Giornata mondiale

Informazione e responsabilità: la 59ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali

03 Giu 2025

di Giada Di Reda

La 59.ma Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, celebrata domenica 1 giugno, coincidente con la solennità dell’Ascensione, è un potente invito a proseguire la riflessione sul ruolo della comunicazione in tutti gli ambiti.
Un messaggio lanciato da Francesco, prontamente raccolto e rilanciato da papa Leone XIV, a cui tutti, credenti e non, siamo chiamati a rispondere.
Si potrebbe partire dalla più comune definizione di comunicazione, ovvero “il fatto di comunicare, cioè di trasmettere qualcosa ad altri o ad altro”, oppure “rendere partecipe qualcun altro di un contenuto o di uno stato d’animo”; concretamente, far conoscere qualcosa a qualcun’ altro, utilizzando mezzi di diffusione. Partendo da queste definizioni, non è azzardato affermare che si tratta di un’azione vitale, e dare ragione del primo assioma della comunicazione, che recita: “non si può non comunicare”.

Papa Francesco, nel Messaggio per la LIX delle comunicazioni sociali, pubblicato il 24 gennaio, giorno in cui si celebra San Francesco di Sales, patrono della stampa cattolica, partiva dalla necessità di “disarmare la comunicazione, di purificarla dall’aggressività”.
“Troppo spesso oggi la comunicazione non genera speranza, ma paura e disperazione, pregiudizio e rancore, fanatismo e addirittura odio. Troppe volte essa semplifica la realtà per suscitare reazioni istintive; usa la parola come una lama; si serve persino di informazioni false o deformate ad arte per lanciare messaggi destinati a eccitare gli animi, a provocare, a ferire”.
Riecheggia, oggi più che mai, nel discorso del santo padre, il cuore del messaggio, tratto dalla prima di Lettera di Pietro: «Condividete con mitezza la speranza che sta nei vostri cuori» (1Pt 3,15-16).
Un invito rivolto a tutti gli operatori coinvolti, ad un mese dall’inizio del Giubileo – anno di grazia giunto in un periodo storico così travagliato – ad essere comunicatori di speranza, attraverso una mitezza che deve partire dal cuore, per essere trasmessa attraverso le giuste parole da condividere con il mondo; una fiducia di cui i professionisti dell’informazione devono farsi portavoce.

Allo stesso modo, papa Leone XIV, in occasione del primo incontro con gli operatori della comunicazione, che si è svolto nella mattinata di lunedì 12 maggio, nell’aula Paolo VI, sul solco dell’invito lanciato dal suo predecessore, ha sottolineato la necessità di ripartire dalle parole per costruire una cultura della pace, attraverso una comunicazione fatta di parole ‘disarmate’, dialogo e ascolto. Raccontare la verità, per essere uomini liberi e difendere “la dignità, la giustizia e il diritto dei popoli a essere informati, perché solo i popoli informati possono fare scelte libere”. Mettere da parte, attraverso la comunicazione, ogni aggressività, competizione, per continuare a cercare umilmente e con amore, la pace.

Ecco che la condivisione di informazioni, sulla scia delle parole dei papi, può trasformarsi in una potente arma di difesa e diffusione del bene, dell’amore, strumento per la costruzione di ponti; un valido strumento per scogliere i nodi del dissidio e indicare soluzioni pacifiche alle controversie. La storia non potrà mai dimenticare, in tal senso, l’appello di papa Giovanni XXIII, durante la crisi di Cuba, quando rivolgendosi ai governanti delle due grandi potenze coinvolte, Urss e degli Usa, invitò con forza a deporre le armi per ricercare tutte le vie possibili di pace, evitando in questo modo una catastrofe umanitaria.

Nel tempo delle tensioni e delle incertezze, in un clima di complessità, la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, e i messaggi di cui è portatrice, ci ricorda che comunicare è anche un atto etico e spirituale, che richiede il coraggio della scelta, della responsabilità e del discernimento.

