Politica internazionale

Dazi, Coldiretti: con incertezza, crolla l’export Made in Italy

22 Lug 2025

L’incertezza legata all’evolversi della situazione e i dazi aggiuntivi minacciati dal presidente statunitense Donald Trump hanno fermato la crescita in valore dell’export agroalimentare italiano negli Stati Uniti, che a maggio è crollata al +0,4%, con risultati peraltro negativi per tutti i prodotti più esportati, dal vino all’olio fino a formaggi e passata. È quanto emerge dall’analisi della Coldiretti su dati Istat diffusa in occasione dell’Assemblea della Coldiretti.
Dopo un primo trimestre dell’anno dove le esportazioni agroalimentari hanno fatto segnare una crescita media in valore dell’11%, da aprile (primo mese di applicazione dei dazi aggiuntivi al 10%), si è passati al +1,3%, per poi scendere ulteriormente a maggio. A pesare – sottolineano da Coldiretti – è anche il fatto che le tariffe aggiuntive sono andate a sommarsi a quelle già esistenti, penalizzando in particolar modo alcune filiere cardine. Attualmente i formaggi pagano un dazio al 25%, il pomodoro trasformato e le marmellate e confetture al 22%, i vini intorno al 15%, la pasta farcita al 16%, secondo l’analisi dell’organizzazione agricola. Il risultato è che a maggio sono calate le esportazioni in valore per alcuni dei prodotti simbolo, dall’olio extravergine d’oliva (-17%) ai formaggi (-4%) fino al pomodoro trasformato (-17%), mentre sul fronte del vino si segnala un recupero del 3% rispetto al dato negativo di aprile.
“La diminuzione dei consumi sul mercato americano non è data solo dall’incertezza dei dazi: c’è l’inflazione in aumento e c’è anche una svalutazione del dollaro nei confronti dell’euro che rende i nostri prodotti più cari”, spiega Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, aggiungendo che “se andiamo a sommare tutto questo al 30% di dazi minacciato ora in particolare sugli alimentari abbiamo un effetto quasi insostenibile per la nostra economia, visto che per l’agroalimentare il mercato Usa è il secondo per importanza a livello globale. Detto ciò, mi pare chiaro che la risposta non possono essere i controdazi bensì un accordo tra pari”. Per Vincenzo Gesmundo, segretario generale di Coldiretti, “serve trovare un accordo che tuteli le nostre imprese senza fare cedimenti sul fronte della qualità e della sicurezza alimentare, con un cambio di passo rispetto a una situazione attuale dove la presidente della Commissione Ue von der Leyen non si è letteralmente vista, incapace di mettere sul piatto le numerose aperture e concessioni fatte agli Usa negli ultimi mesi su molteplici fronti, a partire dal forte aumento del contributo europeo alle spese Nato. Ci ritroviamo così a vivere una situazione paradossale e asimmetrica nei nostri rapporti con l’America che rischia di infliggere un colpo mortale al nostro export”.

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Libri

L’ultima raccolta poetica di Daniele Giancane e le sua fede assoluta nella poesia

22 Lug 2025

di Silvano Trevisani

“Non posso sfuggire ad un destino che è iscritto nelle mie cellule: sono irrimediabilmente un poeta. Non so se sia una cosa positiva o negativa, so che non posso essere altro. Ogni avvenimento che attraversa la mia vita mi diventa poesia”. Una dichiarazione di assoluta chiarezza, questa che apre l’ultimo volume di Daniele Giancane: “La danza azzurra del destino”, dato alle stampe per le Edizioni Milella di Emanuele Augieri, a cura di Anton Nikë Berisha. Una dichiarazione di amore assoluto, del resto non nuova, ma che percorre questo come tutti i numerosissimi libri del poeta e saggista barese, che per lunghi anni ha insegnato Letteratura per l’infanzia all’Università di Bari. Una dichiarazione che ritroviamo anche esplicitata nelle poesie che compongono la raccolta, come “Il mio Dio è la poesia”, “Il poeta torna”, “La poesia nasce se pensi”, e così via.

Chi conosce Daniele conosce bene anche la sua visione assolutizzante della verità poetica, che non concede mai spazio alle manipolazioni, alle strumentalizzazioni, e ancora meno alla mercificazione. Comprese quelle operate dalle tante case editrici che speculano sul narcisismo che spesso accompagna chi si dedica alla poesia. Da sempre contrario ai premi e alle strategie pubblicitarie, Giancane è da sempre fautore della “semplicità”, della fede nella poesia vera che contrasta con l’ambizione di molti che intendono la poesia come strumento per arrivare al “successo”. Oppure una sorta di percorso iniziatico per chi è inserito nei circuiti che contano. Sia attraverso la rivista che da anni dirige, “La Vallisa”, sia attraverso il blog, che non fa sconti e non lesina critiche alle passerelle organizzate per creare rapporti, ma spesso anche illusioni tra molti, Giancane tiene vivo un dibattito costante sulla poesia che parte da un assunto chiaro: la poesia non deve essere espressione di egocentrismo e narcisismo. “Chi ama la poesia profondamente (la poesia, non se stesso) prova delle sensazioni indicibili”.

