Eventi culturali in provincia

Mons. Vincenzo Paglia a Martina Franca

17 Lug 2025

L’’Associazione nazionale delle Città del SS. Crocifisso’ ha organizzato per oggi, giovedì 17 luglio, alle ore 20.30, nella splendida cornice della città di Martina Franca, un nuovo appuntamento del percorso giubilare: la presentazione del libro “Il primo giorno di un mondo nuovo” di mons. Vincenzo Paglia, arcivescovo e presidente emerito della Pontificia Accademia della Vita.
Si tratta di una serata di riflessione e dialogo organizzata con il prezioso sostegno di mons. Pasquale Morelli, assistente ecclesiastico dell’associazione, e condivisa dal direttivo, insieme al presidente Giovanni Papasso, su proposta del segretario generale Giuseppe Semeraro.
All’evento prenderanno parte sindaci, rappresentanti delle municipalità vicine, autorità civili e militari, parroci, associazioni e tanti amici del territorio, uniti nel segno della cultura e della fede. L’evento gode del patrocinio dell’amministrazione comunale di Martina Franca e del sindaco e presidente della Provincia di Taranto, Gianfranco Palmisano, che sta collaborando a un supporto logistico.
L’associazione continua il suo percorso di iniziative dell’Anno giubilare con un evento culturale di prestigio – dichiara il presidente Giovanni Papasso – ringraziamo mons. Paglia per aver accettato il nostro invito e il segretario Giuseppe Semeraro per aver voluto e proposto, unitamente a mons. Pasquale Morelli, questa bella e interessante iniziativa”.

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Diocesi

A Martina la festa di Maria ss.ma del Monte Carmelo

foto G. Leva
17 Lug 2025

di Angelo Diofano

“Confidando nell’aiuto materno della Vergine Santissima per crescere nella fraternità (…) impegniamoci col Suo aiuto e con tutte le nostre forze a camminare con tutti gli uomini di buona volontà per edificare un mondo secondo il cuore di Dio, per confessare apertamente che la fede, la speranza e la carità sono il fondamento di ogni nostro pensiero e di ogni nostra azione”: con le parole dell’arcivescovo mons. Ciro Miniero, tratte dall’omelia in occasione del pellegrinaggio giubilare a Roma del 18 giugno scorso, don Francesco Imperiale, priore dell’arciconfraternita del Carmine e parroco alla Maria ss.ma del Monte Carmelo di Martina Franca, annuncia i solenni festeggiamenti in onore di Maria Santissima del Monte Carmelo, iniziati mercoledì 16 luglio con la professione dei nuovi associati dell’arciconfraternita durante la santa messa presieduta dal vicario foraneo don Mimmo Sergio e con l’ammissione ai voti temporanei e rinnovo delle promesse del Terz’ordine carmelitano; in serata ha celebrato l’eucarestia mons. Salvatore Ligorio, arcivescovo emerito di Potenza.

Sabato 19, alle ore 18.30, ci sarà la benedizione e la consegna degli abitini della Vergine del Carmelo ai bambini e alle mamme in dolce attesa; alle ore 20 don Martino Mastrovito, parroco alla Regina Mundi, celebrerà la santa messa durante la quale verrà consegnato il riconoscimento ‘Testimonianza carmelitana’ alla memoria del priore Piero Massafra; alle ore 20 ci sarà l’accensione della grandiosa illuminazione della ditta Faniuolo di Putignano-Bari e alle ore 21 il concerto dei ‘Jazzabanna’, musica popolare dall’Alto Salento alla Bassa Murgia.

Domenica 20, sante messe saranno celebrate alle ore 7 – 8 – 9 – 10 – 11; alle ore 18 la celebrazione eucaristica sarà presieduta da don Damiano Nigro, parroco alla Madonna della Sanità; alle ore 19.30 uscirà la processione e, al rientro, si terrà la consacrazione della città alla Madonna; alle ore 21.30, concerto in piazza della banda musicale ‘Città di Martina Franca’ diretta dal m° Caterina Santoro.

Infine domenica 27, alle ore 9, avrà luogo la santa messa di ringraziamento.

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Lavoro

Acciaio: decisioni troppo importanti per affidarle a un accordo frettoloso

foto Marco Calvarese-Sir
16 Lug 2025

di Silvano Trevisani

La logica del rinvio, costante nel confronto in vista dell’accordo di programma per l’ex Ilva, non è altro che la logica che da almeno 25 anni caratterizza la storia dell’acciaio a Taranto. Quella di un malato grave che tenta di rinviare la diagnosi per esorcizzare la malattia. Poiché la situazione dello stabilimento più grande d’Europa è catastrofica da tutti i punti di vista e presupporrebbe decisioni epocali, meglio rinviare. Nella consapevolezza che qualunque scelta, anche la migliore, avrà comunque effetti disastrosi, forse dal punto di vista occupazionale, certamente da quello ambientale e sanitario. Perché ora il governo ritiene strategico l’acciaio, specie in tempi di riarmo!

La riunione svoltasi avantieri al ministero delle Imprese, per la chiusura di un accordo di programma, dopo il rinvio dell’8 luglio, si è chiusa ovviamente con un nuovo rinvio: al 31 luglio. Sarà possibile raggiungere un accordo decisivo in quella data? Riteniamo di no. Anche se ciò avvenisse, dopo le decisioni del Consiglio comunale di Taranto, si partirebbe certamente da una base di compromesso che aprirebbe la strada a un nuovo conflitto sociale-istituzionale e a scelte industriali dai tempi imprevedibili e dalle attuazioni indecifrabili. Ci siamo molto esercitati, in questi ultimi anni, sulla svolta verde, sulla decarbonizzazione, sulla bonifica. Ma si tratta di pure enunciazioni, magari contrassegnate da buona volontà, che difficilmente possono essere consegnate a una semplice calendarizzazione.

