Inizio ministero parrocchiale

Inizio del ministero dei nuovi parroci: celebrazioni dell’arcivescovo

foto G. Leva
27 Mag 2025

L’arcivescovo mons. Ciro Miniero presiederà la celebrazione eucaristica per l’inizio del ministero dei nuovi parroci nelle loro comunità parrocchiali:

venerdì 6 giugno, don Ciro Santopietro, nella parrocchia di Sant’Antonio da Padova, a Taranto;

domenica 8 giugno, mons. Carmine Agresta, nella parrocchia di Sant’Egidio, a Tramontone-Lama.

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Dati Istat

Nunzia De Capite (Caritas): “Incombono tre bombe sociali su cui intervenire subito”

Sono povertà, accesso alle cure ed emergenza abitativa: è quello che emerge dal rapporto Istat 2024

ph Marco Calvarese-Sir
27 Mag 2025

di Patrizia Caiffa

Grave povertà abitativa, esclusione sanitaria, mancanza di un reddito minimo universale: sono queste le tre priorità su cui serve intervenire con urgenza, secondo l’analisi dei dati contenuti nel Rapporto annuale dell’Istat 2024 presentato nei giorni scorsi, basato sugli indicatori europei. Secondo il rapporto il 23,1% della popolazione italiana è a rischio povertà o esclusione sociale (+0,3% rispetto al 2023). Aumenta la povertà di +2,8% per le coppie con almeno tre figli, i genitori single (+2,9%) e gli over65 che vivono soli (+2,3%). C’è inoltre un picco nella crescita della povertà tra le famiglie giovani: la percentuale passa dal 28,4% al 30,5% del totale. “Non bastano più misure settoriali e selettive”, sottolinea Nunzia De Capite, responsabile del servizio advocacy di Caritas italiana, “serve un intervento universale che consideri l’ampliamento delle vulnerabilità oggi diffuse in tutto il tessuto sociale: famiglie, giovani, anziani e singoli”. Se i dati fotografano un Paese in cui l’occupazione apparentemente cresce e i redditi aumentano, a una lettura più attenta emergono criticità strutturali: salari troppo bassi, lavoro discontinuo, crisi abitativa e rinuncia alle cure per motivi economici. Non solo: aumenta il rischio povertà per i giovani e si conferma l’esclusione digitale e sanitaria tra le fasce meno istruite della popolazione. Un quadro stabile ma allarmante, che non può essere lasciato alla sola risposta del terzo settore.

foto Siciliani Gennari-Sir


Qual è la fotografia che emerge dal nuovo rapporto Istat sulla povertà in Italia?

Si conferma purtroppo la stabilità di una povertà grave e persistente, su livelli molto alti. Questo è ormai da alcuni anni un elemento di forte preoccupazione, sia a livello familiare che individuale. Si conferma anche il gravissimo svantaggio dei cittadini stranieri: i dati sono gli stessi dell’anno scorso. Giovani, famiglie numerose e anziani soli sono i tre profili più colpiti.
La povertà, insomma, si sta generalizzando. Istat presenta due indicatori: uno è quello europeo, che consente il confronto con gli altri Paesi, e l’altro è l’indicatore italiano della povertà assoluta. La povertà assoluta, unica nel contesto europeo, si basa sulla spesa per consumi e su un paniere di beni e servizi considerati essenziali per una vita dignitosa, in base al contesto geografico. È un indicatore stabile, non soggetto alle crisi o alle recessioni, proprio perché definito su valori monetari fissi: se vuoi vivere in un certo contesto, devi affrontare determinate spese – casa, salute, alimentazione ecc. Ed è per questo che viene ritenuto molto affidabile: infatti, in genere si utilizza per comprendere l’andamento reale della povertà in Italia. L’indicatore europeo invece è più complesso: include il reddito, la spesa per beni essenziali (simile alla nostra povertà assoluta) e l’intensità lavorativa, cioè quanto si lavora rispetto al massimo lavorabile in una famiglia.

Perché è interessante l’indicatore europeo?
Perché, pur mostrando stabilità, ci rivela che per due componenti – reddito e lavoro – l’Italia è sotto la media europea. Questo significa che nel nostro Paese il livello delle retribuzioni e la capacità lavorativa sono più bassi rispetto ad altri Paesi Ue. Si confermano dunque fragilità strutturali del nostro sistema economico, che conosciamo da tempo, e che spiegano alcune apparenti contraddizioni nei dati del rapporto annuale. Ad esempio, il rapporto parla di un aumento dell’occupazione (+350 mila unità) e di un incremento dei redditi da lavoro. Tuttavia, il problema è che, nonostante più persone siano occupate, i salari orari restano bassi e le ore lavorate sono poche. Quindi le persone sono più esposte a problemi economici. Anche con più occupati, se non si lavora abbastanza o si guadagna poco, il rischio povertà resta alto. È un problema strutturale, tipico del nostro Paese, legato anche al part-time involontario (diffuso, soprattutto tra le donne) e alle basse retribuzioni in settori come i servizi alla persona. Chi lavora poco e viene pagato poco rientra nella categoria dei lavoratori poveri – il fenomeno dei working poor.

Cosa ci dicono i dati sulla povertà assoluta?
Il dato sulla povertà assoluta è un indicatore tutto italiano, basato sulla spesa minima necessaria per vivere dignitosamente. Non è influenzato da crisi o recessioni, ed è molto affidabile. Purtroppo, anche qui si registra una stabilità preoccupante: i livelli restano alti, in particolare per le famiglie numerose e con minori, ma cresce anche la quota di over 65 in difficoltà economica.

Quali sono le maggiori criticità emerse dal Rapporto Istat?
Tre: povertà abitativa, difficoltà di accesso alle cure, e assenza di un reddito minimo universale. La crisi abitativa colpisce in particolare i giovani: tra gli under 35, il tasso di grave deprivazione abitativa è salito al 12%, contro una media nazionale del 5,6%. Infine, l’attuale assegno di inclusione non copre tutti: esclude ad esempio le persone sole, soprattutto over 65.

Che ruolo ha l’istruzione in questo scenario?
Enorme. Chi ha un livello di istruzione più alto è più protetto dal rischio povertà, lavora di più, guadagna meglio e ha accesso più facile ai servizi. I dati lo confermano anche per la salute: nel 2021, chi aveva solo la licenza elementare ha avuto un tasso di mortalità doppio rispetto ai laureati. Questo è un dato che fa riflettere. Negli Usa era noto da tempo, ma ora succede anche da noi. Altro dato allarmante: il 9% degli italiani rinuncia a visite o esami specialistici per motivi economici o per le lunghe liste d’attesa. E stavolta non ci sono forti differenze tra Nord e Sud.