Nella lunga e accurata prefazione, dal titolo altrettanto esplicito: “L’essenziale: amare profondamente la poesia”,  lo studioso kosovaro Anton Nikë Berisha propone una ricostruzione delle motivazioni intime che guidano l’atto creativo di Giancane attraverso interessanti confronti e affiancamenti tematici ad autori noti dei Balcani.

“Daniele ha la tendenza a creare la poesia come arte e come opportunità per influenzare esteticamente gli altri: la poesia rende possibile unificare il mondo concreto con la fantasia e il mondo dei sogni, che rispondono pienamente alla natura e all’essenza della poesia come arte”. E cita, avallandola, una sua affermazione: “Sì io vivo nel sogno. Sembra una ‘boutade’, ma non è così. La mia vita del sogno è talmente ricca, avventurosa, bizzarra che spesso non vedo l’ora di addormentarmi per entrare in quel mondo. Spesso non so se un avvenimento l’ho vissuto o sognato. Penso che la vita intera sia stata un sogno. E poi io vivo nel sogno perché i miei pensieri sono quasi esclusivamente ‘poetici’ nel senso di scrivere poesia…”.

La sua fede nell’universalità della poesia è ben espressa in una delle composizioni presenti nel volume: “Io non sono solo io”: “Queste poesie, lettore, non sono solo mie. / Sono anche tue e di tutti coloro che ho / incontrato. / Sono i sogni che ho sognato, / i pensieri che ho pensato, i viaggi le utopie le contraddizioni le tue distratte parole in un pomeriggio di sole….”.

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Cineforum

Al via, a Grottaglie, “Cineforum al Castello… sotto le stelle”

22 Lug 2025

Inizia con “L’Ultima Sfida”, film di Antonio Silvestre del 2025, la rassegna di cinema all’aperto “Cineforum al Castello…sotto le stelle”, promossa dal Comune di Grottaglie in collaborazione con Apulia Film Commission. Le proiezioni si svolgeranno nel Giardino mediterraneo del Castello episcopio, una scenografia naturale ricca di fascino e di storia. Il primo di quattro appuntamenti, “L’Ultima Sfida”, è programmato martedì 22 luglio, alle ore 20.30. Tutti gli appuntamenti del cineforum sono con ingresso libero e gratuito, senza prenotazione. Gli eventi sono parte del cartellone estivo “Terraviva” della Città di Grottaglie.
Diretto da Antonio Silvestre, con Gilles Rocca, Michela Quattrociocche, Chiara Iezzi, Giorgio Colangeli – tra gli interpreti -, il film L’Ultima Sfida racconta la vicenda del calciatore Massimo De Core, che per anni ha sfiorato la possibilità di vincere un trofeo importante senza mai riuscire; anche nell’ultima partita della sua vita, rischia di veder sfumare il suo sogno a causa di una improvvisata organizzazione criminale che vuole manipolare il risultato dell’incontro e far perdere la sua squadra. L’ultima sfida è una storia di sogni infranti e desideri ancora non realizzati, in cui il calcio è qualcosa di più di una metafora di vita; in cui le partite si vincono e si perdono, senza mai smettere di mettersi in gioco e di rischiare. “Un uomo solo non può determinare il risultato di una partita”, è il messaggio del film in cui il capitano Massimo è amato da tutto il popolo del calcio, che tifa per la squadra da lui guidata. Porta però addosso la definizione del “perdente di successo”, che fa sentire ancor più il peso quando la sua squadra è in attesa di una finale che potrebbe finalmente decretarne la superiorità. Un errore di gioventù, a cui pose rimedio, torna a farsi presente a causa di un gruppo che vuole condizionare l’esito della partita. Calcio, passione, amore, sogni, problemi e difficoltà della vita sono la traccia del lungometraggio che ha avuto un buon consenso di pubblico e di critica e vede protagonisti alcuni importanti attori italiani.
Le altre date e titoli della rassegna “Cineforum al Castello…sotto le stelle” (inizio ore 20.30, Giardino mediterraneo del Castello episcopio, Grottaglie) sono programmate martedì 29 luglio (film W Muozzart di Sebastiano Rizzo), martedì 5 agosto (Casi el Paraiso di Edgar San Juan) e sabato 16 agosto (film Malamore di Francesca Schirru).
Le trame e tutte le informazioni sono sul sito https://www.grottaglieturismo.puglia.it/