Lo dimostra, ad esempio, la questione della ‘vendita’: era un modo per disfarsi del problema scaricandolo ad altri. Ma anche questa era una logica sbagliata. Lo ha dimostrato, innanzitutto, il caso Riva: l’industriale che ebbe in regalo l’azienda e la sfruttò senza mai dare conto a nessuno. E quando fu ‘lambito’ dai sequestri del sindaco Di Bello, sottoscrisse ben 5 atti d’intesa, quasi tutti coordinati dall’allora governatore Fitto, con la chiara intenzione di non rispettarli. Lo dimostra la scellerata vicenda Arcelor-Mittal, una vendita che puzzava da lontano e che si è rivelata un grave errore politico. Lo dimostra l’intenzione di Urso di riaprire la gara il 1° agosto, dopo che anche la proposta della Baku Steel ha mostrato tutte le inadeguatezze e le paure evidenti. Non si capisce, poi, come la futura vendita si raccorderebbe con le scelte prese nel frattempo.

Lo dimostra, tra l’altro, l’ottimismo e la faciloneria con cui si è parlato di ‘idrogeno’, elemento ora scomparso dalla scena dell’accordo e sul quale rischia di calare definitivamente il sipario dopo che Stellantis proprio oggi ha annunciato l’abbandono del progetto di motori a idrogeno: una scelta per ora del tutto antieconomica, quindi impossibile da realizzare.

Non ci esercitiamo, anche per questioni di spazio, a ricapitolare le ipotesi contenute nelle bozze del ministro Urso, ritenendo che la questione sia nota agli addetti ai lavori, ma ricordiamo che il futuro accordo presuppone scelte di importanza capitale, a partire dai livelli di produzione immediata col ‘vecchio’ sistema, cioè impiegando il carbone. Sul quale si esprimerà l’Aia. Poi si tratterà di capire come portare a Taranto il gas necessario, e su questo dovrebbe già esprimersi entro il 28 una specifica commissione. Poi come garantire l’acqua. Quindi, si dovrà decidere quanti forni elettrici costruire e entro quale data. E quanti impianti di produzione del preridotto che serve a nutrirli. Quindi, bisogna valutare quanto queste scelte peseranno sulle maestranze che, anche questo dobbiamo ricordarlo, sono solo in parte minoritaria tarantine, poiché provengono da tutta la regione. Anche per effetto degli scellerati atti d’intesa, che tutti (o quasi) sottoscrissero nei primi anni del terzo millennio, forse senza neppure crederci.

Che la politica – sia locale che soprattutto nazionale – sia stata deleteria per Taranto, bisogna sottolinearlo, ricordando, ad esempio, che quando, a metà degli anni Novanta, Genova si batté per la chiusura dell’area a caldo, il governo sottoscrisse un accordo per trasferire la quantità di produzione a Taranto. E che, per quanto la cosa fosse a tenuta ‘riservata’, venne poi sbandierata senza che nessuno si opponesse. E ricordiamo perfettamente che Emilio Riva, nel presentarsi alla città in quello sfortunato 1995, nell’incontro nella sede dell’Assindustria (come allora si chiamava) intimò ai tarantini, parlando fuori dai denti, di non dargli gli stessi problemi di Genova.

E poi, prima di concludere, dobbiamo anche ricordare che persino l’eventuale chiusura dello stabilimento sarebbe comunque una catastrofe: nessuno risanerebbe il sito, come finora ancora nessuno ha risanato finora il minuscolo Yard Belleli, che pure dovrà esserlo al più presto. Perché ci sono risorse e progetti. Ma sono passati 30 anni! Così come aspettiamo dal 1984, il risanamento del Mar piccolo, avviato ma non completato. Conosciamo bene quella data perché al progetto di risanamento era interessata, in quegli anni, anche un’azienda che rilevò il “Corriere del giorno”, che abbandonò dopo un solo anno, quando vide allontanarsi l’affare.

Ah… Stiamo ancora aspettando, dopo 25 anni, la foresta urbana, che rientrava nei primi atti d’intesa firmati da Riva, e finanziata dalla Regione Puglia, che doveva essere la cosa più semplice da realizzare.

Non abbiamo proposto questa riflessione per puro catastrofismo, ma per rendere evidente che nessuna delle parti in “competizione” può vincere da sola una battaglia che ha una dimensione enorme per il nostro territorio, e lo ha anche per l’Italia ma in una logica molto molto diversa. Sul sindaco e sul Consiglio comunale grava una responsabilità enorme, anche sproporzionata, dal momento che le scelte, anche quelle compensative opportunamente avanzate da Bitetti, non possono essere, come è sempre stato finora, semplici enunciazioni. Forse sarebbe il caso che fosse il Parlamento a occuparsene. Ma come in ogni battaglia, non potrà che chiudersi con un compromesso. Che comunque lascerà tutti, almeno in parte, insoddisfatti.

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Emergenze ambientali

Incendi in Calabria, mons. Rega: “Riscopriamo nel Creato il volto di Dio, non bruciamolo!”

