il presidente del Consiglio è eletto a suffragio universale e diretto per cinque anni, per non più di due legislature consecutive, elevate a tre qualora nelle precedenti abbia ricoperto l’incarico per un periodo inferiore a sette anni e sei mesi. Le elezioni delle Camere e del presidente del Consiglio hanno luogo contestualmente”. “La legge – afferma ancora il testo – disciplina il sistema per l’elezione delle Camere e del presidente del Consiglio, assegnando un premio su base nazionale che garantisca una maggioranza dei seggi in ciascuna delle Camere alle liste e ai candidati collegati al presidente del Consiglio, nel rispetto del principio di rappresentatività e di tutela delle minoranze linguistiche. Il presidente del Consiglio è eletto nella Camera nella quale ha presentato la candidatura. Il presidente della Repubblica conferisce al presidente del Consiglio dei ministri eletto l’incarico di formare il Governo e nomina, su proposta del presidente del Consiglio, i ministri”. Come si può notare non sono indicate le modalità di elezione, rinviate a una successiva legge ordinaria, e soprattutto non è esplicitata una soglia minima di consensi necessari per far scattare il premio di maggioranza. Questo è un aspetto fortemente criticato dalle opposizioni che comunque contestano tutto l’impianto della riforma.
Un emendamento presentato dallo stesso esecutivo, il 7.900, regola le procedure nell’eventualità di una crisi, con l’intento di evitare i cambi di maggioranza (nel gergo giornalistico “ribaltoni”) e la formazione di governi “tecnici”. Il testo modifica radicalmente le attuali procedure. Eccolo: “In caso di revoca della fiducia mediante mozione motivata, il presidente del Consiglio eletto rassegna le dimissioni e il presidente della Repubblica scioglie le Camere. Negli altri casi di dimissioni, il presidente del Consiglio eletto, entro sette giorni e previa informativa parlamentare, ha facoltà di chiedere lo scioglimento delle Camere al presidente della Repubblica, che lo dispone. Qualora il presidente del Consiglio eletto non eserciti tale facoltà, il presidente della Repubblica conferisce l’incarico di formare il Governo, per una sola volta nel corso della legislatura, al presidente del Consiglio dimissionario o a un parlamentare eletto in collegamento con il presidente del Consiglio. Nei casi di decadenza, impedimento permanente o morte del Presidente del Consiglio eletto, il presidente della Repubblica conferisce l’incarico di formare il Governo, per una sola volta nel corso della legislatura, a un parlamentare eletto in collegamento con il presidente del Consiglio”.
Altri cambiamenti riguardano l’eliminazione della nomina dei senatori a vita, l’elezione del presidente della Repubblica (è sufficiente la maggioranza assoluta a partire dal sesto scrutinio, non dopo il terzo com’è attualmente) e la possibilità di scioglimento delle Camere anche durante il “semestre bianco” del Quirinale qualora tale atto sia “dovuto” (in sostanza se richiesto dal premier sfiduciato o dimissionario). Vengono inoltre precisati i casi in cui gli atti del presidente della Repubblica non richiedono la controfirma del governo: “La nomina del presidente del Consiglio dei ministri, la nomina dei giudici della Corte costituzionale, la concessione della grazia e la commutazione delle pene, il decreto di indizione delle elezioni e dei referendum, i messaggi alle Camere e il rinvio delle leggi”.
La riforma si applicherà “a decorrere dalla data del primo scioglimento o della prima cessazione delle Camere successivi all’entrata in vigore della disciplina per l’elezione del presidente del Consiglio dei ministri e delle Camere”. Quindi non in questa legislatura.