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Leone XIV

Leone XIV agli anziani della casa di riposo a Castel Gandolfo: “Voi siete segni di speranza”

ph Vatican media-Sir
22 Lug 2025

Nella mattinata di lunedì 21, papa Leone XIV ha visitato la Casa di riposo per anziani ‘Santa Marta’ a Castel Gandolfo, dove è stato accolto dalla comunità delle religiose e, accompagnato dalla superiora, si è fermato in preghiera nella cappella.
All’uscita – riferisce la sala stampa della Santa sede –, papa Leone ha salutato individualmente circa 20 anziane accolte nella struttura, tutte di età compresa tra gli 80 e i 101 anni, e si è trattenuto in conversazione con loro e con le religiose. Dopo un saluto da parte di una giovane infermiera, e aver pregato insieme con alcuni canti, il Papa ha rivolto a tutti alcune parole, sottolineando alcuni temi dei canti e riprendendo quelli del Vangelo letto ieri durante la messa. Il pontefice ha sottolineato come dentro ciascuno ci sia una parte di Marta e una di Maria e ha sollecitato a cogliere questo tempo della vita per vivere la dimensione di Maria, ascoltando la parola di Gesù e pregando. Ha ringraziato per la preghiera, “tanto importante, molto più grande di quanto possiamo immaginare”, e ha aggiunto: “L’età è indifferente: è Gesù che vuole avvicinarsi a noi, si fa ospite per noi, ci invita a essere testimonianza, giovane o non tanto giovane”. “Voi siete segni di speranza – ha concluso – avete dato tanto nella vita” e “continuate a essere questa testimonianza di preghiera, di fede”, una famiglia che offre al Signore quello che ha. Dopo aver pregato insieme il Padre nostro, il Papa si è trattenuto ancora un poco a visitare la struttura prima di rientrare a Villa Barberini.

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Emergenze ambientali

Ilva: la cittadinanza autoconvocata proclama lo stato di emergenza sanitaria e ambientale

22 Lug 2025

di Silvano Trevisani

Grande partecipazione alla manifestazione svoltasi nella serata di lunedì 21, contro il rilascio dell’Aia, l’Autorizzazione integrata ambientale che permette allo stabilimento di Taranto, in via provvisoria, di continuare a produrre col ‘vecchio sistema’, in attesa di futuri sviluppi.

Il futuro dell’Ilva tiene banco in questi giorni con una serie di incontri e manifestazioni. Da segnalare l’audizione in commissione ambiente della Regione Puglia convocata dal presidente Mazzarano, nella quale si è fatto il punto della complicata situazione che richiede immediati interventi da parte del governo. Mentre per giovedì mattina i sindacati metalmeccanici hanno indetto un’assemblea retribuita di tutti i lavoratori dello stabilimento.

Ma soprattutto va sottolineata l’ampia partecipazione alla manifestazione indetta dalla cittadinanza tarantina, riunita simbolicamente in assemblea permanente, che ha dichiarato ufficialmente “lo stato di emergenza sanitaria e ambientale nel territorio di Taranto e comuni limitrofi, con effetto immediato e fino alla cessazione delle condizioni di rischio per la vita, la salute e l’ambiente”. Una dichiarazione che assume forma di “atto collettivo di autodifesa civile e autorità statali”.

L’assemblea, nel suo atto finale, contesta l’Aia approvata “in palese contrasto con il parere negativo espresso dagli enti territoriali competenti: Regione Puglia, Provincia di Taranto, Comune di Taranto, Comune di Statte” e dichiara che: “L’attuale assetto impiantistico e produttivo dello stabilimento presenta elevati livelli di rischio sanitario, ambientale ed ecosistemico, come già attestato da evidenze epidemiologiche, studi scientifici, rapporti dell’Arpa Puglia, dell’Ispra, e sentenze della magistratura italiana; la popolazione residente è da anni sottoposta a una pressione ambientale cronica, che si traduce in un’elevata incidenza di patologie oncologiche, respiratorie e cardiovascolari, in particolare tra bambini e fasce vulnerabili”.

“La persistente esposizione della cittadinanza a sostanze inquinanti nocive – si legge ancora nel documento – costituisce una violazione dei diritti fondamentali alla salute (art. 32 Cost.), all’ambiente salubre (art. 9 Cost.) e alla vita (art. 2 Cost.). Inoltre: il mantenimento e il rinnovo di tale assetto produttivo avviene senza adeguate garanzie di bonifica, di riconversione economica e di tutela dei lavoratori”.

Il documento finale, inviato alle autorità, chiede, tra le altre cose, “un’indagine internazionale indipendente sulle condizioni sanitarie e ambientali di Taranto, e sul rispetto dei diritti umani fondamentali nel contesto industriale locale”.

Anche nel corso dell’audizione svoltasi in in mattinata in Regione è emersa la necessità che venga data priorità alla tutela ambientale che, con la salute pubblica e la tutela dell’occupazione, sono elementi imprescindibili per il rilancio di Taranto. Come ha sottolineato, tra gli altri, il segretario della Fim Prisciano: “Il territorio sta pagando un prezzo troppo alto per decenni di crisi e inquinamento, occorrono interventi concreti per migliorare le condizioni di vita e di salute della comunità”. In questo senso devono andare le indicazioni che saranno al centro dell’accordo di programma.