Quanto pesa la mancanza delle competenze digitali sul rischio povertà?
Questo è un dato gravissimo. L’Italia è 22ª su 27 in Europa. Non ci sono miglioramenti dal 2021. È una vulnerabilità futura che può tradursi in esclusione sociale anche nell’accesso ai servizi e alle misure di sostegno. Questo è un rischio serio di esclusione sociale futura.

Cosa non funziona nell’attuale Assegno di inclusione?
È troppo selettivo. Si concentra su famiglie con minori, disabili o persone non autosufficienti. Ma lascia fuori intere fasce: persone singole, anziani, lavoratori poveri. Non possiamo immaginare che un over 65 si reinserisca facilmente nel mercato del lavoro. Serve un reddito minimo universale.

Che proposte avanza la Caritas per il futuro?
Tre sono le priorità: ripristinare un sostegno economico universale per tutti coloro in povertà, senza divisioni rigide per categoria. Affrontare strutturalmente il tema dell’accesso alle cure, superando le disuguaglianze e le liste d’attesa. Intervenire sull’emergenza abitativa, soprattutto nelle grandi città, dove il costo della casa è ormai insostenibile. Il terzo settore non può farsi carico di questi problemi perché si tratta di diritti fondamentali che devono essere garantiti dallo Stato.
Non possiamo delegare alla solidarietà ciò che spetta alle politiche pubbliche. I tempi per intervenire sono stretti: il rischio è che alcune crisi diventino irreversibili.

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Regina caeli

Leone XIV: “Desidero solo entrare al vostro servizio”

Dopo il primo Regina caeli dalla finestra del palazzo apostolico, la prima messa da vescovo di Roma, a S. Giovanni in Laterano, e il momento di preghiera davanti alla tomba di papa Francesco, a Santa Maria Maggiore

ph Vatican media-Sir
27 Mag 2025

“Posso assicurarvi che vi amo, che desidero solo entrare al vostro servizio e mettere a disposizione di tutti le mie povere forze, quel poco che ho e che sono”: nella sua prima omelia da vescovo di Roma, per l’insediamento sulla Cattedra di San Giovanni in Laterano, Leone XIV ha preso in prestito le parole pronunciate dal ‘Papa del sorriso’, il beato Giovanni Paolo I, e sulla scorta di Papa Francesco ha delineato il volto della sua diocesi con tratti materni come la tenerezza, la disponibilità al sacrificio e la capacità di ascolto. Subito prima, in piazza dell’Aracoeli, ai piedi della scalinata del Campidoglio, l’omaggio della città di Roma, tramite il sindaco Roberto Gualtieri, al Romano Pontefice: un’antica tradizione che si era interrotta proprio con Papa Luciani, nel 1978, e che papa Prevost ha voluto riprendere. “Oggi posso dire che con voi e per voi sono romano!”, il suo saluto alla città, parafrasando le parole già utilizzate dal primo saluto dalla Loggia delle Benedizioni e riprese anche nella parte centrale dell’omelia al Laterano. Al termine della messa, il Papa si è affacciato dalla Loggia della basilica di San Giovanni in Laterano.
“Vivere la nostra fede – l’invito a braccio – specialmente durante questo anno del Giubileo, cercando la speranza, però cercando di essere noi stessi testimonianza che offre la speranza al mondo, un mondo che soffre tanto, tanto dolore per le guerre, la violenza, la povertà”.
Affaccio che si è ripetuto anche a Santa Maria Maggiore, dopo la preghiera davanti all’icona della Madonna Salus Populi Romani e alla tomba di papa Francesco: “Camminare insieme nella Chiesa, uniti come l’unica famiglia di Dio”.
Si è conclusa così l’intensa domenica  del Papa, cominciata con il primo Regina Caeli dalla finestra del Palazzo apostolico, da cui aveva rivolto un appello al coraggio della pace, e contrassegnata da bagni di folla in tutte le tappe, anche nel tragitto in papamobile tra le due basiliche.

“La Chiesa di Roma è erede di una grande storia, radicata nella testimonianza di Pietro, di Paolo e di innumerevoli martiri, e ha una missione unica, ben indicata da ciò che è scritto sulla facciata di questa Cattedrale: essere Mater omnium Ecclesiarum, Madre di tutte le Chiese”.

Il Papa ha cominciato con questa immagine l’omelia della messa per l’insediamento sulla cattedra di vescovo di Roma, nella basilica di S. Giovanni in Laterano. “Spesso papa Francesco ci ha invitato a riflettere sulla dimensione materna della Chiesa e sulle caratteristiche che le sono proprie”, l’identikit della Chiesa di Roma, sul solco del suo predecessore: “la tenerezza, la disponibilità al sacrificio e quella capacità di ascolto che permette non solo di soccorrere, ma spesso di prevenire i bisogni e le attese, prima ancora che siano espresse. Sono tratti che ci auguriamo crescano ovunque nel popolo di Dio, anche qui, nella nostra grande famiglia diocesana: nei fedeli, nei pastori, in me per primo”. Il riferimento è alle letture, e in particolare agli Atti degli Apostoli, che narrano “come la comunità delle origini ha affrontato la sfida dell’apertura al mondo pagano nell’annuncio del Vangelo”. “Non è stato un processo facile: ha richiesto tanta pazienza e ascolto reciproco”, ha fatto notare il pontefice citando Paolo e Barnaba, che sono saliti a Gerusalemme, cioè “non hanno deciso per conto loro: hanno cercato la comunione con la Chiesa madre e vi si sono recati con umiltà. Lì hanno trovato, ad ascoltarli, Pietro e gli apostoli”. “Si è così intavolato il dialogo che finalmente ha portato alla giusta decisione”, ha raccontato il Pontefice evidenziando la centralità dell’ascolto, in primo luogo dello Spirito: “così, quello che poteva sembrare un problema è divenuto per tutti un’occasione per riflettere e crescere”.

“La comunione si costruisce prima di tutto in ginocchio, nella preghiera e in un continuo impegno di conversione”, il monito, unito all’invito a farci “lettera di Cristo” gli uni per gli altri. Quello intrapreso dalla Chiesa di Roma è “un cammino difficile, ancora in corso, che cerca di abbracciare una realtà molto ricca, ma anche molto complessa”: “È però degno della storia di questa Chiesa, che tante volte ha dimostrato di saper pensare in grande, spendendosi senza riserve in progetti coraggiosi, e mettendosi in gioco anche di fronte a scenari nuovi e impegnativi”. E’ l’omaggio del Papa “al cammino impegnativo che la diocesi di Roma sta percorrendo in questi anni, articolato su vari livelli di ascolto: verso il mondo circostante, per accoglierne le sfide, e all’interno delle comunità, per comprendere i bisogni e promuovere sapienti e profetiche iniziative di evangelizzazione e di carità”. “Ne è segno il grande lavoro con cui tutta la diocesi, proprio in questi giorni, si sta prodigando per il Giubileo”, ha osservato Leone XIV: “Da parte mia, esprimo il desiderio e l’impegno di entrare in questo cantiere così vasto mettendomi, per quanto mi sarà possibile, in ascolto di tutti, per apprendere, comprendere e decidere insieme”, ha assicurato papa Prevost, ripetendo le parole di Sant’Agostino già pronunciate nel suo primo saluto alla Chiesa di Roma: “cristiano con voi e Vescovo per voi”. “Vi chiedo di aiutarmi a farlo in uno sforzo comune di preghiera e di carità”, la richiesta di Leone XIV, che ha ricordato anche le parole di San Leone Magno: “Tutto il bene da noi compiuto nello svolgimento del nostro ministero è opera di Cristo; e non di noi”.