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Tracce

Uno stupendo gol … nella propria porta

Berkeley – Foto Ansa/Avvenire
03 Giu 2025

di Emanuele Carrieri

Lo shock del discorso di insediamento di Trump è stato, in questi mesi, accantonato dalla abitudine agli annunci, agli attacchi, alle inversioni di marcia, ai proclami, alle provocazioni e a centotrenta ordini esecutivi firmati in cento giorni. Però l’abitudine non è una faccenda positiva se crea assuefazione e, innanzitutto, se restano, sul tappeto del tavolo di lavoro, tutti i problemi, gravemente non risolti: dalle guerre che avrebbe dovuto far terminare in 24 ore ai temi economici e, primariamente, al caos sui dazi, aggrovigliatosi ancor più nelle ultime ore. Ormai è chiaro il fatto che la autentica vocazione di Trump sia quella del baro seduto al tavolo da gioco del poker e che una lettura soltanto commerciale dell’universo lo induca a ridurre qualsiasi questione a una trattativa nella quale si spara molto alto per ottenere comunque qualcosa. Vale per tutti l’esempio del trambusto sui dazi: al di là che la decisione avversa della Corte del commercio internazionale degli Stati Uniti è stata valida solo per poche ore perché la Corte di appello ha accettato il reclamo dell’amministrazione, la realtà dei fatti racconta che le tariffe effettive applicate oggi dagli Stati Uniti sono ben sei volte superiori a quelle praticate soltanto pochi mesi fa. Nel frattempo, il dollaro si è deprezzato aiutando le esportazioni americane. Per quanto raggiunti in modo quasi casuale, poco ortodosso e anche controproducente, sono, comunque, dei risultati che Trump può illudersi di aver incamerato a sostegno dell’economia americana. Fra tutte le battaglie che Trump sta combattendo ce n’è una che al contrario non ha alcun senso da qualsiasi punto la si osservi, e non solo in termini etici o di opportunità: è quella iniziata contro le principali università. La destra americana più anacronistica, più ortodossa e più reazionaria non ha mai digerito gli ambienti delle università, in special modo quelle più prestigiose, perché ritenuti “radical chic” nella migliore delle ipotesi, se non proprio ambienti “rivoluzionari salottieri” o, senza sottintesi, di sinistra o addirittura comunisti. Quella destra non ha mai tollerato di quelle università l’attenzione ai problemi sociali, spesso annessa all’attivismo e alla lotta per la giustizia. Come non ricordare, su questo tema, le forti tensioni ai tempi del “Black Lives Matter” – movimento originato fra gli afroamericani che lotta contro il razzismo verso le persone nere – e le accuse dei repubblicani di radicalismo e esagerazione circa la reale portata delle problematiche sociali denunciate? Fin qui è un discorso politico, una urticante battaglia di retroguardia sovranista che non aspettava altro che un appiglio per scagliarsi contro le università. La scusa è stata quella di non aver impedito episodi di antisemitismo, nei campus, durante le proteste contro il governo di Netanyahu per la mattanza nella striscia di Gaza. Ma sugli esiti della guerra scatenata contro Harvard e le altre grandi università a colpi di tagli ai fondi e di revoca dei visti necessitano delle considerazioni commerciali, economiche, mercantili, visto e osservato che è la logica sta tanto a cuore a Trump e al suo team. La elencazione delle contestazioni corre il rischio di essere densa. Allo stato attuale, la stretta non colpisce solo le élite universitarie ma ha una conseguenza sull’intero sistema economico: nell’anno accademico 2023 – 2024, sono stati più di un milione gli studenti provenienti dall’estero che hanno contribuito per oltre quaranta miliardi di dollari all’economia statunitense. All’interno di questo panorama sono compresi stati tutt’altro che dem, come il Texas, che, per esempio, ha guadagnato due miliardi e mezzo di dollari dagli studenti stranieri. Ma occorrono anche delle considerazioni relative a beni immateriali, come il talento, l’ingegno, la genialità. La stragrande maggioranza delle startup di successo che nasce, ogni anno, negli Stati Uniti ha a piè di pagina una firma straniera. La capacità di attirare i “fenomeni” da ogni angolo del pianeta è, del resto, sempre stata una delle grandi forze degli Stati Uniti. Se gli Stati Uniti ottennero la bomba atomica prima di ogni altro fu per lo svizzero Felix Bloch, il danese Aage N. Bohr, l’inglese James Chadwick, il tedesco Einstein, l’italiano Fermi, l’austriaco Robert Frisch, la cinese Wu Jianxiong, il polacco Jozef Rotblat, lo svedese Glenn Seaborg, il canadese Louis Slotin, l’ungherese Leo Szilard e per tanti, molti scienziati provenienti da altre nazioni del mondo. A pensarla così dev’essere anche Allison D. Burroughs, la giudice federale di Boston che ha bloccato la revoca del Dipartimento di Sicurezza Interna dell’utilizzo da parte di Harvard del programma per studenti e visitatori di scambio. Forse – avrà pensato il genio di turno nello Studio ovale – è una pericolosa toga rossa. Però se un Paese è attrattivo lo deve anche al valore delle sue università. Università prestigiose si trasformano nella vocazione di attirare le intelligenze migliori, di formare nuove generazioni di manager e imprenditori, di creare le future classi dirigenti, di fornire cervelli brillanti alle aziende, in sostanza di creare valore. Basta guardare la classifica delle migliori università del mondo: il Massachusetts Institute of Technology, Harvard, Princeton, Stanford, il California Institute of Technology, Berkeley e Yale. Come l’idea di abbattere quei ponti di cui l’umanità ha da sempre bisogno possa divenire un tornaconto per gli Stati Uniti rimane un fatto incomprensibile. Anche perché i cervelli quando iniziano una fuga, non si fermano più e vanno in altri posti, forse in Cina. Uno stupendo goal … nella propria porta.