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Ricorrenze

In memoria di Paola Clemente

A dieci anni dalla morte della bracciante agricola di Crispiano (e residente a San Giorgio j.), l’impegno del marito Stefano Arcuri a mantenere viva quella triste vicenda perché non accada a nessun’altra. Le parole toccanti di Valentina Mastronuzzi, assessore di Crispiano

Paola Clemente con suo marito Stefano Arcuri
22 Lug 2025

di Angelo Diofano

“Quello che è successo dopo la morte di mia moglie, deceduta in un vigneto in agro di Andria mentre lavorava a temperature proibitive, ha veramente qualcosa di incredibile. C’è qualcuno dall’alto, secondo me, che si è mosso perché non abbiano più ad accadere fatti del genere”. A dieci anni dalla tragica scomparsa della bracciante agricola Paola Clemente, crispianese residente a San Giorgio jonico, abbiamo incontrato il marito, Stefano Arcuri, per un ricordo dell’adorata consorte.

Dotato di grande fede, l’uomo conduce al mattino rubriche religiose su Radio Puglia, l’emittente fondata dall’indimenticato don Domenico Morciano nei locali attigui alla parrocchia dell’Immacolata. Stefano racconta che gli è sempre di conforto un passo biblico del Deuteronomio: “Non defrauderai il bracciante povero e bisognoso, sia egli uno dei tuoi fratelli o uno degli stranieri che stanno nel tuo paese, entro le tue porte”, rammentandogli che Dio non avrebbe mai dimenticato la tragedia di Paola, defraudata del lavoro degno, del salario giusto e soprattutto della vita.

“Subito dopo la tragedia mi chiamarono dalle più note emittenti televisive per ottenere mie dichiarazioni o per ospitarmi in talk show – ci racconta Stefano –. Ma nella mia famiglia ci fu una sorta di consegna del silenzio sulla vicenda, motivo per cui dovetti negarmi. A colpirmi fu però l’ondata di solidarietà e di commozione, espressa in vari modi, che si registrò in tutt’Italia, soprattutto da parte della gente più umile”.

“Per esempio – continua – una signora di Bari che volle declamare in mia presenza, singhiozzando per la commozione, una poesia che aveva composto per Paola; non mancarono coloro che vollero ricordarla con delle canzoni, alcune delle quali veramente belle e toccanti. E poi, libri, fiaccolate, un albero a suo nome a Pistoia, nel giardino della memoria. Alcuni comuni vollero anche insignirla della cittadinanza onoraria o intitolarle una via, come accaduto a Crispiano, città natale di Paola.

Ad Andria, la Flai-Cgil e l’amministrazione comunale vollero onorarla con un grande murale sulla parete esterna degli uffici comunali, opera dello street art Jorit. Non mancarono borse di studio in sua memoria per gli studenti meritevoli così come la realizzazione di podcast e anche di un cortometraggio sulla figura di mia moglie, commissionato dalla Cgil mentre il ministero dell’agricoltura ha voluto intitolare a Paola la propria sala. Addirittura a Città di Castello un istituto tecnico agrario pose una targa in suo ricordo nel vigneto in uso agli studenti per le esercitazioni, così che ogni frequentante che vi operava potesse mantenere la sua memoria. Insomma è stato come se Paola, attraverso tutta questa gente, avesse voluto dimostrarmi che non mi avrebbe mai abbandonato”.

Stefano Arcuri evidenzia che, a seguito della tragedia di Andria, il 9 ottobre del 2016 venne finalmente ‘rispolverata’ la proposta di legge dei ministri Martina e Orlando (rispettivamente all’agricoltura e alla giustizia), parcheggiata a lungo in Parlamento, per contrastare più efficacemente caporalato e sfruttamento dei lavoro nei campi, più conosciuta legge 199, che consente a magistratura e forze strumenti più efficaci per indagare e individuare tutte le responsabilità in merito.
“Peccato che la legge non fosse retroattiva, di cui non si giovarono né Paola né le vittime che si registrarono nell’anno della sua morte, compreso il giovane compaesano Arcangelo De Marco, morto anche lui sui campi. Ma questo lo sapevamo!” – dice il marito che si mostra estremamente dispiaciuto del fatto che l’Inail non abbia riconosciuto la morte della moglie come provocata da infortunio sul lavoro ma dovuta a cause naturali, cioè da infarto.

“A seguito della presentazione del nostro esposto, il pubblico ministero della Procura di Trani dispose l’autopsia e successivamente il giudice incaricò tre medici legali di cercare le cause del decesso – continua Stefano –. Fu appurato infatti che la morte non fu dovuta a infarto (il cuore e la vena aorta furono trovate in buone condizioni) ma ad ‘asfissia meccanica’, dovuta a diversi fattori. Quindi, Paola poteva essere salvata se i soccorsi fossero giunti in tempi e non, per motivi che non conosciamo, dopo ben due ore; parimenti mia moglie poteva essere ancora viva se l’azienda agricola si fosse dotata di provvedimenti di primo soccorso e di strumentazione medica in caso di emergenza”.

“Ebbene, nonostante tutto, ancora oggi l’Inail continua a rifiutarsi di decretare la morte sul lavoro come causa del decesso Ma non mollerò mai. Mi creda – conclude –: lo faccio solo per amore della giustizia. Paola lo merita!”.