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Cannes

‘Fuori’, una folata di vento dagli echi pasoliniani

27 Mag 2025

di Sergio Perugini

‘Fuori’ di Mario Martone, l’unico film italiano che è stato in concorso al 78° Festival di Cannes, racconta la scrittrice Goliarda Sapienza non attraverso un biopic classico, prevedibile, bensì uno sguardo circoscritto a un passaggio cruciale della sua esistenza, una polaroid su un’estate di cambiamenti.
Scorrono veloci l’esperienza del carcere a Rebibbia nel 1980, le ristrettezze economiche e le insofferenze per i rifiuti degli editori, ma è anche incontri che lasciano il segno e (ri)accendono la vis creativa. A interpretare la scrittrice la sempre misurata e incisiva Valeria Golino, che condivide la scena con le brave Matilda De Angelis ed Elodie. Targato Indigo Film, Rai Cinema e The Apartment – Fremantle, ‘Fuori’ è un film dallo spirito libero, in linea con la figura di Goliarda Sapienza, che affronta anche snodi problematici senza mai perdere eleganza.

Fuori, oltre le sbarre
Roma, 1980. Goliarda è uscita da poco di prigione, dopo aver scontato una pena per il furto di gioielli dall’abitazione di un’amica nella Roma bene. La scrittrice fatica a far quadrare i conti, si adopera con correzioni di bozze, cercando in ogni modo di far pubblicare il suo romanzo “L’arte della gioia”. Nel corso di quegli afosi giorni estivi si incontra con due ex compagne di cella a Rebibbia, Roberta e Barbara. La prima è insofferente alle regole sociali, anarchica, segnata dalla dipendenza da eroina; la seconda sta cercando di condurre una vita regolare, portando avanti un piccolo negozio di profumi in periferia. Quando si ritroveranno tutte e tre insieme rileggeranno i giorni precari e (in)felici del carcere, riannodando la forza dei loro legami…

Sulle tracce di Goliarda, e di Pasolini
Come una folata di vento. Così la scrittrice Goliarda Sapienza definisce il suo incontro con la tormentata Roberta all’inizio del film “Fuori”. Una brezza che sorprende e scompiglia. Un vento che corre lungo tutto il film diretto da Mario Martone e scritto dallo stesso regista insieme a Ippolita Di Majo, prendendo le mosse dai libri “L’università di Rebibbia” (1983) e “Le certezze del dubbio” (1987). L’autore non è interessato a raccontare la storia di Goliarda Sapienza in maniera convenzionale, la fotografa in un momento in cui la sua vita sembra deragliare e invece riprende nuovo corso. “È tratto da due suoi libri – racconta Martone – in cui lei mescola verità e immaginazione, e ho fatto lo stesso anch’io. Ho girato nella sua vera casa, nel carcere romano di Rebibbia con le detenute, ho rievocato la Roma del 1980 senza ricostruzioni, scavando con la macchina da presa nella città di oggi. ‘Fuori’ mi ha permesso di muovermi senza costrizioni, di lavorare su lunghe sequenze che non dovevano per forza approdare a qualcosa di concluso. Di lasciarmi andare alla deriva anch’io, portato dal vento di Goliarda Sapienza”. Martone indica con chiarezza il perimetro e l’iter narrativo del suo nuovo film. “Fuori” è una fotografia che afferra lo spirito anticonvenzionale e poetico di Goliarda Sapienza, ritratta in tutta la sua fragilità e desiderio di libertà. Siamo nell’anno in cui la sua vita è in stallo, tutti gli editori le rifiutano il manoscritto de “L’arte della gioia” (una gloria che purtroppo arriverà postuma) ed è rincorsa da avvisi di sfratto. In cerca di appigli, si ritrova con le amiche conosciute in carcere. È soprattutto con Roberta che stringe un legame particolare, che si muove sul confine ondivago tra amicizia e amore. Goliarda e Roberta sono differenti per età, estrazione sociale e vissuto. Dentro al carcere hanno sperimentano però una singolare uguaglianza e vicinanza: lì non ci sono classi sociali, ma tutte le detenute sono chiamate forzatamente a una dimensione “comunitaria”. In particolare, Goliarda è attratta dall’irrequietezza esistenziale di Roberta, dalla sua spigliatezza e solarità ai limiti dell’irriverenza; un’attrazione pronta a sconfinare, che le fa desiderare di starle accanto non (solo) come un’amica, nonostante il suo amore dolce e fermo per il marito Angelo (Corrado Fortuna). Dall’altro lato c’è Roberta, una giovane cresciuta con le ferite di una madre assente e problematica, alla ricerca di figure femminili che siano dei simulacri materni da venerare e al contempo da profanare. In Roberta vivono insieme disperazione e odio, desiderio di ascolto e astio respingente. Attraversando la Roma delle periferie “disgraziate”, quelle raccontate da Pier Paolo Pasolini in “Accattone” (1961) e “Mamma Roma” (1962), Goliarda si libera dei suoi problemi, li disinnesca, e ritrova uno sguardo nuovo, altro, nei confronti della vita. Si abbandona al vento rapsodico portato da Roberta e si lascia andare al cambiamento, cogliendo nuovi stimoli creativi e vitali. Quel momentaneo abbandono sembra curarle ansie e ferite interiori.

Candore tra le cicatrici
Martone è un autore nel pieno della maturità artistica – tra suoi titoli più recenti “Il giovane favoloso” (2014), “Il sindaco del rione Sanità (2019) e “Nostalgia” (2022) –, capace di governare abilmente la materia narrativa e di modulare sempre un efficace stile di racconto. Sa muoversi con eleganza con la macchina da presa nel tessuto urbano della Capitale, recuperando quello sguardo pasoliniano (più volte evocato tra personaggi-citazioni come la detenuta Mamma Roma oppure intere sequenze, in particolare quella della canzone dentro e fuori Rebibbia, intonata tra detenute e donne da poco libere), ma anche nei tornanti dell’animo dei personaggi. Martone sa scandagliare tormenti e fragilità, non soffermandosi però solo sulle cicatrici, ma andando a caccia di quella “purezza” umana ancora presente, sottopelle. “Fuori” è un film dolente e malinconico, che coinvolge nonostante i temi problematici e scivolosi; un’opera che non deraglia grazie alla mano esperta ed elegante del regista così come a interpreti intense e raffinate, Golino in testa.