ph Afp-Sir
16 Lug 2025

Un appello alla responsabilità di tutti per il rischio degli incendi arriva dal vescovo di San Marco Argentano-Scalea, mons. Stefano Rega. “Proprio nel periodo in cui la nostra Chiesa diocesana si prepara ad accogliere i diversi vacanzieri che giungono da ogni dove – scrive in una lettera il presule alla diocesi – siamo costretti a constatare la grave situazione di incendi che si verificano nella nostra nazione e la Calabria risulta essere la regione più colpita: dal 1° gennaio fino al mese di giugno, il 70% degli incendi registrati hanno riguardato la nostra Regione e, in particolare, alcune zone proprio della nostra diocesi, sia nel territorio dell’alto tirreno cosentino che in quello interno, a ridosso della catena montuosa del Pollino”.
Le cause di questi atti sono diverse: alcune volte – sottolinea mons. Rega – “rispondono proprio all’idea di provocare intenzionalmente un atto doloso e, francamente, non si riesce proprio a capire quale potrebbe essere l’utile, a fronte di tanti e tali danni provocati e, in qualche caso, con il rischio di perdite di vite umane”. Altri fattori potrebbero essere “persino accidentali, per mancata attenzione e non curanza della terra in cui viviamo”. Nell’uno e nell’altro caso – sottolinea il presule calabrese – “non possiamo non fare appello alla responsabilità di chi ci governa perché avvii, con urgenza, la prevenzione necessaria perché questi atti non si ripetano”. Il vescovo si rivolge a tutti credenti e no, perché “maturino un senso di maggiore responsabilità verso il nostro territorio e, in particolare, verso le nostre zone boschive che, oltretutto, costituiscono un patrimonio unico e raro, come nel caso dei pini loricati che sono anche più facilmente esposti al rischio incendio”. L’invito è quello di “vivere un rapporto diverso con la natura e con i nostri boschi. Qui, proprio nel territorio della nostra diocesi, ci sono zone ove trovarono ospitalità i monaci Basiliani, nelle forme dell’eremitaggio e dei cenobi, per vivere all’insegna della spiritualità attraverso il creato. Non fermiamoci, dunque – è l’appello di mons. Rega – solo alla prevenzione antincendio, apriamoci all’idea della contemplazione di Dio attraverso il creato”. “Approfittiamo di questo tempo di vacanze per guardare con un occhio diverso i nostri alberi, i sentieri di montagna che in alcune zone abbiamo a due passi dal mare”, scrive ancora mons. Rega ricordando che nel giugno scorso, insieme ad un gruppo di sacerdoti, “abbiamo vissuto il nostro giubileo sacerdotale e abbiamo fatto visita Sacro Speco di San Benedetto, in Subiaco. Abbiamo potuto constatare con mano anche noi, come nel cuore della natura si respiri, incontaminata, quell’aria di Dio da cui venne sedotto e affascinato il santo monaco. Chiunque di noi abbia fatto una passeggiata in alta montagna, credo si sia reso conto della bellezza che si respira, dei paesaggi che si offrono alla nostra contemplazione”.

 

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Editoriale

Oxfam: “Senza un’azione concreta dell’Europa, a Gaza ogni giorno sempre più morte e distruzione”

ph World food programme
16 Lug 2025

di Patrizia Caiffa

“Ogni giorno che passa senza che l’Europa intraprenda un’azione concreta, implica sempre più morte e distruzione. Eppure, anche oggi abbiamo assistito all’ennesimo rinvio. Il recente accordo per l’ingresso degli aiuti a Gaza rappresenta un primo passo in avanti, ma in realtà è solo una goccia nel mare, perché non argina questa catastrofe”: è il commento di Bushra Khalidi, responsabile policy di Oxfam nei territori palestinesi occupati e a Gaza, rispetto a ciò che è emerso nel Consiglio dei ministri degli esteri europei, che ha discusso le possibili azioni da adottare nei confronti di Israele.
“Non possiamo continuare ad assistere alla mattanza di bambini, donne, civili e al tempo stesso dire che tutto sommato, da qualche parte, in qualche modo, si stanno facendo passi in avanti – ha affermato –. Non possiamo ignorare che il cibo marcisce nei camion bloccati ai valichi, non c’è acqua, le persone vengono uccise mentre fanno la fila per un pugno di farina e sostenere che la risposta umanitaria stia funzionando.
L’Unione europea non può continuare a mantenere intatte le relazioni con il governo israeliano, di cui riconosce le potenziali violazioni dei diritti umani, contrarie ai principi europei. Non può con una mano offrire (pochi) aiuti umanitari, con l’altra garantire l’impunità di Israele
– ha continuato Khalidi –. L’ennesima dichiarazione cauta o un altro accordo segreto non servono a nulla e a nessuno. È necessario che l’Europa assuma una leadership reale e intraprenda un’azione decisa. Basta scaricare la responsabilità sugli altri. Basta ritardi. Basta spargimenti di sangue”.

Oltre alla sospensione dell’Accordo di associazione tra Ue e Israele, Oxfam chiede un cessate il fuoco permanente, l’ingresso degli aiuti umanitari a Gaza in sicurezza e senza limitazioni; la fine dell’occupazione illegale israeliana e la cessazione della vendita e trasferimento di armi a Israele.

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Acli: a Taybeh, intimidazioni inaccettabili da parte dei coloni israeliani

chiesa di san Giorgio attaccata dai coloni israeliani - ph Nabd ElHaya.jpg
16 Lug 2025

Le Acli si uniscono al patriarca latino card. Pizzaballa e a tutti i patriarchi ed i capi delle Chiese cristiane di Terrasanta nel denunciare l’ennesimo episodio di prevaricazione, avvenuto qualche giorno fa a Taybeh, che rientra nell’ormai evidente strategia dell’estremismo di destra israeliano di voler cacciare gli arabi – indipendentemente dalla loro fede religiosa – dai territori che abitano da secoli, rendendo impossibile  l’aspirazione ad una Terrasanta che, come scrivono i capi delle Chiese cristiane in un comunicato congiunto, sia finalmente “un mosaico di fedi diverse, che vivono insieme pacificamente con dignità e sicurezza.”
Il 7 luglio, infatti, un gruppo di coloni israeliani radicali ha assaltato il villaggio di Taybeh, l’unico insediamento interamente cristiano rimasto in Cisgiordania, incendiando il cimitero e lambendo l’antica chiesa di San Giorgio: l’incendio è stato domato grazie al pronto intervento dei residenti e dei vigili del fuoco (mentre la polizia israeliana, pur sollecitata ad intervenire, è rimasta inerte), ma questo è solo l’ultimo di una serie di episodi persecutori che sono sintetizzati da uno dei cartelli inalberati dai coloni: “Per voi qui non c’è futuro”.
La sicurezza della popolazione israeliana ci sta a cuore quanto quella dei palestinesi, ma non è certo da Taybeh che partono i terroristi: in ogni caso la sicurezza, quella vera, non nasce dalla violenza e dall’intimidazione, ma dal dialogo e dal rispetto della legge.
Chiediamo quindi alle autorità israeliane, se davvero hanno a cuore il profilo del loro Paese come una democrazia basata sui principi dello Stato di diritto, di voler mettere un freno a queste violenze che contraddicono tutti gli accordi siglati fra Israele e l’Autorità Nazionale Palestinese sotto l’egida delle organizzazioni internazionali, tutelando la libertà religiosa e l’incolumità della popolazione di Taybeh e di tutta la Cisgiordania, facendo cessare i quotidiani attentati alle poche proprietà di persone già impoverite .
Leone XIV ha ricordato recentemente che la Chiesa è impegnata alla profezia anche e soprattutto quando essa “esige l’audacia di opporci al potere distruttivo dei prìncipi di questo mondo”: chiediamo quindi che sia udita la voce  veramente profetica di coloro che rappresentano tutti i credenti in Cristo in Terrasanta, affinché cessi ogni violenza e finalmente la parola torni  alla diplomazia, alla ragionevolezza, alla costruzione della pace.