* * * * *

L’assessore Valentina Mastronuzzi

In occasione del decimo anniversario della morte, Valentina Mastronuzzi, assessore alla Polizia locale e ai rapporti con gli istituti scolastici di Crispiano, ha voluto ricordare Paola Clemente con parole toccanti, durante la cerimonia di consegna delle borse di studio istituite dal Comune per gli studenti e intitolate alla vittima del lavoro, nata a Crispiano: “Il nostro è un riconoscimento che va oltre il semplice valore economico e che vuole essere, prima di tutto, un segno di fiducia e incoraggiamento ai dodici studenti dell’istituto alberghiero ‘Elsa Morante’. Un riconoscimento che il Comune di Crispiano ha sottoscritto con le categorie sindacali Cgil Taranto, Flai e Spi Cgil. Queste borse di studio rappresentano il merito, l’impegno, la costanza e, soprattutto, la passione per la conoscenza, ma soprattutto servono a promuovere la consapevolezza sui diritti e sulla sicurezza sul lavoro in memoria del sacrificio di Paola Clemente e a contrastare la povertà, l’emarginazione e lo sfruttamento attraverso l’istruzione. Ma oggi, davanti a questa perdita, non possiamo rimanere indifferenti. Ricordare Paola significa assumersi una responsabilità. Non ci sono parole che possano colmare il vuoto, ma c’è un impegno che possiamo e dobbiamo prendere: fare in modo che il suo sacrificio non sia stato vano. Facciamo in modo che la sua storia non sia dimenticata. Che ogni volta che si parlerà di lavoro nei campi, si pensi a lei. Che ogni volta che si alzerà la voce contro lo sfruttamento, si ricordi il suo nome. Perché la memoria è il primo passo verso la giustizia”.

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Diocesi

Gli auguri di Nuovo Dialogo e dell’intera diocesi a mons. Ciro Miniero per il suo secondo anniversario di episcopato

ph ND
22 Lug 2025

Quest’oggi, martedì 22 luglio, mons. Ciro Miniero festeggia i due anni dalla nomina, voluta da papa Francesco, ad arcivescovo metropolita di Taranto. 

Il giornale diocesano Nuovo Dialogo, unitamente all’intera diocesi, rivolge i più cari auguri al suo Pastore in questo giorno che ha segnato l’inizio del suo ministero tra noi.

L’intera arcidiocesi di Taranto, per intercessione di San Cataldo, gli assicura la preghiera affidandolo al Signore per proseguire il suo fecondo ministero episcopale nella nostra terra.

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Diocesi

Le nomine dei nuovi vicari parrocchiali

foto ND
21 Lug 2025

L’arcivescovo di Taranto, mons. Ciro Miniero, ha dato comunicazione delle seguenti nomine:


Rev. Sac. Francesco Mànisi, nominato vicario parrocchiale della parrocchia ‘Santa Maria la Nova’ in Pulsano (succede a don Vincenzo Sgobio).


Rev. Sac. Michele Monteleone, nominato animatore del seminario arcivescovile di Taranto (succede a don Francesco Mànisi).


Rev. Sac. Mattia Santomarco, nominato vicario parrocchiale della parrocchia ’Santa Rita’ in Taranto (succede a don Michele Monteleone).


Rev. Sac. Vincenzo Sgobio, nominato vicario parrocchiale della parrocchia ‘Spirito Santo’ in Taranto (succede al collaboratore parrocchiale, diacono Antonello Bruno).

 

ph ND

Rev. Diac. Antonello Bruno, nominato collaboratore parrocchiale della parrocchia Basilica Cattedrale di ‘San Cataldo’ in Taranto (succede a don Mattia Santomarco).

Le nomine entreranno in vigore dal 1° settembre del 2025.

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Crimini contro l'umanità

Natili Micheli (Cif): “Dov’è la diplomazia dinanzi alla tragedia umana a Gaza?”

foto Ansa-Avvenire
21 Lug 2025

“Quanto avviene nella striscia di Gaza non sembra muovere i cuori, invitare all’azione, suscitare scandalo e vergogna”: così Renata Natili Micheli, presidente nazionale del Centro italiano femminile (Cif), commentando le immagini dei bambini che piangono per la fame. “Dove è la politica, dove sono i potenti del mondo, dove è la diplomazia dinanzi a quella che il Santo Padre chiama tragedia umana e scandalo per la nostra civiltà? – si chiede Natili Micheli -. Anche noi quando i nostri figli ci chiedono la merenda voltiamo loro le spalle, ed anzi, premiamo il grilletto?”.