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Scuola e università

Maturità, Affinati: “La prima vera prova per i ragazzi. Più che il traguardo, va premiato il percorso compiuto”

foto Ansa-Sir
19 Giu 2024

di Giovanna Pasqualin Traversa

Ritorna l’esame di maturità, rito di passaggio all’età adulta, atteso (e temuto) da tutti gli studenti, articolato sul modello dell’anno scorso: due prove scritte a carattere nazionale e un colloquio; commissioni composte da commissari interni ed esterni e presiedute da un presidente esterno. Il 19 giugno, oltre 500mila studenti saranno impegnati nello svolgimento della prima prova, il compito di italiano. Il giorno successivo la seconda prova, che ha per oggetto le materie d’indirizzo. Il lunedì successivo alle prove scritte – quindi il 24 giugno – prenderanno il via i colloqui, il cui inizio per alcuni maturandi slitterà di qualche giorno a causa dei ballottaggi delle elezioni comunali. Ha ancora senso, così come è formulato, questo esame? Ed è un rito di passaggio o una prova di valutazione, considerando però che la percentuale dei promossi è sempre altissima? Ne parliamo con un educatore attento e sensibile, Eraldo Affinati, scrittore e insegnante romano, fondatore con la moglie Anna Luce Lenzi nel 2008 della scuola Penny Wirton (oggi oltre 60 in tutta Italia) per l’insegnamento gratuito della lingua italiana agli immigrati.

foto Ansa-Sir

“Gli esami di Stato che si tengono a conclusione del ciclo di studi delle scuole medie superiori – esordisce – sembrano a molti adulti un reperto del passato, ma non dovremmo mai dimenticare che per i giovani pronti a sostenerli rappresentano la prima vera prova cui si sottopongono.
In realtà la vera selezione è già avvenuta negli anni precedenti, fino al momento dell’ammissione, che ancora registra qualche mancata presenza. Gli scritti e gli orali, con tutte le loro ritualità, assomigliano a pure formalità, vista la risibile percentuale dei bocciati; tuttavia continuano ad avere una grande importanza simbolica, anche per il punteggio ottenuto”.

Professore, lo scenario culturale è tuttavia fluido e in continua evoluzione…
È la rivoluzione digitale ad averlo cambiato, modificando il rapporto con la realtà e con sé stessi, non soltanto dei giovani. Pensiamo alle diverse modalità di accesso al sapere oggi disponibili e alla conseguente necessità di stabilire gerarchie di valore in grado di orientarci nel web. Oppure al senso da attribuire all’esperienza, non accontentandoci di quella virtuale. O ancora ai sistemi cognitivi che entrano in gioco nella lettura spezzettata. Concentrazione, verifica delle fonti, applicazione, esercizio, analisi, apprendimento: tutto ciò oggi viene filtrato dalle più recenti tecnologie. Il sistema dell’esame è invece figlio dei criteri ermeneutici novecenteschi. E’ come se i ragazzi, nel momento in cui affrontano l’esame di maturità avessero a che fare con un meccanismo obsoleto. Però hanno l’abitudine a sentire questo scarto perché ci sono cresciuti; anzi alcuni di loro avvertono il fascino della civiltà appena trascorsa e vorrebbero recuperarla.
Il libro di carta, ad esempio, non è scomparso ma continua a recitare, anche agli occhi delle nuove leve, il suo ruolo essenziale.

foto: Issr Marvelli

Lei incontra alla Penny Wirton molti liceali impegnati nell’insegnamento della lingua italiana ai loro coetanei immigrati. Qual è il loro volto?
È proprio dall’osservazione di questi adolescenti impegnati a svolgere i Pcto ( Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento) che si alimenta la mia speranza. Studenti formati sui piccoli e grandi schermi, come tutti i loro coetanei, i quali sperimentano alla Penny Wirton una speciale relazione umana. Conoscono ragazzi della loro età, che non avrebbero mai incontrato se non avessero avuto la possibilità che noi gli abbiamo dato, provenienti da Africa, Oriente, Paesi slavi, Sudamerica. Per insegnare l’italiano si servono del nostro manuale, della ludodidattica di cui disponiamo, dei quaderni e del cellulare. Passano senza soluzione di continuità dalla penna al traduttore automatico, incarnando perfettamente il connubio fra vecchio e nuovo mondo.