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Diocesi

Comunità neocatecumenali: le missioni in piazza

foto Paolo Mancarella
03 Giu 2025

di Paolo Mancarella

A distanza di due settimane dalla missione in piazza Carmine, nel borgo della città, le comunità neocatecumenali di Taranto, Statte e Sava hanno stazionato, nel tardo pomeriggio di domenica 1 giugno, nei giardini Curci del rione Tamburi per testimoniare la gioia che viene dall’incontro con Cristo risorto.

Accompagnate da padre Angelo Bistoni, viceparroco di Gesù Divin Lavoratore, famiglie con tanti bambini hanno cantato e danzato sulle note dei salmi per richiamare il quartiere ad accogliere la luce del Vangelo.

Alcuni fratelli hanno condiviso, brevemente, accadimenti della loro vita, illuminati dalla azione salvifica del Signore. Circostanze comuni a tante vite. Un rapporto interrotto per oltre venti anni con il padre e poi recuperato attraverso il gesto di un perdono, la morte del coniuge e la quotidiana Provvidenza sperimentata in famiglia, il dolore di una madre per un figlio in carcere lenito dal graduale riavvicinamento del ragazzo a Gesù o il decorso di una malattia grave vissuto in serenità, con il sostegno della preghiera e dell’eucarestia.

D’impatto, poi, il racconto di un fratello vittima domenica scorsa di un investimento, con un volo di tre metri. Non ha riportato nessuna frattura, solo contusioni. Attribuendo il lieto fine alla presenza con sé della teca con Gesù eucarestia che stava portando ad un malato.

Centro dell’incontro, la proclamazione del Vangelo di Giovanni sul dono dello Spirito Santo di Gesù risorto ai discepoli, seguito da una catechesi.

Dal 2013, nel tempo pasquale, il cammino neocatecumenale organizza la missione nelle piazze. Una evangelizzazione semplice basata sull’annuncio della resurrezione alle persone che si trovano a frequentare la piazza, invitandole all’ascolto del Vangelo.

Di prassi la piazza è usata per la rivendicazione di valori politici, economici e sociali, in queste occasioni per una parola di speranza ad una generazione che non conosce Dio.

I fratelli del cammino che hanno animato la missione hanno recepito il monito dell’apostolo Paolo a Timoteo: Annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno”.

Se poi si ragiona in ottica di risultati, in una fase storica dove big data e algoritmi orientano qualsiasi decisione aziendale, consolano le parole del Vangelo di Marco dove Gesù ricorda che il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa”.