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Giubileo2025 in diocesi

Il Giubileo dei nonni per la festa di Sant’Anna, in città vecchia

21 Lug 2025

di Angelo Diofano

La festa di  Mamma Sant’Anna, sabato 26 luglio, in città vecchia, costituirà occasione, durante la sosta della processione nella basilica cattedrale, per celebrare il Giubileo dei nonni, meditando anche sui contenuti del messaggio scritto da papa Leone XIV sulla situazione degli anziani in generale. “Guardando alle persone anziane in questa prospettiva giubilare – scrive papa Leone XIV – anche noi siamo chiamati a vivere con loro una liberazione, soprattutto dalla solitudine e dall’abbandono. Questo anno è il momento propizio per realizzarla: la fedeltà di Dio alle sue promesse ci insegna che c’è una beatitudine nella vecchiaia, una gioia autenticamente evangelica, che ci chiede di abbattere i muri dell’indifferenza, nella quale gli anziani sono spesso rinchiusi. Le nostre società, ad ogni latitudine, si stanno abituando troppo spesso a lasciare che una parte così importante e ricca della loro compagine venga tenuta ai margini e dimenticata”.

“Ogni parrocchia, ogni associazione, ogni gruppo ecclesiale – continua il Santo padre – è chiamato a diventare protagonista della “rivoluzione” della gratitudine e della cura, da realizzare facendo visita frequentemente agli anziani, creando per loro e con loro reti di sostegno e di preghiera, intessendo relazioni che possano donare speranza e dignità a chi si sente dimenticato. La speranza cristiana ci spinge sempre a osare di più, a pensare in grande, a non accontentarci dello status quo. Nella fattispecie, a lavorare per un cambiamento che restituisca agli anziani stima e affetto”.

Le celebrazioni in onore di Mamma Sant’Anna vedranno nella giornata di sabato 26 nella chiesetta a lei intitolata in largo Civitanova, sante messe alle ore 9, alle 10 e alle 11. Alle ore 18, come tutti gli altri anni, la santa messa sarà celebrata davanti alla chiesa di San Domenico, presieduta dal parroco della città vecchia, mons. Emanuele Ferro, che al termine impartirà la benedizione ai bambini e alle gestanti con il più piccolo tra i neonati presenti. A seguire, muoverà la processione con i simulacri di Sant’Anna (portato a spalla dagli aderenti dell’Opera Pia Ancelle di Sant’Anna) e, per la prima volta, dopo i restauri, di San Gioacchino (portato dai confratelli dell’Addolorata).

Questo l’itinerario: via Duomo, piazza Duomo, con sosta in cattedrale, verso le ore 19.50, per la preghiera comunitaria per il giubileo dei nonni, guidata dall’arcivescovo mons. Ciro Miniero. Al termine si proseguirà per via Duomo, piazza San Costantino, postierla e vico Via Nuova, via Garibaldi, piazza Fontana, via De Tullio, vico e largo Civitanova fino alla chiesa di Sant’Anna.

Presterà servizio la banda musicale ‘Santa Cecilia’ di Taranto diretta dal m° Giuseppe Gregucci.

Ricordiamo infine che venerdì 25, come da noi pubblicato, durante la celebrazione eucaristica presieduta dall’arcivescovo mons. Ciro Miniero (ore 18.30) sarà riaperta al culto la chiesa di Sant’Anna, interessata al suo interno da lavori di restauro, con la benedizione dei nuovi abiti.

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Rigenerazione ambientale

A 40 anni dalla tragedia di Stava, Mattarella: “Serve una conversione ecologica”

ph Ansa-Sir
21 Lug 2025

di Diego Andreatta

Il conforto ai familiari delle vittime, per tutti il richiamo a una ‘conversione ecologica’. A 40 anni dalla strage di Stava del 19 luglio 1985, causata dal crollo dei bacini di decantazione di una miniera di fluorite in val di Fiemme, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella si è fermato in commosso silenzio nel cimitero di Tesero, deponendo poi una corona di 268 garofani bianchi e rossi, in ricordo di tutte le vittime della tragedia. Salutando i familiari, raccolti nel cimitero dove riposano i resti delle 71 vittime non identificate, Mattarella ha portato consolazione e solidarietà, in quella che ha definito “una tragedia nazionale”: oltre ai residenti trentini c’erano quel giorno nella valle di Stava anche villeggianti veneti, lombardi, toscani, emiliani e di altre cinque regioni.
Significativa la sosta del presidente davanti alla croce in ferro collocata nel granito, la stessa alla quale ‘si aggrappò’ Giovanni Paolo II nel 1988 rimanendo inginocchiato per qualche minuto in silenzio, durante la visita in cui il Papa denunciò il fatto che “nei confronti della natura ci sono anche leggi morali che non si possono impunemente trasgredire”.