Un biennio di “guerra” immateriale – il Covid – con oltre 120mila vittime e un pesantissimo carico di macerie sociali e psicologiche; oggi, da due anni, un duplice, spaventoso conflitto, questa volta reale, in Ucraina e in Israele. Come lo vivono i ragazzi e come far sì che questa esperienza rappresenti un’occasione di crescita umana?
In apparenza sembrano rimuovere i conflitti, ma molto spesso li vivono sottotraccia. Me ne rendo conto quando li metto a fianco dei profughi ucraini, oppure nel momento in cui certi minorenni africani raccontano le loro peripezie prima di arrivare a Lampedusa. Quest’anno, l’ultimo giorno di scuola alla Penny Wirton abbiamo fatto una piccola festa: per me il momento più bello è stato veder danzare insieme alcune ragazze dei nostri licei con egiziani neo-arrivati. Questi ultimi, di solito scatenati, parevano quasi intimoriti di fronte alle studentesse, forse perché non abituati alla promiscuità fra maschi e femmine. Poi sono arrivate delle signore gambiane ed etiopiche che si sono unite al ballo con grande disinvoltura. E tutto è diventato ancora più naturale e semplice, vista anche la presenza dei bambini. Vedendo questo gruppo ho pensato: ecco un modo per esorcizzare, nel nostro piccolo, i venti di guerra.

Secondo un sondaggio di Skuola.net, il 51% di circa mille maturandi preferirebbe affrontare il secondo dopoguerra e la seconda metà del Novecento piuttosto che “parlare di preistoria e dinosauri”. Di recente, anche il ministro dell’Istruzione Valditara aveva sollevato la questione di una possibile revisione dei programmi…
Ci vuole il giusto equilibrio. I programmi andrebbero rinnovati con giudizio. Dare più spazio al Novecento e oltre si può fare senza ridurre lo studio della storia antica, a mio avviso fondamentale. Ci sarebbe un grande lavoro da compiere sui libri di testo che dovrebbero essere molto più sintetici ed efficaci. Meno erudizione e più racconto storico; meno apparati e più sostanza. La scuola è il motore di trasmissione fra passato e futuro, oltre che uno strumento di formazione del nostro sguardo retrospettivo. Non dovremmo trattarla alla maniera di un polveroso contenitore da trasmettere da una generazione all’altra, bensì come un propulsore vitale, anche perché ogni volta che uno stesso argomento viene affrontato da un giovane, la tradizione si ricrea.

foto Ansa-Sir

Il tema di italiano, comunque lo si voglia considerare, continua a rimanere per il suo valore simbolico la prova principe. Un’indagine di Studenti.it rivela che poco meno della metà dei maturandi sta utilizzando l’intelligenza artificiale generativa per produrre modelli di tema funzionali alla prova. Ogni anno si apre, a posteriori, il dibattito sulle tracce proposte dal Ministero. Secondo lei, che caratteristiche dovrebbero avere?
Non sono importanti le tracce, ma il modo in cui si affrontano. In questa chiave l’intelligenza artificiale non può essere risolutiva. La stessa cosa potremmo dire per la letteratura: il tema conta poco. Vale molto di più lo stile, la voce unica dell’autore. Quanti resoconti abbiamo avuto sulla nostra tragica ritirata di Russia nella Seconda guerra mondiale? Tantissimi. E perché allora soltanto “Il sergente nella neve” di Mario Rigoni Stern raggiunge, insieme a pochi altri testi, la qualità di capolavoro? Ogni scolaro che affronta l’esame di Stato è chiamato a dare, nella prova di italiano, il suo contributo originale.
La scrittura resta, ancora oggi, lo strumento espressivo più importante per valutare la maturità di un giovane.