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Diocesi

Sull’esempio di San Lorenzo da Brindisi, ‘pellegrini di speranza’ nel mondo

16 Lug 2025

di Angelo Diofano

Al quartiere Salinella si festeggia San Lorenzo da Brindisi a cura della omonima parrocchia dei padri cappuccini, in viale Magna Grecia.
Il parroco, fra Pietro Gallone quest’anno ha pensato di soffermare le celebrazioni sul tema ‘In cammino con San Lorenzo pellegrini di speranza nel mondo’, concetti su cui si fonda l’anno giubilare in corso.

Il triduo in preparazione alla festa sarà predicato, durante la santa messa alle ore 19, da fra Francesco Simone, frate cappuccino della San Lorenzo (18 luglio), fra Vincenzo Chirico, frate minore e parroco alla San Pasquale Baylon (19 luglio) e fra Gianpaolo Lacerenza, ministro provinciale dei cappuccini di Puglia (20 luglio).

Lunedì 21, festa liturgica di San Lorenzo, sante messe saranno celebrate alle ore 7.30 e alle ore 8.30; alle ore 19, la solenne celebrazione eucaristica sarà presieduta dall’arcivescovo mons. Ciro Miniero; alle ore 20 uscirà la processione per le vie del quartiere, accompagnata da tutte le realtà parrocchiali e dalla banda musicale di Crispiano.

Le iniziative esterne avranno luogo in via Lago di Varano (chiusa al traffico) con inizio alle ore 21. Il programma prevede per sabato 19 il concerto dei ’Vasconnessi – Vasco Rossi tribute band’;

per domenica 20 la serata musicale con lo showman tarantino Franco Cosa e per lunedì 21 (al rientro della processione) momenti di festa, fraternità con stand gastronomico.

Il pensiero del parroco, fra Pietro Gallone

San Lorenzo coltivò una vita spirituale di eccezionale fervore, dedicando molto tempo alla preghiera e in modo speciale alla celebrazione della santa messa, che si protraeva spesso per ore, compreso e commosso nel memoriale della Passione, Morte e Risurrezione del Signore. Alla scuola dei santi, ogni presbitero, può evitare il pericolo dell’attivismo, di agire cioè dimenticando le motivazioni profonde del ministero, solamente se si prende cura della propria vita interiore. Così a tal proposito il santo specificava: “Il momento della preghiera è il più importante nella vita del sacerdote, quello in cui agisce con più efficacia la grazia divina, dando fecondità al suo ministero. Pregare è il primo servizio da rendere alla comunità. E perciò i momenti di preghiera devono avere nella nostra vita una vera priorità… Se non siamo interiormente in comunione con Dio, non possiamo dare niente neppure agli altri. Perciò Dio è la prima priorità. Dobbiamo sempre riservare il tempo necessario per essere in comunione di preghiera con nostro Signore”. Del resto, con l’ardore inconfondibile del suo stile, Lorenzo esortava, e attualmente continua a farlo, e non solo i sacerdoti, a coltivare la vita di preghiera perché per mezzo di essa noi parliamo a Dio e Dio parla a noi: “Oh, se considerassimo questa realtà! – esclamava – Cioè che Dio è davvero presente a noi quando gli parliamo pregando; che ascolta veramente la nostra orazione, anche se noi soltanto preghiamo con il cuore e la mente. E che non solo è presente e ci ascolta, anzi può e desidera accondiscendere volentieri e con massimo piacere alle nostre domande”.

Un altro tratto che caratterizza l’opera di questo figlio di san Francesco è la sua azione per la pace. L’autorevolezza morale di cui godeva lo rendeva consigliere ricercato e ascoltato. Oggi, come ai tempi di san Lorenzo, il mondo ha tanto bisogno di pace, ha bisogno di uomini e donne pacifici e pacificatori. Tutti coloro che credono in Dio devono essere sempre sorgenti e operatori di pace. Fu proprio in occasione di una di queste missioni diplomatiche che Lorenzo concluse la sua vita terrena, nel 1619 a Lisbona, dove si era recato presso il re di Spagna, Filippo III, per perorare la causa dei sudditi napoletani vessati dalle autorità locali.

Inoltre, essendo un mariologo di grande valore, autore di una raccolta di sermoni sulla Madonna intitolata “Mariale”, egli mette in evidenza il ruolo unico della Vergine Maria, di cui afferma con chiarezza l’Immacolata Concezione e la cooperazione all’opera della redenzione compiuta da Cristo.

Tutta l’attività di san Lorenzo da Brindisi è stata ispirata da un grande amore per la Sacra Scrittura, che sapeva ampiamente a memoria, e dalla convinzione che l’ascolto e l’accoglienza della Parola di Dio produce una trasformazione interiore che ci conduce alla santità. “La Parola del Signore – egli afferma – è luce per l’intelletto e fuoco per la volontà, perché l’uomo possa conoscere e amare Dio. Per l’uomo interiore, che per mezzo della grazia vive dello Spirito di Dio, è pane e acqua, ma pane più dolce del miele e acqua migliore del vino e del latte… È un maglio contro un cuore duramente ostinato nei vizi. È una spada contro la carne, il mondo e il demonio, per distruggere ogni peccato”.

San Lorenzo da Brindisi ci insegna ad amare la Sacra Scrittura, a crescere nella familiarità con essa, a coltivare quotidianamente il rapporto di amicizia con il Signore nella preghiera, perché ogni nostra azione, ogni nostra attività abbia in Lui il suo inizio e il suo compimento. È questa la fonte da cui attingere affinché la nostra testimonianza cristiana sia luminosa e sia capace di condurre gli uomini del nostro tempo a Dio.