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Diocesi

‘Il discernimento e la spiritualità degli evangelizzatori’

La terza giornata di comunità alla Sacro Cuore di Statte

03 Giu 2025

di Lucia Lanza

Con la terza giornata della comunità si concludono gli appuntamenti della parrocchia del Sacro Cuore di Statte dedicati alla riflessione sull’Esortazione apostolica ‘Evangelii gaudium’. La scomparsa di papa Francesco ci aveva profondamente destabilizzati, lasciandoci un senso di smarrimento e dolore. Tuttavia, abbiamo accolto con gioia e speranza l’elezione di Leone XIV, il quale in occasione dell’incontro del collegio cardinalizio tenutosi lo scorso 10 maggio, ha dichiarato di «sentirsi chiamato a proseguire questa scia» sottolineando alcuni punti fondamentali dell’Evangeli Gaudium: il ritorno al primato di Cristo nell’annuncio, la conversione missionaria, la crescita nella sinodalità, l’attenzione al ‘sensus fidei’ e alla pietà popolare, la cura degli ultimi, il dialogo coraggioso con il mondo contemporaneo.

I primi due incontri vissuti dalla comunità guidati da don Giovanni Agrusta si sono rivelati opportunità preziose per confrontarsi e mettere in luce le problematiche della vita parrocchiale, al fine di favorire cooperazione e condivisione tra i vari membri. Pertanto quest’ultima tappa, grazie anche alla presenza di padre Saverio Zampa che si è dimostrato particolarmente arricchente per tutti i presenti, ha offerto un’ulteriore occasione d’introspezione, analisi e preghiera circa il discernimento e la spiritualità degli evangelizzatori.
Nella Chiesa si parla di evangelizzazione e promozione umana, ma è fondamentale ragionare in maniera inclusiva e non esclusiva mediante polarità, quindi non con l’aut/aut ma con l’e/e, per evitare di cadere in contrapposizioni rigide che dividono o limitano la comprensione della realtà. Non esiste solo una priorità, ma possono essercene molte.
Partendo dall’invito di papa Francesco a vivere un discernimento autentico, guidato dallo Spirito Santo, al fine di diventare evangelizzatori gioiosi e coraggiosi, padre Saverio ha presentato e spiegato i “criteri-guida” introdotti dal Papa e contenuti nei numeri 221-237 dell’Evangelii Gaudium, utili per il discernimento, appunto, e per adottare decisioni consapevoli e responsabili nella vita sociale ed ecclesiale.

A cosa servono questi principi e che cosa bisogna dare priorità?
Il primo è ‘il tempo è superiore allo spazio’ (222-225). Questo è il principio del seminatore: il Papa ha invitato a riscoprire la gradualità e l’importanza di avviare i processi che hanno bisogno di tempo per svilupparsi. È l’antidoto al “tutto, subito e qui”. Il tempo indica un orizzonte aperto verso il futuro, mentre lo spazio riporta ad un limite che chiude e conclude, quindi significherebbe risolvere tutto e subito. In altre parole, questo principio esorta ad investire nella formazione e non chiedere un servizio immediato, ma anche nella promozione della riforma della Chiesa.

Il secondo principio è ‘l’unità prevale sul conflitto’ (226-228). Ogni relazione è caratterizzata dall’incontro e dallo scontro, da vedute e progetti differenti. Al fine di far fronte ai possibili conflitti, Papa Francesco ha offerto un criterio di comportamento e afferma che i conflitti non vanno ignorati, ma devono essere accettati e il modo migliore per farlo, il più adeguato, è accettare di sopportare il conflitto, cercando insieme i punti in comune.

Il terzo criterio è ‘la realtà è più importante dell’idea’ (231-233): la realtà semplicemente è, l’idea si elabora. Queste due dimensioni devono dialogare costantemente al fine di evitare che l’idea si distacchi dalla realtà. Tale principio, anche chiamato ‘principio di realtà’, per i cristiani ha fondamento nel mistero dell’incarnazione: Gesù è uomo e Dio. Gesù si è radicato nella storia, pertanto è importante valorizzare la storia e la tradizione della Chiesa. La Parola realizzata produce opere di giustizia e carità.

L’ultimo criterio-guida è ‘il tutto è superiore alla parte’ (234-237). Si tratta di un principio molto pratico che invita a non cadere nel quotidiano, e al tempo stesso a non perdere di vista il locale. La priorità sta nell’evitare di cadere in questi due estremi: l’uno, che i cittadini vivano in un universalismo astratto e globalizzante, ignorando ciò che accade nel mondo; l’altro, che diventino un museo folkloristico, costretti a rimanere sul proprio senza allargare all’universale. Il Papa ha fatto riferimento all’immagine del poliedro, una figura geometrica in cui il tutto si compone di singole facce, ognuna delle quali mantiene la sua identità, ma è assunta dalla figura complessiva: riflette la confluenza di tutte le parzialità che in esse mantengono la loro originalità.