 

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Eventi a Taranto e provincia

Al Medimex talk, incontri, film e libri per raccontare la musica

27 Mag 2025

Un ricco calendario di talk, incontri, film e presentazioni per raccontare la musica. Continua ad arricchirsi il programma del Medimex,  International Festival & Music Conference promosso da Puglia Culture nell’ambito delle azioni di Puglia Sounds, il progetto per lo sviluppo del sistema musicale regionale realizzato in collaborazione con Regione Puglia, che si svolgerà dal 17 al 21 giugno a Taranto con un numerose attività e i concerti di Massive Attack, Primal Scream e St. Vincent.

Tre i Talk in programma: martedì 17 giugno alle ore 19 al MArtA protagonista Charles Moriarty, fotografo, autore della mostra Amy Winehouse before Frank by Charles Moriarty, allestita sino al 6 luglio nel Museo Archeologico Nazionale di Taranto,  50 immagini inedite accuratamente selezionate dal suo archivio, una parte fondamentale dell’esperienza professionale e umana di una delle artiste più amate degli ultimi decenni. Giovedì 19 giugno, ore 18 Università, CGS 50 – “IL MITO” 1975-2025 Cinquant’anni di Canzoniere Grecanico Salentino con Luca De Gennaro e Mauro Durante, Roberto Licci, Rossella Pinto, Emanuele Licci per celebrare, anche con alcuni brani in acustico, uno dei gruppi più rappresentativi della scena pugliese. Infine venerdì 20 giugno, ore 10.30 Università,  Marc Urselli, produttore e ingegnere del vincitore di 3 Grammy Awards che ha lavorato con tra gli altri Lou Reed, Nick Cave, U2 e i Foo Fighters, racconterà storie e aneddoti su artisti, dischi e tour.  I Racconti, in scena al Teatro Fusco di Taranto, partono martedì 17 giugno, ore 21, con Once in a lifetime: la storia dei Talking Heads a cura di Radio Medimex, Michele Casella, Carlo Chicco,  Corrado Minervini e Sabrina Morea raccontano con immagini e suoni l’epopea della band. Mercoledì 18 giugno, ore 21, Billie Holiday: Chasing the Scream a cura di Roberto Ottaviano, il sassofonista pugliese, accompagnato dalla cantante Patrizia Conte e Dj Rocca, ripercorre la storia della leggendaria cantante statunitense. Giovedì 19 giugno, ore 21, Bob Marley: Canzoni di Redenzione, a cura di Carlo Massarini, un appuntamento per celebrare il cantautore giamaicano, il suo impegno e la sua musica a 80 anni dalla nascita. Venerdì 20 giugno, ore 18,30, The Clash: (Canzoni di) Gioia e Rivoluzione, a cura di Carlo Massarini con Don Letts, un appuntamento imperdibile con il regista, dj e agitatore culturale che ha sancito l’incontro tra punk e reggae. Sabato 21 giugno, ore 18.30, proiezione del documentario Blur: To The End con Cecile B e Dave Rowntree, batterista della band. Diretto da Toby L., il documentario descrive il capitolo più recente della storia della band, testimoniando il loro ritorno a sorpresa sulle scene con il disco ‘The Ballad of Darren’. Il documentario segue Damon Albarn, Graham Coxon, Alex James e Dave Rowntree nella fase di registrazione delle canzoni prima dei concerti sold-out allo stadio di Wembley di Londra.

Torna Medimex Book Stories, la sezione dedicata ai libri musicali curata da Corrado Minervini. Ermal Meta, Cristiano Godano, Erica Mou e Ghemon sono i protagonisti del programma di quest’anno, intitolato Deviazioni letterarie, che prevede quattro appuntamenti al Caffè Letterario Cibo per la Mente di Taranto alle ore 18.15. Martedì 17 giugno Ermal Meta presenta “Le camelie invernali” (La Nave di Teseo). Dopo il successo del suo esordio letterario con “Domani e per sempre” , Ermal Meta torna con un romanzo che esplora le profondità dell’animo umano attraverso la storia di Kajan, un giovane che cresce nel cuore dei conflitti del Novecento. Un’anima sensibile catapultata in mondi lontani, Kajan affronta sfide che mettono alla prova la sua resilienza e la sua capacità di amare. Mercoledì 18 giugno Cristiano Godano presenta “Il suono della rabbia. Pensieri sulla musica e il mondo” (Il Saggiatore). Il  frontman dei Marlene Kuntz, offre una raccolta di riflessioni profonde sulla musica e sulla società contemporanea. Attraverso una prosa intensa e coinvolgente, affronta temi come la bellezza, l’amore, l’umiltà, la dittatura, la libertà, la complessità e il cambiamento climatico. Giovedì 19 giugno Erica Mou presenta “Una cosa per la quale mi odierai” (Fandango Libri). In questo romanzo autobiografico la cantautrice pugliese racconta con delicatezza e sincerità la malattia di sua madre Lucia. Attraverso le pagine del diario materno, l’autrice ripercorre i nove mesi della malattia, intrecciandoli con la propria esperienza di futura madre. Un dialogo intenso tra passato e presente, che esplora l’amore filiale e la memoria. Venerdì 20 giugno Ghemon presenta “Nessuno è una cosa sola” (Rizzoli). Il noto rapper italiano offre un’autobiografia che esplora le molteplici sfaccettature della sua identità artistica e personale. Attraverso un racconto intimo e autentico, l’autore condivide le sue esperienze di vita, le sfide affrontate e le riflessioni sul significato di essere sé stessi in un mondo in continua evoluzione. Ad aprire le presentazioni i reading di Erika Grillo e Giorgio Consoli, due giovani attori del territorio.

Tutti gli appuntamenti sono ad ingresso gratuito, per alcuni è prevista la prenotazione obbligatoria informazioni su medimex.it

 

Medimex è un progetto Puglia Culture realizzato nell’ambito delle azioni di Puglia Sounds, il progetto per lo sviluppo del sistema musicale regionale promosso in collaborazione con Regione Puglia, finanziato a valere sul POC PUGLIA 2014/2020 I Asse VI Azione 6.8 nell’ambito dell’accordo tra Puglia Culture e Agenzia Regionale del Turismo Pugliapromozione, con il sostegno di SIAE – Società Italiana degli Autori ed Editori. Media Partner Rai Radio, Rai Radio 1, Rai Radio 2

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Oratori Anspi

Centodieci Agorà: promuovere le differenze includendo tutti

A cura dell’Anspi, coordinato da don Ettore Tagliente, una ‘tre giorni’ di formazione

27 Mag 2025

di Alessandra Munno

In preparazione al Grest 2025 e nell’ambito del progetto ‘Centodieci Agorà’ a cura dell’Anspi è in corso di svolgimento, una ‘tre giorni’ di formazione in tre diversi oratori, in cui sarà sviluppato il tema “ Promuovere le differenze includendo tutti!”
Con la formatrice nazionale Anspi Silvia Bortolotti, il presidente don Ettore Tagliente e il responsabile progetti zonali ‘Centodieci Agorà’ Christian Piscardi, si affronterà il tema dell’inclusione, un argomento fondamentale e includente del progetto stesso.
Ricordiamo che il progetto Anspi ‘Centodieci Agorà’ ha l’obiettivo di fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva; qualificarsi come opportunità di apprendimento permanente per tutti; ridurre le ineguaglianze; rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili.