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Commissione Ue

Nuove linee guida sulla protezione dei minori on line

ph Istituto per lo studio delle psicoterapie
15 Lug 2025

Nuove linee guida sulla protezione dei minori on line e un prototipo di un’applicazione per la verifica dell’età sono stati presentati oggi dalla Commissione europea per garantire che, spiega una nota, “i bambini e i giovani possano continuare a godere delle opportunità offerte dal mondo online, come l’apprendimento, la creatività e la comunicazione, riducendo al minimo i rischi”. Le linee guida contengono raccomandazioni per ridurre le pratiche che possono stimolare comportamenti di dipendenza, misure di contrasto al cyberbullismo, all’esposizione ai contenuti nocivi, al contatto indesiderato da parte di estranei. Sono il frutto di un processo fatto di seminari, il coinvolgimento di esperti e una consultazione pubblica mirata. Invece il prototipo dell’app di verifica dell’età e di facile utilizzo ed è rispettosa della privacy, pur permettendo di dimostrare l’età dell’utente. Dovrà essere ulteriormente testata e personalizzata in collaborazione con gli Stati membri, le piattaforme online e gli utenti finali. L’Italia, insieme a Danimarca, Grecia, Spagna, Francia, sarà tra i primi Paesi a collaborare con la Commissione per l’implementazione.

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Crimini contro l'umanità

Da Srebrenica a Gaza? Perduca (magistrato): “Non dobbiamo rassegnarci all’impunità”

ph Marco Calvarese-Sir
15 Lug 2025

Nel luglio 1995 il genocidio di Srebrenica. Dopo 30 anni storie analoghe si ripetono a Gaza, in Ucraina e in altri Paesi in guerra. La giustizia penale internazionale (Cig) che risente della reticenza se non dell’opposizione di alcuni Stati, vede svanire il sostegno avuto al tempo di Srebrenica quando nel 2007, riconobbe il genocidio di Srebrenica. L’obiettivo di alcuni Stati  è logorare la capacità della giustizia penale internazionale riducendone quanto più l’area di impunità. Ne abbiamo parlato con  il magistrato ed esperto di giustizia penale internazionale Alberto Perduca.

magistrato Alberto Perduca – foto E. Giannese-Sir

Cosa ha da dire Srebrenica all’Europa (e al mondo) dopo 30 anni?
Srebrenica ha da dire tanto. Innanzitutto, occorre non dimenticare che in questo caso la giustizia ha saputo essere paziente ma efficace. A tutt’oggi ,  a 30 anni da quell’eccidio europeo – commesso in Europa da europei contro europei -, 54 persone sono state incriminate e giudicate e condannate. Ed altri processi potranno seguire.  Ciò è avvenuto innanzitutto grazie alla determinazione dei magistrati e degli investigatori del Tribunale penale per i crimini per l’ex Jugoslavia istituito nel 1993 con Risoluzione del Consiglio di Sicurezza. Tra di essi va ricordato Antonio Cassese, uno dei suoi più prestigiosi presidenti per l’impegno di azione e di pensiero profuso per anni.  Secondo questo accademico italiano lo stentato avvio del Tribunale, insieme alla scarsa iniziale collaborazione della comunità internazionale, diedero l’impressione che la   sua creazione fosse una sorta di foglia di fico apposta dall’Onu sui fallimenti della politica e della diplomazia per porre fine alla sanguinosa disgregazione della Repubblica federale jugoslava precipitata a partire dal 1991. Senonché il Tribunale non rimase affatto una foglia di fico.

Srebrenica risvegliò la coscienza di opinioni pubbliche e Stati?
Non vi è ragione di esserne fieri ma credo sia avvenuto proprio così. L’inizio della fine della tragedia dell’ex Jugoslavia – costata, anche questo non va dimenticato, circa 140.000 morti – fu segnato dall’eccidio di Srebrenica dell’estate del 1995, seguito di qualche settimana dal bombardamento del centro di Sarajevo con decine di vittime di civili. Dopo anni di incertezze ed inerzie vi fu quindi l’intervento della Nato che pose fine nell’autunno di quell’anno al conflitto serbo-bosniaco e, all’inizio del 1996 all’assedio della capitale bosniaca che durava sin dalla primavera del 1992.

foto Marco Calvarese-Sir

Quanto alla giustizia per i crimini contro il diritto umanitario internazionale fu la stessa Nato che prese a ricercare e catturare coloro che erano ricercati dal Tribunale internazionale…
Esatto e i risultati non tardarono. Già nell’autunno 1998 Radsklav Krstic, generale del corpo d’armata serbo -bosniaco che aveva diretto le operazioni di conquista di Srebrenica, seguita dalla caccia e dal massacro di oltre 8000 uomini – compresi vecchi e ragazzi -, venne catturato, incriminato e tradotto a processo dinnanzi al Tribunale de L’Aja.  Qui nell’agosto 2001 venne condannato per genocidio ma in appello fu ritenuto responsabile ‘soltanto’ di crimini di guerra. Per contro Ratko Mladic e Radovan Karadzic, rispettivamente comandante dell’esercito serbo- bosniaco e presidente della Repubblica Srpska, a poche settimane da Srebrenica vennero incriminati e quindi condannati, seppur ad oltre 20 anni dai fatti, per genocidio.