Dopo aver approfondito i quattro criteri, padre Saverio ha illustrato il capitolo quinto dell’Evangelii Gaudium, sezione dedicata al protagonista dell’evangelizzazione: lo Spirito Santo. Quest’ultimo si manifesta mediante la spiritualità, cioè un modello di Spirito che viene dal Vangelo, in altre parole, incarnare il Vangelo secondo uno stile.

Ma qual è la spiritualità di un evangelizzatore? È aprirsi senza paura alla spiritualità che viene dallo Spirito Santo per vivere con coraggio l’annuncio e la conversione missionaria. È vivere la gioia profonda che nasce dall’incontro con Gesù, gioia che deve essere trasmessa con entusiasmo e testimonianza autentica. È avere una profonda passione nei confronti di chi soffre, vivendo esperienza di appartenenza e comunione con il popolo di Dio. È uscire dalla propria comodità per raggiungere chi è lontano dalla fede e dall’incontro con il Risorto.

In seguito al primo momento della giornata, i partecipanti, divisi in piccoli gruppi, hanno avuto modo di confrontarsi tra loro rispondendo a tre quesiti:

Papa Francesco ci affida quattro criteri-guida per una vita sociale e religiosa orientata al bene. Quale di questi potrebbe maggiormente ispirare le nostre scelte personali e comunitarie? Nel tuo cammino di fede ricordi quando hai fatto l’esperienza nell’incontro personale con Gesù? Come questo momento, dell’incontro con il Risorto, ha inciso nella tua vita cristiana e nel tuo servizio nella comunità? Le iniziative nella comunità in che modo alimentano la tua spiritualità?

Dal dibattito conclusivo è poi emerso che i principi enunciati da papa Francesco sono complementari, in quanto tutti e quattro affrontano le sfide della vita ecclesiale e sociale, insieme formano un quadro dinamico favorendo un cammino di comunione e responsabilità condivisa. Ogni storia è diversa, ciascuna conduce ad una strada che a sua volta confluisce nella comunità. Tuttavia l’incontro con il Risorto è sempre inaspettato e spesso frutto della mediazione di una terza persona che ti invita a partecipare o a seguirlo in una determinata occasione. Poi all’invito segue la risposta dell’interessato, attiva e del tutto personale. Infine le iniziative nella comunità che alimentano la spiritualità non mancano, ma gli orari non sempre soddisfano le esigenze di chi vorrebbe parteciparvi.

L’’Evangelii Gaudium’, quindi, non è solo un programma pastorale, ma un invito a vivere una fede che trasforma, un cammino di conversione e di rinnovamento personale e comunitario, per essere segno autentico della presenza di Dio nel mondo e portatori di una gioia capace di attrarre e coinvolgere tutti.

 

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Giubileo

L’unità nella relazione: il Giubileo delle famiglie, dei bambini e degli anziani

03 Giu 2025

di Giada Di Reda

Si è tenuto dal 30 maggio all’1 giugno, il Giubileo delle famiglie, dei bambini e degli anziani: un abbraccio tra generazioni, un richiamo ad una “unione universale” che restituisce all’uomo il senso della relazione e della cura.

A Roma si sono recati circa 70.000 pellegrini, provenienti da ben 120 paesi sparsi tra i cinque continenti; numerosi gruppi sono arrivati dalle varie città italiane, oltre che da Spagna, Stati Uniti, Polonia, Portogallo, sud America e Svizzera. Tantissimi i rappresentati delle diocesi italiane e i gruppi di associazioni e movimenti tra cui ricordiamo Agesci, Azione Cattolica Italiana, Comunità neocatecumenali, Unitalsi, Catholic Grandparents Association, Movimento francescano, Movimento dei Focolari.

Tre giorni intensi e partecipati, con un ricco programma di eventi culturali e spirituali, iniziati venerdì 30 con il pellegrinaggio alle porte sante delle basiliche papali, con la possibilità da parte dei visitatori di ricevere il sacramento della riconciliazione. Nel pomeriggio la chiesa di Trinità dei Monti ha ospitato spettacoli, concerti e giochi per i più piccoli, il tutto accompagnato alla venerazione delle reliquie di Santa Teresa di Lisieux e dei coniugi Martin.