I tre incontri sono stati programmati lunedì 26 maggio nell’oratorio ‘San Giuseppe’ di Faggiano; martedì 27 maggio nell’oratorio ‘San Domenico Savio’ di Torricella e mercoledì 28 maggio nell’oratorio ‘San Giuseppe dal cuore castissimo’di San Giorgio Jonico.
Nelle realtà oratoriali dell’Anspi vi è lo scopo di conoscersi gli uni con gli altri all’insegna della carità fraterna, non solo come simbolo di divertimento, ma anche come occasione per far riemergere i valori da sempre promossi: inclusione, rispetto, amicizia e solidarietà.
Il gioco rappresenta un ruolo fondamentale nei rapporti generazionali, favorendo interazioni significative tra diverse età e creando opportunità di apprendimento e socializzazione.
Tutto ciò conferma che l’oratorio, dal punto di vista sociale, è un luogo di aggregazione, inclusione e crescita che svolge una funzione educativa importante. Un luogo aperto, accogliente, dove i giovani possono trovare un punto di riferimento, un luogo di crescita e di sviluppo.

 

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Elezioni

Elezioni del sindaco: vanno al ballottaggio Bitetti e Tacente

26 Mag 2025

di Silvano Trevisani

Il ballottaggio era scontato. La presenza di sei candidati sindaci che pescavano in territori abbastanza eterogenei, non poteva certo far prevedere un’elezione al primo turno. L’8 e il 9 giugno, quindi, a Taranto si voterà, oltre che per il referendum, per scegliere chi sarà sindaco tra Piero Bitetti e Francesco Tacente. Questi i risultati quando gli scrutini (che a Taranto vanno avanti con esasperante lentezza) sono in pieno svolgimento.

Votanti

Ma cominciamo col dire che il numero dei votanti, nella città, è aumentato rispetto alle elezioni del 2022, quando si recò alle urne il 52,21% degli elettori. Questa volta ha votato il 56.60%: un numero non certo entusiasmante ma almeno in controtendenza del confronti del processo di disaffezione che si registra da un po’ di anni a questa parte. Una percentuale, del resto, perfettamente in linea con la media del voto in tutto il Paese. Va, tra l’altro, segnalato che, invece, nella città di Massafra la percentuale dei votanti è stata ancora una volta superiore al 70%.

Ballottaggio

Ma torniamo al ballottaggio, per il quale ci auguriamo che i tarantini non snobbino l’appuntamento, anche per poter dire lo loro anche sui referendum su lavoro e integrazione dei migranti. Gli elettori di Taranto dovranno scegliere, quindi, secondo quelle che erano le previsioni più ricorrente della vigilia: tra Piero Bitetti, espresso dal centrosinistra, e Francesco Tacente, espressione di liste trasversali che vanno da una parte del partito socialista alla Lega, includendo anche molti ex militanti del centrosinistra.

Bitetti, sostenuto da otto liste, ha ottenuto una percentuale che si attesterebbe sopra il 37%, ma sarebbe di gran lunga inferiore a quella ottenuta dalla somma delle liste, superiore al 40%. Un andamento simile a quanto accaduto per Tacente, accreditato circa del 25%. Segno opposto a quanto accaduto al centrodestra, dove Lazzaro ha preso più delle sue liste, e soprattutto ai 5Stelle, dove la Angolano ha preso ben più voti delle sue liste.

Ancora una volta, invece, resta al palo il candidato del centrodestra, cui Fratelli d’Italia e Forza Italia facevano leva per rilanciare un schieramento che da ormai vent’anni non riesce a tornare sulla poltrona del primi cittadino. Luca Lazzaro, che ha rimesso il suo incarico di presidente regionale dei Confcoltivatori per prendere parte alla competizione elettorale, si è fermato attorno a 20%.

Ancora una volta, inoltre, i 5Stelle confermano la loro difficoltà a imporsi nelle elezioni amministrative, nonostante il gran lavoro profuso dal vicesegretario nazionale, Mario Turco, a sostegno della candidata sindaca Annagrazia Angolano. Modesto il risultato di Mirko Di Bello, nipote della sindaca Rossana che, pur muovendosi con grande anticipo e potendo contare su ben sei liste di sostegno, non è andato oltre il 5%. Ma queste votazioni potrebbero anche segnare l’uscita di scena definitiva del movimento di At6, dal momento che Mario Cito. Il figlio ed erede politico di Giancarlo Cito, del quale solo pochi giorni fa si sono celebrati i funerali, non è riuscito, infatti, a raccogliere molti voti dalla sua lista, per altro ridotta.

Apparentamenti

Difficile prevedere cosa avverrà dalle urne del ballottaggio. Anche se di solito nel secondo turno non si confermano mai pienamente i risultati del primo, gli apparentamenti potrebbero avvantaggiare Tacente. Questo nel caso in cui il centrodestra si ricompattasse facendo convergere su di lui i propri voti. Le sue liste sono: Taranto Popolare, Prima Taranto, Patto Popolare, Fortemente Liberi, Noi Taranto, Riformisti per Taranto-Socialisti, Udc-Evviva Taranto .

Bitetti, sostenuto da Pd, Avs, Per Bitetti sindaco, Demos, Unire Taranto, Con Bitetti, Democrazia Cristiana e Partito Liberal Democratico-Azione dovrà cercare di ricucire con i 5Stelle. Che avevano rotto le larghe intese non condividendo la scelta imposta dal centrosinistra.

Potrebbe avere anche un qualche peso il voto, pur modesto, di Di Bello, che in un primo momento aveva dichiarato di non volersi “apparentare”. Ma ora tutto è possibile e, di fatto, bisognerà cominciare tutto da capo.