Si può mettere in relazione Srebrenica con i massacri di civili a Gaza ad opera di Israele?
Nel caso di Srebrenica la giustizia ha definitivamente stabilito che vi fu genocidio. Nel caso del devastante attacco contro Gaza – seguito al massacro del 7 ottobre 2023 perpetrato da Hamas e che è costato finora la vita ad oltre 50.000 persone- sono assai numerose le fonti di diversa origine che convergono sulla conclusione che nella Striscia vengano perpetrati crimini contro il diritto umanitario internazionale. Del resto, già nell’autunno dello scorso anno il Primo ministro d’Israele e il ministro della Difesa pro tempore sono stati raggiunti dal mandato di arresto adottato dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità e da allora la situazione a Gaza non ha cessato di degradare.
Se l’operazione condotta da Israele integri anche il crimine di genocidio spetta ai giudici accertarlo in un processo da svolgersi in pubblico e nel contraddittorio tra accusa e difesa. È noto che perché vi sia genocidio occorre provare non solo i fatti materiali – quali le uccisioni, le offese gravi all’integrità fisica e mentale, l’imposizione di condizioni di vita insostenibili, etc – ma anche ‘l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religiose’. Su questo punto la prova giudiziaria è inevitabilmente destinata ad essere soggetta a forte contestazioni.

Ci sono differenze nella reazione della giustizia penale internazionale di fronte a Srebrenica e a Gaza?
Sì e non di poco conto. Come accennato, pur con ritardo e fatica, per Srebrenica la giustizia penale internazionale ha potuto svolgere il proprio compito ottenendo infine la cooperazione di molti Stati.  E poi, anche dopo la fine del mandato del Tribunale penale internazionale la giustizia della Bosnia-Erzegovina ha continuato ad occuparsene e risale ad appena qualche mese l’incriminazione di varie persone per i crimini – imprescrittibili – commessi 30 anni or sono. Questo passaggio di consegne dall’una all’altra giustizia costituisce un’eredità importante.

foto Afp-Sir

Per Gaza, invece?
Nel caso di Gaza, alla decisione della Corte penale internazionale di ordinare l’arresto del premier israeliano e del suo ministro della difesa è seguita una reazione radicalmente ostile non solo di Israele ma anche degli Stati Uniti  con l’adozione a carico dei giudici e del procuratore de L’Aja di sanzioni   comprensive del divieto di ingresso nel Paese nonché di blocco dei patrimoni e delle transazioni, misure queste suscettibili di essere applicate anche alle persone – fisiche e giuridiche – che collaborano con la Corte de L’Aja.  Non può non allarmare il fatto che l’’executive order’ presidenziale che decide queste sanzioni le giustifichi considerando l’attività della stessa Corte   quale “minaccia alla sicurezza nazionale ed alla politica estera” vera “emergenza nazionale”. Né va trascurato il fatto che all’interno della stessa Ue non mancano Stati che, pur aderendo lo Statuto di Roma, manifestano atteggiamenti di resistenza all’operato dei giudici de L’Aja. Così, per limitarci al mandato di arresto contro il premier israeliano, risale alla scorsa primavera la decisione dell’Ungheria di ricevere quest’ultimo come ospite ufficiale nonostante l’obbligo di dare esecuzione al provvedimento de L’Aja.
Come si vede, la giustizia penale internazionale non si confronta più soltanto con le reticenze a sostenerla dei tempi di Srebrenica. Ora, con Gaza è in atto un’azione di radicale opposizione con l’obbiettivo di logorarne la capacità di adempiere a fondo il suo mandato, punire crimini contro il diritto umanitario internazionale riducendone quanto più l’area di impunità.

Crede che, nonostante Paesi che manifestano resistenza all’operato di istituzioni come la Corte dell’Aja, queste ultime abbiano ancora un senso e valore?
Sì, hanno senso e valore e ne sono profondamente convinto. Viviamo una stagione di grande difficoltà della giustizia penale internazionale. Giustizia che si è costruita lentamente. Sono 80 anni che si fa strada l’idea che nei confronti di certi crimini gravissimi non si possa accettare l’impunità. Abbiamo avuto Norimberga e Tokio subito dopo la Seconda guerra mondiale, che non sono modelli di giustizia garantista, equa, ma sono un primo passo in quella direzione. Poi, abbiamo avuto un sonno della giustizia penale internazionale lungo 50 anni. Arriviamo alla soglia degli anni 90 con i due tribunali speciali per l’ex Jugoslavia e il Ruanda dove si riprende quel cammino interrotto cinquant’anni prima. Poi c’è stata la Corte penale internazionale nel 1998 e nel frattempo e anche dopo sono sorte esperienze di tribunali misti composti cioè da giudici nazionali e internazionali che applicavano un diritto composito per intervenire su fatti gravissimi come il genocidio in Cambogia, i massacri a Timor Est, in Sierra Leone e via dicendo. Ecco se accettiamo l’idea che queste giurisdizioni non hanno più senso torniamo a quel lungo sonno di 50 anni che intercorrono tra Norimberga e Sarajevo. Un lungo sonno vorrà dire che continueranno ad esserci crimini che, in mancanza di giudici internazionali, resteranno impuniti. Non dobbiamo rassegnarci a questa idea.
Le opinioni pubbliche devono essere vigili e seguire l’evoluzione e le difficoltà dell’attuale giustizia, sostenerla pur criticamente, e non accettare l’idea che si possa chiudere un periodo che ha segnato progresso della storia dell’umanità.

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Festeggiamenti patronali

La festa patronale a Roccaforzata: l’esempio di Sant’Elia

15 Lug 2025

di Angelo Diofano

“La festa del nostro patrono Sant’Elia riunisce la nostra comunità religiosa e civile attorno a una figura biblica audace. La sua parola ha richiamato il popolo d’Israele all’autenticità della fede e ai veri valori della comunità. Sant’Elia sostenga sempre il nostro paese lungo sentieri di verità, giustizia e solidarietà per costruire legami fraterni che aprano alla profondità umana”: così il parroco della ss.ma Trinità di Roccaforzata don Giuseppe Mandrillo scrive sul manifesto dei festeggiamenti patronali in onore di Sant’Elia profeta che inizieranno domani, mercoledì 16 luglio, alle ore 19.45, con il trasporto del simulacro nella chiesa di San Nicola per la solenne intronizzazione, attraverso via Roma e via Vittorio Veneto.

Il culto di San’Elia è abbastanza diffuso sul nostro territorio, soprattutto nelle zone collinari e le sue origini presumibilmente si devono ai padri carmelitani, promotori anche di quello della Madonna del Carmelo. Proprio al santo è intitolata la montagna (monte Sant’Elia) su cui insistono i comuni di Roccaforzata e San Giorgio Jonico, giungendo fino a Faggiano. 