Sabato 31 maggio, le piazze romane hanno ospitato tantissimi momenti di animazione dedicati a tutti. Importanti i momenti culturali, come una catechesi sul tema della vecchiaia nella Basilica di Santa Maria in Trastevere, e un seminario internazionale organizzato dalla Federazione delle associazioni familiari cattoliche (Fafce), con la partecipazione del Dicastero per i laici, la vita e la famiglia, intitolato ‘Reti di famiglie per il futuro della Chiesa’.

Nel tardo pomeriggio dalle ore 18.30 alle 20, in piazza San Giovanni in Laterano, si è svolto un momento molto intenso con la ‘Festa della famiglia’ e la veglia di preghiera.

Il momento di festa, condotto dalla presentatrice Lorena Bianchetti, ha visto la partecipazione, di alcuni ospiti d’eccezione come l’attore Giovanni Scifoni, le band di Christian Music The Sun e Gen Verde e il giovane sassofonista Alfio Russo.

Alcune associazioni familiari, nello specifico l’Associazione papa Giovanni XXII, l’Equipe Notre Dame, Famiglie per l’accoglienza, Famiglie nuove – Focolari e Nonni 2.0, hanno raccontato la loro testimonianza di impegno e la loro esperienza a favore della famiglia. Agli ingressi di piazza San Giovanni i volontari hanno distribuito ai partecipanti 10.000 copie della nuova edizione della ‘Bibbia del Fanciullo’, a cura della Fondazione pontificia ‘Aiuto alla chiesa che soffre’.

Il Giubileo si è concluso con la messa presieduta da papa Leone XIV, in piazza San Pietro, animata da migliaia di fedeli provenienti da tutto il mondo.

Il pontefice nella sua omelia, partendo dal vangelo di Giovanni, ha messo al centro il concetto di unità e relazione tra gli uomini, all’interno di una società fondata sulla relazione. Non un’unità indistinta, poiché “Il Signore non vuole che noi, per unirci, ci sommiamo in una massa indistinta, come un blocco anonimo, ma desidera che siamo uno: «Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola» (v. 21). L’unità, per la quale Gesù prega, è così una comunione fondata sull’amore stesso con cui Dio ama, dal quale vengono al mondo la vita e la salvezza. E come tale è prima di tutto un dono, che Gesù viene a portare. È dal suo cuore di uomo, infatti, che il Figlio di Dio si rivolge al Padre dicendo: «Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me»”.
E ancora, emerge la forza del comandamento dell’amore nella relazione e nella cura: “Appena nati abbiamo avuto bisogno degli altri per vivere, da soli non ce l’avremmo fatta: è qualcun altro che ci ha salvato, prendendosi cura di noi, del nostro corpo come del nostro spirito. Tutti noi viviamo, dunque, grazie a una relazione, cioè a un legame libero e liberante di umanità e di cura vicendevole”.
Papa Leone, vuole sottolineare che quando l’amore tra le persone si fonda su Cristo, la famiglia diventa un simbolo, un esempio di pace nel mondo.
Proseguendo nel suo discorso, egli ha ricordato la proclamazione di santi e beati coniugi – come i Martin, i Beltrame Quattrocchi e la famiglia Ulma – riconoscendo in questi un segno potente dei tempi, poiché “additando come testimoni esemplari degli sposi, la Chiesa ci dice che il mondo di oggi ha bisogno dell’alleanza coniugale per conoscere e accogliere l’amore di Dio e superare, con la sua forza che unifica e riconcilia, le forze che disgregano le relazioni e le società”.