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Diseguaglianze territoriali

Qualità della vita dei giovani: Taranto è agli ultimi posti

26 Mag 2025

di Silvano Trevisani

Taranto conferma di non essere un territorio per giovani. Lo conferma il rapporto annuale de “Il Sole 24 Ore”, che colloca Taranto al terzultimo posto. Un minimo progresso rispetto agli anni scorsi quando è stata anche ultima nella classifica relativa, posto che quest’anno ha ceduto a Roma, che guadagna la coda della classifica. I motivi di questa bocciatura sonora della Capitale sono chiari e inequivocabili e partono dall’ultimo posto nella relativa graduatoria del canone di locazione, il 107°. in condivisione con Milano: in entrambe le città i costi per stanze e monolocali sono assolutamente proibitivi per i giovani. Milano, però, si risolleva brillando molto di più in altre classifiche, come quelle dell’occupazione giovanile e delle assunzioni a tempo determinato che la vedono prima. Malissimo le due metropoli per numero di incidenti notturni.

Ma Taranto è ultima per una serie di classifiche incontestabili: è agli ultimissimi posti per occupazione, numero di laureati, per assunzioni a tempo indeterminato e soddisfazione per il proprio lavoro. Ma anche per la presenza di giovani nelle amministrazioni pubbliche, che è scarsissima. Le cose vanno meglio, naturalmente, per il costo degli affitti e la percezione di insicurezza o gli incidenti stradali notturni.

Il lavoro si conferma ancora una volta come problema principale per il nostro territorio e un po’ per tutta la provincia. E questo incide notevolmente, come è logico aspettarsi, sulla diminuzione continua della popolazione residente. I giovani continuano ad andare via e a non tornare più. Le fragili politiche per il “ritorno al Sud” sono inefficaci, soprattutto perché prive di risorse economiche.

È di questi giorni un altro dato inquietante che spiega la mancanza di risorse pubbliche: il 60% degli italiani non paga le tasse e tutti i governi, di tutti i colori politici, hanno sempre difeso gli evasori (che, a loro dire, sarebbero persino una risorse per il Paese, essendo le classi produttive) e gravato dipendenti e disoccupati, sempre più poveri e sempre più isolati. Questo non fa che aumentare ancora il gap tra Nord e Sud, poiché tutte le classifiche, che riguardano anche bambini e anziani, vedono nella parte alta della classifica le città del Nord e in quella bassa le città del Sud.

“La Qualità della vita per fasce d’età del Sole 24 Ore rappresenta, da alcuni anni, – scrivono gli autori – un’utile bussola per fare il punto sulle fragilità di un Paese in piena crisi demografica, dove sempre più spesso si invoca la necessità di un patto generazionale che, anche attraverso i fondi del Pnrr, raccolga investimenti per lo sviluppo e il futuro dell’Italia. Le tre graduatorie verranno incluse, a fine anno, nella 36esima edizione della Qualità della vita”.

Sottolineiamo che per l’occupazione giovanile Taranto è terzultima seguita solo da Siracusa e Napoli. La situazione è drammatica e la grave crisi che sta colpendo l’industria, a partire dall’ex Ilva non lascia bene sperare, anche perché non si vedono i risultati dell’imprenditoria turistica che consentono a Lecce, ma anche a Brindisi, di salire in classifica.

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Tracce

Trump tifa per la Sampdoria?

Foto Reuters/Avvenire
26 Mag 2025

di Emanuele Carrieri

“Quando sarò eletto presidente degli Stati Uniti, farò smettere la guerra in Ucraina in meno di 24 ore”: questa fu la pappardella di Trump durante la campagna elettorale. Adesso che le ore si sono trasformate in mesi – quattro dal suo insediamento ufficiale nello Studio ovale della Casa bianca – si vede costretto a rinviare a data da destinarsi, e per l’ennesima volta, l’annuncio perlomeno di un cessate il fuoco. Questo è il risultato raggiunto a tutt’oggi, anche alla luce della ormai famosa telefonata di quasi due ore e mezza con Putin, presentata dallo stesso Trump come un passo avanti, finalmente concreto, verso la pace e finita in un nuovo, eclatante fiasco. Poi, per cercare di nascondere la realtà, ci si può attaccare a tutto. Alla durata della telefonata oppure al ritornello abituale – “Sono convinto che Putin voglia trattare” – già ripetuto da Trump una immensità di volte e che comunque mal si addice a uno che, trovandosi a capo della prima super potenza mondiale, dovrebbe guardarsi dal fare la figura di quello che attende, con pazienza e con il cappello in mano, le decisioni altrui. O, ancora, al consueto comunicato del Cremlino affidato al portavoce del ministro degli Esteri, la solita e immutabile – se non altro, nella espressione più che minacciosa del volto – Marija Zakharova: “la Russia è pronta a continuare i contatti diretti con l’Ucraina per la pace e ora spetta a Kiev”. È, in ogni modo, la conferma, se mai ce ne fosse bisogno, che, a distanza di più di tre anni dall’inizio dell’aggressione russa, per il Cremlino spetta, sempre e comunque, all’aggredito, e non all’aggressore, dimostrarsi disponibile alla trattativa. In ogni caso, a trattare su che cosa? Non certo su una tregua, su un cessate il fuoco che, per avere un minimo di senso, dovrebbe protrarsi per almeno un mese così come proposto, oltre che da Kiev, anche da Trump e da tutti i leader europei, Meloni inclusa. No, quella idea è stata già comunque rifiutata da Putin nel corso della telefonata presentata dallo zar di tutte le Russie “intensa e franca” che, nella terminologia della diplomazia, significa un disaccordo pressoché completo su tutta la linea. Allora, su che cosa altro? Sul fatto che, prima di fare tacere, anche solo temporaneamente, le armi, Kiev accetti un negoziato dalla durata indefinita e nel quale si discuta di tutto, inclusa la cessione dei propri territori già conquistati da Mosca e di quelli dove ancora si combatte. Non soltanto: inclusa la rinuncia formale a entrare in futuro nella Nato e nella Ue. Non basta: inclusa anche la propria cosiddetta “denazificazione” che, tradotto sempre in soldoni, significa la fine del governo Zelensky e la sua sostituzione con una nuova compagine gradita a Mosca, in stile bielorusso, alla Lukashenko. Domanda comprensibile: c’è qualcos’altro ancora? Sì, cioè lo smantellamento di tutte le forze armate ucraine di terra, di aria e di mare e la loro riduzione a una via di mezzo fra una milizia territoriale e una forza di polizia con i compiti di ordine pubblico. Pertanto, anche a volere considerare l’ipotesi, di per sé assurda, che gli ucraini siano disposti a sedersi intorno a un tavolo per trattare, non tanto una resa ma il proprio suicidio, quanto potrebbero durare dei negoziati del genere: dei mesi, degli anni? Ecco spiegato, con buona pace dei tanti alfieri, più o meno consapevoli, della propaganda russa, come e perché Putin abbia in testa una sola cosa: andare avanti a oltranza con la guerra. D’altra parte, non è il primo passante a pensarlo e a dirlo. “Si tratterà la pace solo dopo la nostra vittoria militare. Quando la avremo ottenuta, ci sarà la pace”. Sono parole di Alexandr Dugin, soprannominato “il Rasputin del Cremlino” o “l’ideologo di Putin”, immediatamente dopo la telefonata fra lo zar di tutte le Russie e Trump. Al colmo dell’entusiasmo, il teorizzatore ultranazionalista russo ha spiegato: “Se i due si sono messi d’accordo per risentirsi, allora tutto ciò è veramente magnifico!”. A gettare una secchiata di acqua fredda sulle aspettative create dal suo “franco e intenso colloquio” con Putin, è stato proprio lo stesso Trump dichiarando, durante la successiva conferenza – stampa, che “senza progressi nel negoziato mi sfilerò”. È tipico che Trump faccio ricorso a delle minacce inconsistenti, ma potrebbe anche trattarsi di un ricatto volto ad alzare, ancor più, la pressione su entrambe le parti. E c’è anche un’altra possibile interpretazione, assai meno rassicurante della prima, ossia che Trump stia considerando di disimpegnarsi offrendo a Putin – definito sempre nella conferenza stampa “un simpatico gentiluomo” – un successo diplomatico, oltre che una sorta di nulla osta a fare dell’Ucraina ciò che più gli pare e piace. Di certo, rispetto alle nuove sanzioni contro la Russia minacciate in precedenza, l’inversione a U di Trump è chiara. Provata anche dall’enfasi con cui ha rimarcato di “non poter pensare a un posto migliore del Vaticano per le trattative fra Ucraina e Russia”. Certo che l’unico a trovarsi di nuovo sotto pressione è ancora una volta Zelensky che è tornato subito a chiedere che gli Stati Uniti non si defilino dai negoziati. Un allarme fondato e che dà ragione anche alle preoccupazioni circa il rischio che – sull’Ucraina e non solo su quella – l’Occidente finisca per dividersi. Per fugare ogni ombra a riguardo, sarebbe bastato che Trump avesse domandato a Putin come mai la Russia sta rafforzando le proprie basi al confine con la Finlandia. Oppure, perché i suoi caccia hanno iniziato a fare da scorta alle petroliere della flotta fantasma russa violando gli spazi aerei territoriali di alcuni paesi della Nato. L’interrogativo di fondo a cui andrebbe data una risposta definitiva è, dunque, per chi fa il tifo Trump: per la pace, per sé stesso o per Putin? Come si dice a Taranto per indicare “un amico del giaguaro”, per la Sampdoria?