Nella commemorazione al Teatro di Tesero, affollata anche di tanti soccorritori e volontari, Mattarella ha voluto sottolineare la lezione “dolorosa, ingiustificata e ingiustificabile” che non può essere archiviata come una parentesi. “Qui a Stava è accaduto qualcosa di sconvolgente, d’inaccettabile. Non è stata la natura ad uccidere. – ha precisato Mattarella richiamando l’esito del processo – È stata responsabilità delle imprese coinvolte, incuria, mancata vigilanza. In una parola: l’indifferenza al pericolo per le persone”. Dopo aver elogiato il lavoro di documentazione e di sensibilizzazione della Fondazione Stava 1985, Mattarella ha osservato che “Stava è il simbolo di un modo gravemente sbagliato di concepire l’attività economica, il profitto, il rapporto con l’ambiente, la valutazione dei rischi”. Ha quindi indicato la necessità di “riconciliarsi con l’ambiente: “Un nuovo sviluppo sarà possibile solo facendo convergere equilibrio ecologico, equità sociale, armonia nei territori.
Il progresso non si misura sulla base del profitto economico che se ne ricava, indifferenti ai costi sociali, ambientali, umani”, ha aggiunto il presidente della Repubblica citando poi il contributo dato 30 anni fa da Alexander Langer, “personalità acuta e inquieta, originaria di terre così vicine”, che parlava di “conversione ecologica” per indicare un processo che deve coinvolgere contemporaneamente cultura, istituzioni, economia, società.

Questa prospettiva ha trovato un magistrale approfondimento nella lectio magistralis affidata a Stefano Zamagni, economista, che ha rilanciato i criteri (“di origine francescana”) dell’economia civile per auspicare un sistema triadico che accanto a Stato e Mercato contempli anche la comunità e valorizzi i beni relazionali e i beni comuni: “E l’ambiente lo è appunto, così come la pace”. Da non archiviare come “uno scempio da chiudere dentro una parentesi”, ma nel dovere di “riconciliarsi con l’ambiente”, senza più sfruttare le risorse della montagna “senza ritegno”.

L’opera dei soccorritori e dei volontari (molti dei quali presenti alla cerimonia) è stata evidenziata dal presidente della Provincia autonoma Maurizio Fugatti, mentre il sindaco di Tesero Massimiliano Deflorian ha detto che Stava diventa anche un simbolo di come una comunità “può reagire, restare unita, trasformare il dolore in coscienza”. Alla vigilia dell’anniversario la via crucis guidata dal parroco don Albino Dell’Eva fino alla chiesetta della Palanca ha trasformato il dolore in preghiera, proseguita questa sera nella chiesa di Sant’Eliseo a Tesero con la Messa presieduta dall’arcivescovo di Trento mons. Lauro Tisi. Nell’omelia ha letto la tragedia di Stava alla luce delle beatitudini: “Beati i miti – ha osservato – mentre quassù è venuto meno il dialogo con il Creato, la sua armonia, i suoi ritmi e le sue leggi, lasciando spazio all’arroganza dell’uomo, che diventa usurpatore del Creato.
È mancato anche l’ascolto dei puri di cuore, di chi nella semplicità avvertiva i segnali di un pericolo incombente”.

 

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Ecclesia

Gaza, padre Romanelli: “In questo buio, brilla ancora una luce: la fede della nostra gente”

ph Lpj
21 Lug 2025

di Daniele Rocchi
“Esprimo il mio profondo dolore per l’attacco dell’esercito israeliano contro la parrocchia cattolica della Sacra Famiglia in Gaza City… Tale atto, purtroppo, si aggiunge ai continui attacchi militari contro la popolazione civile e i luoghi di culto a Gaza. Chiedo nuovamente che si fermi subito la barbarie della guerra e che si raggiunga una risoluzione pacifica del conflitto… Ai nostri amati cristiani mediorientali dico: sono vicino alla vostra sensazione di poter fare poco davanti a questa situazione così drammatica. Siete nel cuore del Papa e di tutta la Chiesa. Grazie per la vostra testimonianza di fede”: le parole di papa Leone XIV, ieri, all’angelus da Castel Gandolfo, sono arrivate dritte al cuore della parrocchia della Sacra Famiglia di Gaza, che ha ricevuto venerdì la visita di solidarietà del patriarca latino di Gerusalemme, card. Pierbattista Pizzaballa, e del patriarca greco-ortodosso, Teofilo III.
foto Sir