Infine, una profonda riflessione sul ruolo del matrimonio nella società e nella trasmissione della fede: “Per questo, col cuore pieno di riconoscenza e di speranza, a voi sposi dico: il matrimonio non è un ideale, ma il canone del vero amore tra l’uomo e la donna: amore totale, fedele, fecondo (cfr S. Paolo VI, Lett. Enc. Humanae vitae, 9). Mentre vi trasforma in una carne sola, questo stesso amore vi rende capaci, a immagine di Dio, di donare la vita. Perciò vi incoraggio ad essere, per i vostri figli, esempi di coerenza, comportandovi come volete che loro si comportino, educandoli alla libertà mediante l’obbedienza, cercando sempre in essi il bene e i mezzi per accrescerlo. E voi, figli, siate grati ai vostri genitori: dire “grazie”, per il dono della vita e per tutto ciò che con esso ci viene donato ogni giorno, è il primo modo di onorare il padre e la madre (cfr Es 20,12). Infine a voi, cari nonni e anziani, raccomando di vegliare su coloro che amate, con saggezza e compassione, con l’umiltà e la pazienza che gli anni insegnano”.
In queste parole il papa descrive il matrimonio come una vocazione autentica e feconda, in cui i coniugi hanno la possibilità e il dovere di trasmettere ai propri figli quell’amore reciproco, trasformandosi in testimoni e generatori di fede e amore verso il prossimo e il mondo.

Una tre giorni per ripensare il ruolo della famiglia, simbolo di unione tra generazioni, quale centro e fulcro di speranza, luce e fede vissuta e trasmessa: una guida per il presente, un faro sempre acceso per il futuro.

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Diocesi

Sant’Emidio, iniziative per il centenario della proclamazione a patrono di Leporano

03 Giu 2025

di Angelo Diofano

Una giornata di grande significato e profonda emozione ha avuto luogo nella parrocchia Maria SS Immacolata, dove si è tenuta una conferenza stampa per annunciare l’apertura dell’anno giubilare. L’evento ha visto la partecipazione di numerosi giornalisti e membri della comunità, tutti uniti da un comune senso di appartenenza.
Il parroco don Giancarlo Ruggieri ha innanzitutto ringraziato l’arcivescovo mons. Ciro Miniero e la Santa Sede per aver accolto la richiesta, in occasione del centenario dalla proclamazione di Sant’Emidio patrono di Leporano, di far diventare chiesa giubilare la parrocchia leporanese, luogo di incontro e di pellegrinaggio per coloro che desiderano ricevere l’indulgenza plenaria, un segno tangibile di grazia in questo anno speciale. Con commozione, egli ha evidenziato la coincidenza dell’apertura dell’anno giubilare con i festeggiamenti patronali. Con grande orgoglio, ha ricordato che questa devozione, nata dopo il devastante terremoto del Salento nel 1742, ha radici profonde nel cuore del popolo leporanese.

Successivamente, il sindaco Vincenzo Damiano ha preso la parola, esprimendo con gioia la volontà dell’amministrazione comunale di avvicinare anche le giovani generazioni al culto del santo. Attraverso il progetto Anspi e la parrocchia, in collaborazione con l’istituto comprensivo Gemelli, dal titolo “Sant’Emidio: patrono di tutte le generazioni seconda edizione”, i ragazzi avranno l’opportunità di rappresentare il santo patrono con un’opera destinata a diventare l’immagine simbolica della locandina celebrativa, vista attraverso gli occhi dei bambini. L’iniziativa porta con sé il profondo desiderio di trasmettere tradizioni e valori di fede a chi verrà dopo di noi.

Luigi Marino, segretario del consiglio pastorale e voce della comunità, ha poi espresso l’entusiasmo e la gratitudine palpabile tra i leporanesi durante questi giorni di preparativi. Ha sottolineato quanto ognuno, nel proprio piccolo, desideri partecipare a questo evento storico, unendosi in una preghiera collettiva e in una grande devozione verso Sant’Emidio, momento di riflessione e un viaggio di fede che coinvolge tutti, simbolo della forza della comunità.
In conclusione, don Giancarlo ha ringraziato calorosamente i presenti, rinnovando l’importanza di questo grande dono di grazia, l’anno giubilare concesso dalla Santa Sede per Leporano, un’occasione unica non solo per rendere omaggio al santo patrono, ma anche per rinnovare il nostro impegno di fede.

L’incontro si è poi concluso lasciando un’impronta di positività nei cuori di tutti e aprendo nuove porte per collaborazioni future, in nome della fede e della tradizione.