“Il profeta Elia nella vicenda biblica – continua don Giuseppe – riconosce la presenza di Dio in una leggera brezza; negli eventi più fragorosi infatti aveva percepito che Dio era assente. Questo episodio può donare alla nostra comunità di Roccaforzata la capacità di assaporare le piccole cose, essere protagonisti di gesti semplici di umanità e di condivisione, di percepire la presenza di Dio nella nostra storia benedetta e nella nostra quotidianità”.

Le sante messe del triduo (17-18-19 luglio) saranno celebrate alle ore 19 sul piazzale antistante la chiesa di San Nicola.

Sabato 19, dalle ore 18.30 ci saranno i giochi a squadre in piazza, dal titolo ‘Rocca senza frontiere’ organizzati dall’Anspi.

Domenica 20, la santa messa sarà celebrata alle ore 8 nella chiesa di San Nicola e alle ore 19 in piazza Vittorio Emanuele II; alle ore 19.30 la processione percorrerà le principali vie del paese, accompagnata dalla banda musicale ‘Maria SS.ma Addolorata’ di Talsano; alle ore 21.30, in piazza, serata con la band ‘Freedom’, durante la quale ci saranno le premiazioni del torneo di volley, disputatosi nei giorni scorsi, e di ‘Rocca senza frontiere’. Non mancheranno le luminarie in piazza e per le vie della ditta Memmola di Francavilla Fontana e i fuochi pirotecnici a fine festa della ditta Danilo Madio di Bernalda (Matera).

 

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Solidarietà

Stasera, martedì 15, su Rai Uno la ‘Partita del Cuore’

foto UsOpbg
15 Lug 2025

di Daniele Rocchi

“4.351 famiglie accolte, 106.994 pernottamenti gratuiti solo nel 2024”: sono solo alcuni dei numeri del progetto ‘Accoglienza e cure umanitarie’ realizzato dalla Fondazione Bambin Gesù, insieme a Caritas italiana, nel cui ambito rientra anche il sostegno dell’ospedale pediatrico ai pazienti umanitari che provengono, assieme alle loro famiglie, dai Paesi più disagiati del mondo dove ancora oggi il livello di mortalità infantile è inaccettabile. Si tratta di bambini e ragazzi stranieri, per i quali l’accesso ai servizi sanitari è negato, e affetti da gravi malattie, come tumori, malattie rare e ultra-rare, e ferite da armi da guerra, e in molti casi bisognosi di trapianti urgenti. L’anno scorso, l’ospedale Bambin Gesù (Opbg) “ha offerto assistenza medica a oltre 160 pazienti stranieri in totale. Un’assistenza completa che si estende anche alle loro famiglie alle quali è garantito l’alloggio e il pasto per tutto il periodo di degenza”.

Le prestazioni sanitarie, i cui costi spesso sono molto elevati, sono interamente a carico dell’ospedale supportato da una vasta rete solidale. Un progetto che, spiegano dal Bambino Gesù, consente di accompagnare la famiglia, per l’intero percorso, in tutte le necessità, anche quelle non cliniche, comprese l’assistenza informativa, il sostegno logistico e i contatti con il servizio sociale, sino al rientro a casa, e che  offre a migliaia di famiglie il soccorso necessario per la permanenza vicino ai piccoli pazienti ricoverati, quindi alloggio in strutture dedicate; centinaia di migliaia di pasti erogati; oltre 8mila mediazioni culturali e linguistiche; 4.096 alunni seguiti per la prosecuzione scolastica in ospedale, 19.224 i bambini che hanno frequentato le ludoteche dell’ospedale, e oltre 800 volontari al fianco dei pazienti e delle loro famiglie”.

foto UsOpbg

Lo show

A finanziare questo progetto c’è anche la “Partita del cuore”, giunta quest’anno alla sua 34ma edizione, che vedrà sfidarsi, questa sera, martedì 15 luglio (ore 21.30, in diretta su Rai Uno), allo stadio “Gran Sasso d’Italia Italo Acconcia” a L’Aquila, capitale della Cultura 2026, la Nazionale cantanti e la Nazionale dei politici. Lo spettacolo in campo sarà presentato da Eleonora Daniele e garantito anche dalla presenza di artisti come Gabry Ponte, Sal Da Vinci, Orietta Berti e Fabio Rovazzi, Riccardo Fogli, Arisa, Gaetano Curreri e gli Stadio insieme a un omaggio alla carriera di Mogol da parte del maestro Diego Basso accompagnato da un coro di 100 ragazzi e l’inno nazionale italiano eseguito dalla Banda della Guardia di Finanza diretta dal maestro colonnello Leonardo Laserra Ingrosso.
Dal 10 luglio (e fino al 22 luglio) sarà attivo il numero solidale 45585 per fare donazioni.

 

La mission del Bambino Gesù

“Il prendersi cura, esprimere vicinanza, sapere ascoltare – ci spiega Tiziano Onesti, presidente dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù – è il senso più profondo di questo ‘Progetto accoglienza’. Cerchiamo di offrire al bambino malato e alla sua famiglia un’accoglienza che permetta loro di vivere questo tempo di cura come un periodo, se posso dire, più ‘normale’ possibile. Un tempo nel quale poter ascoltare queste famiglie, comprenderne le necessità e farle vivere così con i loro bambini malati. Il nostro ospedale fa tutto con grandissimo slancio grazie ai volontari, ai medici, al personale religioso”.

foto ospedale Bambin Gesù-Sir

“Il Bambino Gesù è un sistema che si muove in maniera collaudata da tantissimi anni, decenni e decenni di storia e di sforzi che lo hanno reso uno degli ospedali più importanti al mondo, in termini di ricerca scientifica, di assistenza sanitaria e umanitaria. Cose che fanno la differenza”. In questi ultimi anni, segnati da tante guerre, ricorda il presidente Onesti, “abbiamo preso in carico tanti bambini anche dall’Ucraina, circa 4000 in 4 anni, e da Gaza. Abbiamo curato bambini mutilati e ascoltato le loro storie di vita trascorse sotto le bombe, piene di sofferenza terribile. Tanti hanno visto le loro famiglie quasi decimate. Come Bambino Gesù cerchiamo di ‘stare dentro questa sofferenza’ con cura, attenzione, solidarietà e responsabilità. È questa la nostra mission, quella che ci hanno assegnato i Papi che si sono succeduti dalla fondazione ad oggi e che potremmo riassumere così: ‘non lasciare indietro nessuno’. Questa è la partita da vincere”.