A colpire, in particolare, “il ricordo dei nomi delle tre vittime, Saad Issa Kostandi Salameh, Foumia Issa Latif Ayyad, Najwa Ibrahim Latif Abu Daoud”, fatto dal pontefice, racconta il parroco, padre Gabriel Romanelli, egli stesso tra i feriti nell’attacco israeliano. La presenza del card. Pizzaballa si è protratta fino a ieri, quando ha fatto ritorno a Gerusalemme, lasciandosi dietro numerosi incontri, visite e preghiere con la comunità cristiana locale. “Un balsamo per la nostra parrocchia ferita”, aggiunge padre Gabriel.
Celebrando la messa ieri mattina nella chiesa parrocchiale, ancora agibile nonostante i danni al frontone vicino la croce e alle vetrate infrante, il patriarca ha voluto esprimere il suo incoraggiamento ai fedeli: “Ho visto la vita nei vostri volti, nonostante la distruzione che vi circonda”. Un’omelia intensa, culminata nelle parole: “La nostra visita esprime l’amore di tutta la Chiesa per voi. Ogni volta che vengo qui a trovarvi, ricevo da voi molto di più di quanto io possa darvi e torno a casa arricchito. Rimanete saldi in Gesù. Tutto il mondo vi guarda. Siate luce non solo per Gaza ma per il mondo intero”. Al termine della visita del card. Pizzaballa, a tre giorni dall’attacco militare israeliano, abbiamo raccolto la testimonianza del parroco, padre Gabriel Romanelli.
Padre Gabriel, qual è la situazione oggi nella vostra parrocchia, dopo l’attacco?
La vita è spezzata, la situazione è davvero grave. Eppure, in questo buio, brilla ancora una luce: la fede della nostra gente. Accanto alla realtà tragica della morte di tanti – soprattutto bambini – fin dall’inizio di questa guerra, c’è la straordinaria pazienza di chi vive qui. Anche tra tanto dolore, tanti si mettono a servizio degli altri. È qualcosa che commuove. E poi c’è stato il conforto portato dalla visita dei patriarchi. Hanno rappresentato tutte le Chiese del mondo, come ha detto il patriarca durante la messa di ieri. È stato davvero un segno di vicinanza concreta.
Papa Leone XIV vi ha chiamato?
Sì, ci ha chiamati. Ha chiamato il patriarca e ha cercato di contattare anche noi. Io, in quel momento, non avevo linea e non ho potuto rispondere, ma ha parlato poi con padre Carlos e padre Youssef. Il Papa ci ha espresso la sua vicinanza, la sua preoccupazione e la sua preghiera per noi. È successo venerdì mattina, e ci ha dato grande conforto.
In che modo la Chiesa si sta muovendo per aiutare la popolazione?
Sta cercando in tutti i modi di far arrivare aiuti. Ma la stragrande maggioranza della popolazione non ha nulla: né cibo, né acqua. In questi giorni, ad esempio, la temperatura percepita è di 42 gradi. La gente è stremata, disperata, e i bombardamenti continuano. In tutto questo buio, la Chiesa si adopera affinché qualcosa possa arrivare. Ma finora, purtroppo, non ci siamo riusciti. Speriamo nei prossimi giorni, ma la situazione è molto grave.
Come state vivendo questo tempo così duro come comunità cristiana?
Continuiamo a testimoniare Cristo con la nostra presenza, con la preghiera, aiutandoci a vicenda, aiutando i vicini. Il mondo intero deve capire che la guerra non può avere l’ultima parola.
Ieri abbiamo pregato per tutte le vittime della guerra, senza distinzioni. Abbiamo pregato per la libertà dei prigionieri, per la liberazione degli ostaggi. Noi vogliamo la pace. Ma la prima cosa da fare subito è fermare questa guerra.

foto Lpj

Il card. Pizzaballa è stato insieme a voi. Cosa può dire di questa visita?
Ha fatto tanto. Insieme al patriarca greco-ortodosso ha visitato la nostra chiesa, quella ortodossa e l’ospedale. Uno dei momenti più intensi è stato quando uno dei feriti, ancora ricoverato, ha baciato la croce pettorale del patriarca. È uno dei due casi più gravi: ha riportato una perforazione polmonare. È stato ferito nel bombardamento. C’è stato il sopralluogo all’ambulatorio sanitario della Caritas, rinnovato da poco, al centro San Tommaso d’Aquino, dove hanno constatato i danni, alla scuola delle Suore del Rosario a Tal Al Hawa, nella zona sud di Gaza city. Il patriarca ha potuto vedere la distruzione generale. Domenica ha pregato tutto il tempo con noi: adorazione, Rosario, messa.
Il patriarca, è stato riportato, avrebbe portato in dono tonnellate di aiuti…
No. Questa è una notizia che va precisata. Non ha portato aiuti materiali. È entrato con i suoi effetti personali. Ha portato la benedizione, la consolazione della Chiesa.
I media hanno parlato di tonnellate di aiuti ma non è così. Vero, invece, che la Chiesa sta lavorando senza sosta affinché possano entrare gli aiuti, il prima possibile, da destinare alla popolazione, a tutti. Ma ancora nulla di concreto.
Vi aspettavate un attacco così diretto?
No. È stata una totale sorpresa. Non ce lo aspettavamo. Da 17 giorni c’erano operazioni militari nel nostro quartiere. Cercavamo di fare in modo che tutti restassero dentro, ma non si può rimanere chiusi per 17 giorni in un posto senza nemmeno un bagno. Per forza si doveva uscire ogni tanto, ma lo si faceva in fretta. Nonostante ciò, anche chi era al riparo sotto un tetto è stato ferito: io stesso, padre Youssef, il mio vicario parrocchiale e il nostro giovane postulante Suhail Abo Dawood. L’attacco ha colpito la parte del frontone della chiesa dove si erge la croce alta circa due metri. Le schegge metalliche e i detriti caduti dall’alto hanno provocato feriti e morti. L’interno della chiesa, fortunatamente, è rimasto integro. Solo le vetrate sono andate distrutte.
Cosa farete, adesso, come parrocchia?
Continueremo a pregare, ad aiutare i più vulnerabili, a lavorare per la pace e a chiedere al Signore che perdoni tutti i responsabili di questa guerra.

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