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Regina caeli

La domenica del Papa – Il messaggio alle famiglie

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03 Giu 2025

di Fabio Zavattaro

Domenica in cui la chiesa in Italia celebra l’Ascensione, un tempo di attesa per dirci che sono passati quaranta giorni dalla sofferenza vissuta da Maria sotto la croce, dalla gioia della domenica di resurrezione, e che ci avviciniamo alla festa di Pentecoste che nella tradizione ebraica era la festa della mietitura, occasione per ringraziare Dio dei frutti della terra. Tempo per rendere testimonianza al Signore, nel cui nome, come scrive Luca, “saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati”. Evento che l’evangelista pone al termine della vita di Gesù e che gli Atti narrano come tempo che segna l’inizio del compito dei discepoli “testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria, fino ai confini della terra”. È il momento in cui si conclude la presenza umana e terrena di Gesù, poi sarà il dono promesso dal Padre, lo Spirito Santo, il dono “del Consolatore, di colui che li accompagnerà, li guiderà, li sosterrà nella missione, li difenderà nelle battaglie spirituali”. Gesù, afferma papa Francesco al Regina caeli, “non sta abbandonando i discepoli. Ascende al Cielo, ma non ci lascia soli”. Occasione per papa Leone di ribadire che il Signore “non vuole che noi, per unirci, ci sommiamo in una massa indistinta, come un blocco anonimo, ma desidera che siamo uno: come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola”.

In piazza San Pietro, questa domenica, si celebra il Giubileo delle famiglie, dei nonni e degli anziani, e il vescovo di Roma ricorda che abbiamo ricevuto la vita prima di volerla e appena nati abbiamo avuto bisogno di altri per vivere, “da soli non ce l’avremmo fatta”. Viviamo, dunque, grazie “a una relazione, a un legame libero e liberante di umanità e di cura vicendevole”. Questa umanità a volte viene tradita: quando “s’invoca la libertà non per donare la vita, bensì per toglierla, non per soccorrere, ma per offendere”. Ma anche “davanti al male, che contrappone e uccide” la preghiera di Gesù al Padre per noi “agisce come un balsamo sulle nostre ferite, diventando per tutti annuncio di perdono e di riconciliazione”. Il Signore ci vuole “uno, nelle nostre famiglie e là dove viviamo, lavoriamo e studiamo: diversi, eppure uno, tanti, eppure uno, sempre, in ogni circostanza e in ogni età della vita”. Così saremo “segno di pace per tutti, nella società e nel mondo”. Dalle famiglie “viene generato il futuro dei popoli”.
Ricorda quindi i coniugi proclamati beati e santi proprio perché famiglia, “testimoni esemplari come sposi”; in questo modo la chiesa ci dice che “il mondo di oggi ha bisogno dell’alleanza coniugale per conoscere e accogliere l’amore di Dio e superare, con la sua forza che unifica e riconcilia, le forze che disgregano le relazioni e le società”.
Così “con il cuore pieno di riconoscenza e di speranza” Leone XIV guarda le famiglie e dice, citando l’Humanae vitae di papa Paolo VI: “il matrimonio non è un ideale, ma il canone del vero amore tra l’uomo e la donna: amore totale, fedele, fecondo. Mentre vi trasforma in una carne sola, questo stesso amore vi rende capaci, a immagine di Dio, di donare la vita”.

Quindi si rivolge ai genitori e li invita a educare i figli “alla libertà mediante l’obbedienza, cercando sempre in essi il bene e i mezzi per accrescerlo”.
Ai figli dice di essere grati ai genitori “per il dono della vita e per tutto ciò che con esso ci viene donato ogni giorno, è il primo modo di onorare il padre e la madre”.
A nonni e anziani la raccomandazione “di vegliare su coloro che amate, con saggezza e compassione, con l’umiltà e la pazienza che gli anni insegnano. In famiglia, la fede si trasmette insieme alla vita, di generazione in generazione: viene condivisa come il cibo della tavola e gli affetti del cuore”. E con Sant’Agostino ci ricorda che un giorno saremo “una cosa sola nell’unico Salvatore, abbracciati dall’amore eterno di Dio”.

Nel Regina caeli chiede che “la fede, la speranza e la carità crescano sempre nelle nostre famiglie” e chiede a Maria di sostenere le famiglie “nelle loro difficoltà: penso specialmente a quelle che soffrono a causa della guerra in Medio Oriente, in Ucraina e in altre parti del mondo. La Madre di Dio ci aiuti a camminare insieme sulla via della pace”.

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