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Sport

Il nuovo record di Antonella Palmisano: la campionessa si rimette in marcia

26 Mag 2025

di Paolo Arrivo

Un esempio trascinante. Una campionessa, la marciatrice di Mottola, oro olimpico nella 20 km di Tokyo 2020, che continua a dare lustro all’Italia e al territorio in cui è nata: Antonella Palmisano è tornata protagonista nei giorni scorsi firmando il primato italiano agli Europei di Podebrady in Repubblica Ceca, nella competizione a squadre. A fare festa anche Massimo Stano che ha realizzato il record del mondo nella 35 km di marcia. Antonella Palmisano, alla conquista del secondo posto individuale, ha inoltre portato le sue compagne alla medaglia d’oro a squadre.

L’esordio di Antonella Palmisano nella 35 km

L’atleta classe 1991 ha abbassato di quasi tre minuti il record italiano. Ovvero ha concluso la prova con il tempo di 2h39:35 contro il precedente 2h41:54 realizzato da Eleonora Giorgi lo scorso ventidue febbraio ad Antalya. Antonella Palmisano ha dimostrato di saper primeggiare anche nella distanza dei 35 chilometri. Considerando che la spagnola Maria Perez ha fatto meglio di lei per soli 36 secondi. “Ormai mancavo solo io per il record italiano – ha dichiarato – è il primo della mia carriera a livello assoluto, e mi sono tolta il sassolino… Questa crono alla prima esperienza mi rende davvero tanto contenta: non ci credevo, e nei chilometri iniziali mi sembrava di andare troppo forte, poi ho lasciato i pensieri all’esterno”. La sua condotta di gara è stata impeccabile. E oltre alla tenuta, oltre a fare il risultato, si è divertita, in un certo senso.

Il riscatto

La campionessa europea di Roma 2024 ha confidato che nella 35 km ci vuole tanta pazienza e anche tempo per amarla. Lei, quindi, predilige sempre la 20 chilometri (“e spero di arrivarci con il sorriso a quella di La Coruña”). Ad ogni modo va sottolineato il percorso di crescita, la maturità di chi non è sazia mai. Nella vita o si vince o si impara, dichiarò la scorsa estate, quando i Giochi olimpici di Parigi non andarono secondo i piani sperati – fu costretta al ritiro, tra le lacrime, per le condizioni fisiche non ottimali. L’azzurra adesso è in forma e non intende fermarsi. Ne ha vinti di titoli nella sua carriera formidabile (diciannove quelli italiani), ma in ogni stagione ha qualcosa da imparare. Merito della sua umiltà, del talento, della caparbietà. La Coruña sarà un test utile a confermare il suo stato di forma. A capire dove potrà spingersi, la fuoriclasse della Puglia. Che ha già dimostrato la capacità di mettersi alle spalle i tempi più cupi.

A proposito di Puglia, la regione ha brillato, agli stessi Europei di Podebrady, anche con Francesco Fortunato: l’andriese, bronzo europeo a Roma 2024, ha ottenuto il secondo posto nella 20 km facendo il suo record personale (1h18:16). Quanto allo straordinario Stano, correndo in 2h20:43 l’atleta 33enne di Grumo Appula, cresciuto a Palo del Colle, ha polverizzato di quasi un minuto il record del canadese Evan Dunfee. A riprova di come anche nel mondo dell’atletica i talenti pugliesi non mancano. E possono avere un’altra marcia.

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Azione cattolica

La testimonianza laicale: quarto incontro del percorso FormAzione

26 Mag 2025

di Angela Giungato

Si è tenuto venerdì 23 maggio, al seminario arcivescovile, il quarto ed ultimo incontro del percorso di FormAzione per i responsabili di Azione Cattolica, con una tavola rotonda dal titolo ‘Laici impegnati nelle vicende del mondo e della storia. Giorgio La Pira testimone di ogni tempo’.

Il titolo riprende una frase del discorso di papa Francesco dell’incontro del 25 aprile 2024, con circa 100.000 aderenti all’Azione Cattolica, allora riuniti in piazza San Pietro in occasione della XVIII assemblea aazionale, che ha avuto come parola chiave ‘testimoni’. Hanno partecipato Vincenzo Di Maglie, Cesare Paradiso, Alessandro Greco e Fabio Mancini nel ruolo di moderatore.