Infine, il colloquio, sempre vissuto dai ragazzi con apprensione, nel timore di non riuscire a dare, per l’emozione, il meglio di sé. Gli insegnanti sono più chiamati a giudicare o ad ascoltare e incoraggiare? Insomma, che “sguardo” dovrebbero avere sui maturandi?
Lo sguardo dell’insegnante nei confronti dell’alunno impegnato a sostenere l’esame dovrebbe essere sempre amorevole e comprensivo, il che non significa meno esigente e rigoroso. L’I care di don Lorenzo Milani non voleva dire: puoi fare ciò che vuoi, rinunciando agli obiettivi da raggiungere. Significava piuttosto: tu mi interessi nel profondo, come persona, e quindi io cercherò di portarti fino al traguardo, attraversando insieme a te i percorsi che abbiamo stabilito.
Dovrò sempre considerare la tua stazione di partenza, premiando il movimento che hai fatto registrare, prima ancora del traguardo eventualmente raggiunto. Nel caso in cui avrai mancato il risultato, io e i miei colleghi dovremo assumerci, insieme a te, la responsabilità del fallimento. Se ci sentiremo chiamati in causa quando le cose sono andate male, allora noi docenti avremo davvero conosciuto il senso autentico del nostro lavoro.

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Festeggiamenti patronali

Fino a domenica 23, festa per San Francesco di Paola, patrono della gente di mare

18 Giu 2024

di Angelo Diofano

Tornano nella chiesa di via Regina Elena, organizzati dai padri minimi, i festeggiamenti in onore di San Francesco di Paola, compatrono di Taranto e patrono della gente di mare.

Le celebrazioni prevedono per domani, mercoledì 19, alle ore 18, l’accoglienza e l’esposizione della sacra reliquia del calzare di San Francesco di Paola, proveniente dal Protocenobio di Paola; seguirà alle ore 19 la santa messa celebrata da padre Domenico M. Crupi, sacrista del santuario di Paola.

Giovedì 20, venerdì 21 e sabato 22, sante messe si terranno alle ore 8, alle ore 10.30 e alle ore 19.

Venerdì 21, Giornata della gente di mare, alle ore 10.30 la celebrazione eucaristica sarà presieduta da don Pasquale Didonna, cappellano militare del Comando interregionale marittimo sud, con la partecipazione di rappresentanti delle varie componenti della Marina Militare, autorità militari e civili, Associazione nazionale marinai d’Italia, Istituto Nastro Azzurro, Associazione Mauriziana Nastro Verde, Componente nazionale sommergibilisti; alle ore 19 santa messa per la marineria tarantina presieduta da padre Domenico M. Crupi, alla presenza dell’associazione Stella Maris-Apostolato del mare.

Sabato 22, Giornata degli infermi, alle ore 10.30 santa messa con Unzione degli infermi presieduta da padre Omar Javier Solis Rosales; alle ore 19, celebrazione presieduta dall’arcivescovo emerito di Reggio Calabria-Bova, mons. Giuseppe Fiorini Morosini. La giornata si concluderà alle ore 20.15 con il concerto in chiesa della Fanfara di presidio del Comando Interregionale Marittimo Sud diretta dal primo luogotenente m. Michele Di Sabato.

Domenica 23, festa del santo, sante messe si terranno alle ore 8.30 e alle 10.30, quest’ultima per i benefattori della parrocchia sarà celebrata da padre Domenico M. Crupi; alle ore 18 celebrazione eucaristica presieduta dall’arcivescovo emerito di Reggio Calabria-Bova mons. Giuseppe Fiorini Morosini.
Alle ore 19 muoverà la processione con l’antico simulacro ligneo del santo e la reliquia, accompagnata dalla “Grande orchestra di fiati Santa Cecilia” di Taranto, diretta dal maestro Giuseppe Gregucci. Al rientro, preghiera di ringraziamento.

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