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Emergenze ambientali

Gerosa: “Il cambiamento climatico ha costi in termini di salute e di economia”

ph Ansa-Sir
15 Lug 2025

di Gigliola Alfaro

Venti città con bollino rosso in Italia per le ondate di calore, che nella prima metà del mese di luglio stanno attanagliando il nostro Paese con temperature record per la media stagionale. Ma incendi e vittime vengono registrati in diversi Paesi europei. In Spagna si sono registrati oltre 100 morti; in Francia una bimba americana di 10 anni, che già soffriva di problemi cardiaci, è morta per un infarto, probabilmente dovuto a un colpo di calore, alla Reggia di Versailles. Quattro morti anche in Italia. A fare le spese del caldo rovente, nella maggioranza dei casi, sono i più fragili e non solo anziani.
Oltre a pagare conseguenze sulla salute, a volte in modo tragico fino alla morte, danni vengono subiti anche dall’economia. Ne parliamo con Giacomo Alessandro Gerosa, ordinario di Fisica dell’atmosfera e incaricato di Ecologia alla facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali dell’Università Cattolica, sede di Brescia.

foto Università Cattolica

Professore, queste ondate di calore sono legate al cambiamento climatico?

Le ondate di calore anomale stanno aumentando la loro frequenza nel tempo. In assoluto potrebbe essere un’anomalia di quelle che ogni tanto si ripetono, quindi non è detto necessariamente che siano dovute al cambiamento climatico. Ma il fatto che queste anomalie termiche, negli ultimi anni, abbiano una maggiore frequenza, a mio avviso, non è normale ed è la dimostrazione che stiamo andando verso il cambiamento climatico. La temperatura media del pianeta è aumentata ben oltre un grado e mezzo, quindi non abbiamo centrato gli obiettivi degli Accordi di Parigi, ci stiamo allontanando da questo limite e aumentando ulteriormente il livello termico. Tutti questi indizi ci portano a pensare che questo caldo sia una delle manifestazioni del cambiamento climatico, sebbene la prova provata non ci sia.

Quali sono le ricadute di queste ondate di calore?

Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti. Il prolungato periodo eccessivo di riscaldamento crea problemi di benessere fisico, ma anche in agricoltura con un aumento a dismisura del consumo d’acqua. E l’acqua è un bene critico per la nostra nazione, dove le proiezioni climatiche danno una riduzione delle precipitazioni.Siamo al paradosso: al di là delle Alpi il cambiamento climatico porterà a un aumento delle precipitazioni, mentre a noi porterà una diminuzione, anche con delle differenze notevoli tra le regioni. Il consumo d’acqua con il caldo aumenta per l’agricoltura, ma anche per il raffrescamento e per la produzione di energia, che serve per utilizzare i condizionatori. È in qualche modo un circolo vizioso che s’instaura.

Perché si sta male quando fa così caldo?

Il riscaldamento dal punto di vista puramente atmosferico porta con sé, insieme all’evaporazione dell’acqua, l’aumento di energia sotto forma di calore latente di evaporazione in atmosfera, energia che funge da motore ai fenomeni connettivi come i temporali, che diventeranno abbastanza forti e anche estremi. Quindi avremo localmente dei fenomeni, in particolare sui rilievi, che si manifestano per la maggiore energia e per la maggiore umidità che sostanzialmente fa da motore a questo processi connettivi.
L’eccesso di umidità, scatenato dall’evaporazione dell’acqua, è quello che rende così sofferente lo stare a questa temperatura, che noi percepiamo come afa. E l’afa, a sua volta, rende difficile respirare e avere sensazione di benessere. Diventa difficile stare all’aperto, quando le temperature superano i 37-38 gradi, addirittura 40 gradi all’ombra, possiamo immaginare cosa significhi lavorare al sole e quindi la necessità di ridurre il lavoro all’aperto nelle ore più calde. Ma è difficoltoso anche lavorare all’ombra perché il meccanismo di raffrescamento del nostro organismo, legato alla sudorazione, viene messo a dura prova e potrebbe saltare e portarci a colpi di calore, svenimento, senso di confusione, per non parlare dei casi più gravi, come attestano le cronache degli ultimi giorni. Possiamo anche misurare l’aumento degli accessi al pronto soccorso degli ospedali.

Le ondate di calore producono un costo, dunque, al sistema-Paese…

Abbiamo indicatori che ci devono far accendere un campanello d’allarme: il cambiamento climatico produce un costo anche se non facciamo niente. È un costo tentare strategie di mitigazione, ad esempio ridurre le emissioni di CO2, ma ha un costo ancora più elevato non fare niente, perché gli effetti dei cambiamenti climatici ci costano in termini di accessi al Pronto Soccorso, costi in termini di energia e di acqua, minori ore lavorate all’aperto nelle ore calde, punti di Pil perso, in Italia si parla di -1,2, le difficoltà registrate in agricoltura e negli allevamenti, oltre che danni provocati da fenomeni estremi connettivi, innescati dall’eccesso di evaporazione. Anche a livello dei singoli cittadini ci sono poi le spese della bolletta elettrica per tenere in funzione i condizionatori, spese affrontate anche dagli esercizi commerciali e dai grandi centri commerciali. L’inazione rispetto al cambiamento climatico ha un costo che ricade sulle tasche degli stessi cittadini. Noi come cittadini possiamo mettere in atto delle misure di adattamento, mentre la mitigazione compete alle istituzioni nazionali e governative con una pianificazione che permetta di ridurre le emissioni di CO2. Le ondate di calore ci ricordano che occorre intervenire.

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