Dopo un breve video con la biografia di La Pira, Vincenzo di Maglie, già presidente diocesano di Ac della nostra diocesi, ha inquadrato la figura del giurista attraverso due avvenimenti storici che hanno incrociato la sua vita: il fascismo, in gioventù, e il Concilio Vaticano II, durante la maturità. La sua opposizione al fascismo nasce dal ritenere fondamentale per il cristiano discernere ed intervenire nella storia, rimanendo fedele al Vangelo. Del Concilio è stato sicuramente, come tanti altri laici, un precursore, in particolare del capitolo sui laici della Lumen gentium e dell’Apostolicam actuositatem, in cui è proprio dei laici coniugare la vita di fede con la vita sociale. La Pira fu sentinella e presidio delle scelte audaci che deve fare il cristiano, nonostante le difficoltà della storia.

Nel secondo intervento, Cesare Paradiso, autore del libro ‘La povera gente attende ancora’, ha evidenziato di aver avuto come linee portanti della sua scrittura due testi di La Pira. Nel primo, ‘La nostra vocazione sociale’ (1945), l’autore colloca l’Azione Cattolica nel campo democratico, rifiuta ogni totalitarismo, afferma il valore della persona umana, apre un ponte verso i valori della Costituzione italiana, a cui i cattolici democratici daranno un contributo fondamentale. Con il gruppo di ‘Cronache sociali’ (La Pira, Lazzati, Fanfani, Dossetti) fa opposizione interna alla Democrazia cristiana diventata troppo moderata e considera la Chiesa, in confronto con la comunità primitiva degli Atti degli Apostoli, troppo domenicale e sonnacchiosa, passata dall’incendio all’incenso; egli però ritiene di non avere questa vocazione sociale, si vede e vive come un contemplativo, anche se da sindaco sarà capace di scelte molto concrete.

Nel secondo scritto ‘L’attesa della povera gente’ (1950), critica il capitalismo che provoca povertà. Il testo è pieno di citazioni bibliche e viene criticato all’interno della Chiesa da un lato per l’interesse ritenuto inopportuno verso tali argomenti e dall’altro per i troppi riferimenti biblici da parte di un laico. Da questa prospettiva nasce il suo fondamentale contributo all’articolo 3 della Costituzione sull’uguaglianza di tutti cittadini e sull’impegno della Repubblica per rimuovere tutti gli ostacoli per la sua realizzazione. I suoi temi, ovvero, lotta alla povertà, visione globale dei problemi del mondo, pace, disarmo, dignità dei lavoratori, restano ancora, pur nelle diversità dei tempi, molto attuali.

Nel terzo intervento, Alessandro Greco, giovane di Azione Cattolica e delegato alla Settimana sociale di Trieste, con passione e competenza ha sottolineato il rischio che, ricordando queste figure, si rimpiangano nostalgicamente tempi e personaggi passati, senza vedere le persone che oggi si impegnano e vivono le sfide della storia: abbiamo scoperto Davide Sassoli dopo la sua morte.

La Settimana sociale dei cattolici di Trieste più che contenuti, certamente validi, ha consegnato un metodo di lavoro laboratoriale, fondato sullo scambio di esperienze e sulla partecipazione. Il mondo cattolico deve scrollarsi di dosso la nostalgia del passato sociale e politico, e deve entrare nella logica del lievito nella massa. Il delegato ha sottolineato, inoltre, la necessità di creare luoghi per far partecipare e parlare le persone; a tal proposito, ha ricordato le piazze della democrazia, luoghi pubblici in cui si dibattono temi cruciali per la società. L’Ufficio diocesano della pastorale sociale e del lavoro sta progettando tali momenti, dopo quello vissuto il 16 maggio con il confronto tra i candidati sindaci per Taranto.

Nel dibattito è stato ripreso il tema della formazione laicale e della catechesi, che nell’ordinarietà deve essere aperta alle problematiche sociali, per maturare una fede incarnata e non sganciata della vita. Ed è questo che la presidenza diocesana ha provato a concretizzare con il corso FormAzione che per quest’anno si è concluso.

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Rigenerazione sociale

Concluso il progetto con gli studenti del Pitagora, promosso da ‘Noi&Voi’ insieme a ‘Salpiamo’

26 Mag 2025

A scuola di legalità, in classe e in trasferta, per mare, uscendo in barca a vela e per terra, con escursioni in città vecchia, alla riscoperta del proprio territorio. Si è concluso da qualche giorno il progetto realizzato dall’associazione ‘Noi&Voi’, in collaborazione con l’associazione ‘Salpiamo’, nell’ambito di un percorso di alternanza scuola lavoro condotto con gli studenti della 3ªE dell’Ites Pitagora, istituto superiore diretto da Nadia Bonucci.
L’idea rientra nel progetto ‘Oltre l’Ombra’, finanziato dall’impresa sociale ‘Con i bambini’. Dallo scambio comunicativo con gli alunni e dall’uso della metodologia dello spazio simbolico è nato un lavoro su sé stessi, sul gruppo e sull’acquisizione di competenze per riconoscere la bellezza e l’unicità in sé, nell’altro e nell’ambiente circostante. Da qui uno sguardo nuovo, raccontato con scatti fotografici rimaneggiati e ricomposti in tre collage, con il supporto dell’illustratore e visual artist Alessio Sangregorio. “Il progetto – spiega Gianpaolo Pisconti, esperto di educazione alla legalità e parte del team di ‘Oltre l’Ombra’ – nasce dal presupposto che il contrasto alla povertà educativa in un territorio protegga da devianza e violenza giovanile e che, declinato nel contesto scolastico, possa diventare un’occasione di arricchimento e rinnovamento. Andare per mare, scoprire la fotografia, guardare con altri occhi il proprio territorio, sono esperienze rimaste nella memoria di questi ragazzi, rafforzando il gruppo e la sua coesione”.

“Gli studenti hanno apprezzato molto il progetto – racconta il prof. Giorgio Rossano del Pitagora – perché è stato cucito su misura per loro. Hanno amato il rapporto con il mare e il laboratorio creativo. Li ha fatti sentire una squadra. Hanno guardato la città vecchia con un occhio differente e adesso c’è da scoprire tanto altro in altri quartieri della città”.

“L’unica tavola che hanno realizzato insieme a me – spiega Alessio Sangregorio – è stata la terza. Ho cercato di fornire loro gli strumenti per farcela insieme. Non abbiamo privilegiato il discorso creativo quanto il senso del gruppo, lavorando per costruirlo passo passo”.

“La legalità non è solo rispetto delle regole – conclude Umberto Di Toppa, presidente dell’associazione Salpiamo – ma è soprattutto promozione di una cultura alternativa alla violenza. Questo abbiamo voluto trasmettere ai ragazzi attraverso le varie attività, da quelle legate al mare, a quelle creative, mirate a valorizzare i contesti che frequentano: dalla classe, alle relazioni in famiglia e nel proprio quartiere, fino alla città, vista da terra e dal mare